Articolo precedente
Articolo successivo

Per come si è dentro

arminx
collage di effeffe con opere di Albert Koetsier

di
Franco Arminio

si, guardiamo con gli occhi
pensiamo con la mente
ma guardano e pensano
pure le nostre ossa,
c’è un vago, minerale
sentore del mondo,
nella testa di un omero
nella fossa dell’anca.
è da lì che tu guardi
è da lì che ti penso.

Print Friendly, PDF & Email

60 Commenti

  1. Semplicità, ritmo, musicalità : un piccolo miracolo .
    Provo a leggerla a voce sommessa, e sento che scorre – quasi un respiro – il ritmo naturale del suo “passo”, senza tanti artifici. Piccola cosa, grande poesia. Che altro?

  2. merci salvador….
    questa poesia è solo un primo appunto di una prima ricerca intorno ai luoghi del corpo dove percepiamo il mondo. non ci sono solo gli organi di senso: ci sono le ossa, ci sono le vene, c’è il fegato e il cuore….

  3. ..più che innamorato, direi “affabulato”: nel senso che il testo, nella sua scarna semplicità, è capace di trasmettere la SUA affabulazione -sua, del testo.Questo, da perfetto dilettante (cioè colui che “si diletta”) mi entusiasma.
    Ciò nondimeno
    arminio o meno
    quand’essa non c’è
    non passa
    non manco di dirlo
    ed è quanto basta!

  4. Sì, la poesia è ok, lo ammetto.
    Ma cosa intendi precisamente con “il testo è capace di trasmettere la SUA affabulazione – sua del testo”?*
    Cioè, in primis, cos’è l’affabulazione di un testo? In secundis, può esistere un’affabulazione di qualcos’altro?

    Anna LB, maestrina di italiano e ministro per la semplificazione del linguaggio, come Calderoli :-))

    * bastava dire “la propria”

  5. Velocità del “medium”! Esatto, “propria” è corretto. Ma se avessi messo “propria” al posto di SUA, come le avrei restituito il “sottotesto” ironico, di “innamorato?”
    Incantamento le sta bene, al posto di “affabulazione?”.
    Cos’ è l’incantamento di un testo? Su Anna, lo sa benissimo cos’è, lei conosce perfettamente quell’emozione, quella vibrazione – seppur piccola- che si sente nel “corpo” leggendo qualcosa di bello ( il piacere del testo va bene?). Se non l’ha provato leggendo questo brano di arminio, allora significa che in realtà la poesia non è ok; dunque è un pretesto per “sfruculiar” . Se è questo, faremmo torto ad arminio e al furlèn che l’ha postato. Detto serenamente, semplicemente.
    Buona giornata e mi stia bene.

    PS Hai voglia a quante “affabulazioni” esistono cara mia! Orsù.

  6. un fiutare il mondo fin dentro le ossa e dalle stesse ossa
    e stare lì a guardarsi attraverso

    mentre scivolano
    nella poleggia d’un omero
    i pensieri

    densa!

  7. Dal luogo del corpo,
    Franco Arminio
    parla del luogo interno
    dell’amore.
    L’amore nella giuntare,
    nel ossa, nella cellula.

    Dal luogo malatto
    dell’amore,
    dal mio luogo indicibile
    sesso femminile

    Paesaggio dentro
    troppo pieno
    di coralli, di alghe
    dentro nuota il granchio

    Dall’angoscia
    ritrovo la liunga dell’amore
    nel corpo poema

    Il collage di effeffe
    è una conchiglia
    fiorita
    omaggio alla labra
    femminile,
    al x.

    Un immenso grazie a Effeffe, Franco Arminio, Salvatore d’Angelo

  8. os-so
    sotto
    l’abito che ind’osso
    si-lente nero che trae
    il corpo in-tatto
    del mondo
    sempre anche
    luogo della nascita
    anche oltre l’ultima
    veste
    la mor te

    Trovo che le osse siano la scatola nera di ciascuno di noi e con-tengano l’inizio e il pas-saggio della vita, addirittura l’attimo in cui l’abito della morte (mos-moris è il costume, l’abito, si differenzia per una t da mors,mortis,un soffio, ed è quello che l’ os,bocca, sa e racc-coglie nelle nostre ossa.
    ferni

  9. scriverò altri versi su questo tema. il corpo è l’ignoto a partata di mano e vale la pena esplorarlo.

  10. PER COME SI E’ DENTRO

    Mi sento rimbombare forte in testa
    lo strazio delle vene raggelate,
    il cuore che, stecchito, mi si arresta:
    le viscere profonde spappolate.

    Lo stomaco sul fegato s’innesta,
    le reni nella fibra rovinate,
    un fiato disgustoso che mi appesta:
    i vermi sulle carni mie straziate.

    Affiorano le ossa dal marciume:
    è orrendo il brulicare di quei vermi
    che sguazzano schifosi su quel fiume

    di putridi liquami. Sono i germi
    di nuove malattie, virus nascosti
    nei cadaveri infetti e decomposti.

    Michele Fabbri
    APOCALISSE 23

  11. innegabile, la chiusa è proprio ciò da cui ha origine l’intera poetica dell’autore: “è da lì che ti penso” … e si sente… il corpo è proprio il tema più adeguato da sviluppare nelle prossime esperienze ed in tal senso non vedo l’ora che anche “i piedi” esprimano la loro poetica percezione del mondo … sono certa che avranno tanto da dire!

  12. lo so che è una poesia spoglia, che andrebbe inserita in un poemetto che approfondisca la questione.
    poi c’è la sventura di quelli che amano più il poetese che la poesia, ma per questo non posso farci niente.

  13. beh, il mio voleva essere un elogio, egregi signori, se ciò che professiamo lo crediamo fino “al fondo” non dovrebbero esserci dubbi …
    chiedo venia se il mio dir parve beffardo, sono una Meretrix, concedetemi almeno il “disonor” di conoscere bene il corpo…la poesia la lascio ai poeti…
    i miei ossequi peripatetici…

  14. io in certi commenti sento solo lo sfinimento, lo sfiatamento di tante persone in quest’epoca spumosa e posticcia.
    bisogna percepire meglio il mondo, bisogna guardare al fuori partendo dall’interno più interno, dalle ossa…..

  15. sono d’accordo Arminio, ma anche il contrario, comunque sia la poesia mi è molto piaciuta e mi ripeto volentieri in questo caso.
    lucifero

  16. Lo sfinimento, vero.
    Partendo dall’interno, dalle ossa,
    dello schelettro, pulito, nitido,
    dal sotto carne,
    ho paura che le miei ossa siano
    friabili, rotti,
    niente da aspettare,
    solo carcassa vuota
    quando l’angoscia carne scompare.

    Ma ho ben sentito la poesia come ossa
    dell’amore, ossa portico della moglia amata.

    Ossa di solitudine
    finiscono nella sabbia.

  17. Al di là delle poesie, a volte più a volte meno riuscite, vorrei dire con totale serenità che non ho mai visto una persona presuntuosa come Arminio. Non ti conosco, eh Franco, leggo solo i tuoi testi e commenti qui su NI, ma mi viene proprio da pensare: “Ma questo chi si crede di essere”? Per il tono ancor prima che per i contenuti.
    Non me ne importa e senza rancor. Volevo solo sapere se questa mia impressione è condivisa o meno. Ciao!

  18. Anna, credo sia condivisa, solo che poi mi fermo e mi chiedo se anche io spesso dò quest’impressione quando mi trincero nelle mie insicurezze indossando un mallo di noce come corazza…
    per cui leggo il testo e quando mi piace lo dico con piacere , il piacere d’aver letto una cosa che mi ha dato emozione prima di tutto, poi il resto lo lascerò da parte in attesa di cambiare idea e di scoprire cosa si nasconde oltre i versi e non è detto ch’io poi lo debba necessariamente scoprire, anzi …

    :-)

    sù forza … buona giornata a tutti.

  19. solo a titolo di chiarezza e prima che le mie dita possano parlare più della mia mente: nemmeno io conosco il Sig Arminio e non ho nulla contro di lui. Esprimo solo la mia opinione su ciò che leggo, come tanti altri credo.
    Se in ciò che dico si avverte sfinimento o altro, allora è un’ulteriore conferma che le ossa parlano, le mie come quelle degli altri … e sempre ossa sono alla fine…perciò perchè prendersi di pena? a meno che anche lo scheletro non venga misurato quanto la veste…
    buona giornata egregi signori e signore, vado dalla mia pedicure, sono già in ritardo.

  20. NON è condivisa, qui sotto poi il tono dei commenti di Arminio è totalmente neutro e distaccato.

    Se uno legge i testi di Arminio capisce anche che essere l’Arminio dei testi che posta e un Arminio presuntuoso è praticamente impossibile.

    E per di più mi sembra uomo di infinita pazienza e tolleranza.

  21. se sono presuntuoso lo sono anche verso gli altri. molto spesso mi capita di presumere che certe persone siano più ricche di quel che sono.
    comunque davanti a uno che scrive mettersi a indagare se presuntuoso o meno mi pare veramente la più irrilevante delle questioni.

  22. anche a me pare che non ci possa essere persona
    meno presuntuosa di Arminio

    il commento di alcor mi trova pienamente d’accordo

  23. in versi bisogna cercare l’umiltà la semplicità la via diretta.
    non fa niente che tanti non capiscono, che tanti pensino al poeta come un palestrato dei sentimenti. la mia vita è molto ricca in questo momento e questo forse gli invidiosi lo avvertono.

  24. Arminio, capiamo benissimo. Mi permetti un’operazione grafica molto incisiva? Considerala un omaggio d’artista.

    Mancano le categorie che consentono l’ingresso elementare ai processi decisionali collettivi.

    Verissimo.

    Non può aver vergogna chi non ha coscienza.
    Non può avere coscienza chi si è formato sulla finction.

    Verissimo. Ci penserò tutto il giorno. Questa tua riflessione mi ha dato degli spunti.

  25. Arminio, capiamo benissimo. Mi permetti un’operazione grafica molto incisiva? Considerala un omaggio d’artista.

    si, guardiamo con gli occhi
    pensiamo con la mente
    ma guardano e pensano
    pure le nostre ossa,

    c’è un vago, minerale
    sentore del mondo,
    nella testa di un omero
    nella fossa dell’anca.
    è da lì che tu guardi
    è da lì che ti penso.

  26. E sia chiaro, quello che ho lasciato in bella mostra scimmotta cose già lette, rappresentative di decenni fa del secolo scorso. Sempre bellissime.

  27. nazione indiana è bella per questa, perché ritrovo certi personaggi dei miei paesi, mi manca la faccia, la postura, ma da come scrivono li riconosco bene, sono i camerieri del rancore.

  28. Pensavo che eri te il personaggio del paesino. E adesso afflitto e rancoroso vado a godermi il sole in un parco di un paese libero, senza regimi di sorta. Subio dopo servizio ai tavoli.

  29. @ Franco leggi questo

    Nota Mandressi, in un mirabile testo ( Mandressi R., Le regard de l’anatomiste, Seuil, Paris 2004) che la pratica della dissezione procede secondo un ordine che non è la sola teoria a poter dettare. Una dissezione dura alcuni giorni, e solo nell’arco di più giornate di lavoro un anatomista può esaminare, ed eventualmente fare esaminare a colleghi ed allievi, la materia intricatissima su cui si esercita il suo rasoio. I vari tessuti del cadavere si decompongono secondo tempi differenti e in funzione di altrettanto differenti fattori. Gioco forza, dunque, iniziare la dissezione dalle parti più corruttibili, per dedicarsi più tardi a quelle destinate a durare più a lungo, anche grazie all’abbondante acquavite che vi veniva periodicamente sparsa durante il lento procedere dell’indagine e della demonstratio. Gli intestini costituiscono, così, la materia con cui una dissezione ha generalmente inizio, dato che sono anche quella che più rapidamente deve essere eliminata dalla scienza anatomica (“quia primo die illa membra fetida sunt”). Il secondo dato da cui partire è che l’anatomista, disponendo di un sapere via via più nuovo e più ampio, deve disporlo entro schemi che si fanno sempre meno adeguati a contenerlo. L’anatomia non è più il capitolo disdicevole di un sapere più alto, ma un sapere ormai vasto che contiene al proprio interno innumerevoli sezioni, la cui concatenazione è ancora tutta da pensare ma la cui dignità è ormai largamente autonoma. La storia della struttura dei trattati anatomici , dei loro indici, dei titolo dei loro capitoli, delle dichiarazioni d’intenti che li aprono e li chiudono è al riguardo estremamente istruttiva. Spesso i trattati di anatomia non sono in origine, che un’esposizione, un resoconto, una cronaca delle diverse fasi di cui consta una dissezione. Questo modulo cronachistico si ripete di generazione in un generazione, sedimentando nel corso del tempo un’intreccio quanto meno curioso tra le necessità e la tempistica della pratica di dissezione, da un lato, e dall’altro la logica, per non dire l’ontologia, sottesa al sapere dell’anatomista. L’ordine dell’esposizione coincide infatti in origine con l’ordine della dissezione. Se l’autopsia è un’arte che procede per via di togliere, la “table des matières” di un trattato rispecchia punto per punto la routine secondo la quale gli anatomisti erano soliti sollevare, per strati e per zone, la complessa materia del cadavere. Si inizia quindi un libro di anatomia dal superficiale, dal basso e dal molle, cioè dalla pelle e dagli intestini. Lo si termina con l’alto, il duro, il profondo, cioè con la testa del defunto e con il suo scheletro. Il corpo anatomico si è dato, così, una prima gerarchia. L’ordine cosmologico degli antichi ha lasciato il posto, per vie oblique ma non meno cogenti, a una nuova configurazione. Il terzo dato di cui tenere conto è forse, di nuovo, fin troppo umano. Ciò che più rapidamente si degrada risulta spesso, negli scritti di questi studiosi, meno nobile. Ciò che si tiene per ultimo nell’ordine della dissezione, cioè lo scheletro, viene così a occupare la casella più alta in questa sorta di implicita assiologia. Per un verso si assiste, qui, alla curiosa ripresa di quella tradizione secondo la quale in tempo di guerre condotte dai signori feudali lontani da casa, si soleva dare sepoltura immediata, sul luogo del decesso, alle parti più deperibili del corpo del combattente, riservando al solo scheletro, debitamente ripulito, le insidie del viaggio di ritorno e gli onori dell’eterno riposo in patria. Per altro verso, tutto ciò implica che all’ordine espositivo basato sul procedere della dissezione, e alla comprensione del corpo che dipende da quella pratica, vada via via sovrapponendosi una logica che ha a che vedere con esigenze che oscillano tra l’etico e l’estetico. L’osso è più nobile, netto, stabile. Quasi insensibilmente il sapere anatomico slitta in direzione di una comprensione architettonica del corpo che giace in pezzi sotto gli occhi dello scienziato. Lo scheletro verrà per primo, nella teoria, anche se nella pratica viene alla luce per ultimo.

  30. grazie lumi.
    il tuo commento è molto istruttivo ed è anche una bella lezione a chi butta i sassi dal cavalcavia

  31. guarda franco che alessandro ti ha fatto un complimento
    essere poeta “modesto” è impresa diffcile in tutti i tempi, non solo in questi, questi di oggi, intendo
    la “modestia”, non è una virtù, è la condizione, per dirsi ,”poeti”, e “uomini”

    postilla minimalista
    vado a ri prendere il sole nel mio giardino
    un giardino libero? non si può chiedere ad un giardino cosa è la “libertà”
    se la sapesse lui, il giardino, la risposta, allora la saprei anch’io, la risposta
    ma alessandro mi aiuterà a significarmi la “libertà” di quel prato di quel paese libero
    dall’incavo dell’anca, guardare, è una meraviglia!
    affettuosi baci
    la funambola

  32. Molti interpreteranno questo intervento come nascisismo parassitario, pochi altri come solidarietà militante con Arminio.

    Per me è anche comunanza d’intenti:

    “In una compulsione che è difficile descrivere a chi non l’abbia mai provata, le varie parti del corpo, i vari organi, i più minuti organelli, le meno appariscenti cellule dei più svariati tessuti, si appropriavano, volta a volta, della parola per comunicare.”

    Qui:

    https://www.nazioneindiana.com/?s=giovanni+cossu+raccolta+preziosissima

  33. Mi sono già espresso altre volte sulla poesia di Arminio. Ribadisco che non mi piace; egli può naturalmente non condividere le critiche, ma mi sembra si rifugi troppo spesso dietro una presunta ignoranza o un presunto rancore altrui – il che sa un po’ di snobismo. La semplicità, l’ho già detto, è in poesia e in arte tutta una conquista rara e inestimabile, ma non deve trasformarsi in povertà. Celan:
    “Il lieve accenno
    ancora umido d’occhi:
    la tua via
    vi si annoda.”
    In quattro versi, un groviglio d’immagini e concetti, un gomitolo colorato; ecco la magnifica semplicità. Il testo di Arminio non rifulge esteticamente, e il fatto che sia spoglio non gli conferisce fulmineità: è una riflessione, nemmeno originale, nemmeno spiazzante.
    @luminamenti
    Quando si è in presenza d’autentica poesia, non si oscilla mai fra etico ed estetico; sono due facce della stessa, inseparabile medaglia, che è lì, inconcepibilmente presente. La poesia di Arminio non mi sembra scheletro, struttura portante, quanto piuttosto tentativo (nobile ma non riuscito) d’uno sfrondamento michelangiolesco: ma dov’è la profondità dell’estrazione? Si tratta, piuttosto, d’un graffito.

  34. Questo qui?

    “Il gentleman della tv italiana è identificato con il Gran Premio Tv della Rai, è un vero peccato che l’emittente televisiva di Stato si dimentichi di lui (nonostante gli abbia fatto condurre tre edizioni del Festival di Sanremo ed altri spettacoli). Daniele Piombi ha dato il meglio di sé stesso, a parer mio, allorquando la sua creatività si è espressa senza la burocrazia dei funzionari, e cioè con alcune emittenti regionali. Ricordo che Daniele Piombi fu fra i primi a partecipare a un programma di Telebiella, e a realizzare spettacoli come Ed è subito sabato (Telesanterno), Controtestata e Slot machine (Telemontepenice), Effetto spettacolo (Antenna 3 Lombardia) e Strapiombando (Tve Teletna). Ultimamente compare a Telenova, ed è testimonial della Tommasi Case (appartamenti sui Lidi Ferraresi) spot mandato in onda su molte emittenti locali, ed è naturalmente, il conduttore del Premio televisivo della Rai con la consulenza del “nostro” Gigi Vesigna.

    Ho dovuto andarmelo a cercare, tu domini una materia troppo vasta per me, soldato, ma azzeccatissima.

  35. Sono sicuro che Diamante abbia la mia età. Sia della mia generazione. E non sappia chi sia Daniele Piombi.
    Questi soldati cinquantenni che tanto se lO tirano a volte risultano solo patetici. Non sempre.

  36. la funambola…

    L’Italia è un paese sotto regime. Un pensiero unico dominante edito da un SOlo uomo soLO. Anche le piante dei giardini ne soffrono. Anche i pensieri liberi degli italiani meno complici sono editati da un tale stato di fatto. Dall’estero l’Italia rimane un paese inquietante. Credimi.

    Queste sono le riflessioni di un cameriere livoroso di trent’anni di cui qualcuno dovrebbe farsi carico, non trovi? E adesso servizio ai tavoli…

  37. è vero alessandro, i miei pomodorini pachini sono rossi dalla vergogna eppure non riescono a maturare.
    da un cameriere livoroso di trent’anni mi aspetto che non mi travasi addosso la calda cioccolata con panna che gentilmente gli ho “ordinato” da persona, e non da italiana, che si aspetta un occhio di riguardo in quanto, diommio, connazionale! :)
    l’italia è un paese inquietante e gli italiani hanno quello che si “meritano”
    il tuo prato però non è più libero del mio, perchè la libertà…ahhhh la libertà…questa sconosciuta!
    ti abbraccio e ti adotto, metafisicamente :)
    la funambola

  38. E poi gli toccò contemplare il vero se stesso, un’apparizione nello specchio quadrato. Che effetto faceva? Uh, fantastico – sei una meraviglia, Moses! Una cannonata! Il primordiale attaccamento a se stesso della creatura umana, quel dolce istinto per la propria persona, così profondo, così antico che forse aveva una origine cellullare. Respirando se ne accorse: silenzioso ma esteso fino a pervadere tutto il suo organismo, una piacevole fame delle sue nervature più remote. “Gentile professor Haldane…” No, quello non era l’uomo più adatto ad Herzog in quel momento. “Caro Padre Teilhard de Chardin, ho tentato di capire il suo concetto di aspetto interiore degli elementi: Che gli organi sensoriali, anche gli organi sensoriali rudimentali, non potessero evolversi da molecole descritte dai meccanicisti come inerti. Onde anche la materia andrebbe forse studiata come coscienza in evoluzione… la molecola di carbone è guidata da pensiero?”

    SAUL BELLOW, Herzog. Feltrinelli 1965 [1976], pag. 209.

  39. eddda lucì, certo che lo so, mica pianto tanto per piantare no! mica parlo tanto per parlare no! :) ma gli euri? checcentranoglieuri?
    ti consigliai una canna, un giorno. non abusarne, se sei un pivellino del fumo! :)
    grazie per la ricetta e luminosi baci
    la fu

  40. e io, che dico sempre “euri” anche quando non cucino le orecchiette coi pomodorini pachini… quasi quasi ce scrivo ‘na poesia… così, d’emblée

  41. la dedica c’è, però… manca il resto, eppoi sai, proprio qui, non mi permetterei mai, ubi maior, minor…

  42. QUESTA CHICCA ME L’ERO PERSA!

    è vero alessandro, i miei pomodorini pachini sono rossi dalla vergogna eppure non riescono a maturare.
    da un cameriere livoroso di trent’anni mi aspetto che non mi travasi addosso la calda cioccolata con panna che gentilmente gli ho “ordinato” da persona, e non da italiana, che si aspetta un occhio di riguardo in quanto, diommio, connazionale! :)
    l’italia è un paese inquietante e gli italiani hanno quello che si “meritano”
    il tuo prato però non è più libero del mio, perchè la libertà…ahhhh la libertà…questa sconosciuta!
    ti abbraccio e ti adotto, metafisicamente :)
    la funambola

    Signora cara, quando ha finito la sua pausa_cioccolata_calda_con_panna, torni a battere gli scendiletti dal balcone. E non si faccia più vedere ai miei tavoli!

    Gli italiani non hanno quello che si meritano. Volgare discorso qualunquista con posa pseudo-aristocratica, con tono più che ironico quasi beffardo, nel tentativo disperato di celare il distacco complice del rassegnato.

    Signora, Ella la libertà non sa cosa sia. Ovvio. E non tenti neanche di adottarmi. Orfana sarà lei! Ma tu guarda cosa ti capita mentre stai dietro al bancone a servire!

    Sia chiaro, io non faccio servizio ai tavoli. Quindi la sua cioccolata_calda_con_panna se la porti da sola al tavolo. Roba da matti!

  43. ERRATA CORRIGE

    Davvero pensa che gli italiani abbiano quello che si meritano? Il suo è il solito volgare discorso qualunquista e bla bla bla…

    E adesso vado a lavare tazze e bicchieri nel retrobottega…

  44. caro ale,
    non puoi impedirmi di tollerarti, e, con un minimo sforzo, di rispettarti :)
    comunque baci
    la funambola

  45. complimenti a franco arminio per il premio napoli,
    complimenti per i suoi scritti, il suo guardare.
    guizzi di poesia nella mia quotidianità.

I commenti a questo post sono chiusi

articoli correlati

Evviva Sud. Nuovo numero 24: Itinera

di Francesco Forlani
Come ogni anno, con salti mortali e piccoli miracoli tra amici, fresco di stampa il nuovo Sud esiste, su supporto cartaceo in una tiratura limitata e disponibile gratuitamente in edizione digitale insieme all'intera serie a questo indirizzo.

Il mio manoscritto di Saragozza

di Francesco Forlani
Da meno di un mese il romanzo manoscritto del Furlèn dedicato a Errico Malatesta, in parte nato proprio qui con il diario di Saragozza, è in giro. Una spedizione ambiziosa ma con cognizione di causa e di possibilità di scacco.

Les nouveaux réalistes: Cristina Pasqua

di Cristina Pasqua
Sapendo di incorrere nelle ire di sua madre e del nonno, che quella casa l’aveva tirata su spezzandosi le reni, all’alba, prima di coricarsi, eliminava le tracce del suo passaggio con attenzione maniacale.

Note da Gerusalemme: Lucia D’Anna (suite)

di Lucia D'Anna
“Come da manuale” quando si suona in ensemble d’archi, prima di iniziare a produrre suoni, succedono una serie di piccole cose che di solito nessuno nota ma sono importanti. Si poggia l’arco sulle corde del proprio strumento, passa una frazione di secondo, poi si alza il proprio sguardo per incontrare quello di chi sta dirigendo.

Note da Gerusalemme: Lucia D’Anna

di Lucia D'Anna
Sono musicista, quando si studia un brano si considera che anche il silenzio, la pausa sia musica. Compositori come Beethoven ne hanno fatto uso per sorprendere, catturare, ritardare le emozioni del pubblico, il silenzio parte della bellezza. Il silenzio qui però non è la bellezza. Il silenzio che c’è qui, da più di dieci mesi, è anti musicale, è solo vuoto.

Overbooking: Carla Stroppa

di Lucio Saviani
Il mio dialogare con il pensiero di Carla Stroppa (attraverso libri, seminari, dialoghi) e la lettura dei suoi testi sono per me ogni volta esperienza di reticolo e lampeggìo, di rimando e individuazione, di sonda e avanzamento.
francesco forlani
francesco forlani
Vivo e lavoro a Parigi. Fondatore delle riviste internazionali Paso Doble e Sud, collaboratore dell’Atelier du Roman . Attualmente direttore artistico della rivista italo-francese Focus-in. Spettacoli teatrali: Do you remember revolution, Patrioska, Cave canem, Zazà et tuti l’ati sturiellet, Miss Take. È redattore del blog letterario Nazione Indiana e gioca nella nazionale di calcio scrittori Osvaldo Soriano Football Club, Era l’anno dei mondiali e Racconti in bottiglia (Rizzoli/Corriere della Sera). Métromorphoses, Autoreverse, Blu di Prussia, Manifesto del Comunista Dandy, Le Chat Noir, Manhattan Experiment, 1997 Fuga da New York, edizioni La Camera Verde, Chiunque cerca chiunque, Il peso del Ciao, Parigi, senza passare dal via, Il manifesto del comunista dandy, Peli, Penultimi, Par-delà la forêt. , L'estate corsa   Traduttore dal francese, L'insegnamento dell'ignoranza di Jean-Claude Michéa, Immediatamente di Dominique De Roux
%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: