Urbanità 10

di Gianni Biondillo

Farò di tutto per essere in prima fila, nel giugno del 2010, al concerto milanese di Claudio Abbado. Sono di quella generazione che non ha mai avuto la possibilità di sentirlo dal vivo nella propria città e questo mi fa sentire come un orfano. Forse davvero è il simbolo che qualcosa sta cambiando a Milano. Forse stiamo prendendo coscienza di essere per davvero un centro culturale di respiro internazionale. Una metropoli. Anche se, lo confesso, la provocazione di Abbado – suonerà solo se verranno piantumati 90.000 alberi in città – a me mette un po’ tristezza. Nulla da dire sulla nobiltà del gesto, ma il tema della qualità ambientale non dovrebbe merce di contrattazione di un singolo privato, ma l’imperativo doveroso di ogni realtà pubblica. Abbado ci dà lezioni di civiltà, non possiamo che ringraziarlo, ma ciò dimostra il nostro generale ritardo civico.

Intendiamoci: non voglio fare la classica cassandra della situazione. Milano, nell’ultimo decennio, ha aumentato la sua quota procapite di verde pubblico, ma è ancora insufficiente se paragonata ad altre realtà europee. A dir la verità anche in Italia città di media grandezza, come Cagliari o Verona, surclassano i nostri 15 metri quadrati procapite di verde, e persino Napoli, con i suoi 28 metri quadrati ci umilia. Ma non è in senso stretto una questione di cifre. È una questione di mentalità, di attitudine.

A Milano il verde è sempre stato considerato un optional, una seccatura, spazio buttato via alla speculazione, al guadagno. Eppure non si può pensare di giocare la partita con le altre metropoli mondiali solo con la progettazione di grattacieli sempre più alti (e spesso inutili): senza doverci paragonare a Berlino, basta girare per Monaco, città di dimensioni affini a quelle milanesi, per comprendere la differenza. Dell’Expo sembriamo tutti interessati a cercare di inventare l’ennesimo simbolo fallico, l’ennesima torre svettante, quando il vero tema, il vero simbolo, quello che ho paura non verrà mai realizzato, dovrebbe essere il progetto di Andreas Kipar del Raggio Verde per Milano: un modo di mettere “a sistema” il verde già esistente e completarlo con una cinta, un ring, che abbraccia la città e che ha assi di penetrazione verdi fin nel centro urbano. Milano non finisce nei suoi confini comunali, va ben oltre. Occorre dare cittadinanza e fruibilità a realtà extraurbane, come il Parco Nord, il Parco della Groane, il Parco di Monza, o a quelle urbane come il Parco Sud (che ha un potenziale assolutamente inespresso), e poi dare vita ai parchi in progetto, da troppo tempo solo sulla carta, come il Forlanini di Gonçalo Byrne.

Ma questo si può fare solo se, al contempo, ci preoccupiamo di dare un piano della mobilità pubblica (nuove linee metropolitane) e della mobilità leggera (un vero sistema di piste ciclabili) degne di una città moderna. E invece cosa facciamo? Del nostro magnifico patrimonio arboreo -abbiamo viali alberati che a primavera sembrano cattedrali naturali- ci disinteressiamo completamente: basta prevedere un parcheggio sotterraneo qualsiasi che non perdiamo tempo ad abbattere alberi monumentali, vedi il caso clamoroso e triste di piazza Bernini. E la stessa idea di allineare, in onore di Abbado, centinaia di vasi con dentro piantumati dei pioppi cipressini, è poco più di una boutade pubblicitaria: non è questo il modo di fare una politica del verde, sembra più una soluzione da arredatori della domenica. Qualcuno di voi sente la mancanza di alberi in Piazza della Signoria o in Piazza Navona? Una città è organica quando tutto il suo territorio, non solo il privilegiato centro storico, è organizzato in modo organico e sostenibile. La Milano Metropolitana, la Milano del XXI secolo, o sarà organica e sostenibile o non sarà. Questo è il punto.

[pubblicato su La Repubbica – Milano, il 9 aprile 2009]

Urbanità:
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7 Commenti

  1. …è stato già detto, già cantato, da voci più autorevoli della mia, ma è sempre attuale – ahinoi.
    …poveri bimbi di Milano…

  2. Non contano le voci autorevoli contano le voci e più sono meglio è. Conta la coscienza civile delle persone più dello snobismo letterario ed egoista e arido, secco, che esclude la persona e rende possibile il disinteresse. Conta la presunzione sciocca e l’arroganza di chi crede di far cultura con il proprio snobismo calettato, distillato… senza passione… di cui questa città è permeatz con tanta tranquilla chiusura.
    Conta e canta l’armonia dei danè… un coro a cui tutti si piegano anche se si muore di tumore più di quello che la pubblicità sacrifica… da una parte la pubblicità della ricerca e dall’altra la disperazione di chi lascia questa vita per l’aumento delle cause… e della invivibilità urbana… bellamente evitate e zittite, meglio star zitti! come se nulla fosse… Traffico e polveri fini, ossidi e carbonio… Ma che cosa vuoi che facciano dei pezzi di verde sbrandellati in giro per la città? E Andrea Chi? Cosa farebbe? Mentre si riempie Milano di parcheggi incoscienti voluti solo per aumentare una pessima pianificazione urbana, egoista ed ottusa? Poveri noi e poveri i bambini… ma poveri tutti!

  3. Milano una città organica o non sarà.. ma che vuol dire? Milano era organica fino al sei settecento e poco più poi ha smesso… ha cominciato a smettere! fino ad oggi e quale sarebbe oggi la speranza di Milano a divenire organica? Nelle mani di quale idea? Mi farebbe piacere sentire qualche cosa in meriot… Una città centrica che non ha saputo organiz
    zare i propri assi verso il territorio, che si è barricata di volume a strangolare ogni possibilità di comunicazione razionale o minimamente organica… che si asfissia da sola cone espanzioni a vanvera sul territorio.
    Bella l’idea della città metropolitana… territorio fertile per la letteratura gialla ma non per quella verde o per la vita… Per la vita di carta forse… Senza futuro semmai o dei bla bla bla… con fiato di ritorno. Mentre il volume si inventa da solo senza altro prevedere che spot e spiagge in città a in-vitare con perversioni neanche troppo sottili il sublimine di una coscienza ingrigita.

  4. Il Giallo più Giallo è quello della città che cresce come un bamboccione imbalzamato. Tra gli scritti più o meno sentiti di qualche scrittore che riempie il tempo della vocazione o la vocazione del tempo? Chi è l’assassino? Chi uccide la città e i suoi cittadini obbligandoli a lasciare la città per non morire di cancro? Di inedia oppure di qualche cosa che non si capisce bene ma di cui in qualche modo si sente un certo odore?
    Milano non ha le indicazioni stradali… o le sai a memoria altrimenti giri e domandi a qualche milanese che parla turco o indiano, pilippino o cinese e nessuno ti dice la via o la piazza. incontri un milanese che non se lo ricorda… ma non trovi il cartello che ti aiuta… Giri e giri con la macchi
    na! L’assassino non esiste ci uccidiamo da soli… piano piano nella solitu
    dine, nella paura di noi stessi, nella paura degli altri, tra le parole che ci tirano la fantasia a destra oppure a sinistra oppure non ci tirano più.
    Ieri sera una giovane donna dagli occhi lucidi con il suo cagnolino bianco
    mi rivolse la parola… Mi si seccò la gola e risposi con una battuta sciocca
    che non la offese mentre la vedevo negli occhi e lei vedeva nei miei e con una pacca dolce sulla mia spalla mi salutò ..dolcemente! chiamò il suo cagnolino bianco e sparì dentro ad una via…
    La città di noi non ha l’indicazioni stradali perchè bisogna tenere a mente la città… non è la città che ti deve ricordare ma sei tu che devi… La legge non ammette ignoranza… che ammette ?

  5. Ma quanto è interessante la letteratura gialla… davvero molto, per esempio io conosco alcuni che quando inziano un giallo devono finirlo e poi non resistono e corrono tramanti o tremanti alle ultime pagine per conoscere il malcapitato che ha inseguito pensieri turpi a danno di qualcuno… E poi ? Via di seguito un’altro giallo da leggere in treno questa volta e magari dimenticandosi di scendere alla fermata giusta?
    Può accadere anche di no! ma allora il lettore è sereno e potrebbe leggere qualsiasi cosa tutto sommato. Ma io non ho nulla contro questa
    attitudine anche solo mi accorgo che tiene fuori dalla realtà e favorisce una visione del mondo parallela. Il vero giallo lo viviamo in città. Spuntano funghi con la scusa dei grattacieli rivomitati forse per una assidua lettura di ciò che favorisce una visione parallela? Che ci fa assentare dalla vita della città o ci ripiega dentro in un mondo nascosto di solitudine? Forseil problema è questo? Anche questo. A cosa serve quadagnare il denaro se poi vivi giorno dopo giorno in unarealtà urbana in cui spuntano parcheggi che non risolvono e semmai complicano la vita in città? Sopra la terra e sotto la terra. Sotto la terra e sopra la terra e questo è il giallo verodi oggi, quello moderno a cui si dovrebbe sesibiliz
    zare gli uomini che vivono sospesi nelle loro idiozie elugubranti.

  6. La cultura della pastasciutta. Due amici napoletani si sono scontrati sul fatale argomento degli ingredienti del sugo alla carbonara. Il dibattere è scattato sul fatto che ci voglia o non ci voglia la cipolla nella salsa di un buon sugo alla carbonara. Due scuole di pensiero assai agguerrite e il dibattito si è acceso al punto che si è mangiato una schifezza e basta e non ricordo se l’uo o l’altro abbia messo o tolto la benemerita cipolla, alimento di una italianità nobile e arcaica.
    L’argomento poteva diventare l’inizio di un confronto approfondito ma si è trasceso ed è finito in una indigesta e collosa pastasciutta.
    Più o meno quello che accade nella cultura italiana oggi. Dimenticandosi i
    valori si accetta quello che c’è e ci si accontenta.

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GIANNI BIONDILLO (Milano, 1966), camminatore, scrittore e architetto pubblica per Guanda dal 2004. Come autore e saggista s’è occupato di narrativa di genere, psicogeografia, architettura, viaggi, eros, fiabe. Ha vinto il Premio Scerbanenco (2011), il Premio Bergamo (2018) e il Premio Bagutta (2024). Scrive per il cinema, il teatro e la televisione. È tradotto in varie lingue europee.
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