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do you remember Eternit? – Tryptiqe

fibres_amiante

Ho conosciuto Rosalba Altopiedi qualche tempo fa, a Torino. E’ una “femmina tosta” che lavora nel campo della sicurezza sul lavoro. Sei anni fa ha discusso la sua tesi in Sociologia della Devianza . Titolo: Né colpevoli, né vittime.Crimini d’impresa, analisi di un caso: l’Eternit di Casale Monferrato.
In questi giorni ci sarà il processo relativo. Per NI le ho chiesto di rispondere ad alcune domande. Alla breve intervista segue un documento estratto dalla sua tesi dove a parlare era l’allora presidente dell’Associazione delle vittime di Casale Monferrato. In chiusura di Post ho pensato di proporre un passaggio del romanzo di Girolamo De Michele, Con la faccia di cera (Edizioni ambiente) che ruota intorno alle vicende della Solvay di Ferrara.

Uno

Eternit, al via il processo dei record. titolano i giornali. A Palazzo di giustizia almeno mille tra familiari delle vittime e appartenenti a associazioni di lotta alla lavorazione dell’amianto che hanno promosso un presidio.

Il procuratore Caselli soddisfatto scrive: “Logistica perfetta”. Cosa vuol dire esattamente?
Caselli intendeva riferirsi all’organizzazione relativa all’accoglienza delle parti lese (aule, percorsi guidati, ecc.)

Quando affrontasti il tema all’epoca nella tua tesi si insisteva sull’enorme ostacolo costituito dalla decorrenza dei termini. In realtà gli effetti “ritardati” dell’amianto , trenta quarant’anni di incubazione del male, rendevano nullo il principio di colpevolezza nonostante la responsabilità. Oggi, come ieri, ci troveremo di fronte alla stessa situazione?
Rispetto alla problema della decorrenza dei termini il discorso è più complesso ed è un pò difficile renderlo in poche righe. Il problema è che questo tipo di processi (dove gli imputati sono dirigenti d’azienda, politici, ecc. “persone rispettabili e per bene”) spesso vedono i tempi allungarsi in modo disastroso per la capacità della difesa tecnica di sfruttare tutte le possibili vie per allungare i tempi…ma questo è solo un aspetto.

Tu hai lavorato a lungo con le associazioni che idea te ne facesti? Sei rimasta in contatto con loro? Cosa ci si aspetta da questa sentenza?
L’associazione di Casale ha rappresentato un luogo (fisico ma anche metaforico) essenziale per costruire e definire questa vicenda pazzesca come un vero e proprio crimine. Per capirci esistono altre situazioni con analoghe caratteristiche (di gravità anche in rapporto al numero di morti, vedi Monfalcone, Petrolchimico ecc.) che non hanno saputo leggere gli accadimenti nello stesso modo. Ciò ha consegunze rilevanti: se io ritengo ciò che mi è successo come l’esito di un destino infame o al più di sfortuna ecc. non chiedo giustizia. Ho ancora rapporti diretti e affettuosi con molte persone dell’associazione di Casale.

Quanto è cambiata la situazione in Italia rispetto all’uso dell’amianto (nuove regolamentazioni, applicabilità delle leggi) e soprattutto confermi quanto affermato da altri secondo cui il peggio ha da venire?
Esiste una legge che vieta l’estrazione e l’impiego dell’amianto dal 92..il peggio non credo debba ancora venire (soprattutto se le bonifiche proseguiranno in modo adeguato) ma ahimè confermo che almeno sino al 2025-20230 continueremo a contare i morti per le esposizioni pregresse…

Due

Intervista rilasciata in data 25/02/03 presso la Camera del Lavoro di Casale Monferrato dalla signora B. R. in Né colpevoli, né vittime.Crimini d’impresa, analisi di un caso: l’Eternit di Casale Monferrato. di Rosalba Altopiedi.

Mi racconta la storia di suo marito?
Inizio da quando si è ammalato? Da qualche mese si lamentava di un dolore al fianco destro e , molto probabilmente visto che aveva già visto ammalarsi e morire dei compagni di lavoro, cercava di far finta di niente, ma era comunque un dolore piuttosto insistente e quasi opprimente; un giorno ha insistito a tal punto da obbligarlo a recarsi dal medico e purtroppo in seguito ad una lastra si è notato che il polmone sinistro era visibile mentre quello destro non si vedeva già più; bisogna precisare che lui aveva già l’asbestosi con un riconoscimento di 44 punti di invalidità, era il febbraio del 1982 ed immediatamente gli hanno riconosciuto un aggravamento con il 100% di invalidità. Quando è successo tutto questo era pochi anni che mio marito era potuto andare in pensione in seguito al raggiungimento dell’anzianità contributiva, noi avevamo avuto appena un nipotino e ce lo godevamo…è stato un periodo bellissimo, particolarmente bello specialmente tra noi due perché godevamo di un momento molto bello, lui stava bene almeno apparentemente, aveva molto coraggio molta forza, era anche più aperto più disponibile in un certo qual modo e invece- purtroppo- ci è capitata…lui ha intuito anche se ha sperato che non fosse così e io finché ad Alessandria non ci hanno detto chiaramente che si trattava di mesotelioma … lui faceva di tutto per non farci vedere la sua angoscia e noi uguale nei suoi confronti, tan’è vero che negavamo a tutti la gravità delle sue condizioni. Da quando si era ammalato una volta al mese andavamo ad Alessandria al Borsalino per la chemio, orribile il Borsalino : c’erano nove letti di fronte a nove letti e andandoci lui vedeva il peggioramento di chi era arrivato prima di lui, e ad un certo momento si è rifiutato di andarci.

Successivamente è stato seguito all’ospedale, andava di tanto in tanto per fare la chemio; bisogna però dire che mentre ad Alessandria c’era il professor Morea che probabilmente era già un esperto, aveva una sensibilità maggiore verso le persone affette da questa patologia, e quando ha iniziato a stare male gli ha somministrato prima blandi antidolorifici ed infine la morfina e non bastava ancora. Guardi è stato molto doloroso perché ha sofferto veramente moltissimo, nel suo caso non si era formata acqua nella pleura (n.d.i. come normalmente avviene nei casi di mesotelioma della pleura) da estrarre, e questo –a detta dei medici- comportava che la sua malattia fosse particolarmente dolorosa. Triste anche perché aveva già avuto una vita molto sacrificata essendo del ‘22 aveva avuto anche la guerra era orfano…quindi il matrimonio era stato una serenità nella sua vita, due figli che senza essere niente di particolare per noi erano importanti non ci avevano mai dato problemi, era un momento della vita che poteva svolgersi con serenità tra noi due, con tranquillità invece… questa è una cosa che ci tengo a dirla, ogni volta che me la chiedono lo dico, non con rabbia ….io mi sono rifiutata di piangere per non far vedere a mio marito quanto era grande la mia disperazione, mi sono imposta e ci sono riuscita, anche se adesso quella imposizione che mi sono fatta mi impedisce di piangere ancora oggi, ed è molto dolorosa a volte…ma ero arrabbiata e lo sono ancora, proprio arrabbiata, perché non trovavo giusta e non la trovo ancora, la cosa una persona nell’avere il diritto al lavoro per dare tranquillità alla famiglia debba ammalarsi e morire sul lavoro e soprattutto nella maniera come è avvenuto, c’è stata indifferenza, menefreghismo, poca responsabilità in ciò che succedeva; può essere che nei primi tempi non lo sapevano però piano piano lo sapevano, avevano preso qualche piccolo provvedimento (filtri/mascherine agli operai) ma erano una cosa assurda o quasi.

Come parlava suo marito dei suoi ex datori di lavoro?
E’ una questione di carattere..quando è successo, già altri compagni di lavoro avevano contratto questa malattia e tra compagni di lavoro ho scoperto che esisteva una solidarietà molto particolare , e quando hanno iniziato ad ammalarsi e a morire tra di loro si guardavano ,si scrutavano e solidarizzavano e questo è stata una esperienza molto bella , ancora oggi dopo 20 anni che mio marito è mancato ho scoperto che molti suoi compagni vanno al cimitero; mio marito aveva sentimenti molto particolari mali nascondeva (questo anche per rispondere alla sua domanda) era un “orco” ma era un modo di difendere la propria sensibilità, la propria delicatezza; io in seguito alla morte di mio marito mi sono rifiutata di accettare i soldi del risarcimento perché ho pensato che mio marito valeva molto di più di quanto poteva venirmi dato.

Cosa l’ha portata a divenire Presidente dell’associazione vittime e famigliari?
Avevano bisogno di una persona che magari confermasse ciò che sentiva, anche per formare un gruppo per poter lottare, anche perché sono state fatte molte iniziative anche raccolta di firme da portare a Roma e far varare la legge contro l’amianto; elencare tutte le iniziative che sono state fatte è impossibile, ogni dopo tanti anni non è ancora stato fatto abbastanza, perché c’è ancora molto da fare….quando mi è stata offerta questa carica ho detto io non sono in grado, ma se mi date una mano per dimostrare ciò che io sento, la rabbia che ho dentro di me per questa situazione io accetto, e così abbiamo il comitato che all’inizio rappresentava sono gli operai della Eternit e i loro famigliari ma in seguito ha visto coinvolti anche i cittadini di Casale. Dopo tanti anni io sono ancora veramente arrabbiata e sono contenta di aver ricevuto da parte di ex colleghi di Mario il riconoscimento per l’impegno che ho messo e tuttora metto perché quello che è stato affinché non si dimentichi. Purtroppo mancano ancora molte testimonianze da parte di persone che dovrebbero darle…per esempio avevo chiesto ad una signora di venire a parlare con lei; ha perso il marito due anni fa molto giovane 47 anni non lavorava alla Eternit, con due bambini piccoli, ma lei ha rifiutato perché il dolore è ancora troppo intenso e piangerebbe solo e non può testimoniare forse un domani…sa parlarne è molto doloroso anche se sono passati anni; io però più che addolorata sono arrabbiata , io ho reagito così e in tante occasioni che mi è stato chiesto di testimoniare la mia esperienza non ho mai pianto e di questo ne sono quasi fiera perché mi sembra la cosa abbia un po’ più valore che il piangere, trovo giusto il combattere…se noi che sappiamo di avere un diritto lo pretendiamo le cose possono cambiare con un po’ più di facilità.

Da 20 anni ad oggi nella popolazione della sua città c’è stata un’elaborazione di quanto era avvenuto?
Negli anni abbiamo fatto molte manifestazioni, io stessa ha distribuito in piazza a Casale molti volantini per sensibilizzare la gente su queste tematiche, io ricordo che un giorno consegnando uno di questi volantini a dei compagni di lavoro di mio marito e altri amici, uno di loro ma ha detto: basta con questo amianto, non se ne può proprio più, è ora di finirla; io ho detto se mio marito fosse ancora vivo avrebbe lottato anche per voi e questa persona mi ha detto ha ragione me lo dia, però poi questa persona non è venuta all’assemblea. Vede c’è comunque un atteggiamento di negazione legato alla paura, e questo atteggiamento è più presente negli ex operai che nei cittadini, forse perché loro hanno visto, hanno avuto il contatto diretto; purtroppo però nei cittadini si sta allargando così tanto che…(n.d.i. i casi di decessi per patologie amianto correlate di persone che non hanno mai lavorato alla Eternit ed hanno avuto solo un’esposizione “ambientale”)

Chi sono i responsabili e come li può definire in questa vicenda?
Io una volta ho chiesto a mio marito quando era già ammalato- perché lui era un delegato di fabbrica con un grande intuito e coraggio anche nel denunciare situazioni che gli apparivano ingiuste- come mai si è arrivati a questo punto senza accorgersi prima della gravità delle cose? Lui mi ha detto non ne voglio parlare, non me lo domandare…Sul fatto dei responsabili io mi sono interrogata molte volte, e quando c’è stato il processo mi ricordo che mi sono arrabbiata perché sono stata “disgustata” dal modo utilizzato dagli avvocati della difesa, ricordo una frase di uno di questi che ha detto: ma immaginarsi se il direttor Vezzani che aveva moglie e figli pover uomo avesse portato qui la famiglia conoscendo il pericolo che potevano correre , insomma erano delle “povere vittime “. Io poi ho ricevuto anche da uno dei responsabili (Reposo) una lettera dove lui mi diceva che non si sentiva colpevole, che il giudizio che emergeva dal processo non era giusto nei suoi confronti e che lui non si sentiva colpevole; allora io ho risposto che il suo punto di vista era totalmente diverso dal mio. Ci sono state solo piccole condanne , proprio limitate ….

Quale potrebbe essere una pena equa?
Guardi se si parla di responsabilità in linea generale ci andrebbero anni di galera per conto mio, se soprattutto c’è stata consapevolezza in quello che si faceva il pensiero che un uomo per poter condurre una vita dignitosa debba morire di lavoro… questo non è pensabile, non si può pensare di lasciar morire delle persone… Se però poi parlo del mio carattere, del mio modo di pensare – ci ho riflettuto in molte occasioni- io penso che , visto specialmente le condizioni delle carceri oggi , mi chiedo ma perché non farli pagare materialmente o altre alternative alle prigioni, per comprendere quello che può dare la fatica del lavoro, il cercarlo…

Il suo discorso sulle pene alternative al carcere lo applicherebbe a tutti i tipi di reati o no?
Lo applicherei in senso generale perché non credo che la galera possa insegnare, a volte anzi in quei luoghi credo sia negata la possibilità di migliorare mentalmente, di recuperare la persona; infatti quando io sento discorsi sulla pena di morte sento come un pugno nello stomaco..

Potremmo definire criminali le persone che si sono rese responsabili di questi reati?
È dura rispondere…sa criminale è una definizione pesante, però se si pensa ai tanti morti e alle tante conseguenze, se si pensa che ne erano consapevoli..allora sì forse criminali che agiscono per interessi economici.

Tre

Estratto dal romanzo di Girolamo De Michele, Con la faccia di cera (Edizioni ambiente)

Ferrara, giovedì 22 maggio 2008

«NON per dire, giovanotto, ma certe sfumature possono determinare l’orientamento di un intero testo.»

L’addetto alle relazioni commerciali sorride mentre mi spiega perché i testi del libro sulla storia dell’industria ferrarese saranno forniti dall’ufficio marketing.
«Prenda ad esempio queste pagine che lei ci ha già illustrato. Il design in Moplen. Lei magari non ha l’età per ricordarselo, ma la pubblicità del Moplen era popolarissima. Quelle bacinelle che cadevano e rimbalzavano senza spaccarsi: lo sente nella parola stessa – Moplen – il suono del rimbalzare? Quel comico, ha presente, Gino Bramieri: era uno di casa, dal televisore ti entrava nel salotto, ti potevi fidare. Lui ti faceva divertire col Carosello, e tu avevi voglia di offrirgli un liquorino, mentre gli compravi i prodotti in Moplen. Era un’epoca fondata sulla fiducia tra produttore e consumatore, c’era il miracolo italiano. Moplen è una parola amica, familiare: come la Cinquecento, le canzoni del Cantagiro, Mazzola e Rivera, gli spettacoli al Piper e alla Bussola di Viareggio, gli occhi e il – se permette – fondoschiena della Sandrelli, e il clacson dello spider di Gassman. Invece senta come suonano ostiche, persino ostili parole come “polipropilene” “polimerizzazione”, “policloruro”…
Non convincono, allontanano, destano sospetto. “Poli” di qua, “poli” di là… Cosa sarà mai questo “policloruro”, pensa il lettore diffidente. Fa pensare agli anni Ottanta, Novanta: diffidenza, individualismo, disgregazione… In un libro storico è importante che il lettore si senta parte del quadro, che sia messo a suo agio, si senta parte di una storia condivisa. Ecco perché abbiamo tanto apprezzato la sua ricerca iconografica, questi colori da primi anni Sessanta che ci ha riproposto: quella felice nostalgia per un tempo passato, quando eravamo tutti più sereni!»

Sarà per questo che dietro le spalle, sotto il gagliardetto della squadra di Ferrara, l’efficiente amministratore amante dei buoni tempi antichi ha la foto della Spal degli anni Sessanta?
«Piuttosto, Belli: proprio per questo spirito di solidale cooperazione tra produttori che ci anima, fatichiamo a capire il perché di questa foto d’epoca.»
«La foto d’epoca è un ritratto del chimico, industriale e ministro belga Ernest Solvay: è il fondatore della Solvay» sottolineo. «Pensavo che in un libro di storia dell’industria…»
«Ma no, ma no, Belli, guardi: lasci perdere. Così indietro nel tempo… Noi ci limitiamo alla creazione del Polo, senza esagerare. E poi, diciamocela tutta: questo nome, Solvay, è un’altra di quelle parole che suonano ostili, che dividono. Piena di pregiudizi, fors’anche offensiva verso alcuni autentici galantuomini che hanno amministrato quell’azienda…Noi in verità preferiremmo non nominarla nel volume: Montecatini, Montedison sono nomi familiari, restiamo sul familiare: lei che dice?»

Che dice David Belli? Che i committenti sono loro, di questo lavoro ne ho bisogno, e comunque…
«E comunque» conclude l’addetto alle relazioni commerciali mentre il fotografo ripone foto, testi e contratto siglato nella borsa, «non si tratta di pura e semplice nostalgia: questo sguardo al passato è un po’ il nostro ritorno al futuro, Belli! E siamo sicuri che saprà essere compartecipe di questo nostro spirito d’intrapresa!».
Io, per la verità, sono rimasto ai tempi in cui bastava dire “impresa”.
Stringo la mano sorridente, intasco l’assegno con l’anticipo per le spese e, per non essere troppo diffidente, mi premuro di incassarlo nell’arco di una mezz’ora. Una volta comprati i rullini e il materiale per lo sviluppo, forse
riesco anche a pagarmi un cappuccino, ma insomma: sempre meglio di un calcio in culo…

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15 Commenti

  1. Ciao, Furlen.
    Pensa che in molti pasi dell’America Latina i tetti di Eternit fanno tranquillamente parte del paesaggio urbano.

  2. Un’intervista che non si puo dimenticare.
    La parte che mi ha commossa di più è la manera che ha Rosalba Altopiedi di parlare del suo marito: si vive dentro un amore immenso: ha nascondito il dolore ( non piangere) per offrire al marito un rifugio.
    La sua lotta è fatta d’amore e di giustizia, perché la sua storia incarna il cammino di dolore degli altri operai.

  3. l’amianto, di per sè non fa nulla è la lavorazione e lo smantellamento che causano i guai di cui qui si parla. Negli Stati Uniti, le due torrri abbattute erano costituite da strutture in ferro rivestite in amianto. La manutenzionesarebbe costata una cifra indicibile.L’abbattimento ha risolto in un colpo solo. Chi ha scavato lì e respirato la polvere di quel caos oggi sta patendo le stesse conseguenze di Casale Monferrato, animali compresi,quelli che hanno cercato di salvare i feriti.Se si sono salvati da quella morte oggi subiscono una nuova tragedia.fernanda

  4. @ effeffe,
    ogni volta che mi imbatto in tetti ondulati di eternit a ricoprire costruzioni (monofamiliari) o edifici bassi in AL (e sono tanti), li osservo con due occhi sgranati, ma i locali non ci fanno caso. E il tetto di eternit è un segno di progresso, un fiore all’occhiello, rispetto alla paglia o al tetto in lamiera zincata.
    Non ho mai “indagato” sulla faccenda, ma mi immagino che anche l’eternit faccia parte di tutti quei materiali, lavorazioni, sostanze che, divenuti proibiti qui da noi, vengono riciclati o consentiti là.

  5. Per effeffe,
    comme je suis en train de travailler sur la presse avec mes élèves, j’ai découvert un article qui montre que le combat contre l’amainte existe en France. Je ne sais pas si j’aurai le temps de le traduire en italien.

    Amiante: un nouvel acte en cour d’appel

    Amiens Ils avaient fait le déplacement en force et en car. Quelques 55 membres de l’Association régionale des victimes de l’amiante en Picardie (ARVAP) étaient présents hier matin à la cour d’appel d’
    Amiens pour soutenir cinq de leurs camarades, dont deux étaient représentés par leurs veuves.
    Deux sociétés mises en cause dans les affaires d’amiante, Federal Mogul et Longavenne, avaient fait appel d’une décision du tribunal des affaires sociales et sanitaires à Beauvais les rendant coupables de “faute inexcusable”.
    L’une et l’autre de ces sociétés contestaient la notion de faute inexcusable qui leur est reprochée. L’argument des deux entreprises tourne autour du fait que ni l’une, ni l’autre, ne connaissaient les effets nocifs de l’amiante.
    Un argument battu en brêche Par Me Maïtena Lavene, du barreau de Paris. elle rappelait la jurisprudence sur les conditions de travail, sur la définition de faute inexcusable, confirmée en cour d’appel et en cour de cassation. Quant aux dangers de l’amiante, ils étaient, selon elle, connus au moment des faits.
    Marcel Lagant, président de l’ARVP, rappelait que sur trois des quatre dossiers relatifs à federal Mogul, “trois avaient été gagnés contre l’employeur”. C’est federal Mogul qui fait appel. Quant au quatrième dossier, c’est une veuve qui continue à se battre au nom de son mari mort de la maladie de l’amiante. A Beauvais, elle avait été déboutée. Le but, pour elle comme pour tous, est de faire reconnaître dans ce cas précis la faute inexcusable de l’employeur. La cinquième affaire concerne une veuve luttant au nom d e son mari mort de l’amiante chez Longavenne. L’arrêt de la Cour sera rendu le 9 juin prochain.

    Le courrier picard en date du vendredi 3 avril

  6. Senza necessariamente spostarsi fino in America Latina..
    a Novate Milanese, un paesino dell’hinterland milanese, i tetti sono pieni di lastre d’amianto ondulato, io stesso vivo in affitto in un sottotetto, parzialmente costituito d’amianto ondulato.. tutti i tetti circostanti sono coperti d’amianto ondulato. Non mi posso permettere di cambiare casa, l’affitto e’ veramente simbolico.. o quasi.

    La legge non obbliga alla rimozione dei pannelli d’amianto, la stessa legge dice che se i pannelli non sono danneggiati non possono procurare danno.. ora, non resta che capire quando un pannello puo’ definirsi danneggiato o da quando inizia a rilasciare le fibre calcerogene.. chi dovrebbe controlare? e con quali modalità?.

    Io purtropo non riesco a capire se il pannello e’ danneggiato, quel che mi e’ chiaro e’ che ogni volta che piove un impercettibile strato grigiastro di quel pannello si riversa sulle piastrelle del balconcino.. e’ smog urbano o particelle d’amianto?..forse entrambi..

    Perora non apro mai i lucernai che danno su qui pannelli e tappo ogni buco con degli stracci umidi.. in attesa di nuova sistemazione.

  7. Ares

    Chiamara la ASL significa perdere automaticamente la locazione, ma sicuramente la chaimero’ prima o poi..in prossimità della mia dipartita.. non prima.

    In realtà le informazioni sulla legge me le ha date proprio la ASL, alla quale ho posto delle domande generiche ed evasivei.. da “proprietario dubbioso”, sono stati proprio loro a “rassicurarmi”.. dicendomi che c’e’ una legge che non mi obbliga alla rimozione, se le lastre sono ben conservate.

  8. Caro Francesco Fornali,
    rispondo alla tua domanda.
    Molte associazioni impegnata nella tutela contro l’amianto segnalano che il suo uso nelle costruzioni è in aumento in Canada (dove la lobby dell’amianto è molto forte), Brasile, Cina e altri stati dall’economia emergente.

  9. caro andrea
    leggo dal tuo blog che

    Attilio Manerin, de l’Association nationale de défense des victimes de l’amiante (Andeva), estime à 44 000 le nombre de morts par mésothéliome avec, funeste prévision, un pic à 100 000 victimes en France d’ici 2025. 250 membres de l’association se rendront à Turin pour l’ouverture.

    riusciresti a intervistarlo per nazione indiana?

    inoltre leggo delle nuove disposizioni in materia, da parte della comunità europea. tali deroghe che significato hanno nel concreto? e per rispondere a la caso sollevato da Aries che succede alle strutture in amianto pre esistenti al decreto? Conoscendo i costi della disamiantizzazione di una struttura chi se ne fa carico?
    effeffe

    LES NOUVEAUTÉS DE LA COMMISSION EUROPÉENNE

    L’extraction, la production, la vente, l’usage et l’importation d’amiante sont interdits depuis le 1er janvier 2005 par la directive européenne 77 du 26 juillet 1999. La direction générale des entreprises et de l’industrie (DGEI) a cependant obtenu une dérogation au règlement Reach qui prévoit normalement l’évaluation et la gestion des risques sanitaires et environnementaux liés aux substances chimiques. Cette dérogation a permis de repousser au 1er janvier 2008 la date limite d’utilisation et de commercialisation des diaphragmes en amiante employés dans la fabrication du chlore, technique utilisée par deux usines en Allemagne et une en Pologne d’après une note de la DGEI datée du 3 juillet 2007. Par la suite, trois multinationales de l’amiante, Dow Chemical (Etats-Unis), Solvay (Belgique) et Zachem (Pologne), ont obtenu que ce délai soit prorogé. Les 19 et 20 février dernier, à l’exception de la France, de l’Italie, de la Belgique et des Pays Bas, des experts provenant de tous les Etats membres de la Commission ont approuvé la nouvelle dérogation à l’annexe VII du règlement Reach. Ce nouveau texte permet de fabriquer, de vendre et d’utiliser des éléments contenant de l’amiante chrysolite dans les installations d’électrolyse « en place ou en service avant 2005 ».
    La dérogation proposée par la Commission européenne devra obtenir l’aval du Parlement d’ici six mois, une période qui sera marquée par les élections, comme le souligne le Département santé-sécurité de l’Institut syndical européen. Mais si le Parlement n’applique pas son droit de regard d’ici là, le texte sera considéré comme adopté. Pour la Commission, engagée dans la protection des travailleurs et l’interdiction de l’amiante, il s’agirait d’un pas en arrière.

  10. Caro Effeffe,

    innanzitutto, qui c’è l’articolo in italiano: http://www.cafebabel.com/ita/article/29511/processo-eternit-europa-tutela-contro-amianto.html

    Ho i contatti di Manerin e potrei intervistarlo, sarebbe un piacere.
    Quelle deroghe permettono di commerciare prodotti costituiti da un certo tipo di amianto, quello crisolito, solo per quanto riguarda i processi di elettrolisi per la produzione del cloro. (Per quanto sia ristretto a questo ambito, le associazioni -soprattutto quelle francesi- se la solo presa).
    Per quel che riguarda la rimozione dell’amianto già utilizzato, al momento non so dirti di più. Nei prossimi giorni tornerò qui per farti sapere qualcosa di più.

  11. 13 giunio, ore 14 00: manifestazione nazionale in Francia a Dunkerque.
    Ogni mese le vedove ” dell’amianto” manifestano per chiedere giustizia.
    In nome del figlio o del padre.

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Sono musicista, quando si studia un brano si considera che anche il silenzio, la pausa sia musica. Compositori come Beethoven ne hanno fatto uso per sorprendere, catturare, ritardare le emozioni del pubblico, il silenzio parte della bellezza. Il silenzio qui però non è la bellezza. Il silenzio che c’è qui, da più di dieci mesi, è anti musicale, è solo vuoto.
francesco forlani
francesco forlani
Vivo e lavoro a Parigi. Fondatore delle riviste internazionali Paso Doble e Sud, collaboratore dell’Atelier du Roman . Attualmente direttore artistico della rivista italo-francese Focus-in. Spettacoli teatrali: Do you remember revolution, Patrioska, Cave canem, Zazà et tuti l’ati sturiellet, Miss Take. È redattore del blog letterario Nazione Indiana e gioca nella nazionale di calcio scrittori Osvaldo Soriano Football Club, Era l’anno dei mondiali e Racconti in bottiglia (Rizzoli/Corriere della Sera). Métromorphoses, Autoreverse, Blu di Prussia, Manifesto del Comunista Dandy, Le Chat Noir, Manhattan Experiment, 1997 Fuga da New York, edizioni La Camera Verde, Chiunque cerca chiunque, Il peso del Ciao, Parigi, senza passare dal via, Il manifesto del comunista dandy, Peli, Penultimi, Par-delà la forêt. , L'estate corsa   Traduttore dal francese, L'insegnamento dell'ignoranza di Jean-Claude Michéa, Immediatamente di Dominique De Roux
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