Urbanità 9

di Gianni Biondillo

Si sa, al principe Carlo d’Inghilterra l’architettura moderna non piace. Appena vede delle facciate in vetro strutturale, appena passa davanti a una costruzione in cemento armato, gli viene l’orticaria. La città moderna, con le sue dimensioni abnormi, con le sue forme avulse dalla tradizione è portatrice di degrado urbano e sociale, la bruttura degli edifici abbrutisce i suoi abitanti.

Con costanza e passione, da oltre vent’anni, Carlo propugna una architettura tradizionale, “come si faceva una volta”, con tecniche, dimensioni e stili condivisi dall’immaginario collettivo. La Prince’s Foundation ha già costruito un paio di villaggi utopici: Poundbury, il primo, è un vero e proprio fiore all’occhiello. Tanto grazioso che oltre a viverci c’è già chi ci va a visitarlo da turista, sognante. La prova provata che estetico ed etico siano la stessa cosa. Proprio una bella favola. Peccato che non sia vera.

E lo dimostra il secondo di questi esperimenti urbanistici con i quali il principe si balocca da anni. St Austell, in Cornovaglia, con le sue belle case neovittoriane e i villini neoedoardiani, con i prati ben tosati, le dimensioni raccolte, le strade pedonali senza traffico automobilistico, è un vero e proprio incubo per i suoi abitanti. Un po’ perché la lontananza dalla grande città più che strategica si è dimostrata allucinatoria (pure il segnale televisivo è assente). Poi, soprattutto, perché la notte il paese diventa il crocevia dei marginali, degli ubriaconi, dei disperati. Fra violenze notturne, giovani delinquenti, sirene della polizia, ormai sembra più facile dormire in prossimità di un aeroporto che nella bucolica St Austell.

Sovrapporre etico ad estetico è una foglia di fico, una semplificazione banalizzante. St Austell ha un tessuto sociale più variegato e problematico di Poundbury, abitato, invece, dall’alta e ricca borghesia inglese. È bastato questo a far saltare tutte le pie illusioni da accademico dilettante di Carlo d’Inghilterra. Senza che il cemento armato avesse colpa alcuna.

[pubblicato su Costruire, n.307 dicembre 2008]
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15 Commenti

  1. Ma la Prince’s Foundation è una fondazione umanitaria o ci ricava il lesso, anch’essa, dai suoi fiori all’occhiello? Perché, nel secondo caso, non ci sarebbe poi molta differenza con Milano 2: a ciascuno il suo lesso quotidiano a seconda dei suoi “ideali” estetici. E una volta di più si dimostrerebbe (Benjamin docet) come l’estetica non sia l’anticamera dell’etica.

  2. anche visconti viveva in case tipo carlo d’inghilterra eppure era comunista. questo dimostra a) che l’architettura non influenza le idee politiche b) che il comunismo può attecchire dovunque

  3. Ecco, a proposito di Visconti, leggendo il bel pezzo di Gianni pensavo che l’utopia di Poundbury mi ricorda, con le debite differenze, Grazzano Visconti, quel finto borgo medievale costruito quasi interamente da un Visconti ai primi del 900 come se fosse un paese medievale (il what if architettonico). Attira 300.000 turisti l’anno, roba che neanche la vera Gubbio, e sono certo che buona parte di questi è convinta di aggirarsi per un vero paesino medievale.

    (p.s. x gianni: “abrutisce”. sulla doppia t si può discutere, sulla doppia b no) :-)

  4. Grazie Serge, errore di battitura, subito corretto.
    Grazzano Visconti è un posto pazzesco. Ho pure conosciuto chi crede sia davvero un borgo medievale.

  5. @biondillo

    bella serie la tua… una domanda: mi sbagliavo quando pensavo che il rapporto fra etica ed estetica non si risolveva dentro ai limiti di una rassicurante e terrificante accademia?

  6. Io non ho dubbi sul fatto che ciò che è brutto abbrutisce. Hilmann – che amo molto – ha scritto un bel libro sul tema: L’anima del mondo e i pensieri del cuore. E poi nel campo delle neuroscienze a questo tema si è dedicato un grande neuroscienziato come l’indiano Ramachadran.
    Che di notte quei luogi siano abitati da ubriaconi, disperati a me sembra invece dimostrare proprio il contrario. Anzi, dovrebbe diventare un campo d’indagine sulla necessità percettiva dell’evasione forzata e alterata. Sull’architettura trovo equilibrata la posizione di Gillo Dorfles che amo ancora di più) molto ben spiegata nel suo Architetture ambigue, dove dimostra che il futuro dell’arte architettonica è quella di un visione libera tanto dalle pastoie di rigurgiti storici e stilistici, quanto da infatuazioni tecnologiche e meccanicistiche.
    In quanto al destino delle odierne metropoli profetico è stato ed è nei suoi libri Ballard.

  7. BRUNETTA STA TRACIMANDO

    Rispondendo ad una domanda sui possibili rischi di abusi edilizi che potrebbero derivare dal piano messo in cantiere dal governo, Brunetta, che ormai si intende di tutto, pure di archittettura, è un genio poliedrico che manco Leonardo, ha ricordato che «gran parte di questi architetti e urbanisti erano comunisti, di sinistra, ideologicamente orientati. Architetti che avevano una visione evidentemente deviante, fuori della tradizione italiana. Si rifacevano a modelli sovietici e il risultato sono stati i quartieri degradati che abbiamo oggi a Milano, a Palermo, a Roma, a Napoli. Insomma, anche qui – per Brunetta – c’è stata un’egemonia della sinistra comunista dal punto di vista dell’architettura e i risulti oggi sono sotto gli occhi di tutti. Se poi aggiungiamo i palazzinari che hanno completato i misfatti, il risultato è quello di avere oggi nelle periferie un’architettura brutta e pericolosa, perché si è costruito con cemento scadente e fragile. Insomma, non solo abbiamo periferie brutte ma anche pericolose. Oggi basta un’infiltrazione e cade tutto. L’occasione che abbiamo davanti con il nostro piano casa non significa solo aggiungere un po’ di cubatura alle attuali abitazioni, ma è la rottamazione di questa architettura balorda e ideologica. È la grande occasione per il Paese di ripristinare il bello e la sicurezza. Gli investimenti che si dovranno fare saranno finalizzati anche alla valorizzazione delle delle periferie».

  8. Ho sempre notato con stupore la singolare ignoranza degli intellettuali italiani in fatto di architettura e città.
    ma questa è solo una nota a margine.
    ho visitato il sito di poundbury e sono rimasto stupefatto: un parco a tema abitabile.
    le questioni che pone sono numerose e interessanti.
    magari quando ho tempo.

  9. Quando l’architettura diventa condizione di sperimentazione tecnologica e l’uomo elemento subordinato… allora si può anche generare una sorta di nuova spirazione di ritorno alla materialità tradizionale come significan
    te identitaria, o se volete come voglia di serenità o di equilibrio… Il guasi Re… subisce il fascino di una architettura storica importante per abitudi
    ne e cultura… si può capire. Meglio sarebbe che la ricerca architettonica
    ricercasse una condizione di maggiore serietà nel considerare le necessità dell’uomo prima che di ogni altra cosa…

  10. Chi cerca di fare il proprio dovere in un ambito sociale e specialmente pubblico nella realtà odierna e non solo, in cui guasi più nessuno ne ha sentore… rischia di passare da rompicoglioni come minimo e come massimo offrire un disgustoso esempio di come dovrebbe essere… a tal punto controcorrente che viene fatto fuori o in modo dolce o in modo meno dolce oppure in modo perverso e infimo…
    Il Brunetta in fondo che cosa ha fatto? quasi nulla… è come se avesse tolto la sedia di sotto il culo all’usciere… Ma pare che questo sia già un atto rivoluzionario in italia? Ma che bello che bello bello!

  11. Nessuno ha in mente la valorizzazione delle periferie… non avete ancora capito che le periferie servono a cristallizzare una condizione storica umana e sociale? E poi cosa volete fare, il paradiso in periferia? Per far saltare il mercato che prolifera solo in condizioni di pessima distribuzione della qualità? Di rara distribuzione della qualità, di precaria distribuzione e diffusione della qualità… Ma andiamo cari signori! Davvero siete così indietro?…anzi, la qualità se viene realizzata è una vera jattura… E poi i bisogni dell’uomo, del cittadino, sono davvero una realtà credibile? Che cosa succederebbe se decidessero di fare belle, armoniose e vivibili le periferie nel contesto della realtà che viviamo? Un vero controsenso, si formerebbero squilibri urbani notevolissimi… La noia, la paranoia dovuta alla sicurezza eccessiva annullerebbe ogni possibilità di vita e la città si trasformerebbe… e il centro non potrebbe più essere sovrarricchito così mostruosamente, sovraccaricato di valenze che asfissiano l’equilibrio umano e sociale urbano… e le differenze? Che sono il sale della vita? E poi cosa si dovrà inventare… poi? Vi immaginate lo squilibrio apportato alla vita dei cittadini? Dobbiamo rileggere la trasformazione sociale e urbana di oggi alla luce del fatto che è frutto di una geniale e meravigliosa presa d’atto non sulla imbecillità umana… direi semmai sulla grandezza dell’uomo… che viene spesso paventata come propellente ad andare avanti, nella sua capacità di essere altruista e armonioso nei confronti della città e più che mai dell’ambiente e della natura…
    E poi per questo siamo organizzatissimi, abbiamo le archistar e le superarchistar
    Ecc… che troneggiano e affascinano sindaci sia di dx che di Sx e istituzioni private in meravigliosa sincronia nella cifra del due e del tre come nella cordata, mentre le scuole Università si affannano a spendere i soldi dello stato(nostri) senza una vera idea di ricerca da fare e allora bisogna adeguarsi al sistema… se vuoi far crescere tuo figlio e non creargli delle forti carenze già in partenza… E tu invece Biondillo perchè fai romanzi gialli ? Per forza, viviamo in giallo e siamo diventati gialli noi stessi… nell’ umore e nella filosofia di vita e questa mattina, alzandomi dal letto e guardandomi bene in faccia… come faccio raramente, me ne sono accorto…

  12. Il futuro dell’architettura? Tra rigurgiti storici e pastoie ambigue di una tecnologia sperimentale? E’ facile parlare e scrivere di un futuro che non c’è… Quale sarà il futuro? E cosa gliene frega dell’architettura al potere?
    Sarà necessario, per chi capisce oggi i problemi di questa materia o arte che dir si voglia… interrogarsi sul futuro del potere più che sull’architet
    tura o della città… Quando mai un equilibrio fantomatico si è cercato sulle indicazioni di uno che scrive? Aspirazioni, solo aspirazioni… pure e semplici teoriche aspirazioni… Non dico infantili per rispetto ma… come dire : ha da venì ha nuttata… (si scrive così?)

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gianni biondillo
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GIANNI BIONDILLO (Milano, 1966), camminatore, scrittore e architetto pubblica per Guanda dal 2004. Come autore e saggista s’è occupato di narrativa di genere, psicogeografia, architettura, viaggi, eros, fiabe. Ha vinto il Premio Scerbanenco (2011), il Premio Bergamo (2018) e il Premio Bagutta (2024). Scrive per il cinema, il teatro e la televisione. È tradotto in varie lingue europee.
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