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Finestre e prospettive su Gaza

Serve avere una finestra su Gaza, ora? Questo fatale divenire testimoni oculari dell’ingiustizia, ci rafforza? Guardando quel poco di ciò che si può o si riesce a guardare – corpi a brandelli di bambini, donne, vecchi, “miliziani” – diventeremo più efficaci, reattivi, o più intorpiditi? Leggere l’elenco delle bombe cadute sugli edifici di Gaza, elenco che troviamo nel blog del ventitreenne Sameh Habeeb, ci rende più consapevoli? Non lo so. Voglio solo inserire qui, su NI, delle finestre su Gaza, o forse solo delle feritoie… Ma anche delle prospettive, come l’articolo di Ilan Pappe Israele e la pace, apparso su “Lo straniero” nel 2005, e quello di Raya Cohen Israeliani, palestinesi. Guerra, politica fondiaria e identità, apparso nel 2007 sul sito “Jura Gentium”. E’ uno sguardo strabico che viene richiesto, ancora una volta, oggi: che sappia non sottrarsi all’orrore, ma che sappia anche porre a distanza, analizzare, definire il disegno politico che da così tanti anni legittima l’occupazione, da parte israeliana, dei territori palestinesi.
A. I.

[Ilan Pappe è docente di Storia mediorientale all´Università di Haifa; Raya Cohen è docente di Storia alle Università di Tel Aviv e “Federico II” di Napoli. Queste due “prospettive” riportano l’attenzione sulla dissidenza intellettuale israeliana, come già avvenuto in NI con L’altra faccia di Israele, un post elaborato da un gruppo di indiani e non.]

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167 Commenti

  1. Leggerò con grande interesse. Infatti: siamo testimoni oculari dell’ingiustizia. E ne usciamo ancora più deboli, a mio avviso. Perchè del tutto impotenti.

    Tacere? No! Siamo di fronte a un genocidio. Chiamo le cose col loro nome. Poi, quando ci sarà da scrivere la storia di questi decenni di guerra, gli storici analizzeranno con minore approssimazione. In giro ci sono molti che continuano a rimbalzare con bellissimi flashback ai “torti” palestinesi; ma io vedo quello che vedo oggi, e vedo: tentativi di mediazione di alcuni paesi arabi finiti in fumo, attacchi feroci sui civili. Vedo – perdonatemi – del “nazismo placentare” in questi israeliani che dalla loro storia hanno disimparato tutto.

    Non sono un antisemita. Anzi. (Non sto qui a spiegare perchè, non ne ho bisogno. Anche se non sono ebreo.)

  2. vedo anch’io questo nazismo placentare, profondo.e bisogna dirlo. non si può più aver paura di sentirsi accusati di antisemitismo. mi colpì un’amica che nel collettivo politico di scienze politiche di berlino non poteva portare la hefiah, il fazzoletto arabo perchè era considerato antisemita. io ne ho di diversi colori portati da amici che hanno fatto gli osservatori internazionali, l’ho indossata per anni per connotare una accusa precisa: il popolo palestinese è oppresso.

    un anno fa, qua su Nazione Indiana veniva lanciato un appello per sostenere gli organizzatori della fiera del libro di Torino che subivano un boicottaggio in quanto si invitava lo Stato Israeliano (a 60 anni esatti dall’inizio di tutto) e nessuna voce alla Palestina. ci si appellava alla libertà di parola in nome della letteratura, titolava il post. interrompei la lista di chi lo sottoscriveva, mi sembrava un appello superficiale che si basa sempre su quella paura: se dici che Israele è carnefice sei antisemita. fu dibattito acceso. gli scrittori sono venuti in Italia, hanno avuto la loro libertà di parola sotto la benedizione del loro stato di Israele, sono stati sostenuti. ora mi chiedo, che dicono? che scrivono? che posizione hanno? e i palestinesi dove li leggiamo? chi ce ne riporta la voce? non era forse stato meglio invitarli un anno fa?

    qua vi allego una parte di una mail che mi ha inviato un’amica di un suo collega cooperante. serve eccome riportare testimonianze. in questi giorni che aprivo nazione indiana e non ne trovavo mi sentivo male.
    grazie

    _ Le ragioni dei “missili” di Hamas: a mente fredda, seduti ai nostri tavolini con fumanti caffè caldi, briosche al cioccolato ed una sigaretta tra le labbra si può sempre accusare Hamas per il lancio dei missili e cercare ragioni o torni politici come se tale azione fosse ancora il frutto una scelta politica, ma vorrei invece riflettere su cosa può significare vivere chiusi come topi in gabbia sapendo che non ci sono alternative alla propria morte ed a quelle dei propri cari, vorrei riflettere su quali effetti psicologici comporta la disperazione e la percezione di assoluta indifferenza per la propria vita da parte del resto del mondo. a queste condizioni è ancora possibile condannare i “missili” di hamas e usarli come scusa per perpetrare un omicidio di massa?

    Infine vorrei ricordare che non è possibile chiedere alle vittime di “dialogare” con il proprio persecutore almeno finchè il persecutore non abbia pienamente riconosciuto le proprie responsabilità nel determinare le condizione della vittima stessa.

    Nel frattempo i palestinesi di Gaza hanno inviato ai partner italiani sms di saluto e di addio chiedendo di pregare per loro o augurandoli un futuro che a loro viene negato. per dare un idea dello stato d’animo delle persone rinchiuse a gaza è sufficiente raccontare la storia di due bambini. il primo giorno di bombardamento, il primo è caduto svenuto a terra il secondo si è steso ed ha inziato a tremare in tutto il corpo per circa un ora.

    Queste sono le premesse alla pace? quale popolo, quale gioventù verrà fuori da questo eccidio? come potremmo chiedere loro di aver pazienza, di sedersi al tavolo delle trattavie e aprire un dialogo? su quali basi e su quale diritto?

    Nei territori, in west bank ma anche nei villaggi palestinesi in israele le persone sono atterrite ed annichilite tutti (almeno quelli con cui ho parlato) si sentono senza nessuna fiducia e pervasi da senso di morte. A loro avremmo il coraggio di chiedere di avere pazienza e dialogare?

    Israele avanza indifferente e spaventata anche della sua ombra e sembra incutere timore anche alla propria coscienza nello stesso tempo il capo dell’Autorità Nazionale Palestinese sta rischiando di essere completamente delegittimato agli occhi del suo popolo che gli rinfaccia e gli rinfaccerà di non averlo saputo proteggere.

    Gaza non è solo un massacro ma la parola fine ad ogni possibilità di dialogo e di pace giusta, sul terreno rimangono solo morti, sogni infranti ed una occupazione che ha pochi precedenti nella storia contemporanea.

    é a queste condizioni è per questi fatti che siamo anche noi coinvolti

  3. Una lettera di John Berger, Noam Chomsky, Harold Pinter, José Saramago, Gore Vidal del 2006.

    “Il capitolo più recente del conflitto tra Israele e Palestina è iniziato quando effettivi israeliani hanno prelevato con la forza da Gaza due civili, un medico e suo fratello. Di questo incidente non si è parlato da nessuna parte, eccetto sulla stampa turca. Il giorno dopo i palestinesi hanno catturato un soldato israeliano proponendo uno scambio con i prigionieri in mano agli israeliani: ce ne sono circa 10 mila nelle carceri di Israele.

    Che questo “rapimento” sia ritenuto un’atrocità, mentre si considera un fatto deplorevole ma che fa parte della vita che le Forze di Difesa (!) Israeliane esercitino l’illegale occupazione militare della Cisgordania e l’appropriazione sistematica delle sue risorse naturali, in particolare dell’acqua, è tipica della doppia morale usata con ricorrenza dall’Occidente di fronte a quanto sopravvenuto ai palestinesi, negli ultimi 70 anni, nella terra che assegnata loro dai trattati internazionali.

    Oggi, all’atrocità segue un’altra atrocità: i razzi artigianali si incrociano con i sofisticati missili. Questi ultimi hanno il loro bersaglio dove vivono i poveri ed i diseredati che aspettano l’arrivo di quello che qualche volta si è chiamata giustizia. Entrambe le categorie di proiettili lacerano i corpi in maniera orribile; chi, salvo i comandanti in campo, può dimenticare questo per un momento?

    Ogni provocazione ed il suo contraccolpo vengono impugnati e sono motivo di sermoni. Ma gli argomenti che seguono, accuse e solenni promesse, servono solo da distrazione per evitare che il mondo presti attenzione ad uno stratagemma militare, economico e geografico di lungo termine il cui obiettivo politico non è niente di meno che la liquidazione della nazione palestinese.

    Questo bisogna dirlo forte e chiaro perché lo stratagemma, solo per metà manifesto, ed a volte occulto, avanza molto rapidamente nei giorni che passano e, secondo la nostra opinione, dobbiamo riconoscerlo quale è, incessantemente ed eternamente, ed opporci ad esso”.

    Mieussy, Francia, 23 luglio 2006

  4. caro Franz
    capisco l’indignazione, ma lo sforzo rimane quello di mettere anche in “prospettiva”… ora parlare di “nazismo placentare degli israeliani” è fuorviante per tre motivi; il primo: il parallelo storico forse più adeguato tra i rapporti odierni tra Israele e Palestina è il regime d’Apartheid del Sudafrica (vedi articolo apparso su Haaretz il 10/12/08 di Gideon Levy: http://www.osservatorioiraq.it/modules.php?name=News&file=article&sid=6175); secondo, se “nazismo placentare” significa una sorta di imprinting dato dal trauma della Shoa, è evidente che coloro che hanno costruito Israele non sono coloro che hanno subito lo sterminio; terzo, poichè l’antisemitismo ahimè comunque esiste, è opportuno sempre ricordare che vi è una minoranza di israeliani che è in radicale disaccordo con la politica dello stato di Israele (purtroppo i governi israeliani si distinguono poco quanto a politica dell’occupazione).

    a simona
    “gli scrittori sono venuti in Italia, hanno avuto la loro libertà di parola sotto la benedizione del loro stato di Israele, sono stati sostenuti. ora mi chiedo, che dicono? che scrivono? che posizione hanno? e i palestinesi dove li leggiamo? chi ce ne riporta la voce? non era forse stato meglio invitarli un anno fa?”
    Proprio nel mio breve post, ho riportato il link a un lavoro di gruppo che era nato a ridosso dell’appello che tu ricordi e su cui io ed altri esprimemmo subito perplessità. E il lavoro che facemmo sulla dissidenza intellettuale israeliana mostrò proprio una cosa: se vogliamo analisi impietose, documentate, realizzate da storici, geografi, o anche solo scrittori e artisti, ne troviamo in terra israeliana. Non a caso, i due articoli che ho qui linkati vengono da storici israeliani o che insegnano in Israele.

  5. Jose Saramago, premio Nobel, si pronuncia così: “Vivere nell’ombra dell’olocausto ed aspettarsi di essere perdonati di ogni cosa che fanno, a motivo della loro sofferenza passata, mi sembra un eccesso di pretese. Evidentemente non hanno imparato molto dalla sofferenza dei loro genitori e dei loro nonni.” La Lega per l’ Anti-Diffamazione (ADL), potente associazione lobbistica ebraica per i diritti civili, ha definito queste affermazioni ‘anti-semite’. Abraham Foxman, il presidente dell’ ADL ha dichiarato: “I commenti di José Saramago sono sovversivi e profondamente offensivi”

  6. La situazione dell’occupazione israeliana della palestina è un falso rompicapo. Chi ha un minimo di obiettività capisce bene che Israele non potrà mai essere arbitro di una soluzione di pace, e che i palestinesi, finché saranno sotto occupazione, non accetterranno mai di firmare per la loro schiavitù. Solo una forza coercitiva esterna, internazionale, può risolvere la questione. Questo fino ad ora non è avvenuto. Non solo, ma oggi siamo lontanissimi da costruire un consenso a livello di dirigenti politici su questo. La mossa vincente di Israele è stato togliere legittimità all’Olp, permettendo il rafforzarsi di Hamas. Hamas in Occidente non piace a nessuno, e non piace neppure ai paesi arabi come l’Egitto.
    L’unico filo di speranza oggi viene da Obama.

  7. grazie Andrea per questo post che esce dalla dualità che non porta alcuna soluzione e raffredda (pur non negando l’orrore) e rende più complesso lo sguardo e il discorso. Son d’accordo con te che è nella politica internazionale la possibilità di una soluzione, io credo anche culturale perché anche di pensiero differente e di immagini diverse del conflitto si nutre una via diversa e forse efficace. Non possamo solo essere pro palestinesi o pro-massacro, ché non significa nulla e rende solo più esacerbate e distanti le posizioni e radicalizzarle a un livello pregiudiziale più che di fredda politica e strategia per far finire questo orrore troppo reiterato. E credo che di sguardo laicamente freddo ci sia bisogno adesso, alktrimenti che facciamo, ci mettiamo a urlare, a piangere, a odiare, ci fermiamo nello guardo muto di raccapriccio?

  8. Penso che dopo essere stati informati, sia anche compito nostro informare cosa ne pensiamo.

    Avevo evitato di intervenire perchè i primi interventi di giusta condanna dello stato ebraico per quello che sta accadendo, si limitavano a prendere una posizione di radicale rifiuto degli inviti a un compresso che possa rispettare le giuste esigenze dei due contendenti.

    La presa di posizione di Andrea Inglese e di Lucia Cossu mi pare inizino a far chiarezza, sottolineando che – dopo essersi scandalizzati ed essere stati feriti emotivamente dall’orrore perpretato dall’esercito israeliano – diventa comunque necessario ipotizzare strade che rappresentino la salvezza di entrambi i popoli.

  9. I palestinesi erano il popolo arabo più laico del Medio Oriente, ad alto tasso di marxismo, tra l’altro.
    L’integralismo islamico ha attecchito proprio quale conseguenza dell’invasione-oppressione israelita.
    I moniti alla pace che vado leggendo sulla carta stampata e divulgati dalle televisioni sono fuorvianti, poiché mettono sullo stesso piano vittime ed oppressori.
    Israele ha indebitamente invaso il territorio palestinese andando contro la legge internazionale e le diverse risoluzioni dell’ONU ed è da considerarsi a pieno titolo “oppressore”.
    Quanto poi all’uso e disuso delle accuse di antisemitismo da parte di Israele, ritengo che siano paradossalmente e cinicamente fuori luogo ancorché ridicole.
    Dove lo stato di diritto di un popolo fa cessare lo stato di diritto di un altro popolo?
    Assistiamo e divulghiamo la nuova banalità del male.

  10. Natàlia, volere un pensiero complesso non significa negare le atrocità e lo squilibrio e l’asimmetria. Ma non facciamo l’errore di considerare Israele un monoblocco senza pori e possibilità diverse. Non neghiamo anche nei nostri pensieri l’esistenza di una possibilità diversa per Israele stesso oltre che per tutto il mediooriente. Non facciamo il gioco di farci strumentalizzare il dolore feroce che prende vedendo una tale spoporzione, cerchiamo almeno noi di rimanere lucidi e pragmatici, ché è l’unico modo per essere davvero amici di una soluzione. Se vengono strumentalizzate le accuse di antisemitismo ciò per me significa solo che davvero gli israeliani e gli ebrei sono ancora non convinti e rinforzati abbastanza da ogni stato e cittadino del mondo di avere pieno diritto all’esistenza (come ho già tante volte sostenuto in altri luoghi). Continuo a credere sia questa una questione cruciale da cui poi partire per criticare anche nel modo più aspro i comportamenti senza equivoci. Guarda a Roma come è blindata la scuola e come ovunque vengano fatti saltare in aria in quanto ebrei e vedrai che vanno risolte entrambe le questioni, usando ragione e freddezza e ripeto ormai anche un certo pragmatismo.

  11. Trovare una giustificazione plausibile per ciò che sta facendo Israele a Gaza è davvero arduo. La sproporzione tra la forza delle parti in causa mina alla base, secondo me, qualsiasi ragionamento costruttivo. Poi alla fine “faranno un deserto e lo chiameranno pace”. Ma il problema si riproporrà tra qualche settimana, mese, anno.

  12. <Se vengono strumentalizzate le accuse di antisemitismo ciò <per me significa solo che davvero gli israeliani e gli ebrei <sono ancora non convinti e rinforzati abbastanza da ogni <stato e cittadino del mondo di avere pieno diritto all’esistenza

    @Lucia, cosa bisogna consentirgli ancora di fare per far far sì che si sentano riconosciuti? Israele è la quarta potenza militare del mondo e negli ultimi 50 anni ha sistematicamente invaso senza averne diritto i territori Palestinesi. Bisogna aspettare che il genocidio della popolazione palestinese venga portato a termine perché Israele si senta sicuro?

  13. D’accordo Andrea; ho usato un’arma lessicale impropria. E’ un’espressione che sta in un mio (ormai vecchio) romanzo; e si riferiva a un tedesco, nato nel 32, e dunque che non aveva vissuto in prima persona il nazismo; e che però, nonostante dichiarasse idee democraticge di facciata, era nazista dentro; e solo come un tedesco può essere. Vale a dire, poichè il nazismo è nato in Germania, un fiammingo (per esempio) di idee profondamente ispirate al nazismo non sarà mai “placentare”.

    Quindi sì, hai ragione. Era per parlare di un essere “malefici” nella distruzione di chi ci è accanto ma per diverse ragioni “diverso”.

    Un discorso complesso, ci sarebbero da fare diversi rimandi anche interessanti, ma andremmo fuori tema. E invece bisogna stare sul tema.

  14. Ipotizzare strade che rappresentino la salvezza di entrambi i popoli, non significa escludere giusti risarcimenti per le vittime dell’ingiustizia e del terrore.
    Le condizioni “reali” della situazione internazionale, escludono sia la possibilità di una vittoria “totale” di Israele sui palestinesi, sia la speranza che le sofferenze del popolo palestinese possano aver fine con la distruzione dello stato di Israele.
    Il compromesso, ne sono cosciente, non avverrà sul terreno della “giustizia”, ma verrà basato sul calcolo degli interessi delle potenze sia regionali che mondiali.

    Acquisito questo, noi che cosa vogliamo testimoniare?
    La condanna dello stato israeliano? Già fatto.
    La speranza che più nessun palestinese innocente venga ucciso? Già fatto.
    La speranza che i palestinesi abbiano un loro stato? Gia fatto.
    La pretesa che Israele non si ingerisca più negli affari politici del popolo palestinese? Già fatto.
    E così potrei continuare a lungo, sino a far coincidere la mia posizione con quella dei più radicali difensori del popolo palestinese.
    Ma, arrivati alla fine, non cambierebbe la necessità di lavorare per un dignitoso compromesso in cui gli agenti “devono” essere alla pari.
    Compromesso che, comunque, non verrà raggiunto se non lo vorrà l’America.
    Questo è il vero test che ci dirà se Obama non è bluff.

  15. Chiedo a tutti, indistintamente, di subissare l’Ambasciata d’Israele in Italia con mail di protesta e di riprovazione per l’invasione a Gaza, chiedendo inoltre direttamente all’ambasciatore S.E. Gideon Meir le dimissioni del governo in carica : publicaffairsassist@roma.mfa.gov.il

    per quanto attiene ai pensieri e alle posizioni di molti ebrei, rinvio tutti alla lettura di Franco (Lattes) Fortini : I cani del Sinai, e altri scritti politici. Un ebreo eretico snobbato dalla comunità ebraica italiana.

  16. a Lucia
    sono d’accordo con Bianca; svolgere un’analisi fredda della situazione significa oggi giungere ad alcune conclusioni:
    Israele non vuole la pace, in quanto vuole mantenere l’occupazione; il mantenimento dell’occupazione non è la conseguenza di una politica difensiva, ma offensiva e di sfruttamento.
    Come Ilan Pappe dice nell’articolo che ho linkato: la minoranza di israeliani che vuole la pace non è in grado di imporla alla maggioranza.
    Solo una forza di coercizione esterna potrà modificare la situazione e “costringere” Israele alla pace, riconoscendo un vero stato palestinese.
    C’è da sperare per Israele che questa forza di coercizione venga da paesi tradizionalmente amici e non ostili, e non venga in futuro da paesi che saranno spietati nei confronti di Israele come Israele lo è stata nei confronti dei palestinesi.
    In tutto ciò, a margine, ricordo che Monio Ovadia pochi giorni fa, durante l’ultima puntata del suo spettacolo milanese, alla fine ha speso una parola in difesa della Palestina. Purtroppo credo che nella comunità ebraica italiana un tale gesto sia condiviso da molto pochi. Ma forse mi sbaglio.

  17. Ma interessa veramente a qualcuno il conflitto Israele-Palestina oppure in questo periodo si parla di questo per distogliere l’attenzione dell’opinone pubblica sulla grave crisi finanziaria?

  18. vedete come le posizioni si divaricano e si equivocano appena si dice di un premessa di comprensione su un punto che io trovo cruciale e che forse non lo è ma che non esclude (anzi) la condanna più ferma e assoluta alle azioni dello stato di Israele. Cercate una mia parola a difesa di tali azioni e non la troverete perché tali azioni le aborro come voi. Solo cerco un punto prospettico anche diverso in noi, nei nostri modi che diventano solo propalestinesi o filoisraeliani e credo schiacciati su proposizioni inconciliabili. Approvo completamente soldato blu

  19. Perchè vi indignate solo quando si tratta del conflitto arabo-israeliano-palestinese?
    Perchè non sento spendere tante parole di rabbia e dolore quando si ha notizia di gravi violazioni dei diritti umani e di veri e propri eccidi che stanno accadendo proprio ora, in questo istante, in almeno 40 luoghi del mondo?
    Perchè non vi ho sentito manifestare contro Mugabe?
    Perchè la vostra voce si alza solo quando c’è di mezzo Israele?
    Perchè non ricordate MAI che il popolo palestinese ha avuto occasione di avere un proprio Stato sin dal 1947, e che ha rifiutato?
    Perchè non avete l’onestà intellettuale di dire che voi non tollerereste un vicino di casa che lancia razzi nel vostro cortile?
    Perchè non avete il coraggio di ammettere che fu Arafat a non volere la pace a Camp David nel 2001?
    Perchè non ammettete l’evidenza che i Palestinesi sono un “popolo ostaggio”, usato ai propri sporchi fini da altre nazioni arabe interessate alla prosecuzione del conflitto?
    Perchè avete la memoria tanto corta da non ricordare che la Striscia di Gaza fu abbandonata con gesto fortememente impopolare da Sharon nel 2004, spostando circa ottomila coloni che non ne volevano sapere di andarsene e che oggi quello stesso luogo è diventatato una piattaforma di aggressione – un territorio che poteva essere utilizzato in modo costruttivo e che invece in tre anni si è trasformato in una regione nemica alle porte della Nazione Israele?

    Israele non è un posto di santi e ha commesso molti errori, come tanti errori sono stati commessi da parte palestinese. La storia di quella regione è molto complessa.
    Le morti di questi giorni fanno orrore, anche se dovete sapere che in Guerra (ricordate o anche qui memoria corta? La tregua è stata rotta proprio da Hamas, con annunci bellicosi riportati da tutti i giornali), purtroppo, la morte è, per così dire, prevista.
    Provo una forte pena per i morti civili palestinesi, per le donne e per i bambini. Non dovrebbero esserci morti civili ed è molto grave che questo accada.
    Ma interrogatevi, per favore, anche sulle enormi responsabilità di Hamas (che per quanto mi riguarda, avendo dichiarato guerra ad Israele, si è messo nella posizione di dover accettare una risposta), e sul male che questa organizzazione criminale (vi invito a leggere su Wikipedia http://it.wikipedia.org/wiki/Hamas il suo “statuto”) sta facendo al suo Popolo. Non tanto con la sua attività quotidiana di predicazione fondamentalista e incitamento al martirio (quelli a un certo punto sono cazzi loro), nè con la lodevole propensione ad occuparsi di alcuni aspetti della vita sociale dei Palestinesi (scuole, ospedali, etc: Hamas non è il Diavolo e come diceva Benigni di Mussolini “un ponte, una strada l’avrà pure costruito…”), ma con la sua politica kamikaze che non prevede dialogo, provocatoria – una provocazione le cui conseguenze ricadono TUTTE sul popolo palestinese.

  20. Io mi chiedo anche perché il governo israeliano non permetta l’accesso ai giornalisti internazionali nella striscia di Gaza per osservare gli effetti dei bombardamenti e seguire da vicino le operazioni dell’esercito.

  21. “Perchè vi indignate solo quando si tratta del conflitto arabo-israeliano-palestinese?”
    Falso – Voi chi, anzitutto? Io comincio a indignarmi quando mi danno del voi, ad esempio. Parla per te. Parla per me. E comunque – L’indignazione c’è, sempre, quando uno stato potente e oppressivo massacra un debole. Sempre. C’è stata per la Birmania, c’è stata per altre cose. Ma certo, siccome i motivi di indignazione sono purtroppo moltissimi, troverai sempre qualcosa per cui si è mancati. Il tuo ragionamento è votato all’infallibilità. E’ dunque solo vuota retorica.

    “Perchè non sento spendere tante parole di rabbia e dolore quando si ha notizia di gravi violazioni dei diritti umani e di veri e propri eccidi che stanno accadendo proprio ora, in questo istante, in almeno 40 luoghi del mondo?”
    Forse perché questo conflitto ci riguarda tutti più da vicino. Perché è quello che ha più a che fare con la nostra storia. Con la nostra area geografica. Con una frontiera che ci riguarda tutti. Perché appartiene alla storia del “nostro” colonialismo. Perché Israele è uno Stato colonialista.

    “Perchè non vi ho sentito manifestare contro Mugabe?”
    Perché non l’hai fatto te?

    “Perchè la vostra voce si alza solo quando c’è di mezzo Israele?”
    La MIA voce si alza in tante altre occasioni, ancora la vuota retorica d’inizio commento.

    “Perchè non ricordate MAI che il popolo palestinese ha avuto occasione di avere un proprio Stato sin dal 1947, e che ha rifiutato?”
    Nel 1947 non era quella la questione sul tavolo. Erano i 750mila profughi, 750mila persone costrette ad abbandonare le loro case e le loro terre. Quella era terra che un popolo che la abitava integralmente da secoli non accettava di vedersi strappata.

    “Perchè non avete l’onestà intellettuale di dire che voi non tollerereste un vicino di casa che lancia razzi nel vostro cortile?”
    Io avrei l’onestà intellettuale di oppormi alla politica criminale del mio governo, però.
    E i palestinesi non sono vicini di casa. Sono servi dei bantustan d’Israele.

    “Perchè non avete il coraggio di ammettere che fu Arafat a non volere la pace a Camp David nel 2001?”
    Perché non è così. Un buon resumé è qui: http://www.carmillaonline.com/archives/2004/11/001077.html

    Perchè non ammettete l’evidenza che i Palestinesi sono un “popolo ostaggio”, usato ai propri sporchi fini da altre nazioni arabe interessate alla prosecuzione del conflitto?
    Sì, certo, gli Stati arabi. Ma ciò non cambia la sostanza della questione.

    “Perchè avete la memoria tanto corta da non ricordare che la Striscia di Gaza fu abbandonata con gesto fortememente impopolare da Sharon nel 2004, spostando circa ottomila coloni che non ne volevano sapere di andarsene e che oggi quello stesso luogo è diventatato una piattaforma di aggressione – un territorio che poteva essere utilizzato in modo costruttivo e che invece in tre anni si è trasformato in una regione nemica alle porte della Nazione Israele?”
    Perché hai gli occhi tanto chiusi da non vedere che questo stato di servitù da bantustan è inaccettabile per qualsiasi palestinese? Da non vedere che Gaza è una striscettina di terra abitatissima, con la più alta densità abitativa del mondo, dove si sopravvive a fatica? E dove, sono sicuro, anche tu finiresti, nella disperazione, per sostenere chi lancia i razzi.

    Ma una domanda te la faccio io adesso:
    Perché non senti l’orrore di 700 morti e di quasi 150 bambini assassinati?
    Perché non ha il coraggio di dire che questo è un genocidio e che il governo israeliano è criminale?

  22. a marco,
    “Perchè vi indignate solo quando si tratta del conflitto arabo-israeliano-palestinese?
    Perchè non sento spendere tante parole di rabbia e dolore quando si ha notizia di gravi violazioni dei diritti umani e di veri e propri eccidi che stanno accadendo proprio ora, in questo istante, in almeno 40 luoghi del mondo?”
    Questa domanda è sempre pertinente, ma purtroppo non rende lo stato di Israele più innocente di quanto lo siano altri stati che commettono simili orrori ed errori. E poi, non è sempre vero quanto dici, se il “voi” è anche solo indirizzato al lavoro dei redattori di NI. (Tra parentesi ti segnalo questo mio post: https://www.nazioneindiana.com/2006/01/23/invito-alla-lettura-di-un-genocidio-recente-ruanda-1994/).
    E infine, perché non discutere a partire da quanto dicono i due articoli che ho linkato, invece che riprendere alcuni luoghi comuni dell’apologetica dei governi israeliani?

  23. Credo che Marco Rovelli confonda il popolo di Gaza con Hamas.

    D’accordo, Hamas ha vinto democraticamente le elezioni a Gaza (come Berlusconi quelle nostrane) , ma attaccare e liquidare le strutture di fatah come ha fatto nella guerra civile del 2007 o tenere agli arresti o gambizzare gli aderenti a fatah in questi giorni ha sempre poco a che fare con la democrazia. Hamas poi non intepreta l’interesse della popolazione di Gaza che credo sia vivere in pace e commerciare con Israele, che è lo sbocco naturale di quanto prodotto a Gaza, e non tirare dei razzi sulle cittadine israeliane oltre il confine.

    Invece Hamas lancia i suoi missili non come esasperata reazione di un popolo disperato ma come parte di una strategia enunciata già nel suo statuto in cui il popolo di Gaza è mezzo e non fine.

    Propongo anch’io un link:

    http://www.lastampa.it/redazione/cmsSezioni/esteri/200901articoli/39845girata.asp

  24. Il diritto della polis nega il diritto alla vita dei corpi straziati di Gaza. Ma sarà il diritto della polis, passato questo eccidio, a dire la sua, a porsi come unico parametro, come unico riferimento nelle trattative che vi saranno, nei dialoghi tra le parti in conflitto che seguiranno, come unica parola qualificata. Ma perché, mi chiedo, la politica, per affermare le proprie ragioni, deve negare la ragione di base dell’uomo, ovvero il suo diritto alla vita, quello che anche le vittime di Gaza avevano? E parlo di vittime in senso onnicomprensivo, perché se mi fermassi solo a deplorare la guerra in quanto uccide civili inermi, sarei in contraddizone con i principi etici e giuridici dello Stato italiano (e dell’Europa, mi pare) e con i miei, che negano al colpevole di omicidi la pena di morte. Quindi, se il nostro diritto giuridico e il nostro codice etico escludono la pena di morte per il colpevole (anche agli autori di stragi, la pena maggiore comminabile è l’ergastolo) perché invece fuori dell’Italia e dell’Europa per condannare la guerra ci riferiamo solo alle uccisioni di “civili innocenti”, se anche per il colpevole (in questo caso il soldato, il miliziano, l’islamico, l’ebreo, il terrorista) il nostro codice etico e quello giuridico del paese non prevedono la pena di morte? Forse che la guerra è una situazione così estrema da stravolgere o mettere da parte anche i codici etici e giuridici? Per cui bisogna opporsi alla guerra solo perché uccide “innocenti”, mentre per i colpevoli non varrebbe tale opposizione?

  25. Ho letto con attenzione i commenti, ma non mi lo sento di prendre posizione: vorrei che tutto sia diverso. Non voglio più ascoltare le notizie,
    mi fa male. E’ qualcosa di terribile pensare che con una piccola speranza o una riconoscenza reciproca la pace farebbe il suo ritorno: ma nessuno delle due parte non vuole vedere questa piccola luce: è una guerre senza fine.
    Il suffirait juste un élan d’amitié ou de la volonté de parler, de créer un nouveau rivage.
    Ci sono tante ferite che ora la cicatrice è aperta: Perché troppe morte e sentimento di vendetta.
    Per il momento non ho la rabbia nel cuore, solo una grande tristezza.

  26. “le negoziazioni con Israele non servono a nulla”

    “la lotta armata palestinese è fallita”

    “Esiste un solo modo per bloccare lo scenario che vi ho appena descritto: per mezzo delle pressioni, delle sanzioni, dell’embargo, facendo di Israele uno stato simile al Sudafrica all’epoca del regime dell’apartheid…”

    Queste sono frasi della conferenza di Ilan Pappe, durante la quale ha anche messo in evidenza un altro dato – di cui non ero al corrente – molto importante: che la comunità ebraica statunitense non è affatto, in maggioranza, d’accordo con la politica dello stato d’Israele.

    Mi pare, ora, che rispetto al momento in cui venivano fatte quelle affermazioni, almeno un fatto sia successo che può modificare in modo significativo quel quadro. Parlo dell’elezione del nuovo presidente degli Stati Uniti.

    Ecco, forse per mia disinformazione, non riesco a farmi un’idea credibile
    delle iniziative che il tandem Obama.Clinton potrebbe intraprendere. E se ci siano possibilità in questo senso.

    Ma, in ogni caso, visto l’estremo pessimismo dimostrato dai più informati sulle possibilità di una trattativa tra le parti in conflitto, mi piacerebbe sapere se è almeno possibile sperare in un qualche intervento dei “nuovi” Stati Uniti per “imporre” la pace.

  27. No Sebastian, non confondo. Hamas è stato favorito nella sua crescita da Israele per indebolire l’Olp. Eccoli, i risultati.

    Ma sono troppo disgustato, per discutere oltre. Tanto più con chi si preoccupa di chi viene gambizzato, e giustifica massacri.

    Bell’intervento, Macondo.

  28. C’è poco da fare analisi, a mio parere.
    Un embargo di quasi due anni ha provocato una catastrofe umanitaria a Gaza. USA ed Europa complici. Il lancio di Qassam è venuto dopo incursioni israeliane, sequestri di persona, uccisioni da parte di Israele, malati morti nei posti di blocco in attesa di arrivare agli ospedali. In 7 anni i razzi Qassam peraltro hanno fatto meno di 20 morti. La tregua non c’è mai stata, c’è stata solo la volontà di non far vivere una popolazione rinchiudendola in una prigione, affamandola, facendola vivere di stenti. Ora siamo alla soluzione finale: distruggere Hamas.
    Noi siamo complici. C’è da chiedersi se ancora dobiamo aspettare per chiamare criminali i nostri politici, e l’intero ONU.
    Tra poco invece che faremo? Cominceremo a parlare di Giornata della memoria, di quanto è stato un crimine la Shoah. Di non dimenticare per fare in modo che non accada più. Basta, finiamola con questa storia, continuiamo a parlarci addosso. Diciamo che la Shoah è servita a legittimare la pulizia etnica che ha portato alla nascita di Israele. Diciamo che questo è il continuo della pulizia etnica, come sta avvenendo a Gerusalemme est facendo sloggiare i palestinesi. La pulizia etnica prevede stermini cronici, e Israele godendo della sua impunità per sterminare non si fa più nessuno scrupolo. Neanche i nazisti bombardavano volutamente le ambulanze, i campi profughi per far poi rifugiare i già rifugiati in strutture ONU (ok l’ONU non c’era al tempo) e bombardare anche quelle.
    Chiediamoci cosa possiamo fare per non essere criminali. Cominciamo con il chiedere di bloccare ogni relazione diplomatica con Israele, boicottare lo stato (in forme da studiare, Pappe già ci dà una mano), chiedere sanzioni.

    PS FINESTRE SU GAZA: il blog di Vittorio Arrigoni (la sapete la sua storia?) http://guerrillaradio.iobloggo.com è l’unico volontario internazionale italiano rimasto a Gaza, ormai è il corrispondente da Gaza del Manifesto.

  29. Capisco la stanchezza del discutere. Hamas è da tempo che cammina sulle sue gambe o con le gambe dell’Iran e del suo lontano imprinting rimane ben poco. E’ adulta e ha i suoi scopi e ha i suoi sogni.

  30. Grazie lorenzo del link del blog di Arrigoni.

    (Da guardare solo quando non ci sono bambini intorno…)

  31. Per Marco Rovelli: forse non hai letto tutto il mio intervento. Quei morti fanno orrore. Lo ribadisco: quei morti civili. Non provo orrore per gli omicidi mirati di SOLDATI di Hamas, invece. Ripeto che si tratta di GUERRA. In guerra, i SOLDATI muoiono. Possiamo discuterne quanto vuoi ma resta il fatto che Hamas fa la guerra a Israele (con l’intento dichiarato e “statutario” di arrivare alla sua distruzione) e Israele reagisce. Perchè secondo me ha il sacrosanto diritto di difendersi e il sacrosanto diritto di vivere sicuro dentro i propri confini. Per quanto tale necessità di Israele possa turbare la sensibilità di qualcuno.

    Per Gianni Biondillo: sai, il “luogocomunismo” di cui mi accusi è tale visto dalla tua angolazione. Non rientra evidentemente in questa tua visione il “luogocomunismo” di chi sostiene non solo la causa della popolazione Palestinese ma anche, acriticamente, l’operato di Hamas. O di chi – come ho letto sopra – parla abiettamente di “nazismo placentare”… che è un luogo comune usato dai detrattori di Israele ben riassunto (senza tanti giri di parole) dagli striscioni ributtanti presenti in certe manifestazioni con la Stella di David = Svastica.
    Bene, mettiamola così: io credo in ciò che ho scritto. Trovo che la questione arabo-israeliana-palestinese sia molto complessa e che ci siano state delle gravissime colpe, anche recenti, da parte della leadership palestinese (oltre che, ovvio, da parta israeliana: purtroppo non esiste nessuna verità o ragione assoluta, nella vita come nella politica), che hanno portato al pantano in cui ci troviamo oggi.

    Infine, per Andrea Inglese. Il Voi è riferito alla smaccata partigianeria di Nazione Indiana, nelle sue acritiche prese di posizione sulla questione mediorientale. Mi dispiace se nel Voi includo qualche redattore che non convide alcuni articoli di questo blog-collettivo, d’altro canto quando si parla di Israele io – essendo da lungo tempo un lettore di Nazione Indiana, essendo uno “scrivente” ed essendo ebreo – intervengo con la mia sensibilità, incapace di comprendere l’appiattimento di molti di voi su una certa retorica e un certo “luogocomunismo” – tanto per citare ancora Biondillo – filopalestinese.

    Sono stati giorni molto brutti e sono stato in contatto con amici e parenti che vivono in Israele. Per la mia personale storia e personale sensibilità – chiaro, partigiana anch’essa: ma quantomeno vi sono coinvolto in prima persona, avendo parenti che vivono a un tiro di Qassam da Askelon -, riesco a comprendere bene per quale motivo l’opinione pubblica israeliana sia stata in blocco a favore di quest’intervento militare. Che poi è andato troppo a fondo e ha fatto troppe vittime civili. Ma, lo ribadisco: i ragionamenti di persone che hanno il culo di vivere qui in tempo di pace sono per forza radicalmente diversi da quelli di chi vive da sessant’anni in tempo di guerra. Non ne ho bene idea io, di cosa significhi essere israeliano; credo non ne abbiate un’idea precisa, concreta e per così dire empirica neanche voi.

    Marco Di Porto
    (mi firmo al completo perchè mi sembra che prima non sia apparsa la mia email)

  32. La sostanza dei fatti è che oggi, dal medio oriente all’Afghanistan, da ambe le parti (Occidente e Islam) si combatte una guerra di sterminio globale in nome dell’amore di Dio…

  33. Io ho appena guardato il notiziario delle 20.00 su Canale5. Uno dei tanti. C’era un lungo (per un notiziario televisivo) servizio di cinque minuti. Vediamo com’era montato.

    La notizia di apertura del servizio (e quindi gerarchicamente più importante) era quella del razzo sparato dal Libano che avrebbe colpito una casa di cura per anziani sfondando il tetto e ferendo in maniera lieve, con le schegge dei vetri esplosi, tre persone. Sullo sfondo scorrono molte immagini del tetto della casa di riposo per anziani. Segue notizia che Israele avrebbe concesso una tregua di tre ore tutti i giorni per motivi umanitari. Sullo sfondo immagini degli ultimi stranieri evacuati atterrati in aeroporto sani e salvi. La telecamera indugia su un gruppetto di suore anziane. Questa prima parte, complessivamente, occupa quasi l’intero servizio. Quattro minuti e mezzo.

    A tre quarti del servizio, velocemente e en passant, viene data la notizia del mezzo di soccorso ONU colpito in orario di ‘tregua’. L’autista è morto. Qui c’è un morto ma la notizia viene data molto velocemente. Nessun accenno al fatto che è il secondo obiettivo Onu centrato, precedente abbastanza grave in generale nella storia delle guerre. Neanche i nazisti sparavano sulle autoambulanze. Commento del cronista: “In guerra, si sa purtroppo…queste cose cose accadono, casualità tragiche”. Sullo sfondo immagini generiche del deserto con oggetti che esplodono ripresi da lontano.

    Niente sulle posizioni del Papa, niente sulle posizioni del Cardinale Martino che oggi ha chiamato Gaza “grande campo di concentramento”, niente sul fatto che dal 31 dicembre scorso, la Corte Suprema dello Stato di Israele, ha ordinato al governo di permettere l’accesso ai giornalisti internazionali nella striscia di Gaza mentre i generali israeliani si rifiutano di obbedire all’ordine della loro Corte Suprema mentre la stampa internazionale resta bloccata all’interno della linea di frontiera. Niente neanche su un servizio della CNN che dimostrerebbe che ben due mesi prima dei razzi sparati a dicembre da Hamas, Israele uccidende in piena tregua sei abitanti di Gaza nel novembre 2008 (notizia data dalla stampa inglese in tempo reale e mai ripresa da nessun media internazionale). Niente neanche sulla situazione della popolazione: scarsità di viveri e medicinali, situazione negli ospedali. Nulla.

    Ultima, ultimissima notizia il numero dei morti oltre 750 palestinesi, di cui cento bambini. Una frase appena, secchissima, le nude cifre, senza alcuna immagine. Nel deserto, lontanissima, una sottile striscia di fuoco (che immagino sia Gaza che brucia di notte).

    Come dire: un servizio di cinque minuti, di cui quattro e mezzo dedicati alla narrazione delle sofferenze Israeliane. Una manciata di secondi per seppellire quasi 800 morti palestinesi.

    Queste sono le stesse proporzioni degli altri notiziari. Se voglio altri punti di vista devo vagare in rete per ore attraverso blog differenti.

    Non credo che qualcuno stia occultando le sofferenze di Israele. Anzi, credo che non abbia mai avuto tanta visibilità e spazio come in questo momento.

  34. A
    Marco Di Porto che ha scritto queste cose:

    “Quei morti fanno orrore. Lo ribadisco: quei morti civili. Non provo orrore per gli omicidi mirati di SOLDATI di Hamas, invece. Ripeto che si tratta di GUERRA. In guerra, i SOLDATI muoiono. Possiamo discuterne quanto vuoi ma resta il fatto che Hamas fa la guerra a Israele (con l’intento dichiarato e “statutario” di arrivare alla sua distruzione) e Israele reagisce. Perchè secondo me ha il sacrosanto diritto di difendersi e il sacrosanto diritto di vivere sicuro dentro i propri confini. Per quanto tale necessità di Israele possa turbare la sensibilità di qualcuno.”

    che secondo me giustificano né più né meno un crimine contro l’umanità (a niente serve infatti scrivere dopo che l’attacco è “andato troppo a fondo e ha fatto troppe vittime civili” dato che il ragionamento dell’autodifesa porta automaticamente a questo risultato – e in più mi chiedo: quante vittime civili sono troppe? quante poche? se le 4 vittime civili israeliane sono troppe, quante sono troppe di palestinesi?)

    rispondo con queste parole dell’israeliano pacifista Michel Warschawski (anche lui signor Di Porto ragiona come noi che abbiamo il culo di stare in tempo di pace?), altro intellettuale presente nella lista di NI L’altra faccia di Israele, e redattore del sito
    http://alternativenews.org
    altra finestra su Gaza:

    “Larga parte dell’opinione pubblica israeliana ed europea ritiene questa operazione una legittima difesa. Per me questo è un vero non-sense. Un grave errore, prima di tutto, ma in fondo un non-sense. Israele occupa Gaza e la Cisgiordania da 42 anni. Questo è un fatto. Ogni azione contro questa occupazione è un’iniziativa di autodifesa, non il contrario. Il resto è una voluta manipolazione, che riesce bene, però, al punto che a volte sembra di parlare di un problema di sei mesi, un anno o due anni fa. Non si può invece prescindere dalla continuità di questa occupazione. Quello che accade da un anno a questa parte è l’assedio totale e disumano di Gaza. Un territorio e un popolo allo stremo, che sopravvive solo grazie ai famosi tunnel dall’Egitto e agli aiuti umanitari della comunità internazionale. Di quale dannata autodifesa parla Israele? L’esercito israeliano affama, aggredisce e riduce allo stremo una popolazione di un milione e mezzo di persone. Solo piccoli settori della società israeliana reagiscono a tutto questo, chiamando le cose con il loro nome: Israele è l’aggressore e Israele è l’occupante. Il resto è menzogna e il signor Glucksmann è un vero esperto in mistificazioni strumentali, capace di chiamare notte il giorno e viceversa. Mistificazioni delle quali sono vittime anche gli stessi cittadini di Sderot e delle altre città israeliane sotto il tiro dei razzi dalla Striscia. Vengono usati, in modo davvero cinico, dal governo israeliano.”

    E per quanto riguarda le popolazioni israeliane sotto tiro dei Qassam di cui si preoccupa Marco di Porto, sempre Warschawski:

    “I cittadini di Sderot come i coloni, utili solo quando servono politicamente?

    Assolutamente sì. Quelle città, per il governo, sono niente di più di una ‘periferia’. Questo rapporto tra centro e periferia è un elemento centrale nella storia di questo Paese, ma è un elemento spesso misconosciuto. La classe media discendente degli ebrei dell’Europa centrale, che è la vera classe dirigente del Paese, vive a Tel Aviv, ad Haifa o altrove. Nel nord, nel sud e nei Territori Occupati si è dato vita, all’epoca della nascita d’Israele e anche dopo, a una vera a propria colonizzazione. I coloni e gli immigrati non di ceto elevato sono stati utilizzati come scudi umani, da frapporre tra la vita degli israeliani agiati e i palestinesi. I cittadini israeliani della ‘periferia’ pagano il prezzo della politica del centro, diventando bersagli della rabbia degli arabi. Ma entrambi sono vittime degli interessi di Tel Aviv.”

    Il link è questo:
    http://it.peacereporter.net/articolo/13522/%22Israele+%26egrave%3B+l%26rsquo%3Boccupante%22
    ——

    Agiamo.
    Boicottaggio di Israele
    Richiesta di rottura di ogni legame diplomatico da parte dell’Italia e dell’UE,
    richiesta di sanzioni da parte dell’ONU che se ne scappa con la coda tra le gambe dopo che Israele bombarda i suoi soccorsi e uccide un suo autista

  35. Marco di Porto dice, di me:
    “Non rientra evidentemente in questa tua visione il “luogocomunismo” di chi sostiene non solo la causa della popolazione Palestinese ma anche, acriticamente, l’operato di Hamas. O di chi – come ho letto sopra – parla abiettamente di “nazismo placentare”… che è un luogo comune usato dai detrattori di Israele ben riassunto (senza tanti giri di parole) dagli striscioni ributtanti presenti in certe manifestazioni con la Stella di David = Svastica.”

    E’ questo l’errore del “voi”. E’ questo il luogocomunismo. Tutti sotto lo stesso ombrello, acriticamente. Ma cosa sai tu della mia storia? Chi ti dice che io sostengo acriticamente Hamas? Chi ti dice che io apprezzi le svastiche sulla stella di davide?
    Sono stufo di dover ripetere ogni volta come un mantra la mia vicinanza con la cultura ebraica, che è mia nel profondo. Ma non solo perché la cultura giudaica è nostra, di tutto l’occidente, ma perché è mia nel privato, perché sono cresciuto in mezzo agli ebrei dove mia madre ha lavorato per tutta la vita, dove ho assistito gioito e pianto a circoncisioni, bar mitzvah, matrimoni, funerali. Periodo della mia vita che sapevo prima quand’era pesah della pasqua cattolica. Io che ho avuto per anni un carteggio splendido con Bruno Zevi che mi fece pubblicare i miei primi saggi, così come era ebreo il primo architetto con cui ho lavorato (e che mi trattava come un figlio), così come mia moglie che lavorava dalla figlia. E ancora oggi mia madre mi cucina alcuni piatti kasher (squisitissimi). E quando ci fu l’appello contro il boicottaggio degli scrittori israeliani, Marco, ti voglio rammentare che fui io a pubblicarlo qui su Naz Ind. Quindi quel “voi” te lo tieni per te, se mi permetti.

    Ma c’è una cosa: sento vitale la domanda di Marco Rovelli:
    Perché non senti l’orrore di 700 morti e di quasi 150 bambini assassinati?
    Perché non hai il coraggio di dire che questo è un genocidio? (cazzo!, aggiungo io)

    E che, se questo da sè non bastasse (e a me basta), anche solo strategicamente tutto ciò, politicamente, è un vero e proprio suicidio che avrà conseguenze terrificanti per Israele, per i prossimi decenni! (mentre per i palestinesi la conseguanze terrificanti lo sono già ora).
    E non lo dico solo io. Lo dice anche Gad Lerner, ad esempio.

    Su Hamas condivido le parole di Carotenuto, qui:
    http://www.gennarocarotenuto.it/5225-il-sesso-di-hamas/

    E che si continui a tirar fuori la Shoah (chi per giustificarsi, chi per accusare) trovo sia una porcheria. Così come per anni ho trovato aberrante dare a un giovane tedesco le colpe dei padri nazisti, altrettanto trovo allucinante tirar fuori ad ogni piè sospinto quei poveri morti nell’agone della politica contemporanea, che molto poco ha a che fare con loro, ormai.
    Non è nello statuto di Israele il genocidio sistematico e scientifico di un popolo, quello palestinese. Ma quello che fa è, nei fatti, e come è già stato fatto notare, aparteid. Ero contrario a quello sudafricano, perché dovrei accettare quello israeliano?

    Che poi a gaza non hanno la classe dirigente adatta è altra cosa ancora(ed è inutile che mi si dica che è quella che si meritano, o quella che israele ha permesso loro. Qui, oggi, la cosa non mi interessa).

    Due popoli e due nazioni e subito. Questa dovrebbe essere l’urgenza della comunità internazionale, se esistesse davvero una comunità internazionale. Ma non c’è. E io piango per ogni morto israeliano e per ogni morto palestinese. Ma quelli palestinesi sono 700 di più, quindi, se mi permetti, piango 700 volte di più sul sangue palestinese versato invano.

    (e perdona la risposta a caldo. in questi casi bisognerebbe sempre fermarsi a respirare prima di scrivere)

  36. X franz krauspenhaar

    Ciao Franz. Vedere, come scrivi, ” del ‘nazismo placentare’ in questi israeliani che dalla loro storia hanno disimparato tutto”, non mi sembra né giusto né corretto. Anzi, francamente, mi sembra una “visione” che non aiuta né gli Israeliani né i Palestinesi né tutti noi – che diciamo di amare la pace.

    Nel tentativo di correggere la tua “visione”, scrivi per giustificarti:” Era per parlare di un essere ‘malefici’ nella distruzione di chi ci è accanto ma per diverse ragioni ‘diverso’”.

    In altre parole, se ho capito bene, questi israeliani che osano difendersi, sarebbero ” ‘malefici’ nella distruzione”.

    Si dà il caso, che tra chi è accanto a questi “esseri malefici” si nascondono diversi lanciatori di razzi di Hamas, un’organizzazione democraticamente eletta alla quale non importa nulla della vita dei Palestinesi, tanto è vero che invece di ricostruire Gaza perseguono con cieca ostinazione e perfidia il grande sogno di una rivoluzione islamista, ispirata da Iran e Hezbollah.

    Il loro scopo dichiarato è quello di eliminare gli ebrei, considerati appunto ” esseri malefici”, per poi ripulire l’aria del Medioriente da ogni forma di vita islamicamente “impura”.

    Quanto alla posizione di Obama, si sa solo che a luglio 2008 in visita in Israele ha detto: “se qualcuno buttasse missili sulla casa dove le mie figlie dormono farei di tutto per fermarlo”.

  37. @ Bianca,
    io invece alle 20,00 ho guardato Blob su Rai 3, che ha dedicato tutto il suo tempo a mostrare immagini terrificanti di Gaza e le manifestazioni multitudinarie che ci sono state nelle principali capitali europee (e ignorate dai nostri killer dell’informazione). Ora, non è normale che queste immagini le trasmetta Blob e non i telegiornali. Ma sarebbe normale il nostro paese se la politica ufficiale, quella dei rappresentanti del popolo, non lo rendesse anormale.
    @… in generale,
    quando si dice che non importa se dei soldati israeliani, dei miliziani di hamas, degli islamici ecc. muoiono a Gaza, allora si dovrebbe essere coerenti e dichiarare che si è per la pena di morte, applicata ai colpevoli, naturalmente. Perché non si può essere qui contro la pena di morte per il colpevole di omicidi, e là no. I miei principi etici, e il diritto dell’uomo alla vita, non hanno confini geografici. E aggiungo che, se non si è per la pena di morte né qui in Europa né là in Medio Oriente, allora non c’è differenza tra vittime colpevoli (di fare la guerra) e vittime innocenti (i civili, che la guerra la subiscono). Ossia: io sono contro la guerra perché provoca vittime. E punto. Certo, è naturale provare più pietas per le vittime civili, ma la pietas non istituisce di per sé alcun principio etico né giuridico.
    Per chiarire: dico queste cose non dall’alto di un cielo, ma qui sulla terra. E in quanto vivo sulla terra sono di parte. La parte con cui sto sono gli sfruttati, gli emarginati, gli oppressi, gli impoveriti. In questo caso non mi risulta che la media della popolazione israeliana sia più oppressa, emarginata, impoverita dei palestinesi di Gaza. Per cui sto con i plastinesi di Gaza. Ma non necessariamente sto con il suo governo. Anzi, tutt’altro. Anche se, facendone una questione di principio democratico, Hamas ha vinto le elezioni democraticamente. Dunque per la legge del numero, che è quella che conta in una democrazia rappresentativa, il suo governo è legittimo. Il che non toglie che sia giusto, o che io ne condivida la politica, che è cmq politica di un governo legittimo eletto democraticamente.
    E questo mio essere di parte non mi impedisce di essere contro la guerra, a prescindere. E’ una lezione che ho appreso dagli zapatisti. Tutt’altra cosa, la loro.

  38. La fine e l’inizio

    Dopo ogni guerra
    c’e’ chi deve ripulire.
    In fondo un po’ d’ordine
    da solo non si fa.

    C’e’ chi deve spingere le macerie
    ai bordi delle strade
    per far passare
    i carri pieni di cadaveri.

    C’e’ chi deve sprofondare
    nella melma e nella cenere,
    tra le molle dei divani letto,
    le schegge di vetro
    e gli stracci insanguinati.

    C’e’ chi deve trascinare una trave
    per puntellare il muro,
    c’e’ chi deve mettere i vetri alla finestra
    e montare la porta sui cardini.

    Non e’ fotogenico
    e ci vogliono anni.
    Tutte le telecamere sono gia’ partite
    per un’altra guerra.

    Bisogna ricostruire i ponti
    e anche le stazioni.
    Le maniche saranno a brandelli
    a forza di rimboccarle.

    C’e’ chi con la scopa in mano
    ricorda ancora com’era.
    C’e’ chi ascolta
    annuendo con la testa non mozzata.
    Ma presto
    gli gireranno intorno altri
    che ne saranno annoiati.

    C’e’ chi talvolta
    dissotterrera’ da sotto un cespuglio
    argomenti corrosi dalla ruggine
    e li trasportera’ sul mucchio dei rifiuti.

    Chi sapeva
    di che si trattava,
    deve far posto a quelli
    che ne sanno poco.
    E meno di poco.
    E infine assolutamente nulla.

    Sull’erba che ha ricoperto
    le cause e gli effetti,
    c’e’ chi deve starsene disteso
    con la spiga tra i denti,
    perso a fissare le nuvole.

    Wislawa Szymborska

    non occorre altro
    c.

  39. Inglès scrive, tra le altre cose, che “Solo una forza coercitiva esterna, internazionale, può risolvere la questione”.
    non lo credo.
    credo che la questione non sia risolvibile: sono convinto che da sessant’anni sia in atto un processo di conquista territoriale da parte di israele.
    quest’avanzata verso il Giordano si vede bene confrontando le carte geografiche di oggi con quelle di venti, trenta anni fa: i territori palestinesi hanno subito una progressiva e inesorabile frantumazione, separazione, segregazione di una parte dall’altra.
    hamas è solo l’ultimo motore di sottomissione che agisce in palestina: se non esistesse israele avrebbe dovuto inventarlo.
    il terrorismo è il prezioso motore di ogni avanzata di israele: gli fornisce il pretesto.
    ogni avanzata, ogni fase di compressione, produce una fase di scoppio palestinese, un’intifada per la generazione successiva, mentre lo spazio si riduce.
    il cammino è lungo, ci vorrà tempo, ma alla fine israele ce la farà e si prednerà tutto il territorio fino al giordano.
    la terra è di chi ha la forza per prendersela: questa invasione è solo una delle fasi tattiche di una strategia a lungo termine che è leggibile nella logica delle cose, oltre che sulle carte.
    sono convinto che finché non si dice questo, non si dice nulla che si discosti da una sacrosanta indignazione.
    per israele il terrorismo deve continuare, la pace metterebbe in crisi la strategia di conquista, per questo lo si alimenta periodicamente con attacchi, muri, repressione, occupazioni, vessazioni: il prezzo di sangue pagato dagli ebrei è trascurabile a fronte della missione storica che si rende realizzabile: sbattere i palestinesi al di là del Giordano.
    può darsi che questa non sia una strategia del tutto cosciente, né del tutto coerente, ma è in atto.

  40. Per Gianni Biondillo: non ho detto che ti (le?, vabbè insomma…) piace la stella di david paragonata alla svastiche o che condividi il pensiero di Hamas. Ho detto che il mio “luogocomunismo” può essere sensato e per nulla banale per alcuni, viceversa per altri può essere “luogocomunismo” il mettere sullo stesso piano Israele e Hamas, Stella di David e svastica e altre decisamente opinabili amenità. Insomma, tra luoghi comuni pro-Israele e pro-Palestina è una bella battaglia, che si può tentare di vincere a mio modesto avviso solo studiando la storia di quella regione e dei due popoli.
    Il Voi era riferito a Nazione Indiana perchè… vabbè, insomma, è un blog monolitico nelle opinioni su Israele e palestinesi, mi sembra davvero chiaro! Senza mettere in dubbio la tua amicizia per gli ebrei (e non ricordavo del tuo manifesto contro il boicottaggio; ricordavo bene invece che su Nazione Indiana non si vide notizia del suddetto boicottaggio: che inizialmente NI non prese – a mio avviso colpevolmente – posizione contro il boicottaggio di Israele alla Fiera del Libro.) Insomma, scusa, ma è evidente che questo è un blog antiisraeliano. Dire Voi sarà anche sbagliato, ma è come dire il Manifesto è di sinistra, Libero è di destra: siete una entità editoriale con un indirizzo, sulla questione, piuttosto chiaro.

    Provo una vera pena per tutte le vittime civili palestinesi. L’ho scritto in ogni post messo sin qui. Ma sono impotente come chiunque, in merito. Quello che posso fare è limitarmi a dire ciò che penso di tutta la faccenda.
    E mi scuso se non rispondo a Lorenzo Galbiati ma sono molto stanco e temo che la nostra discussione sarebbe, comunque, quasi certamente sterile (per l’incredibile distanza di vedute).

  41. >”I cittadini di Sderot come i coloni, utili solo quando servono >politicamente?

    >Assolutamente sì. Quelle città, per il governo, sono niente di più di una ‘>periferia’. Questo rapporto tra centro e periferia è un elemento >centrale nella storia di questo Paese, ma è un elemento spesso >misconosciuto. La classe media discendente degli ebrei dell’Europa >centrale, che è la vera classe dirigente del Paese, vive a Tel Aviv, ad >Haifa o altrove. Nel nord, nel sud e nei Territori Occupati si è dato vita, >all’epoca della nascita d’Israele e anche dopo, a una vera a propria >colonizzazione. I coloni e gli immigrati non di ceto elevato sono stati >utilizzati come scudi umani, da frapporre tra la vita degli israeliani >agiati e i palestinesi. I cittadini israeliani della ‘periferia’ pagano il >prezzo della politica del centro, diventando bersagli della rabbia degli >arabi. Ma entrambi sono vittime degli interessi di Tel Aviv.”

    Non mi pare corretto quello che dice Warschawski. Tel Aviv e Haifa sono storicamente le prime città abitate dagli ebrei in Palestina, ma la classe dirigente israeliana è nata sia dalle città costiere e sia dalle esperienze dei kibbutz sparsi in zone più difficili e meno ospitali. La stessa sorte hanno seguito le ultime ondate di immigrazione dalla ex-Unione Sovietica, che è prevalentemente cittadina. Non esiste una volontà di utilizzare colini di ceto non elevato come scudi umani, anzi Gerusalemme Ovest e Tel Aviv sono state fino al 1967 più vicine a confini ostili e vulnerabili delle poche colonie disperse verso il Negev. Comuqnue i razzi di Hamas sono arrivati a 40 km da Tel Aviv e nel giro di qualche mese ne potranno colpire anche i quartieri icon gli edifici n stile Bauhaus. Così, con buona pace di Warschawski, si potrà ristabilire l’eguaglianza sociale almeno dal punto di vista della minaccia missilistica e dell’uso cinico da parte del governo.

  42. Leggo con stupore che esistono ancora certe idee confuse sulla questione israelo-palestinese. Provo quindi a mettere alcuni puntini sulle i sulle cause di questa guerra e poi provo a entrare nel merito della discussione.

    Evidentemente non bastano quasi 800 morti e 4000 feriti in SOLI 12 giorni ha sveglare le coscienze delle persone.
    Evidentemente non bastano le immagini di scuole, moschee, ospedali, cliniche e ambulanze selvaggiamente colpite.
    Evidentemente non bastano le evidenti immagini di armi illegali usate sulla pelle della popolazione palestinese, in un territorio con la più alta concentrazione al mondo.
    Evidentemente non bastano le violazioni da parte di Israle di tutti gli accordi internazionali “fondamentali”.

    Ma se questo non basta allora provo a dare una mano alla discussione. Effettivamente la comunicazione dei mass media nostrani non aiuta (complimenti “Bianca Madeccia” per l’analisi del servizio del TG5)… sarà mica anche colpa del fatto che Israele DA MESI impedisce l’accesso ai giornalisti e agli internazionali a Gaza?

    Ma torniamo ai fatti. HAMAS non ha interroto la tregua… semplicemente non l’ha rinnovata. Perchè? Perchè nei 6 mesi di tregua stipultati con Israele erano stati firmati degli accordi e presi degli impegni, che come sempre accade quando c’è di mezzo lo stato della stella di David, Israele non ha rispettato. Israele ha infatti sigillato la striscia di Gaza imponendo un embargo illegale a tutta la popolazione palestinese. Davanti al silenzio e all’immobilismo di tutti più volte si è rischiato il tracollo dell’intera Striscia di Gaza per carenza di cibo, medicinali, elettricità e petrolio.

    In parallelo Israele ha anche portato avanti le sue azioni, illegali, di omicidi mirati di soggetti da loro ritenuti “terroristi” e “pericolosi”, in barba a tutte le leggi internazionali di guerra e non!. Gli ultimi attacchi in ordine di tempo sono stati tra il 4 e il 6 novembre 2008, con un bilancio di 6 palestinesi uccisi.

    Allo scadere della tregua il movimento islamico era pronto a interrompere il lancio di razzi, in cambio della fine della “aggressione” israeliana di Gaza e dell’apertura degli attraversamenti di frontiera. E’ Israele che ha rifiutato questa proposta e ha colto quindi l’occasione di qualche “missilotto” per rispondere con una vile aggressione contro tutto e contro tutti. Aggressione che richiede parecchi mesi di preparativi, come gli stessi governanti israeliani hanno ammesso.

    Ho dimenticato inoltre di fare una premessa: la Striscia di Gaza è un territorio di 20 Km X 5 circa, comunemente chiamato prigione a cielo aperto in quanto totalmente circodanto dal muro (anch’esso illegale) eretto da Israele.

    Qualcuno infine ha già scritto che i missili palestinesi hanno fatto si e no in totale qualcosa come 20 vittime in tutti questi anni… io vorrei aggiungere invece cosa hanno prodotto gli israeliani in questi anni: migliaia di palestinesi uccisi, un numero imprecisato di feriti e decine e decine di migliaia ingiustamente incarcerati (senza prove, senza processi e senza possibilità di difesa) e barbaramente trattati e torturati. Senza citare tutte le privazioni che subiscono giorno dopo giorno a causa del muro, a causa delle continue incursioni, a causa del furto e/o distruzione delle proprie terre… etc etc etc

    Queste cose sono state segnalate per ultimo anche dall’ambasciatore / relatore dell’ONU per i diritti umani nei territori palestinesi. A causa delle sue dichiarazioni e delle decisioni del consiglio dell’ONU, il 15 dicembre 208 l’ambasciatore è stato espulso dallo Stato ebraico. Ecco alcuni dettagli: Lo speciale relatore ONU per i diritti umani nei Territori palestinesi, Richard Falk (ebreo americano e professore di diritto internazionale), ha definito la politica israeliana verso la popolazione araba molto simile a un “crimine contro l’umanità”. In una sua dichiarazione al Consiglio per i diritti umani a Ginevra, egli ha detto che “sarebbe obbligatorio per una Corte criminale internazionale investigare sulla situazione e determinare se i leader politici israeliani e i comandanti militari responsabili dell’assedio di Gaza non andrebbero accusati e processati per violazioni contro le leggi criminali internazionali”. Il Consiglio ONU per i diritti umani, composto di 47 membri, ha portato avanti la discussione su Israele per 2 giorni. Alla fine sono stati consegnati al rappresentante israeliano 99 raccomandazioni per migliorare il rispetto dei diritti umani verso i palestinesi. In marzo, Israele dovrà presentare una risposta sul modo in cui intende attuare le raccomandazioni.

    Con questa piccola raccolta di informazioni spero di aver messo un po’ di ordine in quello che sta succedendo.

    Rispetto invece ad alcune discussioni che vengono fatte ci tengo a raccontare una mia piccola esperienza e scusatemi se sto andando lungo.

    Lo scorso inverno sono stato a visitare un campo di concentramento vicino a Berlino, il primo creato e quello centrale, da cui partiva la gestione e gli ordini per gli altri campi… quello in cui venivano formate le SA e le SS. La guida ci ha fatto notare una cosa: spesso si dice che i Tedeschi, e di conseguenza il mondo intero, non sapesse quello che succedeva nei campi di concentramento / sterminio nazisti. Questo è errato! I tedeschi tutti lo sapevano. Quello che avveniva nei campi era scritto su tutti i giornali nazionali. I campi infatti erano anche motivo di lustro dell’intero reich. Io stesso nel museo del campo ho visto i giornali con le immagini e gli articoli. La guida inoltre ci ha raccontato di altre scene: nel percorso che i prigionieri (che ricordo non erano solo ebrei, ma anche oppositori politici, intellettuali contro il regime, omosessuali, etc…) dovevano fare dalla stazione del paese più vicino al campo di concentramento erano molti i tedeschi che accorevvano per lanciare pietre e ingiurie contro le “future vittime”. Come si sapeva in Germania, questo si sapeva anche all’estero, specialmente in Europa. Molti sono stati i “capi e ministri” europei dell’epoca che si sono recati in visita ai campi (anche questo riportato dai giornali nazionali e internazionali). Ma ancora oggi continuiamo a dire che il mondo non sapeva, che la chiesa non sapeva (quando invece appoggiava), che i governi non sapevano. FALSO!

    Cambiando anni e continente: tutti sapevano dei desaparecidos in america latina, delle violenze imposte dalle dittature, … e anche in questo caso ancora oggi continuiamo a dire che il mondo non sapeva, che la chiesa non sapeva (quando invece appoggiava), che i governi non sapevano. FALSO!

    Cosa vuol dire questo? Che oggi, come allora, buona parte della colpa è del mondo intero, della diplomazia e dei governi che si dicono democratici che stanno zitti e non fanno nulla per cambiare lo stato di cose. Il discorso che Israele non è come i nazisti, che è anche colpa dei palestinesi, che gli israeliani hanno diritto a difendersi vuol dire comportarsi nello stesso modo: falsificare la realtà e fare finta di nulla.

    Ancora oggi si cerca di negare l’origine della nascita dello stato di Israele. I libri di testo israeliani affermano che non è vero che i palestinesi sono stati cacciati, ma più semplicemente che le case erano vuote! A tal proposito invito a leggere un bel libro “Ritorno ad Haifa” di Ghassan Kanafani ( http://www.alqantara.net/Ritornoahaifa.htm ).

    Certo non possiamo dire che Israele sia uguale al nazismo, ma non possiamo negare che il modo di operare di Israele e il modo in cui vegnono “trattati” i palestinesi e gli arabi israeliani non sia un trattamento da regime! E’ importante affermare questo per non ricorrere negli stessi errori compiuti nel passato! Oggi (da 60 anni) Israele sta compiendo un massacro, o meglio un genocidio, cosi come era nelle idee della Germania Nazista e nell’Italia Fascista verso gli ebrei, nelle dittature sud americane verso tutti gli oppositori politici e i diversi, etc. etc. etc.

    Lo Stato di Israele, da anni, è stato riconosciuto prima dall’OLP e poi dall’ANP. I Palestinesi più volte hanno accettato tregue e accordi di pace molto svantaggiosi per loro pur di arrivare alla soluzione di due popoli, due stati… ma ogni volta è Israele che ha fatto di tutto per non applicarli.

    Esempio banale: gli accordi di Oslo prevedevano il ritiro totale di Israele dai Territori Occupati per tornare a qualcosa di simile ai confini del 1967, come imposto dalla Risoluzione ONU. In tutti gli anni di pace, Israele ha quintuplicato la propria presenza nei Territori Occupati tramite la creazione di centinaia e centinaia di colonie illegali, rubando terre e risorse alla popolazione palestinese. La costruzione delle colonie ha quindi portato alla necessità del muro, in quanto andavano difese dai possibili attentati / attacchi palestinesi.

    Altro Esempio Banale: Israele in tutti gli accordi di pace ha sempre pretesto che l’Autorià Palestinese non potesse avere una propria autonomia nei seguenti campi: polizia, trasporto, sanità e educazione… ovvero i pilastri di uno stato! Questi campi, fatta eccezione per la polizia, per imposizione possono essere svolti solo tramite l’appoggio e lo sviluppo di progetti con organismi e organizzazione internazionali (ong, etc…). Inoltre ha ogni invasione dei Territori Occupati Israele ha sempre bombardato tutte le strutture che servivano a coprire questi campi di azione… azzerando ogni volta tutto il lavoro fatto e portato avanti.

    Vi invito a rileggere il testo integrale degli Accordi di Oslo cosi come quelli che sono seguiti.

    Con questo potrò apparire come un estremista palestinese? Non ne ho paura. Ma cosa vuol dire che no bisogna essere estremisti ma freddi e trovare una mediazione? A me piace essere realista e far prevalere la verità. Queste cose dovrebbero servire proprio per capire che un accordo giusto, o quanto meno sensato, può avvenire solo ed esclusivamente quando Israele si deciderà (o gli verrà imposto) di accettare certe richieste come la formazione di confini ben precisi, la divisione di poteri, etc.. etc.. etc..

    Non a caso in queste ore in cui si parla di tregua / accordo nessuno fa notare le richieste di Hamas e dei palestinesi ovvero la semplice richiesta di: fine dell’embargo, fine dell’occupazione di Gaza, apertura di tutti i valici. Sembrano esagerate come richieste? A me no!

  43. Ilan Pappe è tanto che non insegna più ad Haifa, ha dovuto abbandonare Israele dopo il boicottaggio anche accademico (da lui sostenuto) e dopo il suo ultimo libro La pulizia etnica della Palestina (tradotto in italiano da Fazi 2008). Oggi insegna in Inghilterra all’università di Exter
    un saluto a tutti
    georgia

  44. “Quello che non sapete su Gaza” – articolo di Rashid Khalidi, professore di studi arabi presso la Columbia University di New York, autore di diverse opere tra cui l’ultima “Sowing Crisis: The Cold War and American dominance in the middle east”, pubblicato dal New York Times nell’edizione di ieri, 7 gennaio.
    http://www.danieleluttazzi.it/node/373

    E ancora: Ilan Pappé “La ‘giusta furia’ di Israele e le sue vittime a Gaza” tradotto in italiano su
    http://www.carmillaonline.com/archives/2009/01/002898.html

    In modo analogo, potremmo essere in grado di trovare un modo più comprensibile, paragonato a quello accademico e intellettuale, di spiegare chiaramente che la politica di Israele degli ultimi sessanta anni deriva da una ideologia razzista egemonica chiamata Sionismo, protetta da infiniti strati di giusta furia. A dispetto della prevedibile accusa di antisemitismo e quant’altro, è il momento di associare nella mente pubblica l’ideologia sionista con gli oramai noti capisaldi storici del Paese: la pulizia etnica del 1948, l’oppressione dei palestinesi in Israele durante i giorni del governo militare, la brutale occupazione della Cisgiordania e ora la strage di Gaza. Tanto quanto l’ideologia dell’Apartheid ha spiegato le politiche oppressive del governo sudafricano, questa ideologia -nella sua versione più condivisa e semplicistica- ha permesso a tutti i governi israeliani del passato e del presente di de-umanizzare i palestinesi ovunque essi si trovino e di aspirare a distruggerli. I mezzi sono cambiati da un periodo all’altro e da un posto all’altro, così come i racconti che nascondevano queste atrocità. Però c’è un modello chiaro che non può essere discusso esclusivamente nelle torri d’avorio accademiche, ma che deve fare parte del discorso politico sulla realtà contemporanea della Palestina oggi.

  45. Grazie Bianca per la riflessione sui tg. Grazie Ilnonsubire, davvero per la precisione e la ricca serie di informazioni e riflessioni senza neanche far notare che quei territori li conosci bene, ci sei stato e da anni ti batti per questo. condivido a pieno ogni tua parola.

    domani dalle 15.30 manifestazione a Firenze, per chi è della zona e non vuol far parte di quelli che sanno (che poi per la storia passano da quelli che non sapevano) e non si oppongono.

  46. nazismo placentare
    genocidio
    apartherid

    Un fattore considerato importante è l’intenzione genocida, il desiderio di distruggere la popolazione vittima in quanto tale (spesso assieme alla sua memoria culturale) e non solo quello di assicurarsi il controllo di territori o risorse economiche eliminando gli oppositori reali o potenziali. Nel genocidio, il massacro è un fine e non un mezzo. È facile constatare tale intenzione se è esplicita e sistematica e accompagnata da prove documentarie prodotte dall’aggressore, mentre è difficile se è implicita e tendenziale.
    « Il genocidio va oltre la guerra perché l’intenzione dura per sempre, anche se non è coronato dal successo. È un’intenzione finale. »

    israele negherebbe il diritto all’esistenza dei palestinesi. non è così. Hamas si.

    le intenzioni genocide sono di Hamas che poi non ha la forza militare per farlo.

    premetto velocemente che faccio fatica a schierarmi a favare di chicchessia usi la violenza come strumento per far valere le proprie ragioni trovo aberrante però la legerrezza con cui si fanno volare parole che “pesano” come macigni, specie su un sito come NI che tanta attenzione ha per la parola. In particolare: nazismo placentare, genocidio e apartheid tutte comunque rivolte nel condannare l’azione dello Stato Israeliano e senza appello anti semite checchè se ne voglia dire.

    rapidamente:

    nazismo plancentare: espressione è tanto sosfisticata quanto luciferina. Oltre che storicamente inaccettabile dare ad israele del nazista non necessita nessun commento ma pacentare addirittura e quindi costitutivo, in qualche maniera genetico va oltre il buon gusto. Il popolo che ha subito millenni di sterminio, i cui membri per il solo delitto di essere nati devono disperdersi per il mondo , difendersi da pregiudizi e violenze sarebbero costitutivamente e statualmente “nazisti” che dire?

    genocidio: senza voler entrare nel ginepraio delle definizioni mi sembra utile ricordare come nel dibattito attorno a questo termine:

    “Un fattore considerato importante è l’intenzione genocida, il desiderio di distruggere la popolazione vittima in quanto tale (spesso assieme alla sua memoria culturale) e non solo quello di assicurarsi il controllo di territori o risorse economiche eliminando gli oppositori reali o potenziali. Nel genocidio, il massacro è un fine e non un mezzo. È facile constatare tale intenzione se è esplicita e sistematica e accompagnata da prove documentarie prodotte dall’aggressore, mentre è difficile se è implicita e tendenziale.
    « Il genocidio va oltre la guerra perché l’intenzione dura per sempre, anche se non è coronato dal successo. È un’intenzione finale. »

    (Christine Nyiransabimana, contadina ruandese)” fonte wikipedia:http://it.wikipedia.org/wiki/Genocidio

    anche qui ci sarebbe un intenzione primigenia quasi genetica nel popolo di israele e nella sua organizzazione statale nel determinare la negazione al diritto alla vita di un popolo quello palestinese che mi sembra una evidente negazione della relatà. Intanto perchè la stessa intenzione è presente invece nello Statuto di Hamas che semplicemente e per fortuna aggiungerei non ha i mezzi militari per metterla in atto. Secondariamente perchè pur con tutti i limiti I sraele no solo riconosce il diritto all’esistenza di uno Stato palestinese ma permette algi arabi israeliani di essere rappresentati nella knesset. Cosa che non si può dire ne del regime nzazifascista e delle relative leggi razziali di cui in Italia dovremmo ricordarci.O no?
    I palestinesi sono massacrati così come altri popoli in ragione di questioni geopoliiche di cui noi occidentali siamo parte integrante e che non è questa la sede per sviscerare non in base alla loro etnia. La stessa cosa non si può ancora dire degli ebrei e di altre etnie, minoranze e gruppi religiosi. Che poi addirittura il Vaticano e il buonRatzinger faccia riferimento ai lager di Gaza non merita altri commenti.

    Apartheid: è forse il termine più “morbido” utilizzato nelle invettive anti israeliane ma non meno improprio. Innanzitutto perchè trattasi di regime istituito all’interno della stessa comunità statale che prevede la separazione tra due o più gruppi etnici, il che riporta alla rappresentaza araba nella knesset. Secondo perchè la segregazione è pepretata sempre per motivi razziali cosa che non si può dire di isralele come sopra.
    Israele non discrimina razzialmente nessuno e pur con tutti i difetti delle democrazie occidentali è forse uno degli esempi più avanzati e meglio funzionanti (cosa che non si può dire del nostro paese)

    concludendo:

    smettiamola di mistificare e travisare le parole. Violentare il linguaggio è la base per favorire il perpetuarsi in eterno di conflitti. Facciamo invece uno sforzo per capire meglio la situazione.

    Certo le fotgrafie e le condizioni materiali nella striscia di Gaza meritano molto più che semplice indignazione e solidarietà ma interventi politici seri e motivati che si possono ottenere solo se facciamo piazza pulita di tutto il ciarpame ideologico e in gran parte anti semita che continuamo a sostenere più o meno consapevolemte facendo genocidio delle parole e del senso.

  47. Passiamo ai fatti, scrive il non subire. La tregua siglata a giugno attraverso la mediazione dell’Egitto prevedeva la fine di ogni azione militare e auspicava ulteriori negoziati, come l’apertura dei valichi e scambi dei prigionieri. Dal punto di vista militare la tregua sostanzialmente ha retto, visto che a parte qualche sporadico lancio di razzi e l’incursione citata da parte di Israele, le armi hanno taciuto. Non ci sono stati invece progressi nelle trattative sugli altri punti. Intanto le due parti hanno si sono entrambe preparate alla ripresa delle ostilità. Hamas ha contrabbandato migliaia di missili e mortai più potenti (i gioiosi missilotti citati da ilnonsubire), ha accumualto munizioni nascoste nelle moschee e negli ospedali, ha installatoi tra la polazioni civile. Israele ha raccolto informazioni sulle mosse di Hamas e ha preparato le sue truppe a non ripetere gli errori della guerra libanese cotro Hezbollah. Intanto Hamas ha ulteriormente stretto al sua morsa politica sulla popolazion di Gaza e ha introdotto significative novità legislative, come la reintroduzione della pena di morte per lapidazione e crocifissione. E’ aumentata anche la tensione tra Hamas e l’Autorità per la Palestina di Abu Mazen, tanto che i funzionari dell’AP si sono rivolti a Israele sentondosi minacciati di attentati da parte di Hamas e che sempre l’AP stava meditando la rivincita rispetto la guerra civile del 2007 a Gaza.

    Quindi a fine dicembre Hamas e Israele si sono ritrovati pronti a riprendere le ostilità. Khaled Meshaal ha dichiarato da Damasco che Hamas non avrebbe rinnovato la tregua e allo scadere della tregua ha riprese gli attacchi con i gioiosi missilotti, ora capaci di raggiungere distanze superiori a quelle dei missili usati fino a giugno. Israele ha scatenato l’offensiva militare, avvalendosi anche di informazioni fornite da membri della AP. Nei primi giorni i paesi arabi e AP hanno reagito tiepidamente all’azione israeliana, in quanto Hamas non ha amici tra i paesi mussulmani se non l’Iran, la Siria e i Fratelli Mussulmani in Egitto, per cui il lavoro sporco fatto da Israele contro Hamas a loro non dispiace. In effetti anche in Medio Oriente sfugge a molti la logica di tirare tutte le mattine i coglioni all’orso fino a che questo non si incazza, a meno che la principale ragione di essere di Hamas sia quella di avere un orso incazzato con cui fare la guerra. Poi l’escalation della guerra e le centinaia di morti ha forzato anche i nemici di Hamas a condannare lo sproprozionato attacco israeliano. Contro l’intervento hanno dimostrato molti arabi israelinai, sventolando le bandiere palestinesi, e i loro leader hanno parlato duramente contro l’intevento alla Knesset, scenari entrambi insoliti per uno stato di apartheid come quello descitto da Ilan Pappe. Ma questo è un altro discorso.

    Circa la volontà di espansione di Israele citata da Tashtego, credo che Israele non sia affatto interessata a occupare di nuovo Gaza, il cui valore strategico è molto scarso rispetto ai costi politici, economici e militare di una occupazione. E se va a vedere la proposte di Olmert ad Annapolis, vedrà che le pretese territoriali nella West Bank sono ormai ridotte al minimo, così come il Golan è oggetto di trattative con la Siria.

  48. il copia /incolla ha mangiato il primo pezzo del commento:

    premesso che trovo difficile schierarmi da una parte o dall’altra, una cosa che incrementa la titubanza è l’uso aberrante di certi temini nella qustione.
    Specie su un sito come NI che tanta attenzione dovrebbe avere per l’uso delle parole. Alcune di quelle usate nei commenti più infiammati sono indefinibili:

  49. a Marco
    per piacere non confondere la critica alle azioni di Israele con l’essere antisraeliano. Io cantai per il natale 2003 all’Auditorium di Gerusalemme il Magnificat di Bach. Viaggiammo con la compagnia aerea israeliana e rimasi turbata dai filmini sulla vita che si avrebbe avuto in Israele e l’accoglienza e il lavoro e le opportunità se ci si fosse trasferiti. Mi ritrovai a chiedermi se questi nuovi cittadini avrebbero avuto la pietà e la stanchezza per volere una soluzione vera e quindi sicuramente parziale, imperfetta e in alcuni casi anche ingiusta ma realistica e realizzabile oppure non avrebbero invece assecondato e appoggiato ogni azione tesa a mantenere il loro nuovo e accogliente mondo. Anche se sotto passaporto diplomatico facemmo le prove tra ragazzi armati che spesso passavano mentre cantavo e con i bambini nei giardini dell’auditorium che giocavano tra armati a proteggerli. Il puibblico è stato il pià intimo e toccante e anche i ragazzi che lavoravano lì mi hanno lasciato un’impressione profonda e commovente che difficilmente svanirà come la tristezza di una normalità anormale fatta di ragazzi al check point che mangiano i pistacchi tra le armi e frontiere che non sono frontiere ma cancelli di pollai. A Gerusalemme non comprai nulla. Il terminal dal quale partimmo a Tel Aviv saltò in aria il giorno dopo la nostra partenza. Tornai con meno idee chiare di quelle filopalestinesi che avevo sempre avuto. Marco potresti aiutarci a capire, aiutaci a vedere quello che non vediamo e non sappiamo anche se non si può che condannare le azioni di questi giorni )e non solo queste). Israele va fermato, va fermato ora e lo dico da amica. Va anche costretto a fermarsi se vuole un futuro e come bene dice soldato blu si deve arrivare a una soluzione che come dicevo prima sarà parziale e anche a volte iniqua ma necessaria. Non siamo un monoblocco antisraeliano, ma non possiamo non vedere la assoluta sproporzione e criminalità di questi attacchi.

  50. Marco Di Porto,
    è proprio vero che si vede solo quello che si vuole vedere. Hai scritto:

    “e non ricordavo del tuo manifesto contro il boicottaggio; ricordavo bene invece che su Nazione Indiana non si vide notizia del suddetto boicottaggio: che inizialmente NI non prese – a mio avviso colpevolmente – posizione contro il boicottaggio di Israele alla Fiera del Libro.”

    Paeccato che non sia vero.

    Nazione Indiana è stato il blog che PER PRIMO (in contemporanea con Lipperatura e Il Primo Amore) ha lanciato l’appello (qui), al punto che ne hanno parlato radio e giornali, e fra i primi firmatari, come noterai, ci sono molti indiani o ex indiani.
    Ma dato che NON siamo AFFATTO una realtà granitica come tu dici poi ci sono stati anche post di colore differente, dove altri indiani hanno esposto la loro opinione e posizione.
    Questo siamo, non un blocco di granito, ma un gruppo di intellettuali che cerca (e non è detto che trovi) un comune sentire, nel rispetto delle differenze di ognuno.

  51. se qui ci tacciamo d’essere – nel migliore dei casi – “blocchi granitici” quando esprimiamo opinioni divergenti, come possiamo solo pensare che altrove riescano a trovare soluzioni civili e di pace?!

  52. Fabio.

    @Oltre che storicamente inaccettabile dare ad israele del nazista

    Se un esercito da ordine a 110 persone di entrare in una scuola e poi bombarda la stessa scuola poche ore dopo, tu come lo chiami questo?

  53. Fabio Mosetti ha scritto su di un argomento sul quale avrei voluto scrivere anch’io, cioè sulla deriva nell’uso di certi termini e la tendenza a ricorrerre di preferenza ai termini estremi. Avendolo fatto molto meglio di quanto io sarei mai riuscito a farlo, non posso che condivere il suo contributo.

  54. a bianca
    io non vedo perchè tirare sempre in ballo il nazismo, lo trovo stupido e semplicistico, oggi le armi sono ancora più micidiali di ieri, possiamo condannare israele senza tirare in ballo il passato. Secondo me accusare sempre di nazismo vuol dire sposare la propaganda israeliana. Io mi rifiuto. Israele è responsabile dei crimini di oggi non c’è alcun bisogno di fare paragoni. Quasi 800 morti e più di 3000 feriti in pochi giorni bastano per condannare senza bisogno di paragoni antistorici. Considerando poi che i 3000 feriti, a causa delle nuove armi usate (denunciato da un medico norvegese presente a gaza) non sono semplici feriti ma un vero orrore con una serie di amputazioni obbligatorie a causa dei danni sui tessuti che queste nuove bombe provocano, possiamo parlare di crimini di guerra senza tirare in ballo il passato.
    geo

  55. Per Gianni Biondillo: la polemica sull’appello al boicottaggio della Fiera è iniziata a fine gennaio 2008, su NI il vostro documento è apparso il 6 febbraio. Ricordo che infatti ero stupito e scrissi un post su Cabaret Bisanzio il 5 gennaio http://www.cabaretbisanzio.com/2008/02/05/fedeli-alla-linea/ , perchè mi sembrava assurdo il silenzio degli scrittori italiani in merito (la polemica, lo ripeto, infuriava ormai da giorni).
    A seguire la pubblicazione del vostro comunque lodevole documento, ricordo però numerosissimi post CONTRO Israele e la sua politica, e la pubblicazione di diversi scritti che speculavano comunque sulla opportunità o meno di boicottare.
    Ebbi l’impressione che sì, avevate pubblicato un documento contro il boicottaggio, ma con una certa titubanza e diversi post “giustificativi” a seguire. Come a dire: sì, siamo contro il boicottaggio, però…
    A me apparve tardiva e non molto convinta la reazione e la presa di posizione in merito di moltissimi redattori di NI. Questa fu la mia impressione: evidentemente, come dici tu, si vede quel che si vuol vedere. D’altronde ognuno di noi filtra la realtà secondo la propria sensibilità, mi sembra anche normale.

  56. Giorgia, grazie per il video. Utilissimo e importante.

    Le parole per me sono importantissime. Hanno un loro peso specifico. Ognuno sceglie, o dovrebbe, quali usare.
    Io (non Nazione Indiana) uso la parola “nazismo”, esattamente come il Cardinale Martini ieri ha usato l’espressione: “campi di concentramento”.

    Perché non è una parola neutra, perché è politicamente scorretta, perché è una parola dolorosa e piena di sangue, perché è una parola che fa male. Perché è una parola che si dovrebbe pensare molto bene prima di pronunciare, soprattutto nel caso della popolazione israeliana, perché è una parola che brucia nella carne anche solo semplicemente a scriverla.

    Vedere che ci sono qui e altrove tutta una serie di persone che non riescono a mostrare neanche per finta un po’ di pietà per 800 morti ma continuano a indignarsi se qualcuno definisce i comportamenti del governo Israeliano “nazisti” per me è una cartina al tornasole.

    Continuerò quindi a usare questa parola irritante senza sentirmi minimamente in colpa. Se non si sentono in colpa gli autori del massacro degli ultimi giorni, non vedo perché mi dovrei vergognare io. Nessuno può proibirmi di usare una parola, no?
    Questo è il mio punto di vista, ovviamente, che ripeto, non è quello di Nazione Indiana.
    Io sono una semplice commentatrice e mi permetto quindi di usare questa parola stupida e semplice e terribile: nazismo.

  57. riguardo alle parole:
    io mi chiamo gEorgia :-)
    e non credo sia stato il cardinale Martini (eccellente uomo e dio avesse voluto che avessero fatto lui papa e non B16), ma il cardinale Renato Martino, presidente della Commissione vaticana per la giustizia e la pace, ad ogni modo quasi tutti incorrono nel tuo errore, persino la repubblica che nell’articolo su Martino ha messo la foto del cardinale Martini.
    Non è che a me inorridisca l’uso della parola nazismo per i crimini del 2000, solo la trovo inappropriata, le bombe naziste su londra, ad esempio, furono caramelle se paragonate a quelle usate in iraq e in palestina.
    ognuno risponda dei suoi crimini … israele risponda dei suoi crimini di oggi senza paragoni iperbolici, ne giustificazioni inesistenti con il passato.
    Tutto qui.

  58. accusare di nazismo la politica di sterminio sistematico attuata dal governo israeliano a gaza, è prendere atto di un dato di fatto, tragicamente reale, non significa per forza imbastire un parallelismo storico o utilizzare, come fanno alcuni, e senza nessun pudore e rispetto per le vittime dei massacri, il vocabolario, per far vedere quale è il termine giusto.

    se la politica del governo italiano, tanto per fare un esempio, è di chiaro stampo fascista, razzista e omofobo, e la si denuncia come tale, si pone in essere, per caso, un indebito parallelo con esperienze del passato o, piuttosto, si denuncia la natura profonda, viscerale, di quell’accozzaglia di interessi, di particolarismi e di pulsioni liberticide?

    e allora: se davanti al bombardamento indiscriminato di scuole, asili, ospedali, mezzi di soccorso; se di fronte a decimazioni “esemplari” di civili, di intere famiglie, di esseri umani inermi che vengono rinchiusi in una struttura e immediatamente bombardati, senza possibilità di scampo, si parla di nazismo, qual è il problema? perché i puristi della “crusca” del cazzo stanno lì a menarsela coi loro vergognosi sofismi e con le loro ancora più vergognose ricerche etimologiche?

    e ancora: perché, per qualche anima bella intervenuta a sparare qui le sue cartucce buoniste e i suoi distinguo vomitevoli, condannare il *governo* israeliano per la sua politica di sterminio equivale a “sostenere hamas”?

    dice benissimo Marco Rovelli. dice benissimo Bianca Madeccia: chi sporge il naso a un palmo dalla merdosa informazione italiana, scopre che interi quartieri di Gaza e alcuni campi profughi sono stati trasformati in tante Sant’Anna di Stazzema. cos’è questo, se non nazismo, nella sua più bieca essenza e manifestazione? che cos’è, se non genocidio?

  59. Sono una persona semplice, scusatemi.
    Ho letto il dibattito e vi chiedo: cosa possiamo fare, cosa può fare ognuno di noi?
    Sono solo le diplomazie a poter attivare una qualsivoglia azione?
    Tutti sappiamo, individualmente, senza possibilità di sottrarci in futuro a questa consapevolezza.
    Mi opprime la coscienza della mia impotenza individuale.

  60. In questo guazzabuglio di morte e di orrore non possono esserci, a mio avviso, ragioni assolute da una parte o dall’altra. C’è troppa Storia dentro questo conflitto, ci sono troppe responsabilità – queste sì -“ancestrali” da parte dell’Occidente e ci sono troppi squilibri di forze in campo, economiche e militari, di cui Israele non tiene conto. (Per inciso: non penso, come molti, che Israele sia uno Stato democratico. Israele è uno “Stato israeliano”, con tutte le distorsioni che la definizione comporta, come spiega egregiamente «Storia ebraica e giudaismo: il peso di tre millenni» di Israel Shahak). Ma i filopalestinesi duri e puri non possono liquidare l’integralismo di Hamas come reazione legittima alla violenza di Israele, proprio in nome dei princìpi cui si appellano. Perché se sul fatto che il popolo palestinese sia vessato e disperato non ci sono dubbi, ce ne sono, eccome, sulla purezza della sua lotta. Che è la battaglia kamikaze di un popolo ostaggio (lo ha sottolineato bene Marco). E questo cambia la sostanza della questione, altroché, riportandola all’origine – la legittimità stessa di Israele come Stato – e risprofondandola al livello di enigma di difficilissima soluzione.
    Per parte mia l’unico articolo letto in questi giorni che mi ha fatto davvero annuire in segno di consenso (e tremare di rabbia, da neomamma) è quello di Adriano Sofri pubblicato due giorni fa su Repubblica: http://www.repubblica.it/2009/01/sezioni/esteri/medio-oriente-46/commento-sofri/commento-sofri.html
    Secondo me vale la pena di leggerlo.

  61. Se l’uso del termine nazista rivolto a Israele è volto a irritare e ferire e non a promuovere il confornto di opinioni, va bene, prendiamola per quella che è e ignoriamola.

    Passando a qualcosa di più oggettivo cioè alla cartina

    http://www.tlaxcala.es/images/p2934_1.jpg

    vorrei chiedere a Bianca di indicare la cartina per lei ideale. Per Hamas la cartina ideale in quella figura non c’è, in quanto sparirebbero anche le poche macchie bianche nella prima cartina a sinistra, quella cui per me si dovrebbe tendere è simile alla terza da sinistra, quella degli estermisti israeliani fa sparire ogni traccia di verde fino al Giordano.

  62. impara a leggere, signor 76, l’uso del termine è rivolto alla “politica del governo israeliano”, non a Israele.

  63. L’esercito israeliano (e sottolineo l’esercito israelaiano) ammassa 110 persone in una casa per la loro sicurezza e poi la bombarda. Ecco cosa voglio dire quando affermo che non è il caso di fare paragoni con il passato, di questo passo quando si studierà il nazismo dovremo dire
    che fu quasi come israele.
    Ad ogni modo un articolo del Guardian di oggi scrive che l’amministrazione Bbama sta preparando la fine dell’isolamento di hamas: è necessario trattare.
    Suzanne Goldenberg, Obama camp ‘prepared to talk to Hamas’, The Guardian 9 gennaio 2009

    Tra le vittime nel sud della Striscia intere famiglie, molti bambini “Ci avevano detto di restare chiusi dentro per la nostra sicurezza”
    In 110 ammassati in una casa e bombardati. l’Onu denuncia il massacro di 30 civili, La repubblica, 9 gennaio 2009

  64. E’ ora di agire, basta con la politica del dialogo: i sionisti e i loro sostenitori non aspettano altro: in 40 anni in questo modo hanno conquistato grandi fette di Cisgiordania, di Gerusalemme est e hanno messo a tacere il diritto al ritorno dei profughi.
    Intanto firmavano trattati che sistematicamente disattevano.
    La politica dei “fatti compiuti” di Israele (l’analisi non è mia ma dei vari pacifisti israeliani) prevede appunto il “processo di pace” perpetuo per occupare sempre più terra palestinese.

    Boicottiamo
    Boicottaggio di Israele
    Lista prodotti israeliani:
    AHAVA: prodotti estetici e dermatologici distribuiti in Italia da P.M.
    CHEMICALS S.R.L./Milano
    AMCOR: purificatori e condizionatori d’aria, insetticidi
    ALBATROSS: fax e sistemi di posta elettronica
    CANTINE BARKAN Ltd: vini con etichetta Reserved, Barkan e Village
    CANTINE DELLE ALTURE DEL GOLAN: vini con etichetta Yarden, Gamla e Golan distribuiti in Italia da GAJA DISTRIBUZIONE, Barbaresco (Cuneo)
    CARMEL: prodotti d’esportazione come avocados, fiori recisi e succhi di frutta
    CALVIN KLEIN: alcuni capi di vestiario sono realizzati in Israele
    DATTERI DELLA VALLE DEL GIORDANO varietà Medjoul e Deglet Nour
    EPILADY/MEPRO: epilatori
    HALVA: barrette di sesamo
    INTEL: microprocessori e periferiche
    JAFFA: agrumi
    MOTOROLA: prodotti di irrigazione e fertilizzanti
    MUL-T-LOCK Ltd: porte blindate, serrature di sicurezza, cilindri e attrezzature
    NECA: saponi
    PRETZELS: snack salati della Beigel
    SALI DEL MAR MORTO: prodotti cosmetici
    Società Gitto Carmelo e Figli Srl di Messina: ha costruito una strada che passa nei territori occupati ed è a solo uso dei coloni
    SODA-CLUB Ltd.: sistemi per carbonare e sciroppi per la preparazione di
    soda e soft drinks
    SOLTARN Ltd: pentole e tegami in acciaio antimacchia
    VEGGIE PATCH LINE: hamburger di soia e prodotti alternativi

    Generi : marche
    Abbigliamento: Ask Retailer; Gottex, Gideon Oberson, Sara Prints, Calvin Klein
    Aromi e spezie: MATA, Deco-Swiss, Israel Dehydration Co. Ltd.
    Bevande: Askalon, Latroun, National Brewery Ltd., Carmel, Eliaz Benjamina
    Ltd., Montfort, Yarden Vineyards, International Distilleries of Israel
    Ltd. (Sabra), Gamla, Hebroni
    Budini: OSEM, MATA, Israel Edible Products Ltd. -Telma
    Cipolle: Beit Hashita, Carmit, Sunfrost
    Formaggi: Kfir Bnei-Brak Dairy Ltd., Tnuva, Central Co-op, MATA, Haolam
    Frutta: Assis Ltd., Carmel Medijuice, NOON, PRI-TAIM, Agrexco USA Ltd.,
    Yakhin, PRI-ZE, FIT (Federation of Israel Canners), Jaffy’s Citrus
    Products
    Prodotti a base di pomodoro: FIT, Medijuice, Pardess, Yakhin, VITA
    Prodotti dolciari (caramelle e noccioline): Carmit, Elite, Geva, Rimon,
    Karina, Lieber, Oppenheimer, OSEM, Taste of Israel, Israel Edible
    Products – Telma
    Olive: Beit Hashita, H&S Private Label, Shan Olives Ltd. (Hazayith)
    Marmellate, conserve, sciroppi, miele e frutta candita: Assis Ltd., I&B
    Farm Products, Meshek Industries (Beit Yitshak 778) Ltd., VITA
    Pesce: Noon, Yonah, Carmel, Ask retailer/frozen fillets
    Prodotti a base di tacchino: Hod Lavan, Soglowek, Yarden, Ask retailer/butcher/Deli
    Prodotti dietetici: Elite, Froumine, OSEM, Israel Edible Products – Telma, Kedem, Afifit Ltd., Magdaniat Hadar Ltd., Tivon
    Prodotti di forneria: Affifit Ltd., Barth, Elite, Einat, Froumine, Hadar, Israel Edible Products – Telma, Magdaniat Hadar Ltd., OSEM, Taste of Israel
    Prodotti vegetali:
    Yakhin, PRI-TAIM, PRI-ZE Growers/MOPAZ, Sanlakol, Carmelit Portnoy, Tapud, Sun Frost
    Salse per pizza: Jaffa-Mor, VITA, H&S Private Label, MATA
    Zuppe, salse e dadi: Israel Edible Products Ltd. – Telma, OSEM, MATA, Gourmet Cuisine
    Software e componenti per computer: Four M, Cimatron, Eliashim Micro Computers, Sintel, Ramir (Adacom), Rad, Orbotech, Shatek, Scitex, 4th Dimension Software Ltd., magic Software, 32 -bit
    (da un link di internet: eseguirà controlli incrociati)

  65. E’ ora di agire, basta con la politica del dialogo: i sionisti e i loro sostenitori non aspettano altro: in 40 anni in questo modo hanno conquistato grandi fette di Cisgiordania, di Gerusalemme est e hanno messo a tacere il diritto al ritorno dei profughi.
    Intanto firmavano trattati che sistematicamente disattevano.
    La politica dei “fatti compiuti” di Israele (l’analisi non è mia ma dei vari pacifisti israeliani) prevede appunto il “processo di pace” perpetuo per occupare sempre più terra palestinese.

    Boicottiamo
    Boicottaggio di Israele
    Lista prodotti israeliani:
    AHAVA: prodotti estetici e dermatologici distribuiti in Italia da P.M.
    CHEMICALS S.R.L./Milano
    AMCOR: purificatori e condizionatori d’aria, insetticidi
    ALBATROSS: fax e sistemi di posta elettronica
    CANTINE BARKAN Ltd: vini con etichetta Reserved, Barkan e Village
    CANTINE DELLE ALTURE DEL GOLAN: vini con etichetta Yarden, Gamla e Golan distribuiti in Italia da GAJA DISTRIBUZIONE, Barbaresco (Cuneo)
    CARMEL: prodotti d’esportazione come avocados, fiori recisi e succhi di frutta
    CALVIN KLEIN: alcuni capi di vestiario sono realizzati in Israele
    DATTERI DELLA VALLE DEL GIORDANO varietà Medjoul e Deglet Nour
    EPILADY/MEPRO: epilatori
    HALVA: barrette di sesamo
    INTEL: microprocessori e periferiche
    JAFFA: agrumi
    MOTOROLA: prodotti di irrigazione e fertilizzanti
    MUL-T-LOCK Ltd: porte blindate, serrature di sicurezza, cilindri e attrezzature
    NECA: saponi
    PRETZELS: snack salati della Beigel
    SALI DEL MAR MORTO: prodotti cosmetici
    Società Gitto Carmelo e Figli Srl di Messina: ha costruito una strada che passa nei territori occupati ed è a solo uso dei coloni
    SODA-CLUB Ltd.: sistemi per carbonare e sciroppi per la preparazione di
    soda e soft drinks
    SOLTARN Ltd: pentole e tegami in acciaio antimacchia
    VEGGIE PATCH LINE: hamburger di soia e prodotti alternativi

    Generi : marche
    Abbigliamento: Ask Retailer; Gottex, Gideon Oberson, Sara Prints, Calvin Klein
    Aromi e spezie: MATA, Deco-Swiss, Israel Dehydration Co. Ltd.
    Bevande: Askalon, Latroun, National Brewery Ltd., Carmel, Eliaz Benjamina
    Ltd., Montfort, Yarden Vineyards, International Distilleries of Israel
    Ltd. (Sabra), Gamla, Hebroni
    Budini: OSEM, MATA, Israel Edible Products Ltd. -Telma
    Cipolle: Beit Hashita, Carmit, Sunfrost
    Formaggi: Kfir Bnei-Brak Dairy Ltd., Tnuva, Central Co-op, MATA, Haolam
    Frutta: Assis Ltd., Carmel Medijuice, NOON, PRI-TAIM, Agrexco USA Ltd.,
    Yakhin, PRI-ZE, FIT (Federation of Israel Canners), Jaffy’s Citrus
    Products
    Prodotti a base di pomodoro: FIT, Medijuice, Pardess, Yakhin, VITA
    Prodotti dolciari (caramelle e noccioline): Carmit, Elite, Geva, Rimon,
    Karina, Lieber, Oppenheimer, OSEM, Taste of Israel, Israel Edible
    Products – Telma
    Olive: Beit Hashita, H&S Private Label, Shan Olives Ltd. (Hazayith)
    Marmellate, conserve, sciroppi, miele e frutta candita: Assis Ltd., I&B
    Farm Products, Meshek Industries (Beit Yitshak 778) Ltd., VITA
    Pesce: Noon, Yonah, Carmel, Ask retailer/frozen fillets
    Prodotti a base di tacchino: Hod Lavan, Soglowek, Yarden, Ask retailer/butcher/Deli
    Prodotti dietetici: Elite, Froumine, OSEM, Israel Edible Products – Telma, Kedem, Afifit Ltd., Magdaniat Hadar Ltd., Tivon
    Prodotti di forneria: Affifit Ltd., Barth, Elite, Einat, Froumine, Hadar, Israel Edible Products – Telma, Magdaniat Hadar Ltd., OSEM, Taste of Israel
    Prodotti vegetali:
    Yakhin, PRI-TAIM, PRI-ZE Growers/MOPAZ, Sanlakol, Carmelit Portnoy, Tapud, Sun Frost
    Salse per pizza: Jaffa-Mor, VITA, H&S Private Label, MATA
    Zuppe, salse e dadi: Israel Edible Products Ltd. – Telma, OSEM, MATA, Gourmet Cuisine
    Software e componenti per computer: Four M, Cimatron, Eliashim Micro Computers, Sintel, Ramir (Adacom), Rad, Orbotech, Shatek, Scitex, 4th Dimension Software Ltd., magic Software, 32 -bit
    (da un link di internet: eseguiro’ controlli incrociati)

  66. caro funicolà (mi permetta l’esercizio un po’ di sincope anche sul suo nick) porto alla sua attenzione le seguenti frasi:

    ilnonsubire
    Pubblicato 9 Gennaio 2009 alle 00:43 | Permalink

    > Il discorso che Israele non è come i nazisti, che è anche colpa dei palestinesi, che gli israeliani hanno diritto a difendersi vuol dire comportarsi nello stesso modo: falsificare la realtà e fare finta di nulla.

    > Oggi (da 60 anni) Israele sta compiendo un massacro, o meglio un genocidio, cosi come era nelle idee della Germania Nazista e nell’Italia Fascista verso gli ebrei, nelle dittature sud americane verso …

    Poi mi scusi, di regola i nazisti governano su paesi perlopiù nazisti, difficilemente su paesi socialdemocratico o radical-liberali. Se una nazione esprime un governo che sarebbe nazista, non le sorge il dubbio che anch’essa possa essere affetto da qualche linea di febbre di nazismo?

  67. @ Lorenz: grazie per l’elenco dei prodotti israeliani da boicottare, mi è assai facile non comprare nessuno di quei prodotti perchè comunque fanno parte dei tanti prodotti che non posso comprare più per cause di forza maggiore :-)

    Per questo mi pare un’azione assai comoda e non sufficiente, capace solo di mitigare il nostro senso di colpa di opulenti consumatori.
    Io però consumo pochissimo, ed eticamente per giunta, quindi per me non vale.
    MI rimane la frustrazione di non poter fare nulla.
    Scusate tanto l’O.T.

  68. A Fabio Masetti,
    sono sensibile sulle osservazioni relative al “peso” delle parole, dunque ti rispondo, in quanto citi una delle parole che ho usato io: “apartheid”. Ed è su questa parola che ti rispondo.
    Scrivi:
    “Apartheid: è forse il termine più “morbido” utilizzato nelle invettive anti israeliane ma non meno improprio.”
    Tu usi il termine “invettive”, laddove nel mio post io parlo esplicitamente di prospettive, ossia di analisi distaccata. E già vedo una scorrettezza lessicale in atto. Io parlo di “paralleli storici” – e ogni parallelo storico implica una dose inevitabile di differenze specifiche. E mi baso non su un mio larvato presupposto antisemita, ma su di un articolo scritto da un giornalista israeliano su un quotidiano israeliano (evidentemente non schierato con i governi d’occupazione). La questione razziale è inoltre al centro di diversi studi della cosidetta dissidenza intellettuale israeliana, critica nei confronti dell’ideologia sionista. Se ne parla anche nei due articoli che ho linkato. Nessuna delle voci che si è levata a giustificazione di Israele ha minimamente considerato questi materiali prodotti da storici israeliani importanti. Perché?

    Infine, prima di condannare chi nella discussione usa termini inappropriati, mi sarebbe piaciuto sentire una condanna riguardo a “fatti” di proporzione ben più grave, come l’ammazzamento delle centinaia di civili di Gaza e lo strangolamento della popolazione di Gaza che dura dalle elezioni di Hamas. Se tu sei cieco all’orrore delle bombe e delle fucilate sui civili, come puoi pretendere che altri non siano sordi rispetto a delle “semplici” parole?

  69. viste le possibilità tecniche (che permettono di mirare con precisione) e le armi di oggi io sospetto che possa essere addirittura un comportamente peggiore del nazismo.
    Io cerco di non far circolare le foto degli orrori della guerra, perchè penso che possano, alla lunga, anestetizzare la nostra capacita di reazione umana, assuefarci all’orrore, però vi segnalo questa foto che mostra i danni fatti dalle bombe usate a gaza oggi e ieri in iraq ieri): La foto non è fatta a gaza, ma a falluja, ma il Times ha denunciato l’uso delle stesse bombe da parte di Israele oggi a Gaza.
    A questo punto usare retoricamente il paragone col nazismo, ogni momento, non è altro che un riflesso automatico di una usanza che va avanti da anni, spesso a sproposito e solo per ferire.
    Lasciamo perdere l’esercito nazista e parliamo dell’esercito di israele nel 2000.
    geo

  70. @sebastian76

    La questione del giusto linguaggio non è una questione di lana caprina.

    I monarchi e i governi, da sempre, hanno avuto storiografi di corte che ‘riscrivevano’ gli eventi ad uso e consumo del potente di turno. Già i sovrani medievali facevano un uso intelligente e scaltrissimo di questo genere di divulgazione. Creare fonti storiche per i contemporanei e per i futuri esegeti, è stata una preoccupazione costante del potere.

    Oggi i potenti hanno a disposizione scrittori, fotografi, televisioni, giornali, professori universitari, attenti linguisti. E’ la realtà intera, la sua percezione globale che va manipolata. E la realtà si definisce (anche) attraverso le parole.

    Cito ancora, per terza volta (già citato da Jan Reister e successivamente da Georgia) lo storico istraeliano costretto a trasferirsi in Inghilterra Ilan Pappé. C’è in atto una gigantesca ridefinizione e riscrittura della realtà, che passa per le parole che si possono, si devono, non si devono usare a proposito di quel che sta succedendo.

    Perché ti senti ferito dall’uso del termine ‘nazista’ e non ti senti ferito da quello che sta succedendo dentro Israele?

    *******

    (…) Lo Stato, attraverso i suoi mezzi di informazione e con l’aiuto del mondo accademico, ha diffuso un coro unanime – persino più forte di quello ascoltato durante il criminale attacco in Libano nell’estate del 2006. (…)

    Questa sconvolgente autogiustificazione dell’inumanità e impunità non è solo fastidiosa, ma è materia su cui vale la pena soffermarsi, se si vuol capire l’immunità internazionale per il massacro che imperversa su Gaza. (…)

    È basata in primo luogo su semplici bugie trasmesse in un linguaggio giornalistico che ricorda i momenti più bui degli anni Trenta in Europa.

    Ogni mezz’ora un notiziario alla radio e alla televisione descrive le vittime di Gaza come terroristi e il loro omicidio di massa ad opera di Israele come un atto di autodifesa.

    Israele presenta se stesso alla propria gente come la giusta vittima che si difende da un grande male.

    Il mondo accademico è arruolato per spiegare quanto demoniaca e mostruosa sia la lotta palestinese, se guidata da Hamas.

    Questi sono gli stessi studiosi che in passato demonizzarono l’ultimo leader palestinese Yasser Arafat e delegittimarono il suo movimento, Fatah, durante la Seconda Intifada palestinese.

    (da “La ‘giusta furia’ di Israele e le sue vittime a Gaza” tradotto in italiano su:
    http://www.carmillaonline.com/archives/2009/01/002898.html)

  71. Pardon, la prima citazione di articoli di Ilan Pappe è di Andrea Inglese ma dell’articolo di Ilan Pappe “Israele e la pace”, apparso su “Lo straniero” nel 2005, poi seguono Jan Reister e successivamente Georgia. Se ho dimenticato di citare qualcuno, scusatemi ma gli interventi e link sono stati molti.

  72. Da http://www.infopal.it

    Israele sperimenta nuove armi non convenzionali a Gaza.
    Scritto il 2009-01-09 in News

    Israele sperimenta nuove armi non convenzionali a Gaza
    COMUNICATO STAMPA

    Israele sta sperimentando nuove armi non convenzionali contro la popolazione civile di Gaza. E’ la denuncia del New Weapons Research Committee, secondo il quale “si sta ripetendo nella Striscia ciò che è già avvenuto in Libano nel 2006, quando lo stato ebraico utilizzò nel conflitto contro l’organizzazione sciita Hezbollah il fosforo bianco, il Dense inert metal explosive (Dime) e gli ordigni termobarici, tre tipologie di strumenti di offesa riconoscibili per le caratteristiche delle ferite che provocano, nonché le bombe a grappolo e i proiettili all’uranio, che hanno lasciato tuttora sul terreno nel Paese dei cedri tracce di radioattività e ordigni inesplosi”.

    Si moltiplicano le evidenze dell’impiego di queste armi ora anche nella Striscia di Gaza anche se, precisa il NWRC, a causa del blocco degli ingressi ancora non sono state possibili verifiche dirette indipendenti. “Le immagini e le testimonianze che giungono dal conflitto – spiega Paola Manduca, professoressa di genetica dell’università di Genova e membro del NWRC – presentano significative somiglianze con quelle raccolte e verificate nella guerra di luglio e agosto 2006 in Libano”. Mads Gilbert, medico norvegese dell’organizzazione non governativa Norwac, attualmente al lavoro nell’ospedale Shifa, il maggiore di Gaza, segnala che “molti arrivano con amputazioni estreme, con entrambe le gambe spappolate”; ferite, spiega, “che io sospetto siano ferite da armi Dime”. Non solo, ma anche le immagini che arrivano da Gaza sembrano confermare i sospetti. Le ustioni riportate da alcuni bambini a Gaza, appaiono molto simili a quelle evidenziate nel 2006 dal dottor Hibraim Faraj, chirurgo dell’ospedale di Tiro e dal dottor Bachir Cham di Sidone. “Attualmente – sottolinea Manduca – ci arrivano report da medici e da testimoni informati che ci fanno ritenere che, oltre alle armi usate nel 2006, ulteriori nuove armi siano sperimentate oggi a Gaza. Questo rende necessario che ulteriori indagini scientifiche e tecniche siano intraprese”.

    In questi due anni il NWRC ha realizzato verifiche scientifiche con tecniche di istologia, microscopia elettronica a scansione e chimiche su biopsie da vittime della guerra del 2006 e insieme a dottori libanesi e palestinesi, ha raccolto casistica clinica e documentazione dalle quali emerge che bombe termobariche, Dime e armi a intensità subletale mirate sono state usate nelle guerre del 2006 in Libano, mentre Dime e armi mirate subletali sono state impiegate a Gaza. NWRC ha presentato una relazione di questo lavoro al Human Rights Council delle Nazioni unite, al Tribunale del popolo sui crimini della guerra in Libano ed è stato ascoltato dalla Commisione parlamentare di inchiesta sull’uranio impoverito del Senato. Inoltre ha collaborato con scienziati internazionali che hanno identificato l’uso di bombe a penetrazione con uranio, arricchito e impoverito, in Libano.

    NWRC è una commissione indipendente di scienziati basata in Italia che studia l’impiego delle armi non convenzionali e i loro effetti di medio periodo sui residenti delle aree dove vengono utilizzate. Gli scopi della sua attività sono: ottenere prova delle armi usate; determinare i rischi a lungo termine su individui e popolazioni anche dopo la fine del conflitto; imparare a curare e proteggere i sopravvissuti attraverso indagini cliniche e predittive.

    Ufficio stampa
    Fabio De Ponte
    TEL. 347.9422957 – MAIL: info@newweapons.org
    http://www.newweapons.org

  73. Appropriate le precisazioni lessicali. Estendere a dismisura qualificazioni quali “nazista” e “fascista” ottiene paradossalmente un effetto inclusivo, per il quale, se in tanti sono fascisti/nazisti, allora esserlo non può essere così grave, anzi finisce per diventare lecito. Fenomeni storicamente definiti non vanno prolungati al di là della storia, prima di tutto nel linguaggio. Anche dall’abuso di tale aggettivazione dipende l’odierna indulgenza diffusa verso l’orrore fascista. Insomma, il rischio è: tutti fascisti, nessun fascista. Che poi l’atteggiamento aggressivo di Israele verso il popolo palestinese abbia connotati analoghi o peggiori di quelli del nazionalsocialismo verso gli ebrei è probabilmente vero; proprio per questo va condannato in quanto tale, senza riferimenti semplicistici. Accusare Israele di genocidio ha un fondamento difficilmente contestabile, accusare Israele di nazismo equivale ad ad assolverlo già in partenza.

  74. Vorrei però anche aggiungere, una volta tanto: complimenti a Nazione Indiana per il tenore della discussione, la puntualità della (contro)informazione, il pluralismo diffuso.

  75. Bianca, provo a articolare la mia replica su tre punti:
    1) la parola nazismo e l’uso di termini estremi.
    Il termine nazista ha sia una connotazione storica precisa e sia un valore emotivo molto forte. Mi sembra di capire che tu lo usi per generare una sgradevole reazione emotiva e io, per ovvi motivi, cerco di ignorarlo, perché di mio cerco di evitare provocazioni di cui non colgo l’utilità e che non mi aiutano nei miei tentativi di comprendere una situazione. Riguardo i termini estremi non condivido quanto scrive Andrea Inglese sui “paralleli storici”, perché un parallelismo implica come ogni analogia una componente di somiglianza e una di differenza, ma negli interventi che leggo in questa discussione solo la componente di somiglianza è evidenziata mentre quella di differenza è sottaciuta. Alla fine rimane solo la vicinanza, con il rischio non improbabile dell’appiattimento del parallelismo sul termine estremo. Poi se NI è, come scrive Biondillo, un gruppo di intellettuali (lo dico senza ironia, riconoscendo in partenza che io per educazione e per attività professionale non sono un intellettuale) mi aspetterei da NI una analisi più pignola e attenta ai fatti, senza una facile e confortante deriva verso i termini estremi, che sembrano facilmente conclusivi in una discussione ma che spesso mascherano la realtà sotto le fattezze degli stereotipi. Dico questo non pretendendo di sapere far di meglio, ma lo dico come lo direbbe uno spettatore di un evento o di uno spettacolo che vorrebbe qualcosa di più dall’atleta o dall’attore alla cui performance assiste.

    2) Mi toccano il sangue e la morte di centinaia di persone. Sì, mi toccano, è ovvio, non guardo a Gaza come a un videogioco o come alla partita della squadra del cuore contro abbietti avversari. Quello che vedo è una guerra diseguale sostanzialmente voluta dalla parte apparentemente più debole, che non aspetta che il rientro dell’aggressore più forte per continuare dal punto di partenza. Potrei dire che il più forte uccide i civili cercando di uccidere i militari nemici, mentre il più debole uccide quello che gli riesce di uccidere (e questo potrebbe essere una gran cosa nel galateo delle guerre moderne, visto che ad esempio a Falluja o a Grozny si è spianato tutto con le artglierie, completamente incurantii di chi c’era tra i muri), ma non ho né gli elementi né la forza per difendere le azioni militari israeliane, se non il dire che sono fortemente volute e provocate da Hamas. Alla fin fine la vicenda di Gaza si gioca cinicamente su di un numero, cioè il numero di morti: i generali israeliani vogliono portare a termine il lavoro di ripulitura della Striscia dalle artiglierie di Hamas prima che il numero dei morti raggiunga un valore tale per cui l’opinione pubblica (gli USA a farla breve, che di Europa e di ONU sanno di potersene infischiare sui tempi brevi di una crisi acuta) li blocchi, Hamas vuole tener duro per ricominciare dopo con i suoi missilotti fino a che la reazione per il numero di morti non blocchi gli israeliani. Quindi entrambi rifiutano la tregua proposta ieri notte e quindi credo poco perlomeno alla volontarietà della strage della scuola, perché del tutto contraria agli interessi dell’esercito israeliano.

    3) Ilan Pappe e la distorsione della realtà. Non dico di esser privo di pregiudizi (il mio punto di vista vorrebbe essere quello non di un filo israeliano ma almeno quello di uno che non è anti israeliano a priori, so benissimo che ci sono molte cose difficilmente difendibili in Israele). Premesso che la parte del discorso di Pappe che tu citi mi sembra riguardare più la propaganda verso la popolazione di Israele che gli osservatori terzi, ho letto il suo intervento, lo ho valutato con i pochi dati veri o falsi che ho in mano e nella sostanza non mi ha convinto.

  76. “Quello che vedo è una guerra diseguale sostanzialmente voluta dalla parte apparentemente più debole”

    Cerco di rimanere civile e tranquilla, ma sono nauseata: la Palestina esiste e i palestinesi invece che vivere tranquilli tirano razzi e uccidono chi possono. Come lei ben sa possono entrare e uscire dal loro stato che non esiste come in un normale paese. Io ho pietà e orrore per una situazione inaccettabile, non amo Hamas ma credo che negare anche la realtà piu’ semplice ed ovvia e pacifica sia veramente una provocazione che allontana civiltà e compromessi.

  77. @sebastian67

    La parola ‘nazisti’ l’ho usata io, non nazione indiana, che ha dei redattori con dei nomi e cognomi che puoi trovare in una delle pagine del sito.

    Tu hai pena per quei morti palestinesi, ma ahimé, ti dispiace tanto, quei morti non ti appartengono, sono di Hamas.

    Poi, non nascondiamoci ipocritamente dietro un dito. Questa guerra dura da 60 anni. Hamas esiste, se non vado errata, dall’87. Nel 2006 fu regolarmente eletto. E’ scorretto oltre che sbagliato dire che questa guerra l’ha voluta Hamas. Questa guerra c’è, da 60 anni, perché Israele vuole tutto il territorio per sé e non arretra davanti a nulla.

    Io non ho convinto te, tu non hai convinto me. Pazienza. Si può convivere anche con idee differenti. Qui, non muore nessuno.

  78. Vorrei gettare un sasso, ma rilanciateme, nel caso, uno solo. Come faccio io. Non tutti assieme.

    Devo confessare una profonda amarezza, causata dal modo in cui si svolge questa discussione.
    E il motivo è precisamente questo: considero le varie nazionalità indiane [pro.palestinesi e pro.israele] che si sono espresse, sufficientemente rappresentative delle posizioni che, durante questi giorni di estrema tristezza e di necessario turbamento, dividono gli intellettuali di qualunque tipo, i politici e ogni testa che minimamente pensi nel nostro paese.

    La cosa che considero tragica è che tutti, da una parte e dell’altra, mobilitino le proprie forze, le proprie capacità dialettiche, la possibilità di raccogliere documentazioni di ogni tipo, per mostrare all’altro – per dimostrare all’altro – che “le vittime siamo noi”.

    Questo è tragico, a mio parere, per due ragioni.

    1. Perché mai, qualsiasi cosa accada, si riuscirà a convincere la controparte.
    Ed essendo tale tattica inefficace anche verso terzi, che per lo più hanno già preso posizione.
    [Ricordiamo che sono stati capaci di giustificare anche il lancio della bomba atomica su Hiroshima e Nagasaki.]

    2. Perché se è lecito estendere a livello collettivo ciò che Gregory Bateson disse dei conflitti interpersonali, il modo di porsi degli antagonisti e dei loro alleati, in questo caso, prefigura una situazione di “schismogenesi simmetrica”, cioè un conflitto che non può avere fine se non con l’annichilimento di uno dei due antagonisti.

    Allora, mi chiedo, perché non si spendono le migliori energie per ipotizzare scenari di risoluzione del conflitto? Invece che rafforzarlo inconsciamente?

    Questi sforzi possono rivelarsi anche inutili o presuntuosi, ma, per esempio, mentre tutti sappiamo come trovare link e articoli che descrivono la situazione a Gaza – e mi pare che su questo soltanto qualche criminale possa avere dei dubbi, poco si è fatto, ne ho fatto precisa richiesta in un mio precedente intervento, per raccogliere indiscrezioni e notizie su ciò che pensa di fare il presidente degli Stati Uniti che si sta per insediare.

    Perché, volere o non volere, è da lui che dipende ciò che succederà nei prossimi mesi.
    È solo dietrismo, per esempio, pensare che gli Israeliani stiano dando l’ultimo colpo di coda in piena libertà, perché sanno che tra un po’ avranno le mani meno libere?

    Due osservazioni.

    Chi mira alla pace non ha bisogno di dichiarare continuamente da che parte sta. Anzi dovrebbe bastare una dichiarazione iniziale, se si tratta di pace, anche se poi si continua ad agire perché torti e ragioni abbiano un peso nella soluzione.

    Chi, in una situazione in cui si può prospettare un’uscita da quel tipo di conflitto, che finisce soltanto con la distruzione di uno dei due antagonisti, continua a scegliere come propria azione soltanto una “dichiarazione di schieramento”, è perché non può rinunciare ad attribuire a se stesso la posizione di “essere giusto” – in quanto specchio della “ giusta vittima” – non avendo il coraggio di assumere su di sé le indecisioni, le fatiche e spesso l’isolamento dell’”ingiustizia della pace”.

  79. grazie soldato blu, dai parole a uno sconforto che me ne lasciava priva, avendo sempre ancora salde le convinzioni che tu dici. E anche la speranza che queste convinzioni possano trovare ascolto e strade.

  80. Non ho detto o perlomeno non intendevo dire che quei morti non mi appartengono.

    Non detto o perlomeno non intendevo dire che il termine nazista sia stato utilizzato dai redattori di NI. Secondo incidente del non intellettuale che non gli riesce di usare bene l’italiano, altro che il latinorum.

    Credo che Israele non voglia Gaza, non foss’altro che se ne sono andati da lì nel 2005. Certo che se si ritira da Gaza e ne guadagna i razzi sulle poche cittadine tra la costa e il Negev, valli tu a convincere che per la pace si devono ritirare dalla West Bank (cosa che anche per me devono fare), mettendo così sotto tiro anche Tel Aviv, Gerusalemme Ovest, Haifa, Jaffa, i porti e gli aeroporti.

    Hamas ha i suoi dichiarati obiettivi (uno stato islamico che comprenda l’intera Palestina) e li persegue. Per raggiungere questo obiettivo occorre egemonizzare le organizzazioni palestinesi e emarginarne le componenti laiche. Anche il logorare militarmente Israele fa parte della strategia, in attesa chissà di un ribaltamento delle forze che consenta di sferrare il colpo definitivo. Non mi pare una prospettiva di pace, ma di annicchilimento dichiarato dell’avversario. In mezzo ci sta adesso la popolazione di Gaza, che è più ostaggio che protagonista di tale guerra.

    Hamas, definita anche dalla Unione Europea organizzazione terroristica, ha vinto le elezioni con circa il 43% dei voti, il che non la legittima ad espellere nel 2007 le altre fazioni palestinesi dalla Striscia.

    Obama vuole discutere con Hamas. E’ giusto sia così, dopo il fallimentare Bush che vedeva il mondo in termini di scontro di civiltà, è doveroso ricominciare da capo parlando con tutti i giocatori. Gli auguro (mi auguro) la miglior fortuna, così come spero che avrà successo nell’esercitare le adeguate pressoni sui settori più oltranzisti di Israele, quelli che diventano maggioritari quando piovono i razzi.

  81. Come si sa (e come è stabilito dall’accademia della crusca) le parole di origine straniera se usate nell’italiano corrente restano invariate anche al plurale. Aggiungere la “s” alla fine è proprio da parvenue.

  82. a soldato blu,
    che scrive:
    “La cosa che considero tragica è che tutti, da una parte e dell’altra, mobilitino le proprie forze, le proprie capacità dialettiche, la possibilità di raccogliere documentazioni di ogni tipo, per mostrare all’altro – per dimostrare all’altro – che “le vittime siamo noi”.”
    Ora, possiamo analizzare due scenari, ma distinguendoli bene.
    Primo scenario: cosa sta avvenendo a Gaza, in un’ottica di diritto internazionale e di diritti umani.
    Secondo scenario: le discussioni che da noi, in Occidente, a livello più ufficiale (stampa e tv) o più libero (blog, ecc.), sono generate a partire dal primo scenario.
    Io non credo che il secondo scenario possa in qualche modo agire sul primo. La società civile occidentale, ammesso che s’indigni contro Israele, non avrà mai la forza per spingere i propri governi a compiere qualche atto decisivo sul piano internazionale. Anche se qualche governo lo volesse veramente, non avrebbe gli strumenti per farlo, finché Israele è arbitro – come lo è ora – di continuare l’occupazione.

    Questo post e la discussione che ne è nata, ha per me un obiettivo principale: fornire strumenti per guardare il più apertamente possibile e senza filtri quanto accade a Gaza (scenario 1), e il riflettere perché ciò accade. Non so a cosa serva, ma è un’inevitabile risposta rispetto all’orrore che quanto sta accadendo suscita in me e in altre persone.

    La discussione, poi, ci può anche permettere di riflettere sullo scenario 2, come noi ne parliamo, ne discutiamo. Io non mi sento in un gioco di posizioni tra filopalestinesi e filoisraeliani. Come durante la guerra in Iraq non mi sentivo filosaddam o filoamericano. La Palestina è la vittima storica di un’occupazione, denunciata da risoluzioni dell’ONU. Questo fatto elementare, se davvero guardato senza reticenze, impedisce qualsiasi simmetria in questo conflitto, qualsiasi equidistanza, così pure come la presa d’atto della sproporzione delle forze. Qualsiasi discussione che, tacendo l’antefatto fondamentale dell’occupazione, pretenda di porsi come equidistante, è tendenzialmente mistificatoria. Ora nella maggior parte delle discussioni sulla stampa e sulle tv è ciò che avviene quasi sempre. Anche su una radio di sinistra e assai critica come Radipopolare. Il conduttore del microfono aperto di stasera pretendeva di porsi anche lui in una posizione di equidistanza, come se ciò fosse un atteggiamento più costruttivo. Ora, secondo me non è un atteggiamento costruttivo negare la CAUSA principale di un conflitto.

    Concludo con un’osservazione. Ammesso che sia plausibile quanto ho detto finora, non mi stupisce che la gente, al di fuori del discorso ufficiale, tenda a accentuare le tinte, tirando in ballo persino il nazismo, il genocidio, ecc. Questo è l’effetto di quella reticenza che fa sì che ufficialmente non si possano dire cose che si direbbero in tutt’altre occasioni, ossia che Israele è colpevole di crimini di guerra, che mette in atto forme di terrorismo di stato, ecc. Questo non poter dire “ufficiale”, fa sì che molte persone, prendendo direttamente la parola, si sentano legittimati a calcare la mano, a “dirla tutta”, anche al di là del lecito e del ragionevole. Ed ecco la ricerca di analogie con i nazisti, ecc. Ovviamente, questo non aiuta un’analisi politica lucida. Ma neppure è ascrivibile a quell’antisemitismo che viene affibbiato indistintamente a chiunque critichi in modo radicale la politica israeliana.

  83. niky lirismo, mi colpiscono e mi fanno riflettere le tue precisazioni lessicali.
    se una parte di me concorda con quanto affermi: tutti fascisti nessun fascista, un’alta voce più istintiva e viscerale, quelle parole me le vorrebbe far urlare tutti i giorni, ad ogni fascismo e nazismo che mi ritrovo davanti, per non dimenticare!
    anche quello può essere un rischio, dimenticare.

  84. L’IDEOLOGIA E LA PSICOLOGIA DI MASSA DEL “SIONISMO REALE”

    @Andrea Inglese ha scritto:

    “La questione razziale è inoltre al centro di diversi studi della cosidetta dissidenza intellettuale israeliana, critica nei confronti dell’ideologia sionista. Se ne parla anche nei due articoli che ho linkato. Nessuna delle voci che si è levata a giustificazione di Israele ha minimamente considerato questi materiali prodotti da storici israeliani importanti. Perché?”

    Il perché credo risieda qui:

    “Lo scopo del progetto sionista è sempre stato quello di costruire e poi difendere una fortezza “bianca” (occidentale) in un mondo “nero” (arabo). Alla base del rifiuto di concedere ai palestinesi il diritto al ritorno [sancito dalla Risoluzione ONU 194 (III), 11 dicembre 1948] vi è la paura degli ebrei israeliani di essere superati numericamente dagli arabi. La prospettiva che tutto questo evoca – che la loro fortezza possa essere minacciata – risveglia sensazioni così forti che gli israeliani non sembrano più preoccupati del fatto che le loro azioni possano essere condannate dal mondo intero. Il principio del mantenimento di una schiacciante maggioranza ebraica a ogni costo sostituisce ogni altra preoccupazione sia a livello politico che civile, e la tendenza religiosa ebraica di cercare la conciliazione è stata sostituita da un arrogante disprezzo per l’opinione pubblica internazionale e da un complesso di superiorità morale, con i quali Israele respinge sistematicamente le critiche. Questo atteggiamento non è dissimile da quello dei crociati del Medioevo il cui Regno latino di Gerusalemme rimase per quasi un secolo un’isola fortificata e staccata, poiché, prigionieri della loro realtà distorta, si chiudevano dietro le spesse mura dei loro impenetrabili castelli invece di integrarsi con i vicini musulmani…

    La Nakba era stata così efficacemente tenuta fuori dall’agenda del processo di pace che quando essa improvvisamente comparve sulla scena di Camp David, la sensazione degli israeliani fu come se il vaso di Pandora si fosse aperto davanti a loro. La paura peggiore dei negoziatori israeliani fu la possibilità incombente che la responsabilità di Israele per la catastrofe del 1948 potesse divenire oggetto di negoziati. Inutile a dirsi, questo “pericolo” fu immediatamente affrontato. I media israeliani e il Parlamento, la Knesset, compatti, fecero subito muro: a nessun negoziatore israeliano sarebbe stato permesso di discutere il diritto al ritorno dei profughi palestinesi nelle case che erano state loro prima del 1948. La Knesset fece approvare rapidamente una legge a questo scopo [chiamata “The Law for Safeguarding the Rejection of the Right of Return, 2001], con Barack che s’impegnava pubblicamente a sostenerla mentre saliva la scaletta dell’aereo che lo portava a Camp David.
    Dietro queste misure draconiane del governo israeliano per impedire qualsiasi discussione sul diritto al ritorno sta una paura profondamente radicata riguardo al dibattito sul 1948, poiché il “trattamento” riservato ai palestinesi in quegli anni è collegato con l’emergere di questioni spiacevoli rispetto alla legittimazione del progetto sionista nel suo complesso. Per gli israeliani è quindi fondamentale sostenere e rafforzare il meccanismo della negazione, non solo per far fallire le rivendicazioni palestinesi nel processo di pace, ma – molto più importante – per ostacolare ogni discussione significativa sulla natura e sui fondamenti morali del sionismo.
    Per gli israeliani, riconoscere i palestinesi come vittime delle azioni di Israele è fonte di profondo turbamento, almeno per due motivi. Sia perché dovrebbero fare i conti con l’ingiustizia storica che metterebbe Israele sotto accusa per la pulizia etnica della Palestina del 1948 e in dubbio gli stessi miti fondanti dello Stato di Israele, sia perché emergerebbero una miriade di problemi etici che avrebbero implicazioni inevitabili per il futuro dello Stato.
    Il riconoscimento dei palestinesi come vittime è collegato a paure psicologiche profondamente radicate poiché comporta un’indagine sulle percezioni personali di ciò che “è accaduto” nel 1948. Secondo molti israeliani – e come continuamente viene ribadito dalla storiografia ufficiale israeliana e da quella popolare – nel 1948 Israele fu in grado di costituirsi Stato nazione indipendente su una parte del Mediterraneo della Palestina perché i primi sionisti erano riusciti a “creare gli insediamenti in una terra senza popolo” e a far “fiorire il deserto”.
    L’incapacità degli israeliani di riconoscere la ferita che i palestinesi subirono è ancora più evidente se si confronta il modo in cui la letteratura nazionale palestinese racconta la storia della Nakba, un trauma che alcuni continuano a vivere nel presente. Se la vittimizzazione fosse stata il risultato “naturale” e “normale” di un conflitto lungo e sanguinoso, le paure degli israeliani di permettere all’altra parte di divenire “vittima” del conflitto non sarebbero così intense – entrambe le parti sarebbero state “vittime delle circostanze”, e a questo punto si potrebbe utilizzare un qualsiasi altro concetto, che sia amorfo, non legato a responsabilità penali, utile agli esseri umani, in particolare ai politici, ma anche agli storici, per assolvere se stessi dalla responsabilità morale della quale altrimenti si dovrebbe rispondere. Ma quello che i palestinesi chiedono e quello che, per molti di loro, è divenuta una condizione sine qua non, è di essere riconosciuti come le vittime di un male in corso coscientemente perpetrato contro di loro da Israele. Per gli ebrei israeliani accettare tutto ciò significherebbe naturalmente minare il loro status di vittime. Avrebbe implicazioni politiche su scala internazionale, ma – forse a livello molto più critico – scatenerebbe anche ripercussioni morali ed esistenziali sulla psiche degli ebrei israeliani: dovrebbero riconoscere di essere divenuti l’immagine speculare dei loro incubi peggiori.

    (Ilan Pappe, 2006. La pulizia etnica della Palestina. Ed. Fazi, 2007: pag. 291-292, 300)

  85. @ niky lismo (h 17.15)

    aiutami a capire: tu stai dicendo che se uno (in questo caso, io) definisce nazista e genocida la politica di annientamento (ampiamente pianificata, e da mesi: altro che rottura della tregua da parte di hamas!) messa in pratica dal governo israeliano a Gaza, sta praticamente “assolvendo” quella politica e quel governo? mi stai dicendo (e chiedo scusa per il paragone) che se chiamo fascista tutta la melma che si agita, in Italia, intorno al governo, e gli fa da supporto, la sto assolvendo? che se chiamo nazisti i reparti della celere, e i loro comandanti e mandanti, che erano a Genova nel 2001, li sto “mondando” dalle loro colpe?

    a me, se permetti, un discorso del genere pare presuntuoso, prima ancora di essere solamente offensivo. ci hai pensato, prima di scriverlo? ci ha pensato la claque che lo ha avallato? ti rispondo, prendendo a prestito una formula di Biondillo: “ma che ne sai tu di me”? non è molto più corretto dire che “quella” è la tua opinione, e non presentarla come una verità assoluta, data e accertata? e da chi? dagli intellettualini da blog con carta geografica al seguito e interi repertori bibliografici da sciorinare, tanto per farci vedere che loro le cose le studiano e le sanno? che adesso te la danno loro, la soluzione del problema palestinese? che ridicolaggine!

    perché non provate a dirlo – che sta assolvendo il governo nazista e il genocidio – a chi, in questo preciso istante, sta rischiando la vita, tra ospedali, scuole sventrate e campi profughi, a recuperare feriti e a comporre corpi di bambini massacrati a Gaza? perché non andate a dirle ‘ste stronzate da superfighetti eruditi a Vittorio Arrrigoni? anche lui qualche sera fa su RP, e ogni giorno sul suo blog, ci dà “questa” versione dei fatti, usa questi termini. e lo fa a ragion veduta, è lì, in quell’immenso lager disumano, a pregare anche gli dei che non conosce affinchè l’immonda carneficina abbia termine. ed è lì anche a “difendere” la memoria e la dignità di chi quegli inferni li ha attraversati davvero, a sua volta, più di sessanta anni fa.

    e poi, tu e gli altri plaudenti, tutti storiograficamente e lessicalmente ineccepibili, cosa ne sapete di nazismo e di campi di sterminio, oltre a ciò che avete letto nei libri? e, per cortesia, non chiedermi cosa ne so io: perché io quelle immagini, che qualcuno vuole nascondere per pudore, le ho già viste, ogni santo giorno, fin da bambino, negli occhi di mio nonno (moglie ebrea) e di mio padre (madre ebrea). l’altra sera, mentre Vittorio Arrigoni parlava al telefono, in radio, dei corpi bambini che recuperavano dalle macerie, io ho rivisto, li ho quasi toccati, i corpi, a cumuli, di cui mi raccontava mio padre, ho sentito il profumo delle sue mani che parlavano senza parole…

    e voi, di cosa parlate, quali etichette appiccicate, quale logica intellettuale seguite, a quali immagini attingete, quando sparate ad alzo zero contro chi non la pensa come voi, contro chi non sa che farsene delle vostre chiacchiere da salotto, sempre politicamente corrette?

    sì, niky lismo, sono personalmente offeso, soprattutto pensando che, leggendoti in altri contesti, mi sono sempre imbattuto in un “pensiero” capace di cogliere la “differenza”, cioè l’essenziale, non, come in questo caso, in un propugnatore di linee ben marcate e di etichette. sai, poi, quanto gliene può fregare agli internati di Gaza, oggi, di quello che diranno le future generazioni, educate e istruite sui manuali ordinati e rigorosi degli intellettuali italiani!!!: governo israeliano nazista?, ma no, dài, cosa dici, appartiene a un’altra epoca… genocidio? ma scherzi, come ti permetti di usare quel termine per qualche migliaio di morti soltanto? soltanto? tutto molto penoso, se permetti…

    sai cosa mi ricorda questo thread? altre due occasioni vissute qui (una è stata pure richiamata, anche se per invitare NI al rispetto della par condicio!!!): la fiera del libro di Torino, e le violenze anti rom scatenate nel milanese. nella prima (e i commenti sono ancora tutti lì, per entrambi i post), chi si schierava per il boicottaggio era bollato, se gli andava bene, come antiebreo, fiancheggiatore del terrorismo e mentecatto, perché non capiva l’importanza della “letteratura che affratella, che abbatte mura e confini” (a proposito, dove sono gli scrittori israeliani di regime, quelli invitati, dove sono stati nelle due ultime settimane?). la seconda è, per molti versi, ancora più tragica, perché dice, più di ogni altra, della natura e caratura dei tanti pulpiti da cui vengono le prediche e i “richiami all’ordine” (anche lessicale e storiografico, neh): a fronte di centinaia di commenti indignati, tutti desiderosi di fare qualcosa di “concreto”, il giorno dopo, al campo nomadi dove era fissato il presidio antifascista (vuoi vedere che è tutta colpa dell’aggettivo, improprio al pari di “nazista” usato per qualificare la politica di annientamento a Gaza?), non c’era un cane di nessuno; e così il giorno dopo, davanti al palazzo di giustizia, dove ci si ritrovava per sostenere la denuncia di uomini appena privati di ogni diritto, presi di notte come dei criminali e schedati come bestie: nessuno, nemmeno l’ombra dei tanti che, nei commenti, erano particolarmente indignati; dei tanti che, anche allora, avevano pronta la soluzione al problema: parole, bla bla bla e bla…

    “altrove”, in un altrove di morte e devastazione, qualcuno sta facendo ben altro che blaterare, qualcosa di “concreto” anche per noi: sta salvando quel minimo di dignità a cui ognuno di noi dovrebbe tenere, come alla cosa più cara: quella di “essere umano”.

    e “perdonatelo” ( suvvia, cosa vi costa in fondo?) se non usa i “termini” giusti… se non è “lucido”… è solo perché si sta perdendo tutti gli approfondimenti di mentana, di santoro, di vespa, di pacifici, di pagliara…

  86. è difficile entrare e dire la propria opinione qui, “nell’arena indiana”. difficile tanto più se si portano dei dubbi. ne parlavo- anzi ne scrivevo- con Franz. di fronte a tanto orrore mi sento sempre smarrito. uno smarrimento che non è ingenuità, pericolosa in questi casi, come quasi sempre nella vita adulta. si tratta di smarrimento e inquietudine che derivano dall’essere consapevoli che i sentimenti sono un lusso che mi posso permettere io, che sono seduto tranquillo e mi concedo il tempo di pensare, mentre lì non c’è la minima possibilità di incontrare alcun sentimento che non sia grossolano, gigantesco, mostruoso come il terrore, la sopravvivenza, la rabbia pura.
    e i dubbi, dicevo.
    io non sono sicuro che esistano soluzioni fattibili, che non ci siano strumenti adatti. intendo dire che anche finisse ora, come speriamo tutti, non cambierebbe nulla. di quel fuoco spaventoso rimarranno le braci e al primo soffio d’aria, riprenderanno ad ardere.
    ho sentito parlare spesso israeliani che raccontano come la loro sia un’esistenza di costante tensione, di eterna paura: ogni volta che qualcuno sale su un autobus, ogni volta che si recano a far la spesa, temono sia l’ultima volta. e così reagiscono alla paura irrazionalmente: costruendo un nemico perfetto: se si hanno nemici, si sa anche dove stare, cosa sia giusto e cosa sia sbagliato.
    e poi vedo e sento la disperazione, molto più esasperata dei palestinesi, che vivono da decenni un’agonia senza termine e che sono disposti a morire pur di uccidere. penso alle immense folle di giovani che non sanno nemmeno cosa sia la dignità di una vita normale; al massimo possono vantare un orgoglio indomito.
    insomma, credo che per interesse, per propaganda, ma anche per sentimenti distorti da generazioni, la situazione così stante, mai finirà.
    e la mia solidale compassione rischia di essere posa dovuta, illusione di comprensione, indignazione ideologica.
    non credo di essere così intelligente da avere soluzioni. mi sembra tutto talmente complesso da risultare quasi semplice.
    il più grande crimine mi sembra essere quello di aver annientato la possibilità di amare e di capire.
    spero si riuscirà a rimediare.

  87. a funiculì funiculà,
    nonostante io possa condividere molte cose di quanto tu dici, noto una cosa: reagisci nei confronti dei post e dei trhead di NI come chi, più sopra, ci accumunava in un generico “voi”, tutti monoliticamente schierati contro le ragioni di Israele, sempre. Tu ci consideri (redattori e commentatori) monoliticamente come i fighetti intellettuali.

    E’ difficile parlare di certe cose. Uno può anche non farlo. Uno può andare a raccogliere i cadaveri a Gaza come Arrigoni, uno può anche giocare a briscola, e spegnere la tele quando parlano di Gaza. Oppure può parlarne qui, da individuo ad altri individui. In tal caso, è forse solo un grande esorcismo telematico. Ma di questo esorcismo fa parte anche chi ogni volta entra in un thread per dire: “voi” tutti così, oppure “voi” tutti cosà.

  88. secondo me sbagliano entrambe le parti, credo ci siano dei dogmi che guidano molti uomini a lottare in nome di dio o di allah. di mezzo ci vanno i bimbi le donne gli innocenti. c’è questo che non tollero in entrambe le parti. l’autismo distruttivo masse di maschi in piazza. sicuramente sbaglio, ma ancora una volta il problema è l’incapacità di certo pensiero maschile al potere di empatia, incapacità di avere pietà pur di soddisfare il proprio orgoglio. paraocchi muli guerra santa territorio. eliminassero i confini in generale. poi non tollero vedere i bimbi martoriati bimbi che saranno adulti violenti e ottusi. perché? per vendetta per la religione? no, davvero. ancora c’è gente che viene guidata da dogmi.

  89. amicizia a parte (quella, per me, è ben al riparo), questo non l’ho scritto io:

    “si ringrazia niky lismo a nome di Nazione Indiana”.

    poi, se vuoi, si può discutere di quello che mi contesti, giustamente, e di quello che ho scritto, giustamente (se rileggi, comunque, ti accorgi che alcune obiezioni e accostamenti sono fuori luogo: nei post che ho citato, ad esempio, ho parlato di commenti, non di redattori del blog).

    si può discutere, certo, ma non adesso. e sto parlando per me. mi trovo nella condizione, indefinibile e insostenibile, di chi ha dei figli della stessa età della maggioranza dei bambini che vediamo massacrati ogni giorno. e questo, insieme a tutto il “resto”, che tu o altri ci creda o meno, mi ha tolto completamente il sonno, la “lucidità”…

    (e non so giocare nemmeno a briscola)

    un cordiale saluto

  90. “e questo, insieme a tutto il “resto”, che tu o altri ci creda o meno, mi ha tolto completamente il sonno, la “lucidità”…”

    Ci credo. E capisco lo scoppio d’indignazione. Io devo confessare che su questo egoisticamente mi difendo. Limito la visione delle immagini.

  91. @funiculì funiculà
    forse saranno chiacchiere da salotto (ma non mi sembra), ma politicamente corrette non mi pare proprio, e ognuno per motivi suoi di comodità o scomodità nella vita forse non tiene certe posizioni solo per ingenuità o per parlare. Capisco lo sfogo ma cercare di non aggiungere solo odio alla rabbia può voler dire cose diverse da una ecumenica mollezza.

  92. io sinceramente funucolì non l’ho capito/a, a parte che il sonno lo abbiamo perso in tanti in questi giorni, e senza neppure bisogno di immagini, alle volte le parole scritte entrano dentro ancora più dolorosamente, a me sembra che funicolà abbia fatto dire a niki lismo cose che non ha detto, o che almeno io non avevo letto.
    Oppure sono io che non capito nessuno dei due.
    Ad ogni modo funicolì (maronna che nome s’è scelto) se la piglia pure con marco perchè ha detto ““si ringrazia niky lismo a nome di Nazione Indiana” … dando ad intendere che lo avesse ringraziato per chissà quali nefandezze, mentre lo ringraziava solo per i complimenti “per il tenore della discussione, la puntualità della (contro)informazione, il pluralismo diffuso”, il che era verissimo almeno fino al quel punto … poi come succede spesso è finito tutto in marmellata
    ‘notte per chi riesce a dormire
    geo

  93. dopo una giornata di lavoro e di ennesime notizie “strazianti” dalla striscia non pensavo di trovare una cosi lunga discussione. mi sono rimboccato le maniche e ho cercato di leggere tutto con il massimo dell’attenzione… dandomi dei momenti di riposo mentale per non perdermi nei botta e risposta. Ritengo comunque che è sempre positivo trovare luoghi dove si può liberamente discutere e esporre i propri punti di vista e le proprie posizioni… anche quando alcune di esse per me risultino completamente aberranti e fondate o sulla non conoscenza / ignoranza o sulla presunta non conoscenza / ignoranza degli altri (quelli a cui ci si rivolge).

    mi sono segnato delle cose leggendo e provo a raccoglierle sperando di fare un post più breve di quello precedente.

    come al solito provo a mettere ancora dei puntini sulle famose i, perchè in alcuni commenti si dicono grosse inesattezze.
    più volte si prende l’esempio del fatto che in israele vengono riconosciuti e accettati gli arabo israeliani (tanto da essere rappresentati in parlamento) come una grande cosa, come esempio di saggezza e democrazia, che invece non si trova dalla parte palestinese. bene questa è una grande bufala. i cosidetti arabo israeliani sono osteggiatissimi in Israele e non a caso, nonostante siano israeliani, hanno un passaporto diverse e ci sono molte leggi diverse solo per loro! ma non era cosi anche per i neri in america o in sud africa? gli arabo israeliani non possono muoversi liberamente, non possono accedere ad alte cariche istituzionali o in certi settori lavorativi, non possono sposarsi come invece gli israeliani, non possono comprare case in certe zone (quasi tutte) di Israele, non hanno lo stesso tipo di accesso ai servizi offerti dallo stato e potrei continuare cosi all’infinito… a chi a voglia di cercare la rete offre molta documentazione e analisi a riguardo. questa è la condizione degli arabo israeliani in Israele. io chiamo questo stato di case razzismo.

    visto che si è parlato tanto di parallelismo storico cercando si smontare le tesi di alcune persone, la situazione che descrivo sopra si può ben paragonare con quello che avvenne agli ebrei durante il nazismo e il fascismo. gli ebrei infatti non furono imprigionati fin da subito nei campi di concentramento, ma un po’ vennero tolte tutte le libertà e i diritti creando leggi ad hoc solo per loro.

    come ho provato a dire nel mio post precedente, quando ho fatto dei paragoni con il nazismo o le dittature in sud america, ho provato a far venire fuori un certo ragionamento… ma forse dovevo essere più esplicito. molti hanno negato l’evidenza (e alcuni la negano tutt’ora) e/o non hanno voluto o non hanno avuto il coraggio di scegliere e di staccarsi dal potere. per me anch’essi sono responsabili dei crimini commessi contro migliaia di persone, in germania come in cile. la stessa cosa per me avviene oggi. negare davanti all’evidenza vuol dire essere in parte responsabili dei massacri e delle ingiuste commesse ai danni di un’intero popolo, senza eccezioni.

    sono ormai troppi anni, quasi 30, che si sente dire le stesse cose per difendere Israele, che si usano le stesse giustificazioni… e cosi di fatto non si muove mai un dito contro lo stato ebraico, concedendogli di tutto e di più. può passare un’errore, possono passare due… ma quando la cosa diventa continua e ciclica non dovremmo più giustificare certe cose. Israele è forse l’unico stato che da 60 anni non rispetta nessuna legge internazionale… credo che sia l’unico che sia riuscito a violarne cosi tante… ecco alcuni esempi: non rispetta le risoluzioni imposte dall’onu sui confini da tenere, non rispetta le decisioni della corte internazionale sull’aja, non rispetta i trattati sui diritti inalienabili dell’essere umano (sia per quanto riguarda i trattati di guerra che quelli di convivenza civile), per decenni ha negato la proliferazioni di armi nucleari, da anni tortura e incarcera ingiustamente migliaia di palestinesi per il solo fatto di essere palestinesi, impone la propria forza e la propria occupazione per trarne dei vantaggi commerciali enormi (fabbriche a costo quasi zero nei territori occupati, imposizione dei propri beni di consumo alla popolazione palestinese)… etc… etc… etc…

    continuare a giustificare e ad accettare questo modo di comportarsi vuol dire in parte prendersi la responsabilità di tutte le ingiustizie compiute, di tutti i morti ammazzati, di tutte le violenze ingiustificate. accettare e lasciare correre vuol dire mettere in discussione anche le nostre stesse istituzioni democratiche internazionali. quale giustizia vogliamo applicare? colpire il popolo serbo, afgano o iracheno per le colpe dei propri governanti va bene, ma non va bene per altri? imporre regole e embarghi va bene verso certi stati per determinate situazioni, ma non va bene per altri? smettiamola di essere ipocriti, se la legge e la giustizia internazionale devono essere uguali per tutti allora facciamo in modo che lo sia per davvero!!!!

    ma come possiamo farlo nel nostro piccolo? intanto potremmo iniziare dal criticare apertamente certi gesti, certi atti, certi modi di fare… SENZA SE E SENZA MA!

    come al solito sono andato lungo e speravo di andare a letto prima :(
    speravo di avere spazio infatti anche per parlare delle definizioni di 3 parole: nazismo, genocidio e apartheid. da poco intellettuale non mi interessa molto la definizione da manuale delle parole ma spesso guardo al loro senso intrinseco, a quello vissuto e sentito dalla gente, dal popolo, dalla cultura popolare. vista la lunghezza del post per ora mi fermo ad analizzare la prima parla… nazismo.

    prima di entrare dentro la “dissertazione” di queste parola faccio un piccolo esempio… a me piacciano molto gli esempi terreni.
    il computer è uno strumento inventato nella metà del secolo scorso. a quell’invenzione fu dato il nome di computer. oggi noi scriviamo e leggiamo questo dibattito tramite dei computer. i computer di oggi sono una cosa completamente diversa dal primo computer non solo per la grandezza ma soprattutto per l’uso che ne viene fatto. quando fu inventato, il computer, aveva certe idee… oggi ne ha tutt’altre. delle cose però sono rimaste… aiutare l’essere umano a fare delle cose lunghe e difficili da fare o addirittura impossibili da fare. il computer potremmo, anzi dovremmo, quasi chiamarlo in un altro modo!

    quando si parla di nazismo e si accosta questa parola a una situazione tipo quella medio orientale, affiancandola a Israele, forse effettivamente si commette un’errore. la parola nazismo infatti, effettivamente, richiama a un’ideologia ben precisa fatta di manifesti, ideali, regole, leggi etc… per fortuna a parte qualche malato a giro per il mondo (purtroppo sempre troppi) di nazisti non ce ne sono molti. usare però la parola in altri termini non è sbagliato. dire che una persona si comporta da nazista o ha un atteggiamento nazista non vuol dire accusarlo di essere fedele alla causa del nazismo, ma semplicemente sottolineare che le sue azioni hanno delle somiglianza con quello che succedeva durante il periodo del nazismo per mano dei nazisti! questo si puà dire e va detto!

    purtroppo in mancanza di nuovi vocaboli che possono definire certe cose bisogna arrangiarsi con quello che il popolo mastica e conosce… e le parole nazismo, fascismo, dittatura, violenza, tortura, giustizia / ingiustizia, crimini sono parole conosciute e comprese da tutti!

    accusare quindi Israele, ed è evidente che si fa sempre riferimento ai governanti e non al popolo, di avere atteggiamenti nazisti non è sbagliato: è la nuda e cruda verità. sicuramente è provocatorio in certi contesti, forse può non piacere visto il passato, ma ciò non toglie che certe azioni compiute dallo Stato di Israele possono considerarsi come quelle compiute dai nazisti.

    certamente altri paragoni possono essere fatti dagli studiosi con altri popoli, altri regnanti e altri periodi storici… ma buona parte delle gente comune magari non ne ha conoscenza mentre, per fortuna, qualcosa degli ultimi 100 anni di storia la conosce!

  94. “…è evidente che si fa sempre riferimento ai governanti e non al popolo…”.
    non so dove trovi tanta sicurezza nell’affermare che il “popolo” d’Israele è migliore dei suoi governanti.
    la vicenda di cui trattasi ha, complessivamente, il carattere basico di una lotta per la terra e per la sopravvivenza: ciascuno dei due contendenti, se potesse, eliminerebbe del tutto l’avversario, sterminandolo in una sola notte.
    in un quadro del genere, così deteriorato e senza alcuna via d’uscita, nessuno è migliore o peggiore di nessuno ed è i motore dell’odio quello che alla fine – chissà quando – condurrà a compimento storico la vicenda.
    quest’odio non è simmetrico, ma sono convinto che intrida fino all’osso quasi ogni creatura vivente in quella zona.

  95. Funiculì, senza alcuna intenzione polemica ti informo che non sei (per fortuna di tutti) l’unico antifascista rimasto, né l’unico a patire per il martirio di Gaza. Adoperando il tuo metro di giudizio, la violenza gratuita del tuo attacco mi autorizzerebbe a darti a mia volta del “fascista”, come tu, neanche velatamente, lo dai a me. Fuor di paradosso, sarebbero entrambe accuse assurde, smontabili con pochi argomenti e poco tempo. E’ lo stesso con Israele (di cui mai avrei pensato di poter passare per difensore): alle vittime del nazismo basterebbero pochi argomenti e poco tempo per smontare l’accusa di nazismo. Le parole hanno un peso e un valore, inflazionarne l’uso equivale a svilire l’uno e l’altro.

  96. Prima di tutto: bentornato Tashtego!

    E poiché ognuno, naturalmente, prosegue riaffermando la propria visione delle cose, sottolineo che l’unico che abbia fatto un passo nella direzione che io auspico è Sebastian76. Partendo, oltre tutto, da posizioni diverse dalle mie:

    “Obama vuole discutere con Hamas. E’ giusto sia così, dopo il fallimentare Bush che vedeva il mondo in termini di scontro di civiltà, è doveroso ricominciare da capo parlando con tutti i giocatori. Gli auguro (mi auguro) la miglior fortuna, così come spero che avrà successo nell’esercitare le adeguate pressoni sui settori più oltranzisti di Israele, quelli che diventano maggioritari quando piovono i razzi.”

    La stessa necessità avvertita da Obama, mi pare che sia stata messa in evidenza da D’alema – per quello che può contare – con grande scandalo di tutto il parco buoi politico italiano.

    Forzando il quadro fornito da questi minimi fatti, posso affermare che proprio questo è il punto?

    Ho infatti colto in alcuni interventi la convinzione che una presa di posizione politica, di noi pseudo o veri intellettuali col culo posato sulla sedia, non servirebbe a niente: “perché non c’è niente da fare”.

    Considero questa posizione infantile e dannosa: nemmeno il nostro dolore, se anche lo proviamo veramente davanti a tanto orrore, serve a niente.

    Essendo la politica “l’arte di raggiungere un compromesso tra posizioni inconciliabili”, questa deve comunque darsi un obiettivo.

    E’ mia convizione che il nostro minimo obiettivo politico sia quello di imporre alla pubblica opinione e alla nostra classe politica, con tutti i mezzi che possediamo, questa pregiudiziale:

    HAMAS DEVE ESSERE RICONOSCIUTO COME GIUSTO INTERLOCUTORE
    IN QUALUNQUE COLLOQUIO CHE SI PROPONGA IL RAGGIUNGIMENTO DELLA PACE.

    Naturalmente le forme possono essere molteplici, le adesioni devono essere di entrambe le parti, facendo risaltare bene che, aderendo, non si aderisce a una delle due parti, ma si vuole contribuire – anche con questo nulla – a una ipotesi di trattativa di pace.

  97. grz sordato bleu.

    “Obama vuole discutere con Hamas…”.
    mi domando e domando: foss’anche la pace fattibile domani, su quali basi di reciproca soddisfazione si potrebbe costruirla?
    esiste oggi un barlume di premessa, non politica, nei fatti, per un effettivo allentamento della tensione?
    israele non ha nessuna intenzione di restituire alcunché di sostanziale.
    e cosa poi potrebbe restituire se non tutto il territorio sottratto dal 1947 ad oggi?
    la sua esistenza è basata su un’ingiustizia e sulla violenza per perpetuarla: niente di strano in questo, tutti i possessori di terra l’hanno tolta a qualcun altro, ma realisticamente non si può pretendere che i palesinesi possano dimenticare ciò che è accaduto sessant’anni fa e ciò che accade loro tutti i giorni.
    quella israelo-palestinese è una piaga che è destinata a rimanere infetta e tutto ciò che Obama potrà fare sarà più o meno identico a ciò che si è fatto nel passato: contenerla e impedire che si allarghi con conseguenze non controllabili.
    quando dall’attuale fase acuta si passera ala normale cronicizzazione tutti potremo volgere di nuovo lo sguardo altrove per poi tornare ad indignarci, a sprecare un mare di parole e a mentire a noi stessi, al primo riacutizzarsi della “crisi”.
    dirsi che non stiamo assistendo ad una delle “crisi” di un “conflitto”, ma ad una delle fasi di un processo di conquista renderebbe tutto il discorso più chiaro.

  98. si possono difendere degli innocenti senza essere filo islamici come criticare israele senza essere accusati di antisemitismo. è fascista chiudersi in uno dei due blocchi in base ad un’appartenenza culturale o religiosa strombazzata dai media. non è irrazionale, infatti, giustificare ogni atto criminale di israele perchè a commetterlo è uno stato democratico, occidentale, familiare al nostro modo di essere, di pensare? Sì… é semplicemente istintivo, e, ancora una volta, fascista.

  99. GUERRA UMANITARIA
    Ascolta, ascolta Israele!
    di Stefano Sarfati Nahmad

    Hai fatto una strage di bambini e hai dato la colpa ai loro genitori dicendo che li hanno usati come scudi. Non so pensare a nulla di più infame. A distanza di una generazione in nome di ciò che hai subito, hai fatto lo stesso ad altri: li hai chiusi ermeticamente in un territorio, e hai iniziato ad ammazzarli con le armi più sofisticate, carri armati indistruttibili, elicotteri avveniristici, rischiarando di notte il cielo come se fosse giorno, per colpirli meglio. Ma 688 morti palestinesi e 4 israeliani non sono una vittoria, sono una sconfitta per te e per l’umanità intera.
    Ascolta Israele!
    Io non rinnego la mia storia, la storia della mia famiglia, che è passata dalla Shoah. Però rinnego te, lo Stato di Israele, perché hai creduto di poter far valere il credito della Shoah per liberarti del popolo palestinese e occupare la sua terra. Ma non è così che vanno le cose, non è così la vita. Il popolo di Israele deve vivere di vita propria e non vivere della morte altrui.
    Ascolta Israele!
    Io non rinnego la mia storia, la storia della mia famiglia che è passata dalla Shoah, ma io oggi sono palestinese. Io sto dalla parte del popolo palestinese e della sua eroica resistenza. Io sto con l’eroica resistenza delle donne palestinesi che hanno continuato fare bambine e bambini palestinesi nei campi profughi, nei villaggi tagliati a metà dai muri che tu hai costruito, nei villaggi a cui hai sradicato gli ulivi, rubato la terra. Sto con le migliaia di palestinesi chiusi nelle tue prigioni per aver fatto resistenza al tuo piano di annessione.
    Ascolta Israele!
    Non ci sarà Israele senza Palestina ma potrà esserci Palestina senza Israele, perché il tuo credito, ormai completamente prosciugato dalla tua folle e suicida politica, non era nei confronti del popolo palestinese che contro di te non aveva alzato un dito, ma era nei confronti del popolo tedesco, italiano, polacco, francese, ungherese e in generale europeo; ed è colpevole la sua inazione.
    Asolta Israele, ascolta questi nomi: Deir Yassin, Tel al-Zaatar, Sabra e Chatila, Gaza. Sono alcuni nomi, iscritti nella Storia, che verranno fuori ogni qualvolta si vedrà alla voce: Israele.
    Manifesto 9 gennaio 2009, p. 5

  100. @tashtego e soldato bleu
    chiamandola pure guerra di conquista, chi deve intervenire perché si fermi? Gli Usa hanno la forza per farlo o l’Onu o noi europei? Chi può imporre e dico imporre (son sufficienti gli strumenti diplomatici o economici?) una soluzione prima che si annientino o che uno venga estinto? Sono ormai molti anni che la soluzione è ovvio che non può venire da loro, ma dall’esterno meno coinvolto. E se pensiamo che questo è il vero banco di prova di Obama possiamo in qualche modo far sentire ed esistere questa necessità di risoluzione a livello interazionale?

  101. sono abbastanza d’accordo con il pessimismo di tashtego. ritengo che tutte le persone in grado di trovare (o almeno cercare) una soluzione ragionevole, dalle due parti, siano state assassinate, esiliate, incarcerate etc da almeno vent’anni. e così adesso questa guerra finirà quando finirà il petrolio (cioè quando l’area nel suo complesso cesserà di essere così cruciale), né più né meno.

    poi certo ha ragione anche soldato blu, una soluzione politica non deve cessare di essere cercata. stiamo a vedere come andranno le prossime elezioni israeliane e cosa farà obama. mi sembra comunque probabile che già quando prenderà funzione le cose si calmeranno un po’. forse. è già qualcosa. forse.

  102. @soldato blu

    “La cosa che considero tragica è che tutti, da una parte e dell’altra, mobilitino le proprie forze, le proprie capacità dialettiche, la possibilità di raccogliere documentazioni di ogni tipo, per mostrare all’altro – per dimostrare all’altro – che “le vittime siamo noi”.

    Sono in consonanza con te, anche se per fortuna non lo fanno “tutti”, ma senz’altro troppi, e se sono troppi qui, come è pensabile che si trovi una soluzione lì?
    Anch’io mi aspetto molto da Obama, ma un uomo solo di buona volontà, sempre che dimostri di esserlo, anche così potente, non basta, se invece di usare le proprie energie a distinguere guerrescamente il grano dal loglio anche l’opinione pubblica non si decide finalmente a spingere a tutti i costi per un raccolto di pace.
    O questo momento non verrà mai?
    Galbiati, lo chiedo a te perché il tuo tono mi colpisce sempre, dopo 60 anni qual’è la tua priorità? la pace nella regione, con tutte le sue inevitabili ingiustizie e asimmetrie, o lo stabilire la “verità”?
    Siamo tutti abbastanza grandi per sapere che la verità è il più relativo dei concetti, sul quale si costruiscono i processi e le carriere degli avvocati, mentre sulla pace, per quanto impura, si può tentare di costruire la vita, e sarebbe il momento di imporla.
    E POI tentare un processo di riconciliazione, se mai sarà possibile.

  103. purtroppo in mancanza di nuovi vocaboli che possono definire certe cose bisogna arrangiarsi con quello che il popolo mastica e conosce… e le parole nazismo, fascismo, dittatura, violenza, tortura, giustizia / ingiustizia, crimini sono parole conosciute e comprese da tutti!

    GEO
    ok siccome il “popppppolo” capisce solo la parola nazismo, allora la dobbiamo usare anche noi!!!!???!!! Ma a casa mia questo si chiama popppulismo intellettuale.
    Ormai tutti sono hitler (da una parte e dall’altra): saddam, bin laden, sharon, barak, tipzi livni, B16, bush, il cardinale martino, ahmadinejad, haniyeh, putin, saakašvili, il dalai lama … e chi ne ha più ne metta … ma possibile che ci dobbiamo arrendere a questa povertà di linguaggio?
    Capisco ogni tanto fare un piccolo paragone per dare colore retorico alla nostra frase (lo facciamo tutti, lo faccio pure io) ma abusarne è diabolico oltre che inutile.

  104. Non sono un pacifista.
    Penso che nemmeno Gandhi lo sia stato, avendo vinto la sua battaglia costringendo gli Inglesi a ritirarsi, piuttosto che massacrare migliaia di Indiani da Lui disposti al martirio.
    Le differenze tra l’attuale situazione palestinese e quella dell’India di allora è che gli Inglesi non erano disposti al massacro, mentre gli Israeliani lo sono, e che gli Indiani di allora erano disponibili a farsi massacrare, ma non a massacrare, mentre Hamas è disposto a massacrare e a fare massacrare i propri connazionali.

    La guerra è, a parer mio, uno strumento che nessuna nazione può rifiutare, perché mai si può essere sicuri se si arriva o meno al punto in cui non si può più sopportare ciò a cui si è sottoposti.

    La linea di distinzione tra terrorismo e guerra è caduta almeno dalla seconda guerra mondiale, con i missili tedeschi su Londra e con i bombardamenti alleati sulle città tedesche.

    [Mi pare di aver letto da poco, forse in un link di N.I. che il primo teorizzatore dell’uso “terroristico” dei bombardamenti aerei sia stato proprio un capo di stato maggiore dell’aviazione italiana, subito destituito per questo, ma certo senza che venisse ignorata la sua proposta criminale.]

    Dentro questo semplicistico quadro, Hamas ha il diritto di non essere considerata terrorista, ma parte belligerante in uno scontro armato tra nazioni.

    Le eventuali confutazioni di questa presa di posizione – che resta necessaria perché colloqui di pace vengano avviati – si scontrano col fatto che se terrorismo è quello di Hamas, è anche terrorismo quello di Israele e, per quanto “passivo” anche quello di Gandhi.

    Hamas non ha fatto niente di diverso da loro. Lo ha fatto contemporaneamente.
    Se qualcuno ha infatti lo stomaco troppo debole per accettare certe eresie, dovrebbe pensare cosa sarebbe accaduto se al posto degli Inglesi, in India, ci fossero stati gli Israeliani, e se, in quel caso, Gandhi, invece di essere osannato, non sarebbe stato giudicato alla stessa stregua di chi manda ragazze e ragazzini a suicidarsi con il proprio ordigno o sotto i colpi dell’esercito nemico.

    Con gli amici si è d’accordo, con i nemici si tratta per mettersi d’accordo.
    Dico questo perché non sono passati molti giorni da quando, in un’altra discussione su N.I., facendo un parziale elenco di quelli che consideravo personalmente dei“nemici”, piazzai tra i primi Hamas. E subito dopo l’esercito israeliano.

  105. @ niky lismo

    uno scambio dialettico un po’ troppo acceso, ma che occupa lo spazio esatto di un commento in un post. per me già archiviato, senza polemiche e senza strascichi.

    ti saluto.

  106. @georgia:

    Be’, in effetti l’idea di riunire una folla di “indesiderati” in un luogo chiuso, per poi farglielo crollare addosso, ha un illustre predecessore nel voivoda di Valacchia Vlad Tepesh, quando si sbarazzò dei mendicanti: quindi, se proprio dobbiamo fare paragoni…

  107. alcor scrive: “…la pace nella regione, con tutte le sue inevitabili ingiustizie e asimmetrie…”.
    ecco secondo me al punto in cui siamo non è possibile pacificare niente e nessuno.
    esiste un vecchio slogan della sinistra che recita così “non ci può essere pace senza giustizia”.
    a meno che non si tratti di quel particolare tipo di pace che segue l’annientamento dell’avversario.
    ma allora non si tratta di “pace”, ma di “vittoria” e di conseguenza di “accettazione della sconfitta”.
    finché i palestinesi non accetteranno una sconfitta, la loro, che è ormai evidente da qualche decennio, non faranno che aggravarla progressivamente finendo per suicidarsi.
    per natura sono portato a pensare in modo estremo, ma in questo caso, benché comprenda il terrorismo come reazione emotiva, lo disapprovo totalmente come strategia, perché non fa che rafforzare l’avversario.
    un popolo quando ha perso dovrebbe capirlo e darsi pace, almeno fino a tempi migliori.

  108. Lo staff di Obama ha smentito il Guardian, affermando che non vi saranno mai incontri con gruppii terroristici, il che non vuol dire molto perché segretamente tutti parlano con tutti e poi non vanno a raccontarlo al Guardian.

    Comunque questa è la condizione posta da Obama perché Hamas rientri tra gli interlocutori:

    “The President-elect has repeatedly stated that he believes that Hamas is a terrorist organization dedicated to Israel’s destruction, and that we should not deal with them until they recognize Israel, renounce violence, and abide by past agreements,” said Brooke Anderson, chief national security spokesperson for the Obama transition team.

  109. ok, non pacificare, imporre il cessate il fuoco e saperlo mantenere.
    Sono stati capaci in Sud Africa di imboccare la strada della riconciliazione, che sia enormemente difficile non vuol dire che sia impossibile, certo, se nessuno ci crede, finirà quando ci saranno solo ossa.

  110. a ilnonsubire
    “purtroppo in mancanza di nuovi vocaboli che possono definire certe cose bisogna arrangiarsi con quello che il popolo mastica e conosce… e le parole nazismo, fascismo, dittatura, violenza, tortura, giustizia / ingiustizia, crimini sono parole conosciute e comprese da tutti!”

    NO. NO. Pienamente d’accordo con Georgia. E aggiungo: si può essere insofferenti fin che si vuole alla “cura” lessicale in un thread, ma secondo me rimane qualcosa di essenziale in questo contesto. nessuno di noi può giudicare l’altro in merito alla sua condotta (non ci conosciamo) o alla sua personalità, possiamo solo riferirci agli “atti linguistici” che queste colonne registrano. E quindi questi atti pesano particolarmente, per fragili e marginali che siano di fronte agli eventi.

    Ora il nazismo NON è una categoria morale, non è una categoria trascendentale, è un regime e un’ideologia con una storia ben specifica e che poco o nulla c’entra con la soria di Israele. L’unico paragone pertinente che si può fare tra Israeliani e nazifascisti è l’uso della rappreseglia: per uno dei nostri morti, 10 (o 100) dei vostri. Che già in Libano ha avuto una sua esemplare realizzazione. Ma la rappresaglia di questo tipo, nella storia, non è certo una specificità dei nazifascisti. (Lo è solo per la nostra storia recente, nel periodo della resistenza…).

    Sono infine d’accordo con soldato blu: se c’è un’idea politica da difendere, oggi, è quella di considerare Hamas come legittimo interlocutore. Questa non vale certo come soluzione del conflitto, ma come primo passo nei confronti di qualsiasi “serio” tentativo di soluzione. Non può essere uno dei due contendenti a decidere quale sia il contendende legittimo con cui sedersi al tavolo.

  111. non so chi ha introdotto nella discussione il paragono col sud africa, ma non mi pare pertinente.
    difficile riuscire ad introdurre qui un semplice concetto storico politico: agli israeliani serviva (e tuttora serve) la terra dove sono insediate popolazioni palestinesi e se la sono presa con la forza e soprattutto con il nostro appoggio di occidentali.
    oggi la stessa terra è considerata PATRIA da due popolazioni diverse e nemiche tra loro, ciascuna delle quali vuole ELIMINARE l’altra: quale tipo di “pace” è possibile se non nella sconfitta di uno dei due contendenti?
    quale giustizia è possibile al momento attuale?
    perché non dirsi con chiarezza che ogni tipo di pace comporta oggi la sconfitta dei palestinesi?
    e che è proprio per questo che esiste tanta violenza?

  112. Ma poi, scuSSate, cosa fa tutti i giorni la politica vaticana italiana, se non sterminare – sistematicamente – chiunque abbia un neurone laicamente fuori posto? Lo sapete che l’Italia somiglia sempre di più ad un paese integralista? Ho scritto integralista. Non fascista. O nazista. Termini assolutamente superati. E semplicistici.

  113. Aggiungo… Forse al Vaticano serve la Terra Italiana per continuare ad avere un suo bacino…

  114. morgillo, ma che dici? l’italia non esiste. il vaticano è un’allucinazine collettiva e come leggi, si lotta per chi ha ragione. israelo palestinesi dio e dogmi e assenza di pensiero critico e orgoglio tracotante ma no…. siamo nella guerra dei muri mica del tutti avremmo qualcosa da dire no caro e poi a che serve rileggere il proprio commento. è inutile: dal microcosmo dei blog collettivi e della interrete privinciale al macrocosmo delle guerre: ottuso snervante autismo machista maschista castrantista. quei pochi uomini sensibile e palesemente intelligenti vanno via o restano come ago in un pagliaio. tutti gli altri, si ergono come muri contro muri muri contro muri sensibilità azzerata autismo degli affetti e io è la maggioranza. l’italia è un’ipocrita messa in scena di punti di (s)vista diversi e supponenti. quando arriva una guerra è segno che la stupidità prevale. nessuno ha ragione quando un bimbo muore. ma d’altronde l’istinto materno è materno, no?

  115. Fuori tema

    Scusate, ma un ce la fo a trattenemmi, eh.
    Ma icché dice quello lì?
    La mi’ Accademia e l’è aggiornatissima. E un n’è nemmeno annichilita.

  116. Condivido Tashtego:

    non c’è – ad oggi – soluzione se non nella sconfitta dei palestinesi. È il gioco perverso dei rapporti di forza e degli interessi nella zona. Chi pensa il contrario, anche se in buona fede, è un grande ingenuo. Così come è ingenuo chi ripone fiducia in Barak Obama: non potrà, il Nostro, affrontare il declino degli USA senza tentare di arrestarlo, e dunque sarà costretto a difendere strenuamente le sue “zone d’influenza”.

    PS: posto una serie di considerazioni rubate in rete, credo utili alla discussione:

    […] Andrebbe capito come mai, in Italia e in Occidente in generale, mentre il sostegno alla lotta palestinese era un impegno ovvio negli anni Settanta-Ottanta per la sinistra (nel senso che, al di là delle organizzazioni politiche, era un elemento della soggettività antimperialista), ora sia appannaggio di un ristretto gruppo di attivisti e di persone “impegnate”. Andrebbe, in quest’ambito, anche discussa la relativa autonomia in politica estera che la vituperata Prima Repubblica si era presa dagli Stati Uniti, autonomia finita in concomitanza con i diktat economici della globalizzazione, i cui esecutori e cani da guardia in Italia sono stati, dal principio, proprio gli uomini del personale politico di sinistra. specialmente ex-comunista. E bisognerebbe similmente capire come mai i pacifisti israeliani che dopo il massacro dei campi palestinesi di Sabra e Chatila scesero in piazza in 400.000, oggi per i crimini di Gaza scendono in piazza in 400. Evidentemente anche un mondo ideologico è cambiato, seguendo i passaggi temporali sopra accennati e ciò meriterebbe un’analisi di grana fine, che permettesse di mettere in rilievo l’incidenza della sfera culturale e ideologica e delle “grammatiche della vita” sulla cosiddetta “struttura”, come aveva indicato Gramsci poco meno di un secolo fa, un’incidenza che ai nostri giorni permette in modo apparentemente sempre più facile e scontando una sempre minore vischiosità, di fare e disfare le coscienze, di trasformarle in tabulae rasae su cui incidere ciò di cui le strutture di dominio locali e mondiali hanno via via bisogno (ma non si pensi a un processo uniforme, perché – per dirla in modo molto schematico – queste strutture di dominio necessitano di una base comune, dovuta alla logica di accumulazione e di componenti differenziate richieste dalle lotte strategiche di potere). […]

    […] Per quanto riguarda l’attacco a Gaza, mi sembra, così all’impronta, che esso sia un tentativo di “normalizzare” il fronte Palestinese a favore dell’OLP di Abu Mazen, che secondo Uri Avnery, giornalista ed ex parlamentare israeliano, “viene considerato da molti in Israele come una succursale dell’organizzazione sionista”. In altri termini: “O vi fate rappresentare da chi vogliamo noi, o vi condanneremo alle pene dell’Inferno”. Per non parlare delle motivazioni relative alle prossime elezioni politiche israeliane (che senso morale! i voti contesi a suon di indicibili sofferenze agli abitanti di Gaza – un’annotazione etica del tutto elementare che però non mi sembra di aver letto o sentito da nessuna parte: “E’ la stampa, bellezza!”).

    […] Stare con Israele contro Hezbollah o Hamas (e, alla fin fine, senza nemmeno troppi “se” o troppi “ma”) non è un invito né morale né politico, ma un’opzione geo-strategica, ammantata da motivazioni d’altro tipo.
    Ed è un invito che nulla ha a che fare col benessere delle genti che popolano il Medio Oriente, quali esse siano in generale, anche se solo uno sciagurato o un delinquente non riesce a vedere chi nei fatti è stata finora la vittima sacrificale designata. Cosa tragicamente lampante in questi giorni a Gaza!
    E’ un gioco di potere, una scelta di campo per interessi strategici che, guarda caso, si chiamano “GIACIMENTI E LINEE DI TRASMISSIONE DELLE RISORSE ENERGETICHE DI ORIGINE FOSSILE”.
    Si badi bene, sono interessi non limitati a quelli di breve termine – che comunque ci sono – legati allo sfruttamento immediato delle risorse petrolifere o di gas naturale (ma un giorno bisognerà anche parlare del controllo dell’acqua). Sono interessi di medio-lungo termine che si giocano in Medio Oriente ma hanno come orizzonte la Cina, l’India e la Russia, cioè i nuovi assetti egemonici planetari che potrebbero emergere dall’esaurirsi di quel ciclo sistemico di accumulazione del capitale iniziato con la II Guerra Mondiale coordinato dagli Stati Uniti, in crisi da oltre trent’anni e in cui le difficoltà economiche attuali sono una manifestazione della perniciosità e progressiva ingovernabilità di questa perdita di capacità statunitense a far sistema (che non c’entra niente col cosiddetto “crollo” o “esaurimento” del capitalismo di cui parlano intellettuali, economisti e ultrasinistri sfrantumati – la Jervolino mi conceda in prestito l’espressivo termine).
    Una volta sviluppato, si vede allora chiaramente che questo assioma significa una cosa semplice e precisa: Israele deve essere l’unica potenza regionale di rilievo. Tutte le altre devono essere subordinate ad essa sia economicamente sia, innanzitutto, militarmente. […]

  117. A me pare che questo tentativo, per altro giusto, di allargare la discussione ai temi geopolitici generali e il particolare, come viene detto, agli “interessi strategici che, guarda caso, si chiamano “GIACIMENTI E LINEE DI TRASMISSIONE DELLE RISORSE ENERGETICHE DI ORIGINE FOSSILE”, soffra per lo meno di strabismo.
    A me risulta che su questo scacchiere uno dei principali giocatori sia l’Arabia saudita e che l’Arabia saudita, assieme all’Iran, altro giocatore non meno importante sono entrambi finanziatori di Hamas.
    E che quindi il quadro offerto agli ingenui risulta un pochino più sfaccettato di quanto non si voglia dare a intendere.

  118. Non è ora di finirla con le questioni lessicali?

    Abbiamo condannato il fascismo, il nazismo, il comunismo sovietico e asiatico (chiamiamolo stalinismo, maoismo ecc., come preferite) sarebbe ora di condannare il sionismo (“reale” se volete fare distinguo sulla teoria) come ideologia nazionalista, colonialista, razzista che ha praticato e pratica la pulizia etnica (la quale prevede anche cronici massacri, come ci spiega sempre Pappe, che comunque non si configurano come genocidio).

    Va bene così?

    E poi, dopo le analisi, mi volete dire anche VOI (chiunque ha letto e commentato finora) cosa proporreste?

    Vi dico io cosa propongo:
    -rottura dei rapporti diplomatici con Israele a livello nazionale e europeo
    -boicottaggio dei prodotti israeliani a livello personale e di gruppo (quanto meno dei prodotti derivanti dalle colonie)
    -richiesta di sanzioni economiche internazionali a Israele per le continue violazioni del diritto internazionale, a partire dalla costruzione delle colonie e del Muro per finire… non saprei, sono troppe le violazioni.
    -boicottaggio accademico delle Università israeliane
    -FARE STORIA E MEMORIA sulla pulizia etnica che ha permesso la nascita dello stato di Israele: iniziamo a informarci su cosa è stata la nascita di Israele e a fare cultura in proposito diffondendo per es. quanto contenuto nel libro La pulizia etnica di Israele di Pappe a partire dalla prossima giornata della memoria – e non venitemi a dire che la Shoah non conta nulla con questa storia: i sionisti hanno potuto fare quel che han fatto in Palestina nel silenzio quasi totale dell’ONU, dell’Europa (e di quasi tutti gli altri, croce rossa internazionale compresa) per i sensi di colpa non solo europei per la Shoah; Ben Gurion mentre segnava sul suo diario i villaggi palestinesi distrutti, i massacri di civili inermi, la popolazione palestinese sfollata con le minacce o la forza delle città (in totale circa 800.000 palestinesi espulsi o indotti a fuggire) dichiarava al mondo intero che gli ebrei stavano subendo un secondo Olocausto in Palestina a ogni convoglio o colonia che veniva per rappresaglia attaccata dagli arabi; i confini dello stato ebraico, che avrebbe dovuto occupare il 56% della terra di Palestina, sono stati definiti dall’ONU a pieno vantaggio dei sionisti che erano numericamente minoranza e soprattutto erano dei colonizzatori (a inizio del Novecento erano circa il 5% della popolazione) e possedevano non più del 7% della terra; nel dividere la terra l’ONU ha , considerato anche gli ebrei che sarebbero arrivati in Palestina a seguito della tragedia della Shoah. Per tutti questi motivi, non si può spiegare nella della attuale situazione israelo palestinese senza partire dal 1947-48 e senza pertanto collegare il tutto alla Shoah. E’ esattamente questo che fa Pappe. Quindi, che la giornata della memoria, serva davvero a fare memoria, a scoperchiare la memoria sommersa della pulizia etnica della Palestina del 1947-48 (giusto: 1947-48, perchè la pulizia etnica è iniziata alla fine del 1947, PRIMA della proclamazione dello stato di Israele; la guerra araba a Israele è stata dichiarata DOPO che Israele aveva già espulso centinaia di migliaia di palestinesi ed è stata fatta anche per contenere la pulizia etnica).

    Palla al centro.

  119. Finirla con le questioni lessicali? FARE STORIA E MEMORIA è anche (innanzitutto?) una questione lessicale. Oppure ho sbagliato blog…

  120. @niky lismo

    ecco, fare storia e memoria è “innanzi tutto” una questione lessicale: bene, io ho messo il sionismo a fianco di altre ideologie da condannare, e ne ho tracciato sinteticamente le peculiarità, stando molto attento al lessico.

    Ora, chiarito quanto sta innanzi a tutto, vogliamo fare un passo avanti? vogliamo metterci in mezzo noi, prendere posizione, proporre, agire?
    io l’ho fatto.

  121. PUBBLICO QUI DI SEGUITO UN POST DI MARCELLO FALETRA, REDATTORE DELLA RIVISTA CYBERZONE. UNA LUCIDA E ACCORATA ANALISI , RICCA DI RIFLESSIONI FILOSOFICHE, DI QUANTO STA ACCADENDO A GAZA IN QUESTI GIORNI E CIO’ CHE VI STA SOTTO… NON TUTTO SI PUO’ CONDIVIDERE, PERCHE’ E’ FACILE RICHIAMARE IL TERRORISMO DI HAMAS E DELL’INTEGRALISMO ISLAMICO…TUTTO VERO…NON ABBIAMO NULLA A CHE VEDERE CON ESSO, E COMBATTEREMO SEMPRE CONTRO L’OSCURANTISMO ISLAMICO ….I PALESTINESI HANNO COMMESSO MOLTI ERRORI POLITICI E PER ANNI SI SON LASCIATI STRUMENTALIZZARE DA PADRINI PIU’ O MENO INTERESSATI, PERDENDO MOLTI TRENI DEL DIALOGO E DEL RECIPROCO RICONOSCIMENTO….NON SIAMO CONTRO GLI EBREI ( L’ AUTORE DELL’ARTICOLO E’ EBREO) NE’ CONTRO LO STATO DI ISRAELE….MA LA SPROPORZIONE IN CAMPO E’ ENORME….UNA GRANDE MISTIFICAZIONE MEDIATICA E POLITICA TENTA DI COPRIRE UNA AMARISSIMA VERITA’ : NON E’ SOLO HAMAS CHE NON VUOLE RICONOSCERE ISRAELE, MA E’ ANCHE IL SIONISMO PIU’ INTEGRALISTA (CHE E’ SEMPRE STATO PREVALENTE NEI /SUI GOVERNI DI ISRAELE) A NON VOLERE UNO STATO PALESTINESE….E QUANDO CON ARAFAT TRA IL ’90 E IL ’95 STAVA PER REALIZZARSI IL MIRACOLO … IL SIONISMO ANTIPALESTINESE HA SOSTENUTO E AIZZATO CON OGNI MEZZO HAMAS E L’INTEGRALISMO IN FUNZIONE ANTI ARAFAT…INSOMMA DIVIDE ET IMPERA. ” PIU’ LA LEADERSHIP PALESTINESE E’ DEBOLE, PIU’ PREVALE LA NOSTRA FORZA, PIU’ QUELLA LEADERSDHIP E’ IN MANO AI “TERRORISTI” PIU’ E’ FACILE ALLONTANARE QUALSIASI IDEA DI STATO PALESTINESE INDIPENDENTE”…. COSI’ RAGIONANO GLI OCCULTI STRATEGHI DELLA FORZA E DEL RAZZISMO ANTIPALESTINESE, FELICI DI RITORNARE AI “FASTI” DEL ’48 E DEGLI ANNI CINQUANTA , SESSANTA E SETTANTA. PER QUESTO HANNO LAVORATO E ORA A GAZA SEMINANO PER RACCOGLIERE ALTRI ANNI E ANNI DI “ODIO TERRORISTICO” CHE ALLONTANA LA COSTRUZIONE DELLO STATO PALESTINESE INDIPENDENTE ACCANTO A QUELLO DI ISRAELE..
    QUEL CHE RESTA DI GAZA

    di Marcello Faletra (Redattore di Cyberzone)

    Sabra e Chatila nel 1982, Jenin nell’aprile del 2002, adesso Gaza. Le prime due stragi con la regia di Sharon. Lungo tutti questi anni: muri, deportazioni, maltrattamenti, omicidi, umiliazioni, saccheggiamenti di villaggi profughi, distruzioni di ospedali, di scuole, di infrastrutture…
    Nel nome di queste città sono state perpetrate stragi d’ogni specie. La verità sul massacro di Jenin è stata impedita con ogni mezzo. La commissione d’inchiesta delle Nazioni Unite non è stata fatta entrare nei territori oggetto del massacro, nel silenzio complice delle “democrazie” occidentali.
    Questa non è una guerra. Non vede due eserciti schierati l’uno contro l’altro. E’ la lenta e progressiva agonia del popolo palestinese. L’asimmetria militare è lampante. Cacciabombardieri, carriarmati, incrociatori e una tecnologia da guerra tra le più forti del pianeta contro un popolo pressocchè disarmato. Un popolo a cui non resta che la propria morte quale ultima forma di rivalsa. Ciò che la stampa ufficiale vergognosamente tace è che questa violenta offensiva era stata programmata da mesi. Si attendeva dunque il pretesto per scatenare la “legittima difesa”. Occorre ribadire che si tratta di un crimine internazionale. Dopo 10 giorni di bombardamenti i morti civili sono oltre 500, oltre migliaia di feriti, alcuni in gravissime condizioni e senza la possibilità di curarli, destinati a morire, perché l’esercito israeliano impedisce il passaggio della Croce Rossa internazionale. L’assassinio del popolo palestinese non è un fatto di cronaca nera. I crimini degli israeliani negli ultimi anni hanno assunto il tono di crimini eccezionali. Sono crimini perché stanno eliminando dalla faccia della terra un popolo. E’ un crimine ontologico. Perché tocca l’essenza stessa dell’uomo. E’ l’essere stesso palestinese che viene negato ed eliminato fisicamente. E quando questo popolo non coincide con l’identità del popolo occidentale, allora si cerca di sminuire la portata del crimine.
    La propaganda antipalestinese trabocca di titoli nei quotidiani e nei telegiornali. “risposta all’aggressione”, “legittima difesa”, “reazione giustificata”, ecc. il linguaggio giornalistico dà il suo onorevole contributo a confondere aggrediti e aggressori. Quando un popolo viene decivilizzato privandolo di acqua, di ospedali, di scuole e di altri servizi necessari alla vita, come chiamare questo stato di cose? Gli esempi di disumanizzazione sono infiniti. Le morti dei civili vengono chiamate sarcasticamente “effetti collaterali” ai “bombardamenti chirurgici”. In sostanza una presa in giro. Perchè in realtà si bombarda indiscriminatamente. Chi muore, muore. Dio – come disse un papa – riconoscerà i suoi! Su questa guerra chirurgica è sufficiente ricordare un episodio accaduto a Jenin. Jamal Fayid, portatore di handicap su una sedia a rotelle, viene schiacciato volontariamente da un bulldozer guidato da un soldato israeliano davanti agli occhi atterriti dei parenti costretti a guardare la scena senza poter reagire. Questa scena ricorda un episodio accaduto durante la deportazione degli ebrei a Varsavia. Una squadra di SS di sera entra in un condominio e rastrella intere famiglie, di fronte a un uomo seduto su una sedia a rotelle lo prendono e lo buttano dal balcone.
    Ma il palestinese non è l’israeliano, protetto non solo dall’estabilishment politico mondiale, ma protetto soprattutto dal senso di colpa occidentale nei confronti della Shoah. Ogni tentativo di criticare Israele viene subito ricusato come “antisemitismo”. Questa è la più grande offesa che si possa fare alla Shoah: trasformarla in una garanzia d’immunità. Occorre difendere la memoria della Shoah anche dai discendenti delle vittime come accade in Israele, se questi strumentalizzano la Memoria dello sterminio degli ebrei al fine di giustificare l’ingiustificabile. Essere israeliani non da certificati di infallibilità nella condotta umana. La memoria dei campi va difesa ogni giorno da qualsiasi tentativo di strumentalizzazione. Occorre domandarsi: l’identità di Israele coincide con l’identità del popolo ebraico in generale? Israele in effetti non è uno stato costruito sul modello di Davide e Salomone. Uno stato, cioè, che poneva al primo posto la giustizia. L’attuale stato israeliano è di fatto costituito sul modello politico-militare-economico del modello occidentale. E, alla fin fine, non è stato altro che l’avamposto degli Stati Uniti nel cuore della società islamica. Dall’anno del suo insediamento – 1948 – lo stato israeliano è stato di carattere dominatore-colonizzatore.E’ democratico, si, ma solo per gli israeliani. Per gli arabi no, perché non godono degli stessi diritti degli israeliani (soprattutto non possono avere cariche politiche e sono proibiti i matrimoni misti). Democrazia? E’ da vedere. Un solo esempio. Dal 1995 – dunque prima della seconda intifada – ben 90.000 persone abitanti nell’agglomerato di Betlemme, non possono più utilizzare la strada principale, per garantire la sicurezza a una decina di israeliani (dico “israeliani” non ebrei, perché vi è una profonda differenza fra l’ebraismo della diaspora e lo stato ebraico sedentario).
    A partire dal 2001, l’intera popolazione palestinese è rinchiusa in microzone, senza poter comunicare da una parte all’altra. Il blocco instaurato all’inizio del “processo di pace” si è man mano trasformato in vere prigioni urbane. La vita economica è interamente smantellata, come lo sono la vita familiare – non c’è famiglia che non abbia un morto. Nel corso dell’ultimo decennio, i coloni israeliani sono diventati come gli yankees al tempo della conquista del west. Arroganti, spadroneggiano su tutto. Impongono le loro volontà. Rubano le terre agli arabi e il loro raccolto, aprono strade e ne chiudono altre, vietano ai contadini arabi l’accesso alle loro terre, e quando questi reagiscono, organizzano spedizioni punitive.
    Per gli ammalati, poi, l’ospedale è una meta a volte irraggiungibile per via degli estenuanti controlli e sbarramenti. Per non parlare dei numerosi attacchi contro il personale sanitario, di rifiuto all’assistenza a feriti, di donne incinta che hanno perduto il figlio perché non sono state fatte passare a un posto di blocco, eccetera. Come non pensare a ben altre esperienze di disumanizzazione degli esseri? Paragone impossibile? Perché no? Cosa impedisce di pensare il fatto che togliere agli uomini ciò che li caratterizza in quanto tali è ciò che è stato fatto agli ebrei dai nazisti? La differenza sarebbe in questo caso di gradualità. Se i lager, con le camere a gas, costituiscono il vertice del terrore, la punta estrema in cui la razionalità ha concepito la morte come produzione industriale, quello che da anni accade nei territori palestinesi sarebbe di una gradualità inferiore, ma concepita nell’ottica di una stessa idea: deumanizzare gli individui per poterli uccidere senza rimorsi, come si fa con le bestie. Certo, l’alibi è forte. Distruggere per salvarsi. La radicalità dell’antagonismo non lascia spazio ad altre vie. Questa radicalità fa pensare alla concezione del politico di Carl Schmitt, il quale sostiene che la percezione del nemico da distruggere costituisce l’essenza stessa del politico. La percezione dell’altro come nemico, di cui gli ebrei sono stati testimoni e vittime eccezionali, diventa una barriera simbolica invalicabile. Ma in tal modo si perpetua la propria differenza come identità nella misura in cui si percepisce l’altro come pericolo alla propria identità. E’ la stesa percezione del nemico che i cattolici hanno quando invocano il diavolo, rispetto al quale si costruisce l’identità del buono. Il problema reale e che il dubbio è estraneo a questa visione paranoica, così come l’autocritica. Il ragionamento che tende a giustificare l’alibi della guerra preventiva, apparentemente razionale, è in realtà di natura emozionale e affettiva e non rappresenta altro che la giustificazione delle sue tendenze regressive.
    E’ necessario evitare confusioni. L’eccezionalità della Shoah non è l’eccezionalità di un popolo. Perché in tal caso cadremmo nella trappola della razza. Piuttosto è l’eccezionalità del pregiudizio e dell’odio. Ma se è così, allora i nazisti hanno ottenuto una vittoria postuma. Perché disumanizzare l’uomo, ovunque egli si trovi e a qualunque cultura esso appartenga, è un prolungamento della Shoah. I Tutsi del Ruanda ne hanno fatto le spese: massacrati e disumanizzati dai cristianissimi Hutu. Un genocidio ancora tutto da spiegare. Per non parlare dei milioni di africani che per secoli sono stati deportati nelle americhe in nome della civilizzazione.
    Non è la Shoah che è in dubbio. Ma la sua memoria, quella si, se si continuano a perpetrare forme di disumanizzazione degli esseri per via di coloro che avrebbero dovuto mantenerne intatto il monito.

    In tutto ciò vi è una profonda volontà di disumanizzare i palestinesi, ridurli a bestie, sradicare quanto di umano ancora resiste nelle loro vite. Aggredire e ridurre al silenzio tutto ciò che mostra segni di realtà umana. D’altra parte cosa sappiamo della società Israeliana? E, soprattutto, cosa sappiamo dei palestinesi? Tutti i telegiornali ogni volta che si parla dei palestinesi mostrano uomini incappucciati con armi in mano che fanno danze rituali. Niente di più oscurantista. Nessun servizio giornalistico è dedicato alla vita reale dei palestinesi. In tal modo si contribuisce a formare una rappresentazione immaginaria di un popolo di cui non conosciamo nulla. Identificando palestinesi e terrorismo, e giustificando la politica aggressiva della colonizzazione dei territori palestinesi, l’informazione da il suo contributo al massacro di un popolo.
    Violenza dell’informazione che si aggiunge alla violenza dei bulldozer che cancellano la vita reale dei palestinesi. Al telespettatore non si sottopongono strumenti di analisi per comprendere la posta in gioco della violenza nei territori palestinesi. La nostra informazione è in preda alla paranoia. E’ paranoica ogni rappresentazione dell’altro come nemico. E’ il trionfo della “banalità del male”, come si espresse tempo fa Hannah Arendt. Cosa intendesse la Arendt per banalità del male lo scrisse nella rivista molti anni dopo il suo celebre saggio in “Social research (1971)”: “Per banalità del male intendo non una teoria o una dottrina, ma qualcosa di completamente fattuale, un crimine di enorme portata a che non può assolutamente essere ricondotto a una malvagità particolare, a qualche patologia o convinzione ideologica dell’autore, che si distingueva forse unicamente per una straordinaria superficialità”.
    In tutto questo teatro della crudeltà ciò che viene occultato è il rapporto di causa/effetto. Cosa c’entra l’antisemitismo di fronte a uno stato che dal dopoguerra ad oggi ha rubato con la forza e la violenza (”occupazione liberale”) gran parte dei territori palestinesi riducendo una popolazione allo stremo?
    In oltre quarant’anni di colonizzazione violenta hanno creato le condizioni fisiche per decivilizzare un popolo. Privarlo dei diritti più elementari, costringendolo a reagire con l’unica arma a loro diposizione : la loro vita. Se vivere significa vivere come dei morti, tanto vale morire in mezzo a coloro che ti hanno rubato la vita. Conosciamo il “terrorismo” palestinese. Ma non conosciamo quello israeliano. Da quasi un decennio lo stato israeliano vede come guida una miscela esplosiva e suicida: bruti in uniforme come i generali Shaul Mafaz e Moshe Yaalon, nazionalisti estremisti come Avigdor Lieberman e Uzi landau, irresponsabili avventurieri come Benyamin Netanyahu ed esaltatori del messianesimo come il rabbino Beni Eilon e il generale Efi Eitam. Il nazionalismo messianico e il messianismo militarista costringono a considerare il peggio – lo sterminio dei palestinesi – come una scelta reale e l’apocalisse come un progetto politico.

    Occorre ribadire che il concetto di guerra ha cambiato volto. Dopo il crollo delle torri gemelle e la conseguente politica della “guerra preventiva”, anche l’amministrazione israeliana si è prontamente adeguata. La seconda intifada (settembre 2002) è scoppiata dopo che gli israeliani avevano ucciso decine di giovani palestinesi sospettati di terrorismo. Mentre gli attentati in Israele cominceranno solo tre mesi più tardi. Tutti ciò non è stato mai evidenziato dalla stampa internazionale. L’espressione “guerra al terrorismo” è diventata uno slogan politico insindacabile a livello della politica internazionale per giustificare azioni militari e ingerenze politico-economiche presso popolazioni considerate “stati canaglia”.
    D’altra parte le democrazie occidentali di fronte a tale stato di cose trovano soccorso morale nel nuovo catechismo della chiesa cattolica (2005), che si è prontamente adeguata a questa visione sanguinaria e vendicativa della politica neoliberista e all’articolo 2267 leggiamo: “L’insegnamento tradizionale della Chiesa non esclude, supposto il pieno accertamento dell’identità e della responsabilità del colpevole, il ricorso alla pena di morte, quando questa fosse l’unica via praticabile per difendere efficacemente dall’aggressore ingiusto la vita di esseri umani”. Apprendiamo adesso che vi sarebbero “aggressori giusti” che agirebbero in nome “del pieno accertamento dell’identità e della responsabilità” (sic!). Che la chiesa si sia impegnata cosi tanto per trovare parole che giustificassero la morte è davvero straordinario, proprio lei che dal trono di San Pietro predica la condanna anche dei preservativi e dell’aborto! La morale religiosa della chiesa fa della verità un obbligo verso Dio, non verso l’uomo. Esse vietano di mentire davanti a Dio, non davanti all’uomo.
    Benché tra la chiesa cattolica e Israele vi siano forti disaccordi, resta tuttavia comune una complicità di fronte agli islamici. Nel loro immaginario è il loro nemico comune.
    A livello di politica internazionale, questa ambiguità della chiesa da una mano, sicuramente dal punto di vista religioso e morale, cioè indirettamente, a quello “Stato d’eccezione” – versione contemporanea della dittatura – (Agamben), divenuto ordinario, che sospende parte dei diritti civili, riducendo la democrazia ad una questione di ingerenze internazionali a livello militare sulle risorse energetiche e su altre questioni di egemonia economica. “Lo stato di eccezione – osserva Giorgio Agamben – si presenta…in questa prospettiva come una soglia di indeterminazione fra democrazia e assolutismo”. La guerra in Iraq, con i suoi 700.000 morti civili fino ad oggi ne è il teatro vivente. L’esportazione della democrazia si è ridotta ad una guerra civile senza fine, generando una profonda spaccatura tra la cultura Islamica e quella Occidentale.

  122. per quanto riguarda georgia e andrea inglese… credo che forse avete interpretato male le mie parole. vi invito a rileggere il post in cui analizzo l’uso della parola nazismo. se rileggete bene io dico questo:

    “quando si parla di nazismo e si accosta questa parola a una situazione tipo quella medio orientale, affiancandola a Israele, forse effettivamente si commette un’errore. la parola nazismo infatti, effettivamente, richiama a un’ideologia ben precisa fatta di manifesti, ideali, regole, leggi etc… per fortuna a parte qualche malato a giro per il mondo (purtroppo sempre troppi) di nazisti non ce ne sono molti. usare però la parola in altri termini non è sbagliato. dire che una persona si comporta da nazista o ha un atteggiamento nazista non vuol dire accusarlo di essere fedele alla causa del nazismo, ma semplicemente sottolineare che le sue azioni hanno delle somiglianza con quello che succedeva durante il periodo del nazismo per mano dei nazisti! questo si puà dire e va detto!”

    e poi dopo aggiungo

    “accusare quindi Israele, ed è evidente che si fa sempre riferimento ai governanti e non al popolo, di avere atteggiamenti nazisti non è sbagliato: è la nuda e cruda verità. sicuramente è provocatorio in certi contesti, forse può non piacere visto il passato, ma ciò non toglie che certe azioni compiute dallo Stato di Israele possono considerarsi come quelle compiute dai nazisti.”

    in conclusione io non ho detto che dobbiamo usare la parola nazismo, ma ho detto, o almeno ci ho provato, che spesso questa parola viene usata (insieme ad altri termini) per esprimere un concetto con una sola parola, come per descrivere certi atti che essa contiene nell’immaginario collettivo. infatti io, per corretteza, ho detto che sarebbe giusto e accettabli parlare di atteggiamenti nazisti! cosi come parlo di atteggiamenti razzisti, di politica di apartheid e/o di atti criminali.

    questo si può e si deve dire.

    molti si sono lamentati dell’impossibilità di fare qualcosa per cambiare le cose. potremmo inziare dal sottolineare, senza paura, certe cose. sottolineare che lo stato di Israele e il sionismo negli anni hanno portato avanti una politica di occupazione e violenza indiscriminata verso il popolo palestinese, con gesti e azioni a volte di tipo nazista / fascista / criminale, con la tragica conseguenza di perpetuare un lento genocidio… etc etc etc

    questo è un esempio banale di quello che potremmo fare. parliamo e ricordiamo la storia. facciamo memoria, facciamo verità, nel nostro piccolo.
    dei miei viaggi in palestina una cosa mi è sempre rimasta dentro… moltissime persone (giovani, donne, anziani, …) non mi hanno chiesto soldi, promesse, azioni o quant’altro, ma mi hanno voluto raccontare la loro personale storia e/o quella della loro famiglia e/o quella del loro villaggio mentre mi offrivano un thè o un intero pasto in casa loro (o in quella che ne era rimasta di casa)… in cambio mi chiedevano di non dimenticare, di ricordare e di raccontare la loro storia… come un piccione viaggiatore, come un vecchio messaggero… in modo che la storia non si perdesse mai, che la memoria non si spengesse definitivamente e che la verità non finisse cancellata per sempre.

    tutte le storie che ho sentito, da nord a sud e da est a ovest di tutti i territori palestinesi mi hanno parlato di morte, di violenze, di ingiustizie e di sofferenze quotidiane, sempre più grandi.

    qui qualcuno ha scritto che i palestinesi sono come tutti gli altri, si possono muovere liberamente etc… ma non è vero, è un falso. diciamolo. tiriamo fuori il coraggio e iniziamo a dirlo. Israele ha teorizzato una nuova politica di apartheid (teorizzazioni ufficiali) tramite l’occupazione di sempre più terre, la costruzione di tantissime colonie sparse ovunque e la bantustanizzazione dei territori palestinesi tramite la costruzione del muro. I Palestinesi per muoversi devono passare il muro (aperto solo due volte al giorno e non sempre), poi si devono passare una serie di check point fissi e mobili, dove si passa solo con determinati documenti (che molti palestinesi non hanno, in quanto è Israele a rilasciarli!) e infine si deve sperare di poter trovare un mezzo per arrivare a destinazione…. o meglio al check point prima della destinazione scelta, poi al controllo di ingresso dal muro e infine a destinazione. il controllore è sempre l’esercito israeliano e sta a loro decidere se farti passare o meno, e spesso la risposta è no… contornata da dopo umiliazione e vessazioni. vi invito a guarda un piccolo video (dura 3 minuti circa) che forse aiuta meglio a capire cosa comporta un checkpoint in palestina: http://www.youtube.com/watch?v=l6XIxfGRKFc
    diciamo queste cose, le prove sono evidenti, davanti a tutti.

    questo era un altro esempio banale di quello che succede e che noi dovremmo fare nostro.
    basta ipocrisia, basta appoggio incondizionato. ognuno deve essere responsabile delle sue azioni, e che inizi a esserlo anche Israele… usiamo le parole, le storia, le immagini, i video, per raccontare piccoli pezzi di verità, per smontare la cortina di bugie che hanno costruito, per rendere giustizia altri oltre 6000 palestinesi uccisi dal 2000 ad oggi (fonti ONU).

    come dice “lorenzo galbiati”, di cui apprezzo molto l’intervento e le proposte ATTIVE, rimettiamo la palla al centro.

    parliamo e ricordiamo la storia. facciamo memoria, facciamo verità, nel nostro piccolo. magari non cambierà le cose subito, ma a lungo termine potrebbe aiutare a vedere le cose in maniera diversa, e a spingere le future generazioni e leadership ad avere un approccio diverso alla questione israelo palestinese.

  123. GAZA, MORTI SENZA TOMBE

    di
    Marcello Faletra

    Che cos’è un genicidio? La parola genocidio fu coniata dal giurista polacco Raphael Lemkin nel 1944 e impiegata successivamente durante il processo di Norimberga nel 1946. Il vocabolario della lingua italiana – Enciclopedia italiana 1987- definisce genocidio un “grave crimine, di cui possono rendersi colpevoli singoli individui oppure organismi statali, consistente nella metodica distruzione di un gruppo etnico, razziale o religioso, compiuta attraverso lo sterminio degli individui, la dissociazione e dispersione dei gruppi familiari…”. Un crimine, dunque, votato alla cancellazione storico-culturale di un popolo. Il 9 dicembre del 1948 l’Assemblea delle Nazioni Unite vara la Convenzione per la prevenzione e la repressione del delitto di genocidio, e all’articolo secondo si legge: “nella presente convenzione per genocidio si intende una delle seguenti azioni commesse con l’intento di distruggere, in tutto o in parte, un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso…” . Sono passati 63 anni (1945) da quando l’ultima infornata di sventurati ebrei entrò nelle camere a gas, di cui qualche zelante revisionista, oggi, pretende ridimensionarne l’esistenza. Da allora il Vietnam, la Cambogia, lo sterminio degli indios con le dittature sudamericane, e via di seguito fino ad oggi con la Palestina e la sua interminabile scia di sangue. Tutti questi stermini non furono fiammate di violenza: ma esecuzioni, liquidazioni di gruppi umani, attentati alla vita di interi popoli perpetrati da scienziati del crimine, con intenzioni deliberatamente sterminatrici. Quello a cui stiamo assistendo a Gaza è dello stesso tipo: l’applicazione di una teoria politica che ha come esito finale la deportazione di tutto il popolo palestinese. Dal punto di vista geografico questo progetto è quasi compiuto: oltre l’80 per cento di tutta la Palestina è controllata dagli israeliani. La garanzia di uno stato palestinese è stato costantemente ostacolato dagli israeliani, che dopo l’assassinio di Rabin hanno preferito ricorrere alla colonizzazione forzata e violenta.
    Tutto ciò porta a interrogarsi sul perché dei massacri. Il massacro è un modo di vedere l’altro. Le invenzioni inaudite messe al servizio della ferocia, gli abissi della perversità più diabolica, le raffinatezze più inimmaginabili dell’odio, tutto ciò ci lascia stupefatti. Muti. Il massacro è la forma attraverso cui l’altro è percepito nella nuda e cruda animalità. Ogni massacro è preceduto da un processo di desoggettivizzazione dove il linguaggio svolge un ruolo fondamentale.
    Per massacrare qualcuno occorre prima distruggerne l’immagine, annientarlo nel proprio immaginario, nella propria rappresentazione. C’è nell’aria una grossa resistenza nel vedere nel popolo palestinese degli esseri soggetti al massacro. Si sente dire che sono “pericolosi”, che sono “terroristi”, ecc. I nostri contemporanei a quanto pare non vogliono sentire altro. L’equazione inculcata in anni e anni di rappresentazione immaginaria del palestinese come terrorista ha fatto il suo effetto .
    Questa mistificazione tende a confondere la posta in gioco nello scacchiere mediorientale. In effetti: gli attori del conflitto vedono una politica coloniale e un movimento di liberazione. Il sionismo che spesso viene confuso con l’ebraismo in generale, non è altro che un’ideologia politica, non è una realtà religiosa. Questa ideologia è stata anche ampiamente rifiutata dalla maggior parte degli ebrei dell’esilio, poiché essa è dal punto di vista della tradizione ebraica un’eresia (è la posizione di molti rabbini), mentre dal punto di vista politico è una teoria reazionaria (è la posizione sostenuta dai lavoratori ebrei dell’Europa centrale e orientale). Alla luce di ciò occorre distinguere antisionismo in quanto ideologia politica colonialista dall’antisemitismo – pregiudizio razziale.
    L’equazione palestinese/terrorismo non è altro che l’espressione propagandistica di un movimento coloniale che ha tutti gli strumenti di potere a livello internazionale per far passare una mistificazione come verità. E questo nonostante che le immagini di bimbi squartati a Gaza siano entrati nelle case di tutti.
    Oggi, il paradigma di questo laboratorio di disumanizzazione è stato messo a punto da Bush e la sua banda con Guantanamo, che rappresenta il modello distillato del processo di desoggettivizzazione dell’altro concepito nel cuore della “democrazia” neoliberale americana. Un campo di concentramento dove un insieme di individui perde progressivamente qualsiasi riferimento all’ominità in quanto tale. Una regressione ontologica giustificata dal progressivo instaurarsi dello “stato d’eccezione” (Agamben) – la stabilizzazione dello stato d’emergenza che sospende una parte significativa dei diritti civili.
    Ma da dove inizia un massacro? In effetti i bombardamenti sono il momento finale di un lungo processo di invenzione del nemico. Le masse occidentali lo hanno scoperto recentemente con la guerra in Iraq. L’immagine di un Saddam che possedeva armi di distruzione di massa e che il mondo intero correva un forte pericolo è stata fatta circolare per due anni prima dell’attacco. E’ accaduto con la profilassi antisemita durante il nazismo, dove nelle scuole si insegnava a riconoscere i simboli della tradizione ebraica per individuare il “nemico”. Ma di fronte a progetti politici criminali il passato non conta. Lo diceva convinto l’antisemita Henry Ford: “la storia? Una sciocchezza”. Chiunque attraversa le strade delle città israeliane può individuare scritte, manifesti, graffiti che inneggiano alla distruzione degli arabi. Ecco alcuni segni:
    “La Giordania è lo stato palestinese – Trasferimento subito” (centinaia di manifesti sull’autostrada).
    “Espellere il nemico arabo” (manifesto)
    “Annientare gli arabi” (manifesti)
    O noi o loro” (manifesti)
    “Morte agli arabi”(graffiti)
    “No ai media ostili” (autoadesivo)
    “Compro solo dagli ebrei” (manifesti)
    “La pace è una catastrofe, vogliamo la guerra” (autoadesivo)
    “No alla Palestina” (graffiti)
    “Niente gente di sinistra niente attentati” (graffiti)
    “Shoah per gli arabi” (scritta sull’autostrada per Gerusalemme) .
    I segni s’impossessano dello spazio visivo pubblico ratificando la rappresentazione dell’altro come nemico da eliminare. Colonizzano l’immaginario costituendo una scenografia “naturale” dell’odio. L’affermazione: “La pace non è all’ordine del giorno per i prossimi cent’anni” di Sharon, è diventata uno slogan presso gli ambienti della destra israeliana, e appartiene allo stesso ordine di espressioni che circolavano presso i cristianissimi Hutu in Ruanda, quando dicevano “andiamo a lavorare”, che voleva dire “andiamo ad ammazzare i Tutsi”.
    E’ sul piano dell’immagine e del linguaggio che si costruisce uno degli aspetti più tragici del massacro dei palestinesi. Questa mobilitazione generale all’odio, alla deportazione e all’espulsione dei palestinesi, è stata costruita in oltre quarant’anni. C’è un altro aspetto da considerare. Ogni massacro si fa perché si è certi dell’impunità. I Turchi lo hanno fatto con gli armeni all’inizio del secolo scorso, e ci sono riusciti. I nazisti con gli ebrei, e ci sono riusciti. Gli americani impiegando armi chimiche (napalm) e non hanno avuto conseguenze. Questa certezza tira in ballo la responsabilità delle democrazie occidentali che hanno permesso che Israele commettesse crimini efferati. La nostra angoscia non è l’angoscia di chi non sa se la propria vita o quella dei propri figli vita durerà ancora un giorno. Lo stesso linguaggio non può sostituirsi a ciò che si prova davanti ai propri figli spappolati dalle bombe. Il massacro decreta, in un certo senso, anche la fine del linguaggio.
    Ma per concepire un massacro occorre pure che un territorio venga circoscritto, chiuso, trasformato in un campo di concentramento. Negli ultimi vent’anni i campi profughi della Palestina sono notevolmente aumentati di numero. Il senso della vita in un campo profughi è fortemente leucemico. L’assenza pressoché totale di infrastrutture rende questi luoghi degli inferni, dove è pure impossibile uscire dallo spazio chiuso perché controllato dalle milizie israeliane. In questi “campi profughi” la morte non è diretta, ma provocata a distanza. L’assenza di strutture sanitarie, la mancanza di acqua, l’estrema difficoltà nel reperire farmaci, preparano lentamente il lavoro di messa a morte. In sostanza la proliferazione dei “campi profughi” è direttamente proporzionale alla sottrazione delle terre ai palestinesi e il loro trasferimento in altri luoghi, spesso inospitali. Ciò che scrisse Hannah Arendt a proposito dei campi di concentramento nazisti non è lontano, con le dovute distinzioni, da ciò che l’amministrazione israeliana sta effettuando in Palestina: “I campi di concentramento sono i laboratori in cui si sperimenta una dominazione totale sull’uomo…”(Le tecniche della scienza sociale e lo studio dei campi di concentramento, in L’immagine dell’inferno, Editori Riuniti, 2001). E’ esagerato? Perché mai? E’ sufficiente informarsi su come vengono trattati i minorenni nella prigione di Telmond, dove sono rinchiusi circa 200 ragazzi tra i 13 e i 15 anni, detenuti perché aiutavano a combattere contro l’occupazione israeliana. Questi ragazzi non hanno diritto a studiare, ad ascoltare radio o ad avere contatti con gli avvocati. Viene ritenuto normale che essi non debbano vedere i genitori, ai quali non è concesso il permesso di vedere i propri figli. Di tutto ciò non sappiamo niente. L’ignoranza pianificata dai media istituzionali è il contributo più spettacolare all’oblio del massacro di un popolo. Essa costituisce una nuova tecnologia del massacro a distanza, centrato sulla disinformazione.
    Un celebre testo teatrale di Sartre – Morti senza tombe – in tal senso prolunga la sua ombra su di noi, sulla deliberata ferocia del massacro dei palestinesi: “Uno dei giovani combattenti consegnati alla tortura, dice: “ma si può ancora vivere… perché si deve ancora vivere in un mondo in cui picchiate uno fino a spezzargli le ossa?”. Nel nome di Gaza ciò che viene messo a tacere per sempre è la lotta di liberazione del popolo palestinese.

  124. a ilnonsubire
    ho scritto che si potevano muovere liberamente volendo dire esattamente il contrario, ma presa dall’impeto forse lo ho reso poco chiaro

  125. Ilan Pappé studia e racconta la creazione dell’identità israeliana e la creazione del mito fondatore di Israele, cercando di individuare come questi abbiano influito e influiscano ancora sulla storia della Palestina. Sempre per Pappé in queste vicende è importante il ruolo della memoria (o dell’industria, come direbbe Finkelstein) della Shoah. Non è il solo che studia questi argomenti e ad esempio Ben Morris esprime opinioni diverse in proposito e sottolinea molti errori storici nella analisi di Pappé. A suo volta Pappé evidenzia gli svarioni di Morris. Chiedo quindi a Andrea Inglese se abbia valutato punti di vista diversi da quelli di Pappé e quali siano i motivi per cui abbia preferito quelli di Pappé. Provare non dico a confutare ma almeno a esporre in un modo appena articolato e dignitoso punti di vista diversi da quelli di Pappé è un lavoro non semplice almeno per me, che di mestiere non sono storico, ma non è detto che prima o poi non ci provi.

    Non sono d’accordo sull’associare quanto è accaduto nel 1947-1948 alla Shoah. Allora la Palestina era sotto il mandato britannico che limitava fin dal 1938 l’immigrazione ebraica in Palestina e che era più vicino alla monarchia hascemita di Amman che ai coloni ebraici, anche per via degli attacchi dell’Irgun e della Banda Stern contro gli inglesi (vedi attentato al King David del 1946) che consideravano il mandato sulla Palestina una occupazione coloniale. La guerra del 1948 fu combattuta secondo schemi di allenze che fotografavano gli interessi politici di allora (armi e supporto del blocco sovietico per Israele, armi francesi e inglesi per gli Arabi) e il ricordo della Shoah giocò un ruolo minimo nel gioco delle allenze.

    La Shoah è stata sullo sfondo se non rimossa nei primi anni della vita di Israele, perché nel mito fondatore della nazione trova spazio l’ebreo padrone del proprio destino (gli Zeloti di Masada, gli insorti del ghetto di Varsavia, il colono del kibbutz) e non la vittima deportata nei campi di sterminio senza reagire. La Shoah torna centrale nella società israeliana solo con la cattura e il processo di Eichmann nel 1960 e almeno fino alla guerra del 1967 la simpatia di molta parte dell’opinione pubblica occidentale per Israele deriva sia dalla contrapposizione in blocchi della Guerra Fredda, che vede l’Unione Sovietica sostenere Egitto e Siria, e sia dalla percezione di un Davide israeliano che affronta e vince contro i più numerosi e più forti Golia arabi.

    E’ invece vero che la Shoah è diventato almeno negli ultimi anni un alibi (mi scuso per l’imprecisione lessicale) per giustificare da parte molti elementi della destra israeliana molti atti non giustificabili da parte di Israele, ma trovo scorretto storicamente associare questa teoria giustificazionista anche ai periodi precedenti. Con l’inizio della presidenza di George W. Bush, anche la pecoresca destra italiana si è disciplinatamente allineata a questi discutibili modi di ragionare, che ha trovato ampio spazio ad esempio sul Giornale e sul Foglio. Come dimenticare certe entusiastiche stronzate (questa non è una imprecisione lessicale, ma la scelta del termine più calzante disponibile nel dizionario della lingua italiana) scritte sul Foglio che facevano della guerra a Saddam la chiave necessaria per risolvere il problema della Palestina. Certi servizi giornalistici stile Cappuozzo del Tg5 sono figli di questo filone di pensiero relativamente giovane, che a me sembra destinato a durare fino al termine di una contingente convenienza politica meramente italiana.

    Passando all’uso del termine nazismo, mi pare che in questa discussione esso si stia via via decantando e che non sia più associato al popolo di Israele in toto o al governo di Israele, ma ad alcuni atti concreti della politica e dell’esercito israeliano. Il terreno rimane comunque infido, perché se ad esempio fosse sintomo di nazismo il causare la morte di civili nel corso di operazioni militari, allora esso andrebbe applicato a entrambi i contendenti delle guerre in Iraq e Afganistan, alle guerre jugoslave in toto, a entrambi i contendenti della guerra del Vietnam, ai lanci di razzi di Hezbollah e di Hamas sulle popolazioni civili, agli attentati suicidi in Israele, ai massacri dei Giordani ai danni dei palestinesi (Settembre Nero), ai massacri compiuti dalle varie fazioni nelle guerra civili libanesi (Sabra e Chatila, Damour, …), …

  126. Sebastian, avrei piacere di conoscere la tua opinione a riguardo dell’articolo di Romano pubblicato nel post più su. Magari con un commento proprio lì. Se vuoi.

  127. D’accordo, accetto il compitino, dammi tempo fino a stasera, in questa sede mi interessava dire la mia su pochi punti (perché Pappé sì e non Morris, Shoah e nascita di Israele, criteri di uso e di applicazione del termine nazismo)

  128. “soltanto i popoli falliti si avvicinano a un ideale “umano”; gli altri, quelli realizzati, portano le stigmate della loro gloria, della loro dorata bestialità.
    l’uomo si riavrà mai dal colpo mortale che ha inferto alla vita?
    troppo tardi lo scetticismo diffonde le sue benedizioni su di noi, sulle nostre facce deteriorate dalle convinzioni, le nostre facce da iene votate all’ideale.
    evoluzione:prometeo, ai giorni nostri, sarebbe un deputato dell’opposizione.

    signore abbi pietà del mio sangue, della mia anemia in fiamme!”
    la funambola

  129. sono giunto al termine della lettura di tutti i commenti di questo thread. ci ho messo due giorni.
    E’ stata un’occasione per rifare il punto della situazione personale sulla tragedia in atto.
    Mi rivolgo ad Andrea Inglese non tanto personalmente quanto in veste di moderatore del dibattito. Comincio con il puntualizzare alcune osservazioni che non ho spiegato bene nella foga dello scrivere il mio precedente commento.
    Ho usato il termine invettive agganciato ad un generico voi non riferendomi a nazione indiana ma alla maggioranza dei commenti che leggevo. Non avevo intenzione di definire in maniera monolitica e riduttiva l’opinione di alcuno ne tanto meno la “linea” editoriale di NI che anzi trovo tra le migliori fonti di informazione e dibattito disponibili.
    Anche il post di Inglese e quello che ne è seguito è aprrezzabilissimo. La visione di Ilan Pappè e l’articolo sulla politica fondiaria di Israele e l’impatto sull’identità colelttiva dei due popoli in guerra sono in gran parte condivisibili anche se concordo con Sebastian76 per un approfondimento del dibattito su questi temi specifici (specie quello della dissisdenza intellettuale israeliana).

    Detto questo, resto un po sorpreso dalle affermazioni del tipo “possible che resti indifferente rispetto alla morte di civili e di bambini” ed altre dello stesso tenore.

    Mi sembra una tale ovvietà il contrario da non meritare alcun commento.

    Però.

    Ho due figli della stessa età del bambino che muore nella foto qualche post più su; ho visto anche io le molte foto che circolano in rete. Non mi sembrava utile al dibattito aggiungere anche il mio sdegno che è comunque personale e profondo. Io non sono ne filo israeliano ne filopalestinese nel senso che, di fronte a situazioni di tale portata, rifuggo da qualsiasi partigianeria.

    CErco solo di capire a fondo.

    Non è assolutamente contastabile la violazione dei diritti umani che Israele sta perpetrando da anni nei territori occupati, credo però che l’uso delle parole vada sempre bilanciato e dal loro senso non si debba mai prescindere, nemmeno per cercare di smuovere emozoini e coscienze e amplificarle, nel pur nobile tentativo di risvegliare le coscienze e rimuovere traumi colelttivi che impediscono la realizzazione di una piena identità collettiva.

    Per questo esistono le immagini già potenti e strazianti a sufficienza e non sempre se ne fa un uso appropriato e disinteressato.

    Scrivo e vivo a Roma, in via Tasso, nello stesso palazzo che ospita il museo della liberazione. Non sono ebreo ma riflettere sulla storia dell’orrore è diventato quasi un esercizio quotidiano. Quando chiudo gli occhi, la sera, il muro che vedo di fronte è lo stesso che qualche ufficiale della gestapo osservava dopo una giornata di “lavoro”.

    La mia dose emozionale sulla vicenda la prendo quotidianamente come un tossico prende il metadone al SERT.

    Se penso al dolore e all’orrore della guerra non faccio distinzione di etnia o fede.

    Nel cercare di rileggere la storia del conflitto israelo/palestinese senza lasciarmi andare a slogan e aberrazioni storiche, però, alcuni punti fermi credo di averli raggiunti. provo a riassumerli:

    1) Esitono, è vero, in Israele dei rimossi collettivi riguardo al 1948 come in Italia è per le foibe.
    2) Il sionismo come ideologia ne è forse il maggiore responsabile ma se la maggiornaza dell’opinione pubblica israeliana non fa i conti con questo rimosso penso sia dovuto alla paura che ogni ebreo riceve in dono alla nascita grazie alla storia delle persecuzioni lunga qualche millennio.
    3) a costo di sembrare cinico ma cercando di calarmi nella mentalità di un israeliano comune penso che, sebbene le azioni sioniste del 48 siano aberranti, esista tacita la convinzione che, senza un azione determinata e “militare”, lo stato di Israele non sarebbe nato. Trovatemi nella storia uno stato che è riuscito a nascere senza un’azione cruenta e senza un apparato ideologico che sostenesse l’impresa, apparato che come dice Sebastian 76, contempla la negazione del diritto ad esistere del “nemico”. LA questione è qundi legata a doppio filo con il tema dell’esistenza di Israele e dello stato Palestinese e del mancato riconoscimento reciproco per un lungo tempo. Hamas e chi lo strumentalizza è su questo che ancora fa leva.

    La storia del ventennio precedente al 48, dalle persecuzioni in tutta europa fino alla grande rivolta araba, non hanno certo aumentato il senso di sicurezza di israele. E si è andati avanti così, dall’aggresisone egiziana il giorno dopo la nascita dello stato di israele per continuare con la lunga scia di povocazioni e rappresaglie di cui ormai non ha senso fare il conto. Le resposnsabilità non si possono distribuire con un bilancino. Ambo le parti in conflitto hanno storicamente molte cose di cui pentirsi ma non si può non capire che nella mente dell’israeliano “medio” tutto questo occuoi ancora un posto importante. La posta in gioco è la “vita” ancora una volta.

    Tutto questo ovviamente aiuta a capire ma non giustifica ne il terrore politico di parte araba ne l’uso indiscriminato e sproprozionato della violenza da parte israeliana.

    Rifuggo però dall’uso ideologico e propagandistico che noto in parte della “sinistra” italiana (pur essendo di sinistra se questo ha ancora un senso) e spesso in quella che dovrebbe essere più illuminata e dal revisionismo strisciante sotteso alla tesi fuorviante del “credito della Shoa”.

    Non si agisce costro israele e contro le violazioni dei diritti umani perchè lo stato di israele ed il suo popolo avrebbe un “credito” (per altro ormai ampiamente delapidato) nei confronti della storia della distruzione umana e l’europa, al contrario, un rimosso senso di colpa. No. In realtà i fattori che contano non sono psico – storici ma geopolitici e materiali ed è vero che l’ideologia sionista li maschera. Nel cercare di smarcherarli però non si possono usare argomenti di sapore antisemitico, nemmeno incosapevolemnte. Mi spiego meglio. Non sostengo che chi usa la parola genocidio, aprtheid o nazismo lo faccia con intento antisemita ma è pur sempre vero che contribuisce a farlo sopravvivere e poliferare l’antisemitismo. Svastiche, bandiere in fiamme sono di nuovo all’ordine del giorno e a pocono valgono i distinguo e le questioni di lana caprina come quella tra stato e cittadino israeliano come se la politica estera di israele fosse determinata da una oligarchia. Non funziona così nelle democrazie o almeno non dovrebbe. Se non non si sta attenti nell’argomentare si offre solo materiale per chi manipola e propaganda per i fini di questo o quell’altro gruppo politico. L’anti semitismo è spregevole nella sfera individuale ma pericoloso in quella colletiva, sociale e politica. Ed io a farmi manipolare sulla pelle dei bambini di gaza non ci sto. Ne intendo minimamente, o inconsapevolemnte o sull’onda del dolore e delle lacrime che verso guardando due buchi nel petto di un bambino di gaza e i suoi occhi meravigliosi, contribuire ad alimentare la spirale di odio che lo ha ucciso; il circolo vizioso per cui più anti semitismo, più credito per israele, più rimozione collettiva, meno diritti umani, più morti a gaza e a tel aviv e così via all’infinito, va chiuso. Gettare in faccia ad un ebreo una contraddizione che ne negherebbe l’esistenza e contemporanemente la memoria non svegliaerà nessuna coscienza ne dissolverà alcun rimosso collettivo ma semplicemente consoliderà un’incubo che non sembra avere mai fine. L’essere ebreo perseguitato, la negazione allo Stato di Israele del diritto a difendersi e ad esistere.
    Che piaccia o no è su questo che si fonda tutta la violenza e la sua legittimità. Criticare Israele è possible e necessario ma attenzione, le parole e i concetti che si usano sono troppo spesso fonte solo ed esclusivamente di odio.

    Certo che fare? Domanda immensamente legittima.
    La cosa che mi sembra più logica è disertare il campo, lavorare sul singolo individuo per diffondere la cultura della pace in maniera da sottrarre umanità alla violenza della guerra e del martirio.
    Utopia? Forse ma è anche vero che uno sforzo serio, anche ideologico e culturale in questo senso non si più fatto dai tempi di Ghandi e usare la propaganda di opposte fazioni non mi sembra il modo per ottenere un centimetro quadro in più sul terreno della tutela dei diritti umani.

  130. In uno dei commenti a questo post avevo risposto alle affermazioni per cui israele era un esempio di democrazia in quanto dava parola e rappresentanza agli arabai israeliani anche all’interno del parlamento. nel mio commento (https://www.nazioneindiana.com/2009/01/08/finestre-e-prospettive-su-gaza/#comment-103521) avevo già fatto notare che in realtà la minoranza arabo israeliana subito in trattamento molto diverso da quello riservato agli israeliani. avevo osato anche fare un parallelismo storico con le leggi raziali, sottolineando che “gli ebrei non furono imprigionati fin da subito nei campi di concentramento, ma un po’ alla volta vennero tolte tutte le libertà e i diritti creando leggi ad hoc solo per loro.”

    A confermare quello che dicevo ci ha pensato “nuovamente” Israele: “Le autorità elettorali israeliane hanno messo al bando la candidatura dei partiti politici arabi alle prossime elezioni del 10 febbraio”.

    Volevo scrivere altre cose, citare autori di rilievo, segnalare articoli… ma per caso mi sono imbattutto in wikipedia e mi sono detto vediamo cosa scrive wikipedia su israele. wikipedia, vista la possibilità di editare di tutti e le continue decisioni a maggioranza sugli argomenti più discussi, non è certo la fonte più estermista… anzi spesso nella disperata ricerca della neutralità perde dei pezzi e appare molto fredda nell’esporre le cose… questo però garantisce che non vengano scritti “sfondoni” di parte.

    Questo per dire che mi ha molto sorpreso trovare anche su wikipedia molte cose che si sono dette qui e che alcuni hanno provato a negare o confutare…. ne copio alcuni stracci:

    Israele non ha una Costituzione scritta, sebbene il punto B della Risoluzione 181 dell’Assemblea dell’ONU, che aveva sancito la divisione del Mandato Britannico in uno stato ebraico e in uno arabo[37], lo richiedesse. Hanno funzione di norme materialmente costituzionali la Dichiarazione d’Indipendenza del 1948 (sebbene non costituisca in senso tecnico una “legge”) e le Leggi base della Knesset. Nel 2003, a partire da queste, la Knesset ha iniziato a redigere una costituzione, che è comunque respinta per ragioni di principio dai partiti religiosi non sionisti.

    ….

    la minoranza araba residente in Israele si lamenta di discriminazioni ai suoi danni, sia nella quotidiana pratica amministrativa sia nel mantenimento in vigore di normative formalmente neutrali ma di fatto discriminatorie.

    Per quanti riguarda i non ebrei che vivono nei territori occupati da Israele nel 1948 e sono sopravvissuti alla conseguente cacciata, ci sono molti diritti – soprattutto politici – negati. Molti di loro hanno perso le terre, che sono state confiscate dallo Stato e ridistribuite a soli ebrei. Da allora, nonostante rappresentino il 17% della popolazione israeliana, gli arabi non ha mai avuto incarichi importanti nell’amministrazione o nell’economia israeliana. Un ebreo non può legalmente sposare un non-ebreo. Per quanto riguarda poi i circa 1,8 milioni palestinesi che vivono nei territori occupati nel 1967 (tra cui Gerusalemme, striscia di Gaza e West Bank) i diritti sono quelli di un popolo sotto occupazione militare.

    ….

    L’arcivescovo anglicano Desmond Tutu, una delle figure di maggiore spicco nella lotta contro l’apartheid in Sud Africa, ha criticato ripetutamente il trattamento dei palestinesi da parte di Israele, definendo anche questo una forma di apartheid. Lo stesso paragone è stato fatto nel novembre 2008 anche dal presidente dell’assemblea dell’ONU Miguel d’Escoto Brockmann, durante un incontro nell’ambito della Giornata internazionale di solidarietà con il popolo palestinese. D’Escoto Brockmann ha anche definito la non esistenza di uno stato palestinese e la continua situazione di tensione in medio oriente “Il più grande fallimento nella storia delle Nazioni Unite”.

    In Cisgiordania, utilizzando leggi diverse, in particolare ottomane, e la possibilità stabilita dopo il 1967 di dichiarare statale il territorio occupato da nazioni “nemiche”, Israele ha ottenuto il controllo di parte dei terreni, che usa per costruire ed ampliare colonie .

    Migliaia di detenuti palestinesi presenti nelle carceri israeliane sarebbe trattenuti per motivazioni politiche (circa 5.600 stimati nel 2003), in parte (circa 530 sempre nel 2003) sono in regime di ‘detenzione amministrativa’, vale a dire senza che sia stato fissato un processo. Il fatto che spesso Israele, nell’ambito dei colloqui di pace, liberi alcune decine o centinaia di questi prigionieri come “gesto di buona volontà”, è stato indicato come una prova del fatto che queste detenzioni avvengono senza un reale motivo. In alcuni casi gruppi umanitari come Amnesty International hanno ricevuto segnalazioni di maltrattamenti, torture e della negazioni di asssistenza legale.

    ….

    Un rapporto ufficiale ha ammesso che i servizi segreti israeliani hanno torturato detenuti palestinesi durante la prima intifada, fra il 1988 e il 1992. Uno dei metodi è lo scuotimento, che nel 1995 ha causato la morte di un detenuto. Secondo Yitzhak Rabin, questo metodo è stato usato contro 8.000 prigionieri Il 4 dicembre 2008 il Conciglio per i diritti umani dell’ONU, dopo due anni di ricerche sul territorio israeliano, ha prodotto un rapporto in cui si chiedeva a Israele di sospendere le “pratiche di tortura fisica e mentale” sui detenuti palestinesi e di rimuovere il blocco alla Striscia di Gaza. Pochi giorni dopo la presentazione del rapporto, il 15 dicembre, Israele ha negato il rinnovo del visto di ingresso a Richard Falk, docente di diritto internazionale all’Università di Princeton e rappresentante delle Nazioni Unite per i diritti umani nei terriotri palestinesi.

    Dal 2003, Israele vieta l’unificazione famigliare agli israeliani (in grandissima maggioranza cittadini arabi dello stato), e ai palestinesi che abitano a Gerusalemme Est, se il coniuge risiede in Cisgiordania o nella Striscia di Gaza.

    ….

    I refusenik sono coloro i quali rifiutano di prestare servizio per motivi politici legati all’occupazione della West Bank. Vengono giudicati dalla Corte marziale e rischiano pene detentive fino a un massimo di tre anni.

    ….

    Nel 1986 Mordechai Vanunu rivelò l’esistenza di un arsenale atomico e di un programma nucleare israeliano.

    ….

    Tornando a me… provo a scrivere le ultime cose senza un’idea prefissata… provo a buttare giù delle cose in base alle cose lette qui e trovate a giro, sperando di aiutare nella discussione… soprattutto di aiutare quelli che ancora hanno paura di accettare certe cose come vere e non hanno il coraggio di dire BASTA! e di applicare la stessa giustizia a tutti, SENZA SE e SENZA MA! I Palestinesi sicuramente hanno sbagliato molte cose e le sbagliano tutt’ora, ma hanno sempre pagato ad alto prezzo le loro scelte e si sono sempre presi la loro responsabilità… Israele non ha mai pagato, è giunta l’ora di fare giustizia, con le leggi ma anche con la cultura, la memoria… questo sicuramente aiuterebbe un processo di pace giusto.

    a questo punto lascio andare la mano che batte da sola….

    Una cosa da ricordare è che la politica degli omicidi mirati da parte di Israele non è una cosa di questi anni, ma va avani da oltre 40 anni. Cercando in rete potrete trovare informazioni molto dettagliate su politici, attivisti, militanti e intellettuali uccisi a giro per il mondo da Israele.

    Un altra cosa è la politica della vendetta, stile fosse ardeatine. Non so se vi ricordate ma è pratica comune dello stato israeliano, dopo un’attentato kamikaze, di bombardare e distruggere la casa in cui viveva l’attentatore, causando spesso la morte ai famigliari e dei vicini… oltre alla distruzione dell’abitazione.

    Sempre lasciando andare le mani… ricordo di Jenin, dove l’esercito ha compiuto una stage enorme radendo completamente al suolo il campo profughi e buona parte della città. Io ci sono stato, e ground zero in confronto non è nulla. dove non potevano distruggere, i soldati hanno danneggiato in palazzi in maniera tale da renderli inutilizzabili. la “battaglia di Jenin” fu un vero massacro di centinaia di palestinesi. I rapporti di varie agenzie governative e non hanno evidenziato l’uso in alcuni casi esagerato della forza, l’utilizzo di scudi umani da parte dell’esercito israeliano, alcuni cadaveri presentavano ferite a “bruciapelo” e segni di ammanettamento tipici delle esecuzioni. Molti testimoni, hanno raccontato di violenze inaudite come l’obbligo di sdraiarsi sotto il carro armato prima di essere ucciso. Molti corpi vennero immediatamente bruciati dall’esercito in fosse comuni per non lasciare traccia. L’ONU propose addirittura una task-force investigativa per controllare danni e possibili violazioni dei diritti umani. L’ONU accettò anche alcune richieste degli israeliani mentre ne rifiutò altre (limitare le indagini alla distruzione e l’impunità per i propri militari eventualmente accusati), ma l’indagine non fu completata a causa di Israele che impedi in tutti i modi di fare piena luce sull’accaduto.

    Ho iniziato con una notizia di oggi e finisco sempre con una notizia di oggi: “L’esercito israeliano ha oggi distrutto uno degli ospedali medici della Caritas a Gaza”. Lo ha riferito al Sir, l’agenzia stampa della Cei, la responsabile della stessa Caritas Claudette Habesc”.

    … ma forse ancora non basta?
    restiamo umani!

  131. Leggo ora il commento di fabio Masetti. E ne approfitto per dire due cose. La prima è che nel corso di questo trhead vi è stata una vera discussione, per quel poco che può contare, rispetto agli eventi d’orrore da cui è scaturita. Discussione significa che i vari intervenenti parlando con gli altri si sono impegnati a fornire conoscenze, dati, e non solo luoghi comuni. Che la discussione ha costretto molti di noi a ridefinire termini e posizioni. Alcune realtà macroscopiche, che ancora stampa e tv riesce a minimizzare, sono state qui al centro della discussione. Non dico che hanno portato a conclusioni condivise, ma sono state almeno al “centro” della discussione.
    Si è osato fare paragoni, a mio parere – e non solo mio – fuorvianti: Israele con i Palestinesi analogamente a III Reich con gli ebrei. Ma li si è discussi, analizzati, relativizzati, confutati. E questo non è poco. Discutere di quanto fa freddo d’inverno è facile, discutere dell’occupazione israeliana (o del colonialismo occidentale o dell’eredità fascista nella vita dello stato italiano) non è facile, se si vuole cercare di mettere i nomi appropriati sulle cose e nell’ordine più giusto. In altri luoghi pubblici più istituzionalizzati, questo non sarebbe neppure lontanamente possibile. Questi tipi di autocensura e censura preventiva non credo che siano molto utili. Né che servano alla causa di coloro che combattono l’antisemitismo, come altre forme di razzismo. A me sembra che qui, come altrove su NI, e altrove in rete, siano circolate esperienze e conoscenze, non solo si sono scontrate opinioni avverse.
    Questo non per autocelebrarsi in quanto bloggers, ma per dire quanto sta male lo stato della nostra stampa e della nostra TV.

  132. Sì, è vero Andrea, condivido tutto.

    Però permettimi di rilanciare.

    Abbiamo conosciuto nuovi dati, discusso, rivisto lessico e definizioni, abbiamo anche arricchito o cambiato la nostra posizione.

    Però siamo fermi a concetti, parole, che rimandano ad altri concetti e parole.

    Si è parlato tanto a proposito di Saviano di letteratura e impegno in prima persona, letteratura che scaturisce da esperienza di vita.
    Se leggi Pappe, il suo La pulizia etnica della Palestina, la sua stessa scelta dell’esilio, noti che è conforme non solo al suo voler fare storia e memoria, ma anche al suo voler fare proposte di pace che passano dalla scelta dei singoli.
    Pappe per esempio propone di condannare come criminali contro l’umanità i padri fondatori di Israele, dicendo poi che la pena cada nell’obsolescenza (anche perchè son quasi tutti morti) per favorire la pace. Warschawski dice di condannare gli attuali esponenti del governo israeliano come criminali contro l’umanità a livello penale, e di considerare Yehoshua Oz Grossman criminali in modo peggiore essendo i loro fornitori di alibi pseudomorali.
    E così possiamo anche continuare a parlare dei pacifisti israeliani, o meglio a far parlare loro e a discutere sui loro assunti ma a me sembra ineludibile la questione sul che fare: se loro ci propongono il boicottaggio come risposta concreta da attuare dopo le analisi, noi che facciamo?
    Continuiamo a discutere la loro analisi e non diamo risposta? Anche il non dare risposta è una risposta, è scegliere di non attivarsi concretamente in nessun modo.
    E’, nei fatti, disattendere la possibilità di fare storia e memoria. Io per esempio ho proposto delle cose fattibili sia in privato sia a livello di gruppo. Si parlerà all’imminente Giornata della memoria della pulizia etnica della Palestina, o si continuerà a tacere di fronte al negazionismo imperante. Si boicotterà Israele? O, nello specifico, si parlerà su Nazione Indiana dell’opportunità o meno di proporre il boicottaggio di Israele, come ci chiedono i pacifisti israeliani?
    Su questo nessuno finora ha voluto rispondere.

  133. Domande sacrosante Lorenzo. Di cui si sta già parlando con gli amici di NI. Vedremo poi su questa questione specifica se si giungerà ad una posizione comune o ognuno espriemerà la sue posizioni personali.

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Andrea Inglese (1967) originario di Milano, vive nei pressi di Parigi. È uno scrittore e traduttore. È stato docente di filosofia e storia al liceo e ha insegnato per alcuni anni letteratura e lingua italiana all’Università di Paris III. Ora insegna in scuole d’architettura a Parigi e Versailles. Poesia Prove d’inconsistenza, in VI Quaderno italiano, Marcos y Marcos, 1998. Inventari, Zona 2001; finalista Premio Delfini 2001. La distrazione, Luca Sossella, 2008; premio Montano 2009. Lettere alla Reinserzione Culturale del Disoccupato, Italic Pequod, 2013. La grande anitra, Oèdipus, 2013. Un’autoantologia Poesie e prose 1998-2016, collana Autoriale, Dot.Com Press, 2017. Il rumore è il messaggio, Diaforia, 2023. Prose Prati, in Prosa in prosa, volume collettivo, Le Lettere, 2009; Tic edizioni, 2020. Quando Kubrick inventò la fantascienza. 4 capricci su 2001, Camera Verde, 2011. Commiato da Andromeda, Valigie Rosse, 2011 (Premio Ciampi, 2011). I miei pezzi, in Ex.it Materiali fuori contesto, volume collettivo, La Colornese – Tielleci, 2013. Ollivud, Prufrock spa, 2018. Stralunati, Italo Svevo, 2022. Romanzi Parigi è un desiderio, Ponte Alle Grazie, 2016; finalista Premio Napoli 2017, Premio Bridge 2017. La vita adulta, Ponte Alle Grazie, 2021. Saggistica L’eroe segreto. Il personaggio nella modernità dalla confessione al solipsismo, Dipartimento di Linguistica e Letterature comparate, Università di Cassino, 2003. La confusione è ancella della menzogna, edizione digitale, Quintadicopertina, 2012. La civiltà idiota. Saggi militanti, Valigie Rosse, 2018. Con Paolo Giovannetti ha curato il volume collettivo Teoria & poesia, Biblion, 2018. Traduzioni Jean-Jacques Viton, Il commento definitivo. Poesie 1984-2008, Metauro, 2009. È stato redattore delle riviste “Manocometa”, “Allegoria”, del sito GAMMM, della rivista e del sito “Alfabeta2”. È uno dei membri fondatori del blog Nazione Indiana e il curatore del progetto Descrizione del mondo (www.descrizionedelmondo.it), per un’installazione collettiva di testi, suoni & immagini.
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