L’interesse è usura
di Pino Tripodi
Interesse zero e nuove forme d’usura.
Che differenza c’è tra interesse e usura? Dal mio punto di vista nessuno. Cambiano certo le forme e i tassi dell’usura, ma dal punto di vista concettuale non vi è alcuna differenza. In economia invece il discrimine passa tra ciò che viene ritenuto legale e ciò che viene ritenuto illegale. Per interi millenni i concetti si sono sovrapposti tanto che l’usura veniva intesa- e unanimemente condannata – come prestito di denaro in cambio di interessi. Il motivo dello stigma dell’usura è di grande importanza. Prestare soldi a interessi veniva condannato senz’appello perché ciò significava vendere il tempo e il tempo non appartiene agli uomini bensì a Dio. Ci hanno pensato prima le banche e poi gli stati a distinguere gli interessi dall’usura. L’usura è stata così introiettata nell’ordine economico.
Inserita nella legalità, l’usura si trasforma alchemicamente in interesse, viene ritenuta imprescindibile, legittima e salutare per l’ordine economico mentre l’usura con tutto lo stigma che si porta appresso viene sospinta nell’illegalità e abbandonata, almeno in teoria, alla sfera criminale. Nel mondo moderno e contemporaneo l’interesse è divenuta la forma d’usura legale, mentre l’usura è divenuta la forma dell’interesse illegale. La differenza tra usura e interesse è tutta qui, nella decisione di indicare quali siano le forme di legalità del prestito a interesse. Ma vi sono interi campi dell’economia in cui discernere il legale dall’illegale è veramente complicato. In Italia esiste una legge, la n.108/96, in base alla quale l’usura scatta quando il tasso d’interesse praticato nel finanziamento supera il tasso soglia, che si ottiene aumentando del 50% il tasso effettivo globale medio (TEGM) riferito alla categoria di operazioni del finanziamento effettuato. Nella pratica ci sono condizioni del mercato legale dei prestiti che superano abbondantemente il tasso di soglia o si allontanano da esso di qualche centesimale giusto per non incorrere nei dispositivi di legge. Il campo dove il discrimine è più sottile è quello del credito al consumo che sta modificando profondamente la concezione stessa sia dell’interesse sia dell’usura. L’interesse ormai non si paga solo sul tempo, ma anche sull’attività economica. È estorto come funzione pura dell’attività economica. L’attività di produzione viene vieppiù svolta per dar luogo a margini finanziari. La finanza cessa di essere un mezzo per avviare attività con attese di utili derivanti dalla produzione;semmai si inverte la situazione: vi sono attività di produzione che vengono attivate o reiterate prioritariamente per attivare margini finanziari.
Che con l’attività finanziaria si possa guadagnare di più che con l’attività produttiva lo hanno dimostrato in tanti: se ne sono accorti coloro i quali guidano le imprese. Interi settori dell’economia della produzione hanno interiorizzato la speculazione finanziaria lucrando non tanto sui margini della produzione ma su quelli della finanza. Vendono magari a prezzi di costo, ma guadagnano sulle operazioni finanziare, concessioni di prestiti e affini, messe in atto soprattutto nel circolo distributivo e commerciale. Nello sviluppo del credito al consumo, un flagello che sta distruggendo le economie proletarie di mezzo mondo, l’interesse è subdolo e l’usura in agguato. Soprattutto se in tutta legalità vengono praticati tassi a interessi zero, una formula irresistibile per i lavoratori del consumo che si fanno truffare in tutta allegria. I dispositivi ambigui con i quali si passa dagli interessi zero all’usura certa li chiarisco con un esempio.
Tempo addietro mi sono recato presso uno studio dentistico multinazionale per un apparecchio ortodontico di cui aveva bisogno mia figlia. La pubblicità sugli interessi zero mi aveva impressionato e volevo andare a fondo della questione. Ancora non avevo riflettuto abbastanza sull’argomento del credito al consumo, ma avevo studiato il caso Fiat, società che ha avuto buoni profitti nel settore del credito anche nel suo momento più disastroso grazie a una sua controllata che prestava soldi ai clienti Fiat. Nello studio dentistico per un apparecchio ortodontico mobile mi avevano chiesto 2900 euro da pagare a rate, naturalmente senza interessi. Ho chiesto che non mi raccontassero la favola degli interessi zero e mi facessero vedere i costi effettivi, ma il dirigente di quella società mi ha spiegato pieno di enfasi che anche se poteva risultare incredibile era vero; la sua società praticava interessi a tasso zero, prova ne era che anche pagando in contanti avrebbero fatto le medesime condizioni, anzi che non era neanche possibile pagare in contanti per motivi contabili. Avendo la sua società tante filiali nel mondo ha scelto che si movimenti il meno possibile denaro e che gli introiti passino attraverso le società finanziarie concordate. Dunque avrei dovuto rassegnarmi alla bontà degli interessi zero. A quel punto quasi convinto mi sono fatto dare il modulo del contratto grazie al quale ho scoperto che le rate non le avrei pagate alla società alla quale mi ero rivolto ma a una società finanziaria la quale effettivamente mi avrebbe fatto pagare i 2.940 euro previsti in 24 comode rate di 122,50 euro ciascuna e allo 0% di interessi.
Al momento sono trasalito all’evidenza che una società finanziaria mi facesse un prestito senza pretendere interessi, ma per la mia natura sospettosa cominciai a pensare che 1) pagando le prestazioni dentistiche a una società finanziaria che non erogava alcuna prestazione medica non avrei potuto mai rivalermi sulla società che invece forniva la prestazione, 2) che gli interessi zero erano compresi nel prezzo garantendo lauti guadagni alla finanziaria e moneta contante alla società prestatrice del servizio, 3) che società finanziaria e società erogatrice del servizio potevano essere società di diverso nome ma di comune proprietà. Sospettoso anche dei miei sospetti iniziai nelle settimane appresso a fare un’inchiesta presso altri studi dentistici per verificare quale fosse il prezzo medio delle prestazioni di cui necessitava mia figlia depurato dagli interessi. Tra i 12 preventivi che mi sono fatto fare il prezzo minimo per la medesima prestazione è stato di 1200 euro e il prezzo massimo di 1900 euro. Dal che ho dedotto che gli interessi zero garantitimi dalla società multinazionale oscillavano da un minimo dell’83% a un massimo del 141% ( certo diviso per due anni, quindi 41, 5% e 70,05% su base annua). Anche i criminali più incalliti dell’usura scoppierebbero d’invidia. Sono tornato dalla società di servizi dentistici per complimentarmi con loro. Non solo rendono un servigio comodissimo ai propri clienti, ma riescono anche a fare un sacco di soldi in più. Ma sempre per la mia natura dispettosa mi sono convinto a non accedere più ad alcun mezzo di credito al consumo pur se offerto a interessi zero. E consiglio vivamente di fare altrettanto.
Maggio 2008, Pino Tripodi
L’economia è una scienza, per svelarne i trabochetti bisogna comprenderla. Il caso descritto è tipico di un mercato (libero) basato sulla falsa differenziazione dell’offerta, e perciò del prezzo. Inganno diffusissimo, truffaldino, indispensabile all’impresa per moltiplicare (unicamente) i profitti. E tuttavia, in buona misura, lecito. Qui sta il trucco: nel non-intervento, nel non-controllo pubblico sull’attività produttiva se non in forme di mera apparenza. Impostare invece un’equazione per la quale l’interesse equivale ad usura è una boutade demagogica e fuorviante. L’interesse è il prezzo per l’uso del denaro, corrisponde a qualsiasi altro prezzo d’uso, ed è consustanziale al concetto di proprietà privata (del denaro, in questo caso): la quale è opinabile e discussa, ma qui si parla d’altro. L’economia come esiste, secondo un’evoluzione (o, se si preferisce, involuzione) che è stata come è stata (ma qui si parla d’altro), postula che chi necessita di moneta possa ottenerne dietro corresponsione di un corrispettivo: l’interesse. La sua misura ne determina la liceità o meno (cioè l’usura), e qui si torna ai controlli e agli interventi pubblici. L’attività finanziaria, in quest’ambito, è non solo legittima ma necessaria (lo è anche nei sistemi collettivisti, ovviamente praticata dallo Stato; l’interesse, basso, esiste ed è fondamentale anche nel microcredito che in paesi poveri sta innescando equi processi di sviluppo). Tutt’altro, invece, è rimarcare la degenerazione predatoria per cui la finanza occidentale ha finito per cambiare natura, da supporto alla produzione a produzione diretta di trappole e trabocchetti verso la parte indifesa dell’utenza (i consumatori).
Fu Pier di Giovanni Olivi, teologo francescano – uno “spirituale” – del convento di Santa Croce a Firenze, il primo che, alla fine del 1200,
si schierò e argomentò contro la condanna da parte della Chiesa del prestito a interesse.
Per questo e per molto altro venne condannato e rischiò di brutto.
Bisognò aspettare il 1400, perchè le stesse cose le dicesse Antonio Pierozzi, vescovo di Firenze, e perchè venissero accettate dalla Chiesa.
Per questo e per altro Antonio Pierozzi venne fatto santo col nome di sant’Antonino.
Nel frattempo, naturalmente, e prima e poi, i fiorentini avevano continuato a prestare, a interesse e a usura, ma più a usura che a interesse, tra di loro e a tutto il mondo.
Per quanto mi riguarda – ben poche cose compro a interesse zero o con gli interessi – tutto questo ha avuto influsso sul mio indirizzo di casa.
Tutti sappiamo dove Niccolò Machiavelli ha collocato la scena della “Mandragola”:
“Quella via che è colà in quel canto fitta
è la Via dello Amore
dove chi casca non si rizza mai.”
Bene. Questa via dell’Amore, a Firenze, non esiste più
perché, in un certo anno che io non so, gli venne cambiato nome
e intitolata a sant’Antonino.
Forse perché, almeno in parte, ai fiorentini
aveva sgravato la coscienza.
A questo proposito e facendo riferimento a Lessius (1554-1623) e intitolandolo l’Usura nei confronti del mercato Wim Decock (ricercatore belga d storia del diritto) ha scritto un piccolo saggio trattando l’usura dal punto di vista giuridico e morale(Actes des journées internationales de la Société pour l’Histoire du Droit – Dijon 2007 – vol.65 2008). Gli chederò se può fare un intervento
Scusate, ma un preventivo 2940 rispetto a 1900 o 1200 euro non è più caro comunque a prescindere dalle modalità di finanziamento? Cioè, magari i mille euro (mille!) in più sono perché il dentista si vuole comprare la Porsche. Che sia il dentista o il commercialista che si vogliono comprare la Porsche, a me non mi cambia nulla.
In altre parole, Pino Tripodi attribuisce i mille euro in più alla forma di pagamaneto, mentre altre cause (ad esempio, l’esosità del dentista) possono esserne parimenti responsabili. Le conclusioni dei calcoli di Tripodi sono perciò abritrarie. O sbaglio?
il punto non la porche o quanto sia bravo il dentista ma un sistema economico basato sull’INDEBITAMENTO.
Vorrei sottolineare due conseguenze particolarmente significative dell’analisi fatta da Tripodi.
In primo luogo il credito al consumo tende a far saltare la tesi per cui i prezzi sono determinati dall’offerta e dalla domanda di un bene. Non che io abbia mai creduto in termini assoluti a questa legge, ma sicuramente sembrava avere una sua validità in determinate condizioni. In particolare i margini di profitto che il venditore o produttore può realizzare non sono più stabiliti dalla disponibilità economica attuale degli acquirenti, ma da una loro capacità di indebitamento per il futuro e quindi da una logica prettamente finanziaria. In altri termini in questo modo l’offerta determina le condizioni della domanda.
Il secondo aspetto è che il credito al consumo con i suoi aspetti perversi colpisce quasi esclusivamente i poveri. Infatti l’obiezione di Pensieri Oziosi è perfettamente accettabile se il soggetto dispone di 1500 euro in contanti: in tal caso l’offerta interessi zero è semplicemente una possibilità di mercato, ma nel caso non ne disponga, essa è l’unica possibilità che il soggetto ha per ricevere il bene di cui ha bisogno.
Giorgio Mascitelli
Sull’onda di un rinnovato interesse per i temi economico-finanziari, certamente stimolato dalla recente crisi, mi sono imbattuto sul tema del signoraggio, che mi ha fatto sentire davvero ignorante in materia! Aldilà della passione che circonda la questione “bufala sì / bufala no”, ho potuto rinvenire alcune formulazioni piuttosto persuasive, come questa di Silvano Borruso: http://www.signoraggio.com/signoraggio_leggi_economiche_etica_e_paradossi.html
Più che un ennesimo parere, chiederei se qualcuno è in grado di indicarmi una confutazione di queste tesi che si presenti in una forma altrettanto chiara ed argomentata.
L’esempio del finanziamento dal dentista qui è male impostato, anche se interessante. Non credo ad esempio che la legge in Europa permetta a un medico chirurgo (il dentista) di sottrarsi alle sue responsabilità in base al metodo di pagamento scelto dal cliente.
Il meccanismo dei finanziamenti al consumo del tipo “tasso zero”, “sottocosto” e “compri oggi paghi l’anno prossimo” è semplice:
Per rendersene conto basta leggere con attenzione le condizioni di finanziamento obbligatorie per legge (anche se in grigio chiaro corpo 4) sulle pubblicità di elettrodomestici, TCV, pc, automobili che trovate nelle riviste o nella cassetta della posta a casa.
[…] di Pino Tripodi Fonte: Nazione Indiana (link all’articolo) […]
Il profitto ha due figli che non fanno niente e vivono alle spalle del padre. Sono l’interesse ed l’usura. Il primo è educato e la seconda cafona. Entrambi però si credono chi sa chi. Non sanno che se crepa il padre crepano anche loro.