assAlto al cielo
La casa editrice Eleuthera ha pubblicato A-cerchiata. Storia veridica ed esiti imprevisti di un simbolo. Una storia per immagini di un segno forte, recente (nasce nel 1964 a Parigi) eppure di una potenza quasi archetipica. Un libro fatto di bellissime immagini e fotografie (il progetto fotografico e il design sono di Gianluca Chinnici), e di contributi testuali di natura differente (storici, scrittori, grafici, semiologi, artisti, critici…): di fatto, una traversata nell’immaginario contemporaneo. Qui la scheda. Di seguito, il mio breve contributo.
E’ una grafia sghemba, la mia, che fa sempre una distratta violenza ai contorni del mondo. Come per anticiparlo, per ritrovarsi sempre giusto davanti a lui, anche solo un passo. E’ una grafia che affretta il compimento – o almeno lo vorrebbe. Che le cose si chiudano, se lo devono.
E’ una volontà manifesta nel cerchio della A (ho davanti agli occhi le mie A cerchiate, d’un tempo, e di adesso). Non è un cerchio, tracciato da me, ma un ovale. Come a stringere i tempi, a prendere una scorciatoia – se l’anello deve chiudersi, che si chiuda prima. Tanto quell’anello dovrà essere sfondato, e allora che importa se non è davvero un cerchio. Ciò che conta, di quell’anello imperfetto, è ciò che lo sfonda. E’ quella A che lo sfonda dal basso, incuneandosi con la punta nel suo vuoto, e lo trapassa, emergendo in alto. E allora la A sì che è perfetta. E’ la A il vettore del movimento. Quella A che è la figura perfetta dell’assalto al cielo.
La A cerchiata è stata il mio primo riconoscimento (e io mi riconosco in quella grafia sghemba, contorta, frenetica). Quando, nell’adolescenza, si prende coscienza e ci si rischiara – se è vero che rischiaramento significa uscita dallo stato di minorità. A cerchiata come affermazione di sé – ma un’affermazione labile, un puro contorno, una traccia: A che è alfa privativa, in due direzioni: da una parte, sottrarsi alla condizione imposta dal mondo, quella condizione che non si è scelta, che ti è accaduta in sorte, per la famiglia in cui sei nato, per l’educazione che hai scelto, per il nome hai preso; e dall’altra, designare un altrove, un altro luogo dove iniziare daccapo, dove essere madri di se stessi.
La A cerchiata, dunque, è una soglia – un puro transito – a nulla rimanda, ma designa la volontà di “farla finita”, e insieme di “fare daccapo”. Designa il luogo del puro (ri)cominciamento: il cerchio è la stasi del nulla, e la A che lo sfonda l’estasi della creazione.
… e verrà il giorno in cui Stato, bandiere, frontiere, discriminazioni, classi sociali, ineguaglianza, economia, guerra, miseria, mercato e lavoro coatto, violenza non saranno che il brutto ricordo della preistoria dell’umanità.
… e sarà una risata che vi seppellirà
Grande idea! Un caro saluto a Marco Rovelli (“Figli di origine oscura” lo ascolto sempre quando dipingo, mi da una bella carica emotiva…).
Quanti ricordi legati a quella A.
Ciao Marco
Sarà una risata che vi seppellirà – è un richiamo carnevalesco il cui valore, per me, sta però anzitutto nella prassi dell’immanenza ch’essa proclama (il ben noto “voglio dei di cui ridere”) – e c’è qualcosa di più appropriato a un’etica di un mondo “globale”? – non dico multiculturale, perchè anche il multiculturalismo, in fine, è un dio di cui ridere… Quell’orizzonte tutto immanente che consiste in quell’utopia qui cerchiata (quel volo della donna a seno nudo, bello).
Ciao Pralina! Felice di farti da sfondo visionario – prossimamente spero di ispirarti col disco nuovo di libertAria…
Ciao Nadia.
Grazie a Marco Rovelli per questi squarci libertari su N.I, aspetto (aspettiamo, non siamo pochi a quanto leggo) altri contributi
Non son l’uno per cento ma credetemi esistono
In gran parte spagnoli chi lo sa mai perché
Penseresti che in Spagna proprio non li capiscano
Sono gli anarchici
Han raccolto già tutto
Di insulti e battute
E più hanno gridato
Più hanno ancora fiato
Hanno chiuso nel petto
Un sogno disperato
E le anime corrose
Da idee favolose
Non son l’uno per cento ma credetemi esistono
Figli di troppo poco o di origine oscura
Non li si vede mai che quando fan paura
Sono gli anarchici
Mille volte son morti
Come è indifferente
Con l’amore nel pugno
Per troppo o per niente
Han gettato testardi
La vita alla malora
Ma hanno tanto colpito
Che colpiranno ancora
Non son l’uno per cento ma credetemi esistono
e se dai calci in culo c’è da incominciare
Chi è che scende per strada non lo dimenticare
Sono gli anarchici
Hanno bandiere nere
Sulla loro Speranza
E la malinconia
Per compagna di danza
Coltelli per tagliare
Il pane dell’Amicizia
E del sangue pulito
Per lavar la sporcizia
Non son l’uno per cento ma credetemi esistono
Stretti l’uno con l’altro e se in loro non credi
Li puoi sbattere in terra ma sono sempre in piedi
Sono gli anarchici
http://video.google.com/videoplay?docid=-4703007642058040951&hl=en
Però è troppo rotondo il cerchio che incornicia la A graffiato sui muri dai nostri (miei?) amici anarchici. Bisognerebbe sghembarlo od ovalizzarlo un po’