Crimini e affari
di Raffaele Cantone
Sono ormai settimane che tutti i media si occupano della crisi economica che attanaglia Stati Uniti, Europa, persino Paesi emergenti come la Cina e l’India. È stato spiegato, anche ai non addetti ai lavori, che i problemi sono cominciati con le istituzioni finanziarie; le banche americane, esposte per molti miliardi di dollari per mutui troppo facilmente erogati, sono in sofferenza ed in alcuni casi sono fallite. Siccome poi i mutui americani, cartolarizzati in derivati, erano stati venduti – in un momento di orgia speculativa che aveva fatto intravedere grossi guadagni senza considerare i relativi rischi – alle istituzioni finanziarie di tutto il mondo, il crollo delle banche statunitensi, come in una sorta di domino che è tipico della globalizzazione economica, si sta riverberando dovunque.Gli analisti sono oggi concordi nel prevedere che la finanza malata contagierà l’economia reale, perché – banalizzando – essendoci in giro meno denaro ed avendo le banche necessità di recuperare liquidità, i finanziamenti alle imprese si ridurranno; non molti giorni fa un periodico, ad esempio, raccontava come anche clienti affidabili non sempre riescono a procurarsi denari dalle banche e, comunque, li ottengono con interessi più elevati. È affermazione generale che siamo alle soglie di una crisi che assomiglia sempre più a quella del 1929. Così come dimostra l’esperienza, non tutti perdono durante queste tempeste finanziarie e gli speculatori approfitteranno, come al solito, per modificare le strutture di controllo e di comando di molte istituzioni imprenditoriali e finanziarie. Se queste sono le prospettive, è necessario paventare – per l’economia italiana, da sempre meno forte di quella di altri Paesi occidentali, pur con una rete protettiva che si è dimostrata più efficace che in altri Stati – il rischio che nelle manovre che si faranno possano ambire ad un ruolo, come una sorta di convitato di pietra, le varie forme di mafia di cui purtroppo la penisola non scarseggia. Esse, infatti, non hanno problemi di liquidità; i loro affari – soprattutto la droga e l’economia parassitaria ad essa collegata – non conoscono crisi e da tempo hanno dimostrato interesse per la diversificazione degli investimenti, anche grazie a consulenti di eccezionali capacità professionali. Non è una previsione catastrofistica collegata alla deformazione professionale di chi si è occupato di tali fenomeni; la dimensione finanziaria delle organizzazioni malavitose ha raggiunto, infatti, livelli di sofisticazione impensabili. Voglio raccontare un episodio solo apparentemente banale, emerso in un’indagine. Un esponente di primo piano di un pericoloso clan, sottoposto anche a misure di prevenzione personali e patrimoniali, si scoprì che utilizzava una carta di credito per acquisti nel nord Italia e all’estero; costui, però, non aveva un conto corrente e quindi non avrebbe dovuto possederne. Le indagini del Ros spiegarono l’arcano: grazie alla consulenza di un abile promotore finanziario – evidentemente compiacente così come l’istituto bancario di riferimento, fra l’altro non certo una banca di paese – il boss era riuscito ad ottenere ciò che era precluso ad un privato cittadino o ad un imprenditore anche di successo; una carta di credito a suo nome «agganciata» ad un conto altrui, con domiciliazione in parte estera, che impediva ogni controllo sui suoi acquisti. I clan, quindi, sono ormai avvezzi a muoversi nel settore finanziario, trovando i più svariati modi per aggirare regole e controlli. Se a questo dato si aggiunge che i boss riciclano da sempre grosse risorse economiche in imprese colluse, ottenendo compartecipazioni ai guadagni, è un’ipotesi tutt’altro che peregrina che quei personaggi possano tentare di approfittare della crisi di liquidità per mettere a disposizione i propri mezzi a chi ne ha bisogno o, persino, per fare shopping di imprese, nascondendosi – perché no – dietro fondi di «private equity» con basi in paradisi fiscali. È un’occasione d’oro per la borghesia mafiosa per fare il salto di qualità e per sedersi – come ha già cercato più volte di fare – ai tavoli del potere economico che conta. Solo un attento e continuo monitoraggio delle istituzioni di controllo (Banca d’Italia, Consob, Ufficio italiano cambi) potrà impedire che al danno, per tutti i cittadini, della crisi si aggiunga un vero e proprio disastro per l’economia nazionale.
pubblicato su “il Mattino” del 21.10.2008.
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Molte imprese edili del nord sono in mano alla camorra. Lo spiegava Saviano in un articolo su Repubblica della primavera scorsa. In esso si mostrava come le imprese a corto di finanziamenti volentieri ricorrano a finanziamenti impropri. Grazie a una camorra che si accontenta di partecipare senza interferire, pur di investire l’enorme massa di denaro in suo possesso. Questo per spiegare che la crisi di liquidità in Europa già c’era, essenzialmente dovuta alla politica germanocentrica della BCE di mentenere alti i tassi. La bufera dei subprime sta facendo il resto.
Parlavo ieri con un serio imprenditore operante nel settore dei recuperi energetici. Un uomo roccia, che considera l’impresa una barca su cui ci sono lui e i dipendenti. “Se fino a quindici giorni fa – mi ha detto- potevo guardarli in faccia, da questa temo di no”.
Cosa diavolo sia accaduto in questa specifica settimana che già non sapessimo lo ignoro. Ha riattaccato dopo un frettoloso saluto.
io credo che le espressioni “orgia speculativa” e “borghesia mafiosa” in questo pezzo siano davvero belli e agghiaccianti. perché sistematico, perché ramificato, perché plausibile. e questo. chi
Tutto questo mondo osceno di affari è da vomitare.
Purtroppo questa è la realtà O la si accetta, sforzandosi di migliorarla, o c’è la rivoluzione. Dalla quale sempre riemerge un Taillerand
Questa è la realtà che le organizzazioni mafiose vorrebbero imporre. Inaccettabile, sempre e comunque, a costo di rinunciare a taluni privilegi e/o vantaggi. C’è poco da fare rivoluzioni, basterebbe solo essere un po’ più coerenti
Ps: che molte imprese del Nord siano in mano alla camorra, inverità, si sa da quasi vent’anni. Roberto Cutolo, con la sua corte di guardaspalle, viveva e trafficava a Tradate. La prima sparatoria di camrra a Modena è datata 5 maggio 1991. I primi sequestri di società (a capitale misto camorristicp-massonico-toscano) sono del marzo del 1993. Giacomo Diana, signore delle discariche legato al clan La Torre, si era trasferito a Montecatini (riciclandosi in albergatore) alla metà degli anni Novanta. E così via. Senza polemiche, ma basterebbe leggere i giornali (bastano i giornali) non solo quando la camorra fa tendenza
Qualcuno potrebbe cosiderare la cosa molto ambigua, con uno sfondo razzistico
Ma basterebbe, come ho fatto io per anni, lavorare in una grande
libreria che vende la Gazzetta Ufficiale.
Di questa esiste un sezione che pubblica i bandi dei concorsi per
gli appalti.
Secondo voi con quale accento parlavano i clienti che acquistavano
i 90% delle copie?
E non si era al sud.
E’ strano come si pensi in genere di essere coinvolti solo quando la vita diventa per noi inaccettabile e allora si invoca legalità e giustizia che sono anche sempre in ogni piccola mancanza che a volte si pensa ininfluente solo perché non si vede la conseguenza, magari alla fine di una serie di mancanze simili. Il medico che non si lava le mani magari non percepisce che quel bambino manipolato sarà ammalato dopo anche se lui non lo vedrà.