Lettere al microonde

di Domenico Pinto

Quasi un decennio della vita di Antonio Pizzuto è rifratto nei nuovi carteggi – dopo quelli con Nencioni, Margaret e Gianfranco Contini, Betocchi – che Polistampa rende adesso disponibili, seguitando l’opera di reimpressione integrale di un vertice del nostro Novecento: Antonio Pizzuto e Alberto Mondadori, (L’ultima è sempre la migliore. Carteggio (1967 – 1975), a cura di Antonio Pane, introduzione di Claudio Vela, pp. 288, euro 18,00 Polistampa). Il volume raccoglie 263 missive: 92 a Alberto Mondadori e le repliche pervenute; 171 a Madeleine Santschi – di cui un piccolo numero a Pierre Graff, marito di lei –, spericolata traduttrice e scoliaste del Pizzuto definitivo di Pagelle I, Pagelle II, Ultime. I carteggi registrano il passaggio dello scrittore siciliano da Lerici al Saggiatore, traghettato anche lui nella storica avventura editoriale che Alberto Mondadori intraprese per scissione dal fratello Giorgio e dalla casa madre, passaggio propiziato dal favoloso anticipo di 10 milioni di lire più il 20% sulle vendite; saggio di esordio della generosità di «Mecenate», come quando il questore in quiescenza si vede recapitare 5 metri cubi di carta: «Alla mia richiesta di una piccola scorta di buste, me ne hai mandate settemila. Stamane poi ricevo 7.500 cartelline di scorta per i nuovi lavori: qualità insuperabile, peso Kg. 404, quante oltrepasserebbero i bisogni di un novello San Paolo o di un altro Wundt». Dall’attivissimo scriptorium di via Fregene 6 a Roma, Pizzuto invia agli amici copie manoscritte delle sue paginette, poi lasse, poi pagelle, in progressione geometrica di impegno formale, dove si va fissando il suo eleatismo e la leggendaria sintassi nominale che ne costituisce i cingoli: «Di un nuovo libro – da intitolarsi: Forme –, assolutamente altro che le lasse finora composte, ho già redatto un primo piccolo pezzo: Lettura (che Contini ha detto “stupendo” – bontà sua) e sono a un buon punto col secondo: La stufetta a petrolio, migliore, secondo me; non facili da leggere; ma chi vorrà un Pizzuto accessibile, avrà l’epistolario». O da una latteria sotto casa, insieme ad Albino Pierro, indirizza cartoline alla Lavoratrice Oziosa, ancora Santschi, che per accensioni ipocoristiche diventa Madame Priducre, Madama Barnum, Malou (in alcune lettere di Pizzuto sarà puro amor de lonh: «quanto a me, ciò che desidero è rivederti, a Roma, Milano, Losanna, o Valpurga a piacere»). Nel volume è riportato, da un ricordo di Garboli, anche questo aneddoto: «a Roma, in una trattoria che oggi non esiste più, Gadda e Bonsanti discutevano di letteratura. Richiesto di un parere su Pizzuto, Gadda sentenziò: «Pizzuto? A me sembra un po’ uno scrittore rosa …». E il giudizio dell’Ingegnere coglie nel segno, davvero nella prosa da camera di Pizzuto è un mondo di piccoli affetti, minimi accidenti della memoria, ma rosa shocking: è il signor Biedermeier passato al microonde della modernità, coi lampi al magnesio del suo indeterminismo sintattico-narrativo e le vertiginose campate di chi voleva «edificare senza armature».

L’articolo è apparso su «Alias» il 02/02/2008.

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domenico pinto
domenico pintohttps://www.nazioneindiana.com/
Domenico Pinto (1976). È traduttore. Collabora alle pagine di «Alias» e «L'Indice». Si occupa di letteratura tedesca contemporanea. Cura questa collana.
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