La pornocrisi

di Franz Krauspenhaar

1. L’eroe in disarmo del piacere palliativo

Il porno, questo conosciuto. Iniziazione per taluni, calmante quasi benzodiazepinico per altri, vizio assurdo per coloro che ne sono schiavi, vedi alla voce dipendenza.
Quasi nessuno ammette di averne visto uno, perlomeno in Italia, paese bello e impossibile. Le donne lo detestano in maggioranza, evidenziandone giustamente gli aspetti mercantili, di meccanica corporale, di svalutazione estrema della mente e del corpo delle donne. Il porno, come genere letterario e cinematografico, esiste da sempre. Ma naturalmente l’evoluzione della specie pornografica ha reso il genere stesso più fluido, variegato, diversificandolo in settori ovviamente molto “particolari”. Anni, decenni di sterminata produzione cinematografica, migliaia e migliaia di attrici e di attori, storie confessate e inconfessabili, tragedie: suicidi, omicidi, morti per droga e per AIDS, come negli anni Ottanta accadde a John Holmes, l’uomo più ” ben dotato” del grande schermo.
Porno per tutti i gusti, quanti sono i gusti sessuali del maschio. Perché il genere si rivolge all’uomo, al soddisfacimento immediato e a buon mercato dell’appetito sessuale dell’ animale-uomo, l’orango che ci abita. Una creaturina animalesca stanca, guardona, senza molta fantasia, spesso annoiata, che guarda un film porno come di notte essa stessa finisce davanti al frigorifero semivuoto, pronta ad afferrare un ultimo pezzo di formaggio e un cracker per mettere a tacere la fame nervosa. Un uomo-scimmia che vuole identificarsi con il personaggio maschile in visione dagli attributi insindacabili. Anni fa un attore francese affermò: “Noi maschi del porno siamo molto amati dal pubblico. Loro si immedesimano. Attraverso noi in qualche modo si fanno le bellissime donne che ci facciamo, ben diverse dalle loro. E dunque tifano per noi, come fossimo i giocatori della loro squadra del cuore”.
Nel tempo le cose sono cambiate. I film dalla trama per quanto esigua sono diventati sempre meno e meno tramati: gli agenti segreti del sesso, tutta la sfilza di dottori, dottoresse, gangster, mariti e mogli alla ricerca di perversione e perdizione, si sono fatti rari, e così gli intermezzi tra un amplesso recitato e l’altro. Il mercato, negli ultimi tempi, in crisi comunque da anni per saturazione, anche grazie ai costi di produzione sempre più bassi consentiti dall’uso del digitale, si è ristretto enormemente. La crisi è stata annunciata mille volte, ma ormai è conclamata. La si può avvertire non certo dal fatto che i cinema porno sono spariti del tutto o quasi: il porno nazionale oggi manca anche di storie veramente esemplari, come talune del passato. E le dive sono scomparse, sostituite da impiegate del sesso tutto compreso.
Un attore porno italiano ancora in attività e non più giovane, accetta di rispondere telefonicamente a qualche mia curiosità. “Bisognerebbe parlare di epitaffio del porno”, comincia, dopo aver saputo che ho intenzione di scriverne.” Ormai quasi nessuno lo fa più, perlomeno in Italia. Ma anche nel resto d’Europa non è che ci sia granchè da scialare.” Perché tutto questo? gli chiedo. Cosa è successo? “Semplicemente internet, cioè la possibilità di scaricare un film, anzi più film, a costo zero. E poi certi produttori che mandano sul mercato delle compilation, mettendo insieme le scene clou di un sacco di film, e svalutando il mercato per gli altri prodotti. Poca professionalità, nessuna attenzione ai particolari, produzioni senza senso. In America è diverso, lì il mercato tiene, è regolamentato, per chi scarica è dura, l’offerta è intelligente, c’è una buona sinergia tra internet e il mercato dei dvd e del noleggio. Qui da noi i noleggiatori hanno smesso di crederci, colpa proprio del mercato avaro di novità importanti, dei produttori di compilation e di internet. Siamo in un circolo vizioso, e ho paura che ormai qui da noi per il porno sia finita”.
Sento distintamente dall’altra parte del microfono la sigla del telegiornale. Immagino che l’attore – ha cominciato a lavorare nell’industria del piacere palliativo dopo una onorata carriera trascorsa in ambiti ben diversi – sia a casa, o al massimo in un bar, in un momento di relax. Ha la voce mogia, ma è simpatico e disponibile; anche se al fondo di quella voce sento tristezza e rassegnazione. Più che un pornoattore sembra un cassintegrato, un prepensionato con poco onore, un uomo che, in qualche modo, ha ormai fatto il suo tempo.

2. Moana, Eva Erotica 2000

Moana Pozzi, nata nel ‘61 a Genova, è stata forse l’ultima diva del porno italiano. O forse l’unica. Morì nell’ormai lontano ‘94, e, come Marilyn Monroe, divenne un mito. Un mito in sedicesimi, una figura certamente non così centrale ed emblematica. Ma fu la morte prematura a scagliarla decisamente nell’alto dei cieli di cartapesta dell’immaginario. Nella sua storia umana e anche professionale non è possibile intravedere una vera sofferenza patita, un vero trauma. Se la Monroe aveva segnato nel bellissimo volto una mancanza d’amore e di una storia familiare che potesse darle sicurezza, come per una bambina spaventata di fronte al mondo, Moana emanava una luce e una dolcezza sicura e persino rassicurante. Andava avanti si può dire a fronte alta vestita della sua nudità che non aveva nulla di innocente. Era, la sua, una nudità affascinante e quasi perfetta da Eva Erotica 2000, da morsicatrice di mele per puro piacere. Incedeva, non camminava, forte di un temperamento fiero e di una magnetica raffinatezza di modi e di gesti. Non era volgare, perché semplicemente esibiva una naturalezza conturbante, un modo di essere controcorrente e al contempo al servizio di un mercato con le sue leggi.
Divenne ben presto un fenomeno anche fuori dal set. Divenne personaggio del nostro costume, del jet set, della televisione. Amante di politici, di sportivi, di industriali. Una cortigiana libera da impegni troppo pressanti, che ad ascoltarla parlare dell’argomento faceva l’amore soltanto per piacere, per scoprire se stessa e gli altri. Aveva debuttato come attrice mainstream, ma dopo alcune partecipazioni a film di cassetta del periodo iniziale degli anni ’80 (lavorò con Salce e con i Vanzina, tra gli altri) decise di prendere la cosiddetta scorciatoia del porno. Che non era esattamente una vocazione, quindi, ma una strada facilmente percorribile per diventare famosi in fretta e con disinvoltura. La Pozzi debuttò nel porno nell’86, con Schicchi, in Fantastica Moana, e di concerto col suo regista seppe far parlare di sé con una potenza e un’ efficacia mai registrati prima. Tutto questo soprattutto grazie alle sue dichiarazioni, alle sue comparsate in televisione, e al libro che pubblicò a proprie spese, nel quale raccontò dei suoi amanti famosi con tanto di votazione: (Craxi, con un bel 7½, sebbene i due non avessero avuto un rapporto sessuale completo, Grillo (7-), Roberto Benigni (S.V.), Massimo Troisi (6), Paulo Roberto Falcão (5), Marco Tardelli (8), Luciano De Crescenzo (7), Harvey Keitel (S.V.), Andrea Roncato (7), Nicola Pietrangeli (6), Renzo Arbore (6), Enrico Montesano (6-), Francesco Nuti (7), Renato Pozzetto (6+) e Massimo Ciavarro (6).) Ecco, la Pozzi conosceva l’arte moderna della pubblicità; e mettendo insieme il suo estro, la sua capacità di convincimento e il suo fascino innegabile riuscì a diventare personaggio, e soprattutto a raccontare il sesso pornografico senza metafore pruriginose, a fare entrare il pubblico anche nei camerini degli attori, anche dietro la macchina da presa, dove c’è la vita.
Moana muore inaspettatamente all’Hotel de Dieu di Lione il 15 settembre 1994, a 33 anni. La sua morte, ufficialmente dovuta a un tumore al fegato, è stata oggetto per anni delle più fantasiose speculazioni. Anche per questo rimane personaggio simbolico, ultima o forse unica diva di un genere al canto del cigno.

3. Pornobignami italiano

La pornografia è sempre stato un genere che ha rimbalzato a effetto ping-pong tra la carta stampata e la pellicola. I vecchi servizi fotografici di riviste del settore come Le Ore ,mettevano insieme in un piatto pepato foto scattate sui set dei film con commenti in forma di racconto scritti spesso da giornalisti e scrittori cosiddetti “seri”, che sfogavano la loro libido creativa per arrotondare stipendi e diritti d’autore. E poi gli autoscatti familiari, di coppie che si esibivano per un contatto fermoposta, per “ore liete”. E poi, ancora, fotoromanzi, memorabile quello di Supersex, con l’attore francese Gabriel Pontello, che possedeva nella finzione un “fluido erotico” che gli permetteva di sedurre qualsiasi donna, bastava guardarla. Il sogno impossibile di tanti maschi, fatto di una sessualità che nei suoi approcci ricordava più le “rimorchiate” superveloci degli omosessuali da sauna che il corteggiamento tra uomini e donne anche molto moderni e ben poco romantici.
Negli anni si susseguono molti nuovi divi, come Cicciolina, al secolo Ilona Staller, una specie di bambola ungherese dalle forme procaci e dalla parlata da fata turchina che divenne addirittura parlamentare con i Radicali. E Moana Pozzi, ragazza dell’alta borghesia che liberava tutta la sua libido vitalistica nel porno. E il produttore talent-scout Riccardo Schicchi e la sua Diva Futura, sorta di factory warholiana del porno nazionale. Il porno esondava dai cinema e dalle vhs acquistate in edicola o al pornoshop e finiva in televisione; il porno diventava oggetto d’inchiesta, diventava fenomeno di costume non più innominabile. Fino all’oggi, alla miseria nera del settore, ai registi che non lavorano, come il famoso Mario Salieri, il napoletano scopritore di tante attrici e attori, come forse l’ultima vera diva di casa nostra, Selen.

(Pubblicato su La Tribuna)

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39 Commenti

  1. Bell’articolo, ma sembra interruptus, tagliato, che finisca lì così! Mettici un finale…

  2. Ehm, Selen l’ho incontrata una volta, anni fa, in una normale discoteca. E’ piccolissima e carina. Era seduta su un divanetto, ogni tanto tirava giù il top scoprendo il seno, che più che una coppa sembrava diciamo una ciliegia (cercate di capirmi, era piccolo piccolo e tondo). Ripensandoci non era una cosa porno, sembrava un comportamento infantile e faceva sorridere, anche perché era seduta tranquillamente con un’amica. Forse era voluto, chissà.
    La cosa curiosa è che dal vivo le cubiste erano molto più belle di lei, in tv invece vinceva Selen :-)

  3. Ancora una volta internet è la causa della distruzione di un business distorto. Va a finire che internet, come per catarsi, ci salverà dalle cose peggiori.

    Così scriveva nel 2004 Umberto Galimberti nel capitolo “Amore e solitudine” del suo libro “Le cose dell’amore”:

    «Siamo alla pornografia di cui la masturbazione si alimenta. Allucinante per il gusto dei dettagli, purgata di ogni segreto a forza di segni troppo esatti, la pornografia spoglia il corpo di tutti i suoi rinvii, per lasciarlo alla pura concupiscenza dello sguardo, dove la prossimità assoluta, la presenzialità totale di un corpo senza difesa, senza spazio per arretrare, decreta la fine dell’interiorità e dell’intimità, il crollo di tutte le metafore e di tutte le allusioni che, materializzate, sprofondano nell’opacità del reale.
    Come uno schermo assorbente, nella sua evidenza il reale estingue il desiderio e, sottraendolo al gioco duale, lo ricaccia nei giochi estatici, solitari, narcisistici, dove l’oggetto non è più l’altro, ma il ripiegamento del desiderio su se stesso, nel tracciato malinconico della sua delusione».

  4. grossa decisiva inchiesta sul porno, questa.
    non-perdibile il profondo intervento di galimberti.
    ma La Tribuna dove si compra?
    che cos’è?

  5. Di pornografia tutti si sentono autorizzati a parlare, pochissimi hanno anche solo una pallida idea di cosa sia.

    Un buon libro con bibliografia è: “Il porno di massa” di Pietro Adamo, uno storico. Interessante anche il libro di Ovidie (non ricordo il titolo, vd. il libro di Adamo) giovane regista francese di porno e femminista.

  6. Non ho parentele con il filosofo, purtroppo. Se le avessi approfitterei di qualche cenone di famiglia per mettergli le mani addosso.

  7. I pornazzi me li sono fatti quand’ero un ragazzetto brofuloso, poi ho preferito la sostanza a un triste video. Ma Moana o tutte quelle che andavano per la maggiore negli anni Ottanta non me le ricordo, semplicemente perchè non le guardavo. A noi (della nostra banda) arrivavano giornaletti francesi, quindi Moana e le altre erano roba nostrana, che non ci interessava. Quando l’abbiamo vista Moana ci siamo detti che era proprio volgare, ma con altro linguaggio e morta lì. Poi con l’avvento di Internet tutto è cambiato, ma oramai non ero più un ragazzino, Moana era morta e sepolta, e non me ne è fregato più niente.

  8. una curiosità: è uscito da poco anche Personalporno, di Ferrazza; si presenta come una sorta di guida per chi, oggi, vuole avvicinarsi al sesso on-line, ma è anche un’inchiesta curiosa sulle diverse modalità: studentesse o casalinghe che arrotonadano spogliandosi davanti alle web cam, l’industria che gestisce la messaggeria erotica più visitata al mondo (AdultFriendFinder.com, che raccoglie 7,2 milioni di contatti al giorno), dai videogameporno in 3d in stile Second Life ai negozi virtuali di sex toys, fino ai minifilm hard da scaricare sul telefonino.

    per non parlare di quei siti in cui ormai GRATUITAMENTE ti fanno inserire e vedere filmati porno privati, o della semplicità di scaricare film porno da internet e allora sì, ovvio, non si scende più al videonoleggio, perché farlo del resto?!

    tutto oramai è a portata ‘di mano’ – doppio senso divertente – e persino senza più soldi da spendere.

    divago, sragiono e banalizzo pure, ma davvero ti alzi la mattina e a volerti / poterti piantonare ‘vita natural durante’ davanti al pc in un certo modo, potresti credere di aver fatto mille cose in una giornata: dalla spesa, alla ginnastica, al sesso, alla chiacchierata, al gioco, alla musica, al disegno…

    fa orrore tutto questo. ma lo viviamo.
    saluti a tutti!i.

  9. Io usavo i film porno per tener buona la ciurma nelle lunghe traversate: a molti facevano un effetto rilassante; ad altri, quelli che non si rilassavano, bastava vedere una decina di minuti.

  10. «Di pornografia tutti si sentono autorizzati a parlare, pochissimi hanno anche solo una pallida idea di cosa sia.»

    Io quando, guardando un porno, ho il mio cazzo in mano, turgido, e che poi schizza, ho esattamente idea di cosa sia. La pornografia.

  11. @ cristoforo,

    questa tua esperienza personale (di cui ci racconti un po’ timidamente, del resto) mi sembra già più interessante dell’ infima prosa lirica di Umberto Galimberti.

  12. mah, bon, tuto questo parlare di porno, simplement mr. galimbert è un uomo molto depresso, duncue vede tuto nero, noir. è un gioco, l’amore è un’altra cosa, basta saperlo, e niente moralismi inutile, no?

    complimenti a tuti,

    gabriel pontello

  13. Anna ha ragione, ma forse c’è un seguito.
    Moana aveva una personalità molto forte, forse avrebbe potuto fare mille altre cose ,oltre al porno.

  14. Nell’articolo di Franz si parlava di crisi nera del settore. E questo mi sembrava che potesse essere il tema interessante su cui riflettere, semmai.

    Gratis o a pagamento, sono sempre più convinto che il consumo del porno alla lunga distrugga il desiderio. Come il fumo distrugge i polmoni.

  15. Boh, quando ero un Giovane Cosmetico 22-23enne (dal titolo di un libro presentato piu’ sotto), scrivevo robe come questa: http://www.bookcafe.net/txt/021.htm , fantasticamente ritrovata dal gorgo nero google, e al porno non pensavo minimamente. Adesso che sono un 35enne in via di sbiancamento follicolare, l’effetto prodamente descritto dal prode Prodan al commento piu’ sopra non riesce a procurarmelo nemmeno una sessione di gossip+foto su corriere o repubblica, che mi paiono sempre piu’ vicini a quelle pubblicita’ di hot line notturne nelle quali compariva la infine menzionata signorina Caponegro. Chiedero’ una prescrizione al dottor G.Carotenuto.

  16. credo che anche mr. tashtengo è un homme depresso, ho letto anche quelque chose del suo blog, molto triste, mi dispiacue multo.

    gabriel pontello

  17. “Più che un pornoattore sembra un cassintegrato, un prepensionato con poco onore, un uomo che, in qualche modo, ha ormai fatto il suo tempo”.

    è vero, una vera inchiesta sul tema è difficile da svolgere perché sono gli attori , gli addetto ai lavori – da quanto ho inteso- a farti muro, a non voler raccontare veramente il dietro le quinte: il come vengano usati e ri-usati, in fondo in maniera non molto diversa da tante situazioni lavorative; forse in questo settore c’è un eccesso di vanto (falsato) che si vuol a tutti costi rendere ufficiale, quasi a salvare un proprio punto d’approdo. (anche questo a dir la verità non mi suona nuovo).

    conoscerne più a fondo i meccanismi di cui si nutre può essere utile anche a ridare una dimensione più umana, e meno superficiale di un sentire “diverso”. una sfida per chi vuole scavare.

  18. mi ricordo di una lunghissima intervista a Rocco Siffredi alla televisione francese poco dopo l’uscita del film di Catherine Breillat X romance, in cui la nostra pornostar venne proposta negli stessi panni (sarebbe meglio dire non-panni) nelle grandi sale (seppure con la limitazione del vietato ai minori)
    a me colpì molto l’intelligenza e la naturalezza delle risposte. In qualche modo pensavo che si sarebbe dovuto parlare così delle cose. Non è vero che chi frequenti la pornografia è lo sfigato che in qualche modo si auto esclude dal fare sesso. E lo sguardo delle donne mi sembra in questo senso assai completo e complesso. Comunque sia un amico Philippe di Folco ha scritto un completo dizionario della pornografia, uscito anche in Italia e che il corriere recensì con questa intervista:

    Più di qualcuno la considera una forma d’arte. Se non una parte di sapere. E forse un fondo di verità c’è, visto che un centinaio di intellettuali, filosofi, sociologi, scrittori e professori universitari francesi hanno speso il loro tempo ad analizzare tutto ciò che può significare la parola «pornografia» e a (tentare di) definire tutto il mondo che le gira intorno. L’hanno esaminata da tutti i punti di vista. Un percorso ampio che parte dalle parole, conduce in luoghi diversi, ricorda autori e testi, riporta a personaggi della storia e della letteratura. Il risultato sono 450 definizioni contenute nel Dizionario della pornografia appena pubblicato in Francia (Puf, 46 euro).
    Ma non si tratta di «un’enciclopedia, né di un semplice specchio che ingrandisce oggetti sparsi», dice Philippe Di Folco che ha diretto l’opera e i «saggi» che vi hanno messo mano, tra cui i filosofi Jean-Luc Nancy e Julia Kristeva, l’antropologo Maurice Godelier, lo scrittore Vincent Borel, la studiosa di letteratura francese Elisabeth Ladenson. Piuttosto spiega Di Folco, «questo dizionario ha l’ambizione di essere una cartografia completa della pornografia

    ». Ma attenzione, aggiunge, «non vogliamo rendere la pornografia bella o laida, cattiva o buona, l’obiettivo è di conoscere meglio una pratica culturale marginale che resta di dominio privato, ma che attualmente coinvolge anche l’industrializzazione e i media». È proprio questo suo essere così trasversale, sottolinea Di Folco nella sua introduzione, che non rende facile dare una definizione precisa di «pornografia » che invece «sembra sottrarsi a tutte le definizioni, non ne tollera nessuna che sia equivoca, discutibile, o troppo morale», anzi, «si sa meglio cosa non è più che cosa è, come è più che perché è, la si riconosce ma non la si conosce ». Il Dizionario serve a questo.

    Si parte dai fondamentali, «porno», «pornologia», «pornocrazia». Dove ad esempio il «porno» «è intimamente legato all’invenzione del cinema», pur «non essendo realmente cinema, le tecniche sono le stesse, ma diverso è un criterio: la presenza o l’assenza di simulazione » che rende gli attori porno «non dei commedianti,madegli operatori sessuali». Il tutto secondo Dominique Folscheid.

    Nella lista delle 450 definizioni non mancano le biografie, sia di famosi cultori del genere, sia di personaggi della storia. E così alla «H» compare il nome di Alfred Hitchcock, considerato uno specialista nell’amore al cinema pur non avendo mai girato scene di nudo esplicito: «Il suo è implicito e loquace — lo definiscono Stéphane Bou e Jean-Baptiste Thoret —, è la sua arte della metafora». E lo stesso regista al collega Francois Truffaut diceva: «Se il sesso è troppo evidente non c’è suspense». E così viene giudicata altamente pornografica la scena iniziale della Finestra sul cortile con «l’ombra diGrace Kelly tra le gambe di James Stewart».

    Alla voce «P» non manca il nostro Pier Paolo Pasolini, «amante della pornografia che ha eccitato il mondo intellettuale » secondo lo scrittore Vincent Borel. Tutto in lui è pornografico. I suoi libri, Ragazzi di vita, Vita violenta, Amado mio/ Atti impuri. E soprattutto i suoi film che ad ogni uscita «richiamavano denunce per oscenità»: da MammaRoma a Teorema, fino a Salò o le 120 giornate di Sodoma, «si andava ai suoi film come a proiezioni porno », scrive Borel.

    Ma il Dizionario è in più un’occasione per girare il mondo e scoprire le pratiche sessuali di Paesi come il Giappone, l’India, la Cina. È anche un viaggio nella storia della pornografia, vista nel «Medioevo», nel «Rinascimento», o attraverso la vita di personaggi come il «Marchese De Sade», «Luigi XV», «Louis Calaferte», «Picasso», «Warhol», ma anche letta e scoperta in perversioni lecite o discusse, nascoste o manifeste, diffuse o elitarie come «sodomia », «scambismo», «turismo sessuale », «fist-fucking», «flagellazione». Un percorso che si apre con l’«abiezione » e si chiude con gli «zoo umani».

  19. @gena
    “Moana aveva una personalità molto forte, forse avrebbe potuto fare mille altre cose, oltre al porno”.
    va bene.
    ma allora perché non le ha fatte?
    non ho mai capito il mito di Moana.
    voglio dire: non riesco a capire perché ci sia questo mito di Moana.
    mentre il mito metti di Coltrane lo capisco di più.
    ma è solo un esempio.

    aggiungo che i cassintegrati pare si accoppino in continuazione, visto che hanno niente o poco da fare.
    in certi posti non si dice, per esempio, “quello scopa come un riccio”, ma “quello scopa come uno che ha fatto il suo tempo”.

  20. “aggiungo che i cassintegrati pare si accoppino in continuazione, visto che hanno niente o poco da fare.
    in certi posti non si dice, per esempio, “quello scopa come un riccio”, ma “quello scopa come uno che ha fatto il suo tempo”.”

    trovo che questa affermazione possa valere anche per un intellettuale visto che il più delle volte guadagna come un cassaintegrato, e forse anche meno… con la differenza che qlc “luminare” ha lo stesso piglio- vanto del porno-attore.

  21. In tempi lontani (anni ’80) tentai di realizzare un’inchiesta sul porno italiano, a Roma. Ma nessuno parlava, tutti erano spaventati dalla pubblicità, perché ancora fioccavano le denunce. Però entrai in contatto con Schicchi e compagnia, e ricordo che trovai patetica la loro posa del sesso liberato e felice, come se la liberazione sessuale si fosse realizzata coi loro film e le loro riviste. Col porno come forma d’arte ci andrei cauto: mi vengono in mente sequenze fotografiche di Helmut Newton (che era un patito della pornografia, almeno così dichiarava), palesemente porno, ma credo mai pubblicate (solo esposte), oppure pubblicate molto di straforo; oppure foto pazzesche di artisti tedeschi e francesi, molto provocatorie. Se il cinema rappresenta la violenza, l’amicizia, l’amore, il corpo, perché non rappresentare il sesso? Però, per quanto ne so, essendo acquisito che il cosiddetto senso comune del pudore lo relega nella sfera privata, con condanne secolari da parte di quasi tutte le religioni, e implicazioni psicologiche pesanti sulla sfera sessuale per i rapporti edipici ecc., il porno resta un prodotto soprattutto per voyeurs maschi, con l’uso della donna come oggetto, oppure da umiliare, addirittura da insultare (nel libro di Franz “Era mio padre” c’è una descrizione di un film di Siffredi dove la donna è oggetto di continui insulti e violenza); quindi, a conti fatti, credo che il primo commento di Cristoforo Prodan sia pertinente.

  22. Al Withney di New York, nell’Ottantotto si ammiravano grossi cazzi e pompini tra neri fotografati da Mappelthorpe. Non mi sembrava pornografia, quanto piuttosto la coincidenza tra erotismo e sensibilità plastica, la stessa che trovi in un nudo di Tiziano. Solo che il cazzo, di solito escluso dalla messa in scena erotica del corpo maschile (non il pisello che c’è quasi sempre, ma il cazzo) qui partecipava a pieno titolo all’immagine, diventando sovente protagonista assoluto. Eccetera.
    Riflettevo su questo, ma soprattutto sul rapporto pornografia/verità, molto complicato da comprendere e dipanare.
    Quando vediamo un porno, vediamo un film oppure un documentario?
    O tutt’e due le cose?
    Qual è il rapporto tra verità e finzione?
    Un film assume carattere documentario quando ciò che mostra sta accadendo veramente, cioè non è messa in scena, finzione: l’ambiguità del porno è che ciò che accade veramente – un rapporto sessuale – è anche in qualche modo messo in scena e parzialmente simulato.
    La simulazione non è negli atti, tutti rigorosamente autentici pena la caduta dello statuto stesso del porno, ma, almeno da parte femminile, delle motivazioni per cui si compiono, che sono recitate e soprattutto, ma non necessariamente del piacere che si prova.
    Da parte maschile a mio avviso il grado di simulazione è molto ridotto e credo si produca nella mente, quando il porno-attore cerca i pensieri adatti a raggiungere l’erezione, spesso con l’aiuto di cooperanti preliminari.
    Il porno-attore può simulare il desiderio per la partner nel film, ma non il desiderio sessuale in sé, che determina la sua erezione che è assolutamente autentica.
    Eccetera.
    Nel saggio che David Foster Wallace dedica alla pornografia (Considera l’aragosta) la risposta che ottiene dai patiti di un genere di spettacolo che gli sembra molto noioso è, più o meno: vedo una quantità di porno alla ricerca di un luminoso attimo di assoluta verità nell’accoppiamento di due o più esseri umani.
    La verità dell’accoppiamento: pare sia molto difficile assistervi, ma capita.
    Qui il discorso si complica, perché occorrerebbe definire questo tipo di verità pornografica.
    Spesso la si cerca nel porno amatoriale, dove invece mancando la messa in scena, le cose si rivelano per quello che sono: l’incontro tra due corporalità in genere abbastanza repellenti, anche se più “vere”.
    Quindi è di un altro tipo di veritas che si tratta.
    Ma quale?

  23. la verità, ecco il punto.
    e in questo senso siamo molto più vicini adesso alla rappresentazione della verità che nei favoleggiati anni ottanta. ma, attenzione, per verità non si deve intendere la verosimiglianza della messinscena, quanto la misura delle reazioni degli “attori”. in questo senso il ricercatore di pornografia aspira a una sempre maggiore “verità”.
    questo tipo di analisi mi sarei aspettato da uno che parla di pornografia oggi, ammesso che sappia di cosa si sta parlando.

  24. concordo con un borghese (ma anche qualcun altro):
    oggi che, con amarezza, constato che tutto è diventato pornografico, che senso ha il porno?

    “Si pensi alle varie impasse della sessualità e dell’arte contemporanee:
    esiste qualcosa di più stupido, opportunistico e sterile del cedere di fronte all’ingiunzione superegoica di inventare incessantemente nuove trasgressioni artistiche …o di dedicarsi a forme di sessualità sempre più ardite?
    In alcuni circoli radicali americani, si è recentemente proposto di rivalutare i diritti dei necrofili…perché mai bisognerebbe discriminarli?…così come la gente firma per permettere l’uso dei propri organi a scopi medici nel caso di morte improvvisa, bisognerebbe pure che ci fosse la possibilità di donare il proprio corpo ai necrofili…Questa proposta dimostra alla perfezione come la posizione “politicamente corretta” porti al compimento del vecchio adagio di Kierkegaard secondo il quale
    il solo buon vicino è un vicino morto. Un vicino morto, un cadavere, è il partner sessuale ideale di un soggetto “tollerante” […] L’imperativo superegoico che attualmente ci obbliga a godere funziona in modo opposto all’imperativo kantiano: sostituisce al “Du kannst, denn du sollst!” (Puoi, perché devi!) un “Devi, perché puoi!”…l’aspetto superegoico dell’edonismo antirepressivo contemporaneo – la provocazione continua alla quale siamo esposti e che ci intima di andare fino in fondo nello sperimentare i vari modi della jouissance – sta tutto nel fatto che tale edonismo trasforma inevitabilmente la jouissance consentita in obbligatoria…l’ingiunzione capitalistica a godere [..] pensiamo a come il bombardamento di provocazioni commerciali che ci intimano continuamente di godere non faccia altro che spingerci verso una jouissance autistico – masturbatoria, del tutto asociale […]”
    (da S. Zizek, America oggi, Abu Ghraib e altre oscenità)

  25. Pare che Milano – provincia – finisca a nord dove iniziano Como Varese e Lecco, ad est Bergamo e Cremona, a sud Lodi e Pavia, mentre ad ovest il tramonto è definitivo nel Piemonte dove sorgono i bastioni di Orione. Sull’estensione del porno in tali luoghi non sappiamo…

  26. Steven Hirsch, co-presidente di Vivid che è una casa di produzione di dvd per adulti, dice che il mercato è in transizione. Fino al 2004, l’80% degli incassi arrivava dai dvd. Oggi il suo fatturato è così fatto: per il 30% dal web, per il 30% dalla televisione, per il 30% dai dvd e per il 10% dal wireless. «Negli ultimi cinque anni – spiega – ci sono state perdite sui dvd, ma incrementi su altro: video on demand (online e televisivo), abbonamenti al sito e servizi per la telefonia mobile. Nel complesso siamo in crescita».

    Di Pietro l’Aretino, forse il primo pornografo:
    Fottiamoci, anima mia, fottiamoci presto/poi che tutti per fotter nati siamo;/e se tu il cazzo adori, io la potta amo:/e saria il mondo un cazzo senza questo. (Sonetti I, 3)

    Camminando verso casa coltivavo l’immagine della Signora delle Zattere che, seduta in poltrona a gambe aperte, scostava le mutande di seta mettendo in mostra una enorme figa nera e pelosa e mi diceva sguaiata, ruotando la lingua sulle labbra: “Tiralo fuori e sbattimi, dài, bello, fammi la festa” (Tussanti, Ignoto libertino)

    Saluti e salute

  27. Viaggio di lavoro.
    Scalo a Francoforte.
    Albergo da bisìnessmen.
    Aspetto l’ora di cena facendo zapping sulla tv satellitare.
    Ad un tratto, tra MTV ed uno sceneggiato in lingua crucca, compare un ‘qualcosa’ talmente in primo piano, ma talmente inquadrato a full screen (anzi, erano due, quei ‘qualcosa’) che non riesco a capire di cosa si tratti.
    Meno male che i pochi secondi di audio, cioè degli ansimi teutonici da far accartocciare l’albergo su stesso, mi aiutano ad avere l’illuminazione.
    Ecco la mia prima volta con un pornazzo.
    Chè poi è durato poco, era solo una pubblicità, un trailer di qualche secondo per invogliare i bisìnessmen a pagare svariati euro per vedere quei due ‘qualcosa’ che si muovevano in sincrono nei…..
    Insomma ‘na roba per palati fini, ecco, ….:o)

  28. @ Tash
    Credo che Moana abbia scelto il porno perchè voleva dimostrare qualcosa, non so per un atto di coraggio o di inscienza.
    Mi è sempre sembrata molto determinata, e ben decisa a non passare inosservata, lo confesso, ho un certo rispetto per le persone che sanno cosa vogliono essere.

  29. @un borghese.

    Secondo me dovresti motivare. (Ma immagino che una simile richiesta passerà inosservata).

    Non capisco perchè un argomento come il porno sia “finito”. Se una cosa esiste, non è finita. Il pezzo non aveva pretesa di spiegare il fenomeno, naturalmente. Ma solo di porre l’accento su una crisi esistente nel settore, attraverso la testimonianza, attendibile o meno, di un “protagonista” della scena attuale.

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