Con stile. Libera!
a Fabrizia Ramondino
Questo primo pensiero è stato l’inizio della consapevolezza. Ho sollevato un po’ la testa e mi sono accorta di essere vicinissima a riva.O non ero andata così lontano o la corrente spingeva in quella direzione. Avevo paura di girarmi per fare, come prima, il crawl. E di muovere le braccia allargate che mi aiutavano a mantenermi a galla. Sbattendo senza forza le gambe ho raggiunto quasi la riva. Ho avuto la tentazione di girarmi per arrivare prima, ma tutto intorno vorticava, ormai non più solo il cielo, anche gli scogli. Perciò, rimanendo nella stessa posizione e sbattendo sempre più fiaccamente le gambe, mi sono fermata soltanto quando ho avvertito che la testa e e spalle toccavano la sabbia. Nemmeno allora ho osato girarmi. Nella posizione di una partoriente, facendo leva sui piedi mi sono allontanata dall’acqua, e poi ancora più su, finché non ho sentito i ciottoli sotto la schiena.
Questo brano da “L’isola riflessa” di Fabrizia Ramondino ( Einaudi 1998) me lo ha suggerito Stefano, da Giorgio potete leggere un omaggio del cuore, della mente. La citazione cinematografica viene da Marino Niola.
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grazie Francesco di questo ricordo, così delicato e d’abissi, di una grande donna e una grande scrittrice.
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Si, un ricordo delicato. Grazie anche da me
Su e giù quest’anno, da Essen Werden a Napoli, da Napoli a Essen Werden! E se tutto quel tratto di ferrovia, tra Basilea e Duisburg, quasi sempre lungo il Reno, mi è diventato familiare, è solo quando il treno passa accanto alla cattedrale di Colonia che provo la stessa emozione di quando, verso Gaeta, appaiono le rocce bianche fra la macchia mediterranea, fiorita quando è la stagione, di ginestre, sormontate a Terracina dalle rovine del tempio di Giove, e il mare. (da Taccuino tedesco, La Tartaruga, Milano 1987).
Grazie furlen.
bell’omaggio (scelto del brano e della video)
La romanziera è entrata nel mare.
L’inizio dell’eternità. Lei nuota; è il blu prugno della sera, il tempo stregone. I navi tornano senza ritardo. L’ha lasciata la riva di sabbia per raggiungere la città della sirena, non quella della realtà, Napoli amata. la sua anima si tuffa nel mare, visita il palazzo acquatico, la camera di una bambina dormiente nel letto di aquilegie, foiri del sonno. lei ha scelto la danza pura, la memoria cosmopolita dell’infanzia. I primi gesti della nuotatrice sono lenti, ancora prigionieri della terra. La scrittura del corpo e dell’anima si diffonde con silenzio e grazia. Scendere dove il vento non entra mai, dove la ferita non fa più male, diventare leggerezza, fendere il sonno bianco, nuotare tra sogno e nascita, scoprire la sua verità, essere il bambino del mondo: niente è più innocente del mare, niente è più crudele.
Consiglio anche il blog di Giorgio di Costanzo per la ricchezza degli articoli, la finezza e l’emozione.