Adoro. E’ una bella manera di iniziare il sabato con musica ( e’ la feste della musica in Francia).
Se avevo bambini, sarei felice di evocare il sabbiolino, pretesto a raccontare favole, a cantare in dolcezza, a colorare i sogni. Il bambino non vede la frontiera tra la realtà e la vita di fantasia.
E’ molto importante fare crescere l’immaginario;
Questo post mostra anche l’universalità del sabbiolino: è una manera di rassicurare il bambino che ha paura di entrare nel mare dei sogni: un rito come il bacio della bonna notte.
tra i tags potevi mettere anche Freud:-)
Bella!
A me piace anche questa (Veronique la conosci?). Sentita anni fa in un appartamentino di Parigi e rivolta ad un bambinello un po’ pestifero, si è impressa nella mia mente. Conclusione: il pupo rimase sveglio, io no. Ogni tanto la tiro fuori dalla memoria, visto che anche agli adulti ogni tanto serve un ritornello per affrontare la paura del buio, come dicevano Deleuze e Guattari…
Dodo, l’enfant do,
L’enfant dormira bien vite
Dodo, l’enfant do
L’enfant dormira bientôt.
Une poule blanche
Est là dans la grange.
Qui va faire un petit coco
Pour l’enfant qui va fair’ dodo.
Dodo, l’enfant do,
L’enfant dormira bien vite
Dodo, l’enfant do
L’enfant dormira bientôt.
Grazie per il ricordo. In realtà conoscevo solo la prima parte. La canzone che la mia madre mi cantava era à ” la claire fontaine”, e “elle est comme l’eau vive “(perché ero molto svegliata). La mia madre adorava cantare (e soprattutto l’opera).
Una canzone che non amavo era frère Jacques. E’ vero che il bambino vuole restare un po con la mamma, primo di dormire: ha bisogno di gesto di affetto: favola, bacio, piccolo bicchiere d’acqua.
Il mio pretesto per fare tornare la mia madre era il bicchiere d’acqua:
– Mamma ho sete!
Ho conservato l’abitudine di avere un bicchiere d’acqua accanto al letto, ma la mano della mia madre non c’è più.
Che è la ninnananna amata dei piccoli italiani?
@Alcor
Giusto, anche Freud, l’ho aggiunto :-)
Ciò su cui riflettevo, con un amico che di cartoon serba memoria meno effimera della mia, è il rimodellamento del ceto borghese della Germania dell’Est, in questo caso del suo immaginario infantile, posto fra l’incudine del biedermeier – coi suoi interni dolci, le ninnananne, la ritualità serena, gli indiani di Karl May – e il martello della repressione appena oltre la soglia, per metonimia le carceri di Bautzen.
Devo però confessare che canto (raglio) la canzone a mia figlia, con ottimi, definitivi risultati.
@Maria Luisa e Véronique:
“Didon dina dit-on du dos d’un dodu dindon”
Naturalmente niente a che vedere con ninnennanne italiane. Si tratta di nota di Gadda a “certo egoismo o egotismo un po’ da gallinaccio” nel primo Pasticciaccio, quello in “Letteratura”. Vista la presenza di esperte, anche se O.T., mi piacerebbe saperne qualcosa.
“La prima puntata terminava con Sabbiolino che, dopo aver svolto il suo lavoro, si addormentava ad un angolo di strada. La trasmissione di questa scena – era la fine di novembre e il freddo già pungente – condusse alle proteste dei genitori.”
I genitori sono una specializazione della razza umana.
Per quanto riguarda le ninnennanne:
…tru tru tru lu me’ cabaddu
zoppu chi no po’ anda’
crozi postha lu dina’
lu dina’ postha la crozi
e lu ghiu postha la nozi
la nozi postha lu ghiu
lu pizzoni ciu ciu
ciu ciu lu pizzoni
e mè mè fazi l’agnoni
l’agnoni fazi mè mè
lu puscheddu ciocè
ciocè lu pucheddu
pio pau lu cateddu
lu cateddu pio pau
e la iatta fazi miao
mio mao fazi la iatta
e mu mu fazi la bacca
la bacca fazi mu mu
lu giarlu cuccurucù
curucù fazi lu giarlu
e tru tru lu me’ cabarlu…
E’ l’unica ninnanna che abbia mai cantato ai miei figli.
Un appunto sul difficile *cateddu*: è “cagnolino”, “cucciolo”. Termine che, se volete: *catello*, potete trovare nella “Divina Commedia” di Dante.
Amo molto ” e la iatta fazi miao (miaou) mio mao fazi la iatta, cuccurucù mi piace bene anche.
Promesso, se ho un bambino ( e non in sogno) provero a cantare la ninnanna di soldato blu, e faro anche la versione francese.
Ma trovo che il mu mu italiano è più dolce.
Mi rammento che la mia preferita era ( con l’eau vive) questa :
Une chanson douce
Que me chantait ma maman,
En suçant mon pouce
J’écoutais en m’endormant.
Cette chanson douce,
Je veux la chanter pour toi
Car ta peau est douce
Comme la mousse des bois.
La petite biche est aux abois.
Dans le bois, se cache le loup,
Ouh, ouh, ouh!
Mais le brave chevalier passa.
Il prit la biche dans ses bras.
La, la, la.
La petite biche,
ce sera toi, si tu veux.
le loup, on s’en fiche.
Contre lui, nous serons deux.
Une chanson douce
Que me chantait ma maman,
Une chanson douce
Pour tous les petits enfants.
O le joli conteque voilà,
La biche, en femme, se changea,
la, la, la
Et dans les bras du beau chevalier,
Belle princesse elle est restée,
eh, eh, eh
La jolie princesse
Avait tes jolis cheveux,
la même caresse
se lit au fond de tes yeux.
Cette chanson douce
je veux la chanter aussi,
Pour toi, ô ma douce, jusqu’à la fin de ma vie,
Jusqu’à la fin de ma vie.
E l’ultima. Non so come fare per fare ascoltare la musica.
L’eau vive (de Guy Béart)
Ma petite est comme l’eau
Elle est comme l’eau vive
Elle court comme un ruisseau
Que des enfants poursuivent
Courez, courez
Vite si vous le pouvez
Jamais, jamais
Vous ne la rattraperez
Lorsque chantent les pipeaux
Lorsque danse l’eau vive
Elle mène mes troupeaux
Au pays des olives
venez, venez
Mes chevreaux, mes agnelets
dans le laurier
le thym et le serpolet
Un jour que sous les roseaux
Sommeillait mon eau vive
Vinrent les gars du hameau
Pour l’emmener captive
fermez, fermez
Votre cage à double-clé
Entre vos doigts
L’eau vive s’envolera
Comme les petits bateaux
Emportés par l’eau vive
dans ses yeux les jouvenceaux
Voguent à la dérive
Voguez, voguez
Demain, vous accosterez
L’eau vive n’est pas encore à marier
Pourtant un matin nouveau
A l’aube mon eau vive
Viendra battre son trousseau
Aux cailloux de la rive
Pleurez, pleurez
Si je demeure esseulé
le ruisselet
Au large s’en est allé.
Ora, buona serata a tutti, poi, buona notte.
Vedo in Sandmann – giusto il riferimento di Alcor a Freud, e significativi i controesempi delle ninnennanne francesi e sarde che invitano invece al “realismo” – un’operazione materna, tutta femminile, di induzione, di costrizione al “fantastico” dell’infante.
Che assume – e dovrà mantenere, poi, una volta adulto: la barbetta bianca – valore pregiato, permanente, nel “ritorno”.
Del ritorno. Nella definizione di “casa”.
Quel tipo di immagini appartengono, secondo Jung, all’anima maschile.
Mi fa pensare a una sorta di difesa preventiva, da parte della madre – “ragno”, per come tesse la tela – rispetto a quei figli che, maturi, in zona di frontiera, saranno costretti a coltivare qualità guerriere, violente.
Proprio per difendere la “casa”.
Qualità che dovranno però riporre una volta “ritornati”.
E’ un problema che si pone in tutte le società guerriere.
Alcune tribù primitive lo avevano risolto in questo modo: il guerriero che aveva ucciso in battaglia non poteva ritornare immediatamente al villaggio.
Una capanna veniva costruita fuori del villaggio e lì il guerriero che aveva dato la morte doveva trascorrere un periodo di quarantena, sino a liberarsi dell’anima omicida.
Domenico Pinto (1976). È traduttore. Collabora alle pagine di «Alias» e «L'Indice». Si occupa di letteratura tedesca contemporanea. Cura questa collana.
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Adoro. E’ una bella manera di iniziare il sabato con musica ( e’ la feste della musica in Francia).
Se avevo bambini, sarei felice di evocare il sabbiolino, pretesto a raccontare favole, a cantare in dolcezza, a colorare i sogni. Il bambino non vede la frontiera tra la realtà e la vita di fantasia.
E’ molto importante fare crescere l’immaginario;
Questo post mostra anche l’universalità del sabbiolino: è una manera di rassicurare il bambino che ha paura di entrare nel mare dei sogni: un rito come il bacio della bonna notte.
tra i tags potevi mettere anche Freud:-)
Bella!
A me piace anche questa (Veronique la conosci?). Sentita anni fa in un appartamentino di Parigi e rivolta ad un bambinello un po’ pestifero, si è impressa nella mia mente. Conclusione: il pupo rimase sveglio, io no. Ogni tanto la tiro fuori dalla memoria, visto che anche agli adulti ogni tanto serve un ritornello per affrontare la paura del buio, come dicevano Deleuze e Guattari…
Dodo, l’enfant do,
L’enfant dormira bien vite
Dodo, l’enfant do
L’enfant dormira bientôt.
Une poule blanche
Est là dans la grange.
Qui va faire un petit coco
Pour l’enfant qui va fair’ dodo.
Dodo, l’enfant do,
L’enfant dormira bien vite
Dodo, l’enfant do
L’enfant dormira bientôt.
Tout le monde est sage
Dans le voisinage
Il est l’heure d’aller dormir
Le sommeil va bientôt venir
la musica è qui: http://www.mamalisa.com/?t=em&p=179&c=22
Maria Luisa,
Grazie per il ricordo. In realtà conoscevo solo la prima parte. La canzone che la mia madre mi cantava era à ” la claire fontaine”, e “elle est comme l’eau vive “(perché ero molto svegliata). La mia madre adorava cantare (e soprattutto l’opera).
Una canzone che non amavo era frère Jacques. E’ vero che il bambino vuole restare un po con la mamma, primo di dormire: ha bisogno di gesto di affetto: favola, bacio, piccolo bicchiere d’acqua.
Il mio pretesto per fare tornare la mia madre era il bicchiere d’acqua:
– Mamma ho sete!
Ho conservato l’abitudine di avere un bicchiere d’acqua accanto al letto, ma la mano della mia madre non c’è più.
Che è la ninnananna amata dei piccoli italiani?
@Alcor
Giusto, anche Freud, l’ho aggiunto :-)
Ciò su cui riflettevo, con un amico che di cartoon serba memoria meno effimera della mia, è il rimodellamento del ceto borghese della Germania dell’Est, in questo caso del suo immaginario infantile, posto fra l’incudine del biedermeier – coi suoi interni dolci, le ninnananne, la ritualità serena, gli indiani di Karl May – e il martello della repressione appena oltre la soglia, per metonimia le carceri di Bautzen.
Devo però confessare che canto (raglio) la canzone a mia figlia, con ottimi, definitivi risultati.
@Maria Luisa e Véronique:
“Didon dina dit-on du dos d’un dodu dindon”
Naturalmente niente a che vedere con ninnennanne italiane. Si tratta di nota di Gadda a “certo egoismo o egotismo un po’ da gallinaccio” nel primo Pasticciaccio, quello in “Letteratura”. Vista la presenza di esperte, anche se O.T., mi piacerebbe saperne qualcosa.
“La prima puntata terminava con Sabbiolino che, dopo aver svolto il suo lavoro, si addormentava ad un angolo di strada. La trasmissione di questa scena – era la fine di novembre e il freddo già pungente – condusse alle proteste dei genitori.”
I genitori sono una specializazione della razza umana.
Per quanto riguarda le ninnennanne:
…tru tru tru lu me’ cabaddu
zoppu chi no po’ anda’
crozi postha lu dina’
lu dina’ postha la crozi
e lu ghiu postha la nozi
la nozi postha lu ghiu
lu pizzoni ciu ciu
ciu ciu lu pizzoni
e mè mè fazi l’agnoni
l’agnoni fazi mè mè
lu puscheddu ciocè
ciocè lu pucheddu
pio pau lu cateddu
lu cateddu pio pau
e la iatta fazi miao
mio mao fazi la iatta
e mu mu fazi la bacca
la bacca fazi mu mu
lu giarlu cuccurucù
curucù fazi lu giarlu
e tru tru lu me’ cabarlu…
E’ l’unica ninnanna che abbia mai cantato ai miei figli.
Un appunto sul difficile *cateddu*: è “cagnolino”, “cucciolo”. Termine che, se volete: *catello*, potete trovare nella “Divina Commedia” di Dante.
Amo molto ” e la iatta fazi miao (miaou) mio mao fazi la iatta, cuccurucù mi piace bene anche.
Promesso, se ho un bambino ( e non in sogno) provero a cantare la ninnanna di soldato blu, e faro anche la versione francese.
Ma trovo che il mu mu italiano è più dolce.
Mi rammento che la mia preferita era ( con l’eau vive) questa :
Une chanson douce
Que me chantait ma maman,
En suçant mon pouce
J’écoutais en m’endormant.
Cette chanson douce,
Je veux la chanter pour toi
Car ta peau est douce
Comme la mousse des bois.
La petite biche est aux abois.
Dans le bois, se cache le loup,
Ouh, ouh, ouh!
Mais le brave chevalier passa.
Il prit la biche dans ses bras.
La, la, la.
La petite biche,
ce sera toi, si tu veux.
le loup, on s’en fiche.
Contre lui, nous serons deux.
Une chanson douce
Que me chantait ma maman,
Une chanson douce
Pour tous les petits enfants.
O le joli conteque voilà,
La biche, en femme, se changea,
la, la, la
Et dans les bras du beau chevalier,
Belle princesse elle est restée,
eh, eh, eh
La jolie princesse
Avait tes jolis cheveux,
la même caresse
se lit au fond de tes yeux.
Cette chanson douce
je veux la chanter aussi,
Pour toi, ô ma douce, jusqu’à la fin de ma vie,
Jusqu’à la fin de ma vie.
E l’ultima. Non so come fare per fare ascoltare la musica.
L’eau vive (de Guy Béart)
Ma petite est comme l’eau
Elle est comme l’eau vive
Elle court comme un ruisseau
Que des enfants poursuivent
Courez, courez
Vite si vous le pouvez
Jamais, jamais
Vous ne la rattraperez
Lorsque chantent les pipeaux
Lorsque danse l’eau vive
Elle mène mes troupeaux
Au pays des olives
venez, venez
Mes chevreaux, mes agnelets
dans le laurier
le thym et le serpolet
Un jour que sous les roseaux
Sommeillait mon eau vive
Vinrent les gars du hameau
Pour l’emmener captive
fermez, fermez
Votre cage à double-clé
Entre vos doigts
L’eau vive s’envolera
Comme les petits bateaux
Emportés par l’eau vive
dans ses yeux les jouvenceaux
Voguent à la dérive
Voguez, voguez
Demain, vous accosterez
L’eau vive n’est pas encore à marier
Pourtant un matin nouveau
A l’aube mon eau vive
Viendra battre son trousseau
Aux cailloux de la rive
Pleurez, pleurez
Si je demeure esseulé
le ruisselet
Au large s’en est allé.
Ora, buona serata a tutti, poi, buona notte.
Vedo in Sandmann – giusto il riferimento di Alcor a Freud, e significativi i controesempi delle ninnennanne francesi e sarde che invitano invece al “realismo” – un’operazione materna, tutta femminile, di induzione, di costrizione al “fantastico” dell’infante.
Che assume – e dovrà mantenere, poi, una volta adulto: la barbetta bianca – valore pregiato, permanente, nel “ritorno”.
Del ritorno. Nella definizione di “casa”.
Quel tipo di immagini appartengono, secondo Jung, all’anima maschile.
Mi fa pensare a una sorta di difesa preventiva, da parte della madre – “ragno”, per come tesse la tela – rispetto a quei figli che, maturi, in zona di frontiera, saranno costretti a coltivare qualità guerriere, violente.
Proprio per difendere la “casa”.
Qualità che dovranno però riporre una volta “ritornati”.
E’ un problema che si pone in tutte le società guerriere.
Alcune tribù primitive lo avevano risolto in questo modo: il guerriero che aveva ucciso in battaglia non poteva ritornare immediatamente al villaggio.
Una capanna veniva costruita fuori del villaggio e lì il guerriero che aveva dato la morte doveva trascorrere un periodo di quarantena, sino a liberarsi dell’anima omicida.