Verso un ritorno della “razza”?

(Con il quarto governo Berlusconi, mi sembra che sia ormai cambiato il contesto che ha visto su questo blog prendere corpo un dossier intitolato “Razzismi quotidiani”. Il motivo di questo cambiamento è semplice. Molti di noi hanno continuato a pensare in termini di “denuncia” del pregiudizio e della discriminazione. Si partiva dall’assunto che, nella nostra società, la maggioranza delle persone non potesse sostenere a chiare lettere un atteggiamento discriminatorio nei confronti di altri esseri umani. Uno dei nostri obiettivi era l’esigenza di “svelare” un razzismo che spesso si presentava sotto vesti più innocenti o decenti. Oggi, invece, chi palesa i suoi pregiudizi e chi invoca a chiare lettere l’esigenza di discriminare, riscuote successo. È un po’ quello che succede con il fascismo. C’è ancora chi denuncia “gesti”, “attitudini”, “discorsi” fascisti. Ma è proprio in quanto “fascisti” che quei gesti, attitudini e discorsi piacciono. Detto questo, è doveroso non tacere. E anzi, di fronte al trionfo della semplificazione del reale, è importante confrontarsi con le comunità di studio, con tutti coloro che non producono esclusivamente “sapere” televisivo e giornalistico. A. I.)

di Simone Morgagni

Il problema della legalità è all’ordine del giorno. Si tratta forse della questione sociale che gode da qualche anno a questa parte di maggiore attenzione da parte dei media e dei cittadini, da parte dei governanti e dei governati dei paesi occidentali. Nella quasi totalità dei casi la tematica della legalità e della sicurezza si incrociano con fenomeni di emarginazione, di violenza e di insicurezza che sembrano porre domande sempre più pressanti riguardo ai legami che intercorrono tra tutte queste nozioni.

Il disastro provocato dall’uragano Katrina in Louisiana alla fine dell’agosto 2005; le proteste e gli scontri nelle banlieues francesi, durante l’autunno dello stesso anno proseguiti, con maggiore o minore intensità, fino ad oggi, fino ad arrivare al clamore mediatico ottenuto dagli stupri ad opera degli “extracomunitari” (come se lo stupro fosse una loro prerogativa esclusiva), sembrano chiamare in causa ancora una volta il vecchio concetto di razza. Questa volta, tuttavia, sembra non trattarsi semplicemente, di un semplice ritorno delle vecchie forme di razzismo istituzionalizzato.

La situazione attuale sembra piuttosto metterci di fronte ad un suo parziale ritorno che si presenta accompagnato da una pletora di nuove forme di discriminazione ed esclusione che, nonostante un’apparenza spesso meno inquietante, possono probabilmente essere riportate alla stessa matrice. In questa stessa ottica si potrebbero ad esempio leggere gran parte delle politiche “securitarie” che vengono proposte, attuate e propagandate con lo scopo dichiarato di riportare ordine nel caos prodotto dai processi di globalizzazione delle merci, delle persone e delle paure. Basti pensare alla costituzione di banche dati sempre più numerose, alle ispezioni sempre più intime, all’identificazione delle persone attraverso il riconoscimento delle loro sole specificità fisiche. Sembra allora tornare ad emergere, dalla considerazione di questi scenari, la possibilità di utilizzare specificamente la nozione di “razza” come categoria interpretativa, come strumento di diagnosi dell’impatto che questi fenomeni hanno sullo spazio della nostra vita pubblica, della nostra politica, delle nostre istituzioni.

Si assiste in tal modo ad un imprevisto capovolgimento di quel percorso intellettuale che, dopo aver messo in discussione la nozione di razza come entità tassonomica sostenuta da prove genetiche, fa riapparire quella stessa categoria come elemento comunitario, portatore di cultura, di esclusione come di solidarietà. Questo perché la categoria viene recuperata sia nei discorsi delle minoranze che in quelli dei gruppi oppressori, mostrandone una progressiva ed inedita doppia utilizzazione, non più limitata alla creazione di una distanza da non superare, ma espansa anche alla costruzione stessa di una identità collettiva. Se il termine “razza” sembra ormai non aver più alcun senso, scientificamente parlando, la tanto auspicata eliminazione dello stesso termine, inteso come struttura culturale, potrebbe avere conseguenze ancora più nefaste. Le nostre società, infatti, sembrano mostrare serie difficoltà nell’assorbire questa nozione all’interno di quelle preesistenti, come quella di “cultura” o quella di “etnia”. Di conseguenza si assiste ad un tendenziale mantenimento di modalità di dominio e sopraffazione spesso estremamente reali, ma nascoste dietro la cortina di una nuova tipologia di attività discriminatorie, meno appariscenti e visibili rispetto al passato. Per questa ragione, all’interno delle società multiculturali, i dilemmi posti dalle questioni di eguaglianza, libertà, inclusione, sicurezza devono tornare ad essere indagati secondo una nuova ottica capace di ricostruire il legame tra vecchie e nuove forme di discriminazione. Questa rinnovata attività di indagine ci pare del resto la sola possibilità per comprendere più in profondità quel diffuso senso di inquietudine verso il “diverso” che si propaga attualmente senza che si riescano ancora a trovare le categorie adatte per poterlo comprendere, e combattere.

Tutte queste motivazioni ci hanno spinto a proporre ai lettori di Nazione Indiana questa piccola serie di quattro interventi che vogliono tentare di fornire una sorta di mappa concettuale, di diario minimo delle attuali riflessioni su due tematiche fondamentali quali “la discriminazione di soggetti vulnerabili derivante dal fenomeno delle migrazioni” e “la crisi della capacità delle istituzioni e del diritto di operare in base a valori condivisi”. Si tratta di una selezione dell’attività di ricerca svoltasi in questi ultimi anni e promossa in Italia soprattutto presso il Dipartimento di Scienze Giuridiche dell’Università di Modena e Reggio Emilia e presso il Dipartimento di Teoria e Storia del diritto dall’Università di Firenze. Questa attività è stata accompagnata da una serie di pubblicazioni online che indichiamo qui di seguito e si è conclusa con la pubblicazione, nel novembre 2007, di un doppio volume a titolo “Differenza razziale, discriminazione e razzismo nelle società multiculturali” edito dalla casa editrice Diabasis di Reggio Emilia e a cura di Thomas Casadei e Lucia Re.

Sarà proprio da questa pubblicazione che saranno tratti i tre interventi che verranno pubblicati nei giorni a venire. Proporremo dapprima un approccio teorico sulla questione de “La costruzione del razzismo”, formulato dal filosofo francese Etienne Balibar, cui seguirà una breve analisi delle pratiche discriminatorie e dei possibili trattamenti uguaglianti a firma di Costanza Margiotta per concludere poi con la trattazione di alcuni problemi legati alla libertà di espressione e posti a confronto con le recenti Teorie Critiche della Razza. Speriamo possano rivelarsi utili strumenti per avvicinarsi ad un fenomeno quantomai reale e purtroppo così poco analizzato, se non con gli strumenti, evidentemente inadatti, della repressione e della soppressione progressiva delle libertà fondamentali dell’uomo.

Indichiamo, qui di seguito, una serie di collegamenti ipertestuali che conducono ad alcune raccolte di testi disponibili in rete ed elaborati all’interno del quadro d’analisi che è stato brevemente presentato. Segnaliamo in particolare:

Approfittiamo di questo primo intervento per ringraziare le Edizioni Diabasis e Thomas Casadei per la collaborazione che ci hanno fornito e per l’autorizzazione alla ‘liberazione’ online dei testi pubblicati. Teniamo inoltre particolarmente a ringraziare Etienne Balibar, Costanza Margiotta e Giorgio Pino per la loro cortesia nel concederci l’autorizzazione alla pubblicazione dei loro testi e per la disponibilità dimostrata anche con la loro volontà, tempo permettendo, di seguire l’eventuale dibattito generato dalla pubblicazione.

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13 Commenti

  1. Il razzismo e’ un’utile valvola di sfogo per la rabbia popolare.

    Una rabbia che dovrebbe rivolgersi contro l’incapacita’ di chi ci governa piu’ che contro particolari razze o gruppi etnici. Chi come me conosce alcuni rumeni che vivono in Italia da qualche tempo, fa fatica a distinguerli dagli Italiani.

    Pero’ una cosa sono i Rumeni, un’altra sono i Rom, un popolo di difficile assimilazione che fatica ad adattarsi ai nostri usi e costumi.

  2. Sessant’ anni fa rumeni e italiani uccidevano zingari e ebrei di comune accordo e ora, a causa di qualche disparità economica, si ergono addirittura a “razza superiore” nei confronti dei loro ex compagni di carneficina?! tra i numi tutelati di “Forza nuova” si può sicuramente annoverare Corneliu Zelea Codreanu, tra i pensatori più importanti della destra europea si possono di sicuro segnalare Cioran e Eliade: io non capisco come un popolo così nostalgico del fascismo come quello Italiano possa ora scagliarsi con tale veemenza versio i propri ex compagni di pogrom! Che ingratitudine!
    Dall’ alto della civiltà dei quartieri di Secondigliano e Scampia, poi…

    http://www.catalinradio.blogs.it

    http://www.catalinradio.blogs.it

  3. Uno dei prossimi scontri culturali sarà sicuramente quello tra meticciato e razza. Vedremo chi l’avrà vinta.

    E pensare che ci eravamo illusi proprio del trionfo del primo concetto (vedi Glissant).

    Personalmente penso che si dovrà imparare a lottare per il primo, visto che è meno “attuale” di quanto si pensi, fa parte dell’umanità fin dalle sue origini.

  4. Ronda Special edition
    tempo fa chiesi salvo errore INVANO di indicizzzare tra i razzismi quotidiani un bel/ “brutto” pezzo di storia sul dacci oggi il nostro trans, quotidiano.
    appiccico un link da tg1prima serata se non erro, mi raccomando le manine dei bambini sugli occhietti dei bambini, degno di nota l’urlo finale. Engioi the rondaenter-tainment

  5. gina, grazie, come sempre…al di là della ronda, per cui la gente sta veramente andando fuori di testa in questi brutti tempi, questo è il caso più eclatante di espulsione dalla società, non una scelta, non una decisione, non un allontanamento deliberato, volontario, ma troppo spesso subìto, un’espulsione decretata dalla società stessa sulla presunzione di un principio di sanità, “purezza” sessuale…il transessuale non chiede altro che di mutare il proprio sesso per vivere a suo agio con se stesso e col resto del mondo, nel mondo, e la società che fa? niente, per tutta risposta, in tutte le sue forme: dalla famiglia al condominio all’impresa allo stato, anche senza leggi esplicite, , semplicemente lo sbatte fuori. lo condanna all’emarginazione e, addirittura, sì, alla prostituzione: E’ LA SOCIETA’ CHE LO CONDANNA! che lo obbliga a prostituirsi, ma non contenta, come se darsi alla macchia, vivere all’ombra del mondo dei giusti, dei sani, dei puri, non fosse ancora abbastanza, lo toglie anche da lì, e non certo per aprirgli le porte del suo regno, ma solo per sbatterlo dietro un’altra grata, perché è la sua stessa esistenza che deve essere rimossa, cancellata come un brutto errore della natura…e a tutti i genitori, ipocriti, che invocano le mani sugli occhietti dei bambini, chiederei di badare, piuttosto, alle manine che ci vorrebbero nella loro cameretta…

  6. maria
    ciao:)
    c’è il senso stesso della comunità, che definisce se stessa a partire dal proprio fallimento potenziale, e con questo il diritto ha parecchio a che fare vedere, il senso del trans-ito e del con-fine, e il senso dell’orientamento, sempre a partire da, che definisce i rapporti di prossimità e distanza e il corpo e il genere la razza.
    E pure il senso del tiggì:))

  7. Il servizio del tg mette la pelle d’oca. mi fa venire in mente che all’inizio del secolo scorso nei quotidiani del Sud degli Stati Uniti venivano pubblicati gli annunci (le pubblicità?) dei linciaggi di uomini neri – in tal luogo a tal ora, accorrete numerosi.

    Grande la riflessione di Balibar sul razzismo differenzialista, il ritorno dell’idea di “razza” travestita da “cultura”.

    Complimenti per il progetto,

    r

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Andrea Inglese (1967) originario di Milano, vive nei pressi di Parigi. È uno scrittore e traduttore. È stato docente di filosofia e storia al liceo e ha insegnato per alcuni anni letteratura e lingua italiana all’Università di Paris III. Ora insegna in scuole d’architettura a Parigi e Versailles. Poesia Prove d’inconsistenza, in VI Quaderno italiano, Marcos y Marcos, 1998. Inventari, Zona 2001; finalista Premio Delfini 2001. La distrazione, Luca Sossella, 2008; premio Montano 2009. Lettere alla Reinserzione Culturale del Disoccupato, Italic Pequod, 2013. La grande anitra, Oèdipus, 2013. Un’autoantologia Poesie e prose 1998-2016, collana Autoriale, Dot.Com Press, 2017. Il rumore è il messaggio, Diaforia, 2023. Prose Prati, in Prosa in prosa, volume collettivo, Le Lettere, 2009; Tic edizioni, 2020. Quando Kubrick inventò la fantascienza. 4 capricci su 2001, Camera Verde, 2011. Commiato da Andromeda, Valigie Rosse, 2011 (Premio Ciampi, 2011). I miei pezzi, in Ex.it Materiali fuori contesto, volume collettivo, La Colornese – Tielleci, 2013. Ollivud, Prufrock spa, 2018. Stralunati, Italo Svevo, 2022. Romanzi Parigi è un desiderio, Ponte Alle Grazie, 2016; finalista Premio Napoli 2017, Premio Bridge 2017. La vita adulta, Ponte Alle Grazie, 2021. Saggistica L’eroe segreto. Il personaggio nella modernità dalla confessione al solipsismo, Dipartimento di Linguistica e Letterature comparate, Università di Cassino, 2003. La confusione è ancella della menzogna, edizione digitale, Quintadicopertina, 2012. La civiltà idiota. Saggi militanti, Valigie Rosse, 2018. Con Paolo Giovannetti ha curato il volume collettivo Teoria & poesia, Biblion, 2018. Traduzioni Jean-Jacques Viton, Il commento definitivo. Poesie 1984-2008, Metauro, 2009. È stato redattore delle riviste “Manocometa”, “Allegoria”, del sito GAMMM, della rivista e del sito “Alfabeta2”. È uno dei membri fondatori del blog Nazione Indiana e il curatore del progetto Descrizione del mondo (www.descrizionedelmondo.it), per un’installazione collettiva di testi, suoni & immagini.
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