L’uomo dei sogni: Albert Hofmann
Riporto da Giavasan:
Albert Hofmann, lo scopritore dell’LSD, è morto il 29 aprile a 102 anni nella sua casa a Basel, in Svizzera.
Può sembrare un gioco di parole, ma è rimasto lucido fino all’ultimo: prova ne sia il discorso che ha tenuto alla festa organizzata in occasione del suo centesimo compleanno.
Qui un breve cortometraggio animato di David Normal che racconta la prima esperienza di Hofmann con l’LSD, secondo quanto riportato dallo scienziato stesso nel suo libro My Problem Child.
[youtube:http://www.youtube.com/watch?v=QaG0R2EjFgs]
The Bicycle ride, animazione di David Normal, musiche tratte da Pink Floyd, Atomheart Mother Suite, 1970
Foto di Stepan da Wikimedia Commons con licenza Creative Commons Attribution ShareAlike 2.0 Germany
Via Giavasan: L’uomo dei sogni
Ecco, queste cose a me m’inquietano non poco…la possibilità di fare un viaggio nell’onirico no, non mi spaventa, mi spaventa il tipo di viaggio a cui l’assunzione di sostane come quella sopra citata può portare, un viaggio che distorce la realtà a tal punto da generare mostri, diavoli, fantasmi negativi…la visione del filmato riesce a dare un’idea perfetta di queste febbri deliranti capaci di spalancare abissi il cui ritorno resta comunque incerto e senza dubbio compromettente!
Ho riletto recentemente le corrispondenze di Hofmann con Huxley e con Jungher sulle “alterazione degli stati di coscienza”. Sono racconti interessantissimi, la dimostrazione secondo me di come la ricerca verso l’altro e l’altrove possa esistere e svilupparsi al di là del mito, infatti Hofmann era estraneo e poco interessato alla mitologia esplosa negli anni ’60, benché fosse in contatto con Leary, che aveva fatto dell’LSD quasi una religione. Mi hanno colpito molto anche le sue considerazioni di ricercatore chimico sull’infinitamente piccolo, un concetto che sfugge ad ogni logica e che difficilmente si può spiegare, dice, senza ricorrere a Dio.
Comunque ha utilizzato dosi massicce di dietilamide dell’acido lisergico, per anni, ed è arrivato a questa età “perfettamente lucido”. Vuol dire qualcosa?
*Questo è il quinto viaggio da stamattina
e ancora non sono arrivato a nessun posto*
da un film dei Fratelli Marx.
Ma poi, questo Hofmann, cos’ha fatto? oltre a
inventare l’LSD e imbottirsene.
Non mi pare molto.
Oppure – si vuol dire – l’LSD,
permette, a tutti quelli che ne fanno uso,
di campare almeno 100 anni?
Perché, in questo caso, non mi interessa:
io voglio morire giovane e non rincoglionito.
Insomma, anche se, alla fine, non male, per uno
nato a Baden e morto a Basilea,
città dei due Jung, di Burckhardt
e, d’elezione, di Nietzche.
Ma quelli parlavano chiaramente:
*Caro professore [Burckhardt], alla fine
preferei moltissimo essere professore a Basilea
pittosto che Dio; ma non ho osato spingere
il mio egoismo privato fino al punto di omettere,
per causa sua, la creazione del mondo.*
Scusate, manca una correlazione tra le mie frasi – ed era proprio quello per cui mi sono sentito costretto ad intervenire:
Come si fa a dire che uno è morto a 102 anni “perfettamente lucido”
dopo quello che ha detto “dell’infinitamente piccolo” che “sfugge ad ogni
logica e che difficilmente si può spiegare senza ricorrere a Dio?”
Perché, questo, è *rincoglionimento certo*, dopo Cantor, passando per Feyman e arrivando ad oggi, che possediamo intere biblioteche che non hanno alcun bisogno di un concetto così fumoso come quello di Dio, non solo per pensarlo l’infinitamente piccolo,ma per *usarlo*.
Non abbiamo mai sentito parlare di *nanotecnologie*?
Oppure dobbiamo ricominciare da Zenone?
monom, che sei un pozzo di certezze, Hofmann ha detto, in una intervista a Pino Corrias del 1992: “Come chimico le dirò che più si va a fondo, più si indaga sul piccolo e piccolissimo, più si ha la necessità di ammettere un principio spirituale. Che cosa tiene insieme gli atomi? Che cosa li organizza? Se ammettere questo principio è religione, allora sì, sono religioso”.
C’è un limite al piccolo (a parte le nanotecnologie, che non c’entrano nulla, non stiamo parlando dei “piccolini” Barilla), e fin dove arriva questo limite?
P.S. io non sottoscrivo né contesto l’affermazione di H. dico che mi ha colpito –
Secondo me invece Dio lo so trova nell’infinitamente grande, perché appartiene alle metafisiche occidentali che si basano sull’Uno.
Mentre nell’infinitamente piccolo ci sono i sistemi non duali di Sankaracarya o di Nagarjuna, che si basano sullo 0.
Vedo che l’ignoranza non risparmia neanche NI, purtroppo.
Il dr. Hofmann si è battuto tutta la vita perché l’LSD fosse tolto dalla categoria “droghe” dove venne buttato dall’isteria dell’America presa in contropiede dall’esplosione della sub-cultura hippie.
E in effetti l’LSD non ha molto a che vedere con le altre droghe, dal momento che non causa dipendenza ed è chimicamente atossico. Ovviamente presenta rischi di altro genere (ad esempio la slatentizzazione di psicosi nascoste) e lo stesso Hofmann condannò sempre qualsiasi uso ludico e/o abuso.
L’LSD aveva dimostrato di avere innumerevoli usi in psicoterapia e prima del bando esistevano numerose cliniche che lo utilizzavano proficuamente come strumento di agevolazione per il terapeuta. Anche Leary, il professore di Harvard che poi divenne una specie di profeta psichedelico, inizialmente aveva condotto importanti studi sull’uso della sostanza nello studio della trascendenza (si veda il good friday experiment
http://en.wikipedia.org/wiki/Marsh_Chapel_Experiment
Recentemente, in Svizzera, è ripreso l’utilizzo medico della sostanza e sono sempre di più i ricercatori (riunitisi a congresso a Basilea questo marzo) che propugnano la ripresa del lavoro accademico su “una delle più importanti scoperte del ventesimo secolo.”
L’eredità di Hofmann si concretizza nel lavoro della Gaia Media Foundation, che affronta la questione da un punto di vista più vasto
http://www.gaiamedia.org/index_eng.html
e della MAPS, organizzazione più specificamente orientata alle applicazioni mediche degli psichedelici
http://www.maps.org/indexA.html
Scusa sarmizegetusa ma chi ha affermato qui che l’LSD è una droga che crea dipendenza ecc?
Il mio “ignoranza” era riferito al commento di monom, e solo a quello :)
D’accordo sull’LSD, che può fa scatenare psicosi latenti. Basta dirlo.
*L’infinitamente piccolo*, perchè dev’essere *spirituale*? E cosa significa: che ce lo inventiamo noi?
Sono un pozzo di certezze sul pozzo di certezza che scietificamente fissa un limite, invalicabile, all’infinitamente piccolo, cioè che non lo è infinitamente:
Questo limite è la costante di Plank.
Oltre ognuno può dire *spiritualmente* quello che vuole. Anch’io ho alcune idee *mie* a quelle dimensioni, ma più che piccole, mi accorgo, per es. rispetto a quello che dice Heisenberg, che sono meschine.
C’è un bel po’ di confusione tra gli effetti delle cosiddette droghe e le loro dipendenze.
Come dice sarmizegetusa l’LSD, la sintesi chimica di sostanze che per altro si trovano già in natura, psilocina, mescalina, non crea dipendenza fisica, non almeno come può crearla l’eroina, che il corpo te lo mangia e te lo trasforma.
L’LSD agisce sulla mente e l’abuso, ma anche la sua cosumazione senza controllo, può semmai portare a quello che si definisce il “bad trip” o allo stato del “rimastone”, chi rimane nel suo viaggio, non ne esce, con conseguenze poco piacevoli sulla psiche, anche a lungo termine.
Ma di questo possono essere responsabili pure moltissimi psicofarmaci, totalmente legali e assai più tossici di quanto può essere uno psylocibe magico o un peyote su cui un certo Quanah Parker dei Comanche ne sapeva molto di più di tanti scienziati.
Al di là dell’uso personale e di quello che ognuno può pensare sulla sua propria vita, ciò che sconcerta è il modo di veicolare la gran parte della ricerca medica, scartando strade che potrebbero essere molto più interessanti di quelle percorse (ma sostenute da importanti case farmaceutiche…).
Non so, ma a me, fa sempre più senso il Ritalin ai bambini che non l’LSD o un fungo che fa capolino nella cacca di vacca.
Il commento di sarmizegetusa è comparso sul blog, prima del mio commento, dopo che lo avevo lanciato.
Ringrazio Vanni, che ammiro anche se non lo conosco, e, siccome abitiamo nella stessa città, propongo di trovarci stasera in Piazza Signoria per farci una bella scazzottata, senza annoiare gli altri.
Però ci possiamo mettere d’accordo su alcuni punti, che se si leggono i miei interventi, erano già presenti lì:
1, Cito Jung e suo nonno perchè entrambi, avendo lo stesso tipo di personalità che consente di fare, e prendere, seriamente alcune esperienze, il primo ad essere considerato – benché, mi pare, fosse medico
e sindacodi Basilea – uno stregone. Il secondo, il nipote – ma ci sarà anche qui chi non sarà d’accordo -è il più grande terapeuta del secolo scorso.
2. Non ho mai detto, ne dirò mai, che ci possa essere un limite alla sperimentazione, di sostanze o altro, per diminuire la sofferenza, tutte le sofferenze.
3. Avevo già sottolineato il pericolo del “ludico” e delle psicosi.
E avevo citato Nietzsche per mettere in guardia su che cosa significa:
*slatentizzazione di psicosi nascoste*.
Questo per quanto riguarda il terreno su cui Hofman può esprimere dei
pareri autorevoli.
Per quanto riguarda l’*infinitamente piccolo*.
Se *quelle riportate nel primo intervento* sono le parole di Hofmann, “quello” non può esprimere, sull’infinitamente piccolo, non solo un parere autorevole, ma nemmeno dirlo a una tavola di scienziati ubriachi.
La sospensione dell’uso dell’LSD come ‘medicina’ non avenne per i motivi sovraesposti, ma per ragioni statistiche: ne ammalava più che guarirne, perchè, purtroppo, è molto difficile diagnosticare una psicosi latente.
Uno dei pochi che ci riusciva era C.G.Jung, fondatore di una scuola di terapeuti, che è, almeno, alla pari di tutte le altre, ma che per me è la migliore.
Vorrei ben dire: il metilfenidato (Ritalin) altro non è che un’anfetamina.
Chiarisco il punto 1) che sembra scritto da un ubriaco, per la fretta:
Il nonno di Jung, che, mi pare, fosse sindaco della città, sorprendeva tutti i suoi conoscenti per la dimostrazionedi essere dotato di qualità di prevvegenza e altre cose di questo tipo. E malgrado la sua auterevolezza venne considerato una specie di stregone. Il nipote, kantiano, e di formazione scientifica, pur avendo personalmente fatto alcune esperienze singolari, e partendo dall’analisi scientifica di una caso offertagli da una giovane ‘medium’ – suo cugina – è riuscito a darne una spiegazione fenomenologica ed ad inquadrare il tutto in un precisa “teoria” scientifica.
Anche ciò che da altri viene definito – non hanno altre parole – Dio.
Per Hofmann, il passaggio dal primo intervento, riferimento, al quarto, citazione, è un aggravamento, piuttosto che una chiarificazione:
Che cosa tiene insieme gli atomi?
Non è possibile!
Dove, quando , come?
Le forze fondamentali, o i legami chimici?
Gli elettroni o i gravitoni?
E chi più…
Ma quale razza di scienziato era?
Dio tiene assieme gli atomi?
Magari perché lo prego, spiritualmente.
Il vecchio signore, quando ha parlato con Corrias, forse era rimasto nello stato del “rimastone”, come dice Francesca.
Una cosa è certa: io ci sono rimasto…
*Il mio “ignoranza” era riferito al commento di monom, e solo a quello.*
Ho aspettato: nessuno riponde. Chiudo.
Oltre che sulla cacca di vacca, *i funghi*, crescono anche sul grano.
Si dice che Dante usasse proprio quello.
Alcuni altri affermano, addirittura, che quel *fungo* sia Cristo, e lo fanno del tutto dignitosamente: religiosamente: come cosa da rispettare.
Io non faccio uso di anfetamine, mai, anzi, se c’è qualcosa che prendo è qualcosa che dovrebbe avere effetto contrario. Le mie droghe, caro sarigetesa, sono essenzialmente neuromorfine, dopo qualche canna di gioventù. Altro non mi sogno di avere preso.
1. Anche sull’effeto dell’LSD, Hofmann non ha più autorità, per parlarlne, di quanto non ne abbia avuto don Juan parlando del peyote.
Perchè entrambi hanno parlato a prescindere dalle scoperte di Gerald M. Edelman. E quello che si faceva con LSD, prima di Edelman, era *esattamente* come l’elettroschocK. Nessuna differenza.
Oggi, dopo Edelman, non so.
A proposito nessuno si ricorda il nome di Castaneda, quello vero, un serissimo antropologo statunitense, che intervistò lo stregone don Juan, offrendoci, poi, un pacco di conoscenze che, rispetto a Hofman, sugli stessi argomenti, è, per quanto io ne sappia, come la poesia di Dante rispetto la mia?
Di Hofman *restano* un libriccino di Huxlei, di cui possiedo la prima edizione, e che avevo paura di tenere in casa, non l’avesse a leggere mio
figlio da ragazzino e si montasse la testa.
Mai avuto paura che leggesse l’opera omnia di Castaneda.
2. Trascendenza. A quel che mi risulta questo termine è o matematico, o psicoanalitico, o filosofico. Filosoficamente siamo a Kant. Più vicino a Hofman, può essere la *Filosofia perenne* del nipote del più grande amico di Darwin, a cui io ho solo dato uno sguardo fuggente, non avendone più bisogno, ma in cui, scommetto, la trascendenza non ha niente a che vedere con Dio.
Tanto per mettere i puntini su do
su http://www.apogeonline.com/webzine/2008/04/30/19/200804301901
la descrizione puntuale della scoperta e appunto delle intenzioni dell’autore, che mai esularono dall’interesse medico-scientifico, come avete già sottolineato, ma proprio per l’aspetto terrificante delle alterazioni, non potendo prevedere che venissero accolte come stupefacenti e considerate strumento di piacere.
E’ invece Huxley a parlare della “droga perfetta: tutti i vantaggi del Cristianesimo e dell’alcool; nessuno dei difetti” (da Il mondo nuovo)
aggiungo tutte cose che sapete già, che avete letto e riletto migliaia di volte, ma giusto perché stasera non avevo niente di meglio da fare che annoiarvi …
Nelle Porte della percezione scrive: “ Come la terra di cento anni fa, la nostra mente ha ancora le sue più oscure Afriche, il suo Borneo e i suoi Bacini delle Amazzoni non registrati dalle carte geografiche. in relazione alla fauna di queste regioni noi non siamo ancora zoologi, noi siamo meri naturalisti e raccoglitori di esemplari. […]
Come la giraffa e l’ornitorinco dal becco di anitra, le creature che abitano queste più remote regioni della mente sono straordinariamente improbabili. Nondimeno esse esistono, sono fatti dell’osservazione, e come tali non possono essere ignorate da chiunque cerchi onestamente di comprendere il mondo in cui vive.
[…]
Non si inventano queste creature più di quanto non si inventino i marsupiali. Esse vivono la loro vita in completa indipendenza e l’uomo non può controllarle. tutto ciò che può fare è andare nell’equivalente mentale dell’Australia e guardarsi intorno. Alcuni non scoprono mai coscientemente i loro antipodi. Altri fanno un atterraggio occasionale. Eppure altri (ma sono pochi) trovano facile andare e venire aloro piacimento.[…]
Due di questi metodi esistono…nel primo caso l’anima è trasportata alla sua remota destinazione con l’aiuto di un prodotto chimico, sia mescalina oppure acido lisergico. Nel secondo caso, il veicolo è psicologico in natura, e il passaggio agli antipodi della mente viene compiuto per ipnosi[…] trasportati in stato di trance in una regione agli antipodi della mente in cui trovano l’equivalente dei marsupiali[…] (;-)
Sembra che questa diminuzione di ciò che può chiamarsi l’efficienza biologica del cervello permetta l’ingresso nella coscienza ad alcune categorie di avvenimenti mentali che normalmente sono escluse, in quanto non posseggono valore di sopravvivenza. Simili intrusioni di materiale biologicamente inutile, ma esteticamente e qualche volta spiritualmente degno, possono verificarsi in conseguenza di malattia o stanchezza o digiuno o da un periodo di sconfinamento in luogo oscuro e di completo silenzio….”
Per H. il “bisogno di trascendere la personalità cosciente dell’Io è l’inclinazione principale dell’anima”
Mario Coglitore: “Il repentino cambiamento che ne segna la trasformazione in evento di massa sembra situarsi attorno al 1970 […]
. […] L’inserimento in uno spazio normativo disciplinare, con l’aiuto delle scienze mediche e di psichiatria e psicologia (contrariamente alle ottimistiche previsioni di di Huxley), ha generato negli anni Settanta la definizione ultima di una linea attiva, per citare ancora Deleuze, di costrizione, una congiuntura politica, culturale e sociale – che finirà per trasformarsi in ambientale – che modula l’asse tossicodipendenza – emarginazione – devianza pericolosa. Il concorso dei media, la stampa, la tv, ha inoltre grandemente contribuito alla progressiva diffusione dello stereotipo del drogato tra la gente. La costruzione di un’identità sociale, di un ruolo preciso dentro a rapporti di convivenza che si vogliono omologare additando il diverso, si inscrive in un sistema di differenze, ciascuna con la sua specificità, che intrappola il tossicodipendente nella rete significante dalla quale non uscirà […]La trasformazione del consumo delle droghe da esperienza di elite ad esperienza di massa è avvenuta all’interno di pratiche discorsive prima ancora che nella realtà storica[…]Nel decennio 70-80 si gettano le basi per la diffusione di massa di sostanze stupefacenti destinate a trasformarsi in industria: gravitano ai margini di questa fabbrica di incubi economie sommerse che registrano guadagni da capogiro. […]”
poi, come al solito, sulla differenziazione droghe pesanti/ leggere, fuori dalle categorie scolastiche mai dimenticare
Guattari: “Le antiche modalità di territorializzazione soggettiva sono crollate […] le persone si aggrappano a quelle sostitutive, siano esse le più ridicole o i più catastrofiche[…]
La mitologia “scientifica” che consiste nel definire le droghe pesanti come dipendenti da processi chimico – biologici radicalmente differenti da quelli delle altre droghe, è simmetrica alla mitologia veicolata dalle droghe stesse. […]
Di buchi neri ce ne sono dappertutto. Si tratta di sapere se la soggettività li mette in eco in modo tale che tutta la vita di un individuo, l’insieme delle sue modalità di semiotizzazione, dipendano da un buco nero centrale d’angoscia.[…]
E’ sempre lo stesso sistema nervoso che viene colpito “in entrata” e vi è ragione di pensare che è tutto un fatto di densità, di intensità, di modi di somministrazione, di strutturazione materiale, sociale, soggettiva delle droghe.
Detto altrimenti, ciò che conta non sono solo le caratteristiche psico-chimiche, ma i metodi di acquisto, gli stati d’animo collettivi, i miti…e il problema sta tutto nel sapere se queste strutturazioni complesse sfocino o meno in una individuazione rafforzata della soggettività, che va dal senso di una solitudine avicolo cieco, di un accerchiamento sociale e nevrotico, ovverosia nel senso delle coordinate dominanti del sistema capitalista:ciascun drogato, isolandosi, ripiegandosi su se stesso, taglia i ponti con le realtà esteriori che potrebbero permettergli di venirne fuori. E’ questo insieme di componenti che mi sembra caratterizzare il fenomeno droghe pesanti.
Una droga può definirsi leggera, al contrario, a partire dal momento in cui cessa di andare nel senso di una siffatta individuazione soggettiva, dal momento in cui si presta alla sistemazione di strutturazioni collettive di enunciazione, in cui permette ad alcuni individui di sollevare le proprie inibizioni, di mettere in questione il proprio modo di vita, i propri riferimenti morali e politici, il proprio ambiente materiale e sociale.
[…]
La droga ha giocato un ruolo fondamentale in tutte le società, in tutte le aree culturali e religiose[…] Ma la droga solitaria del capitalismo non funziona più in base alle modalità collettive proprie ad esempio dello sciamanesimo. E’ la nostra società tutta che è drogata, che rende pesanti le droghe, che le associa ad un senso di catastrofe, ad una pulsione di fine del mondo. Non c’è più niente da dire, più niente da fare: non resta che seguire il movimento che conduce al buco nero. Il fascismo, lo stalinismo, erano droghe pesanti collettive. La società consumistica riproduce in miniatura la corsa alla passività, all’infantilizzazione, alla morte. Non c’è più bisogno di costruire campi di sterminio: ognuno li organizza in se stesso[…]
le droghe pesanti sono microfasciste: non in quanto molecole, ma in quanto strutturazioni molecolari del desiderio che fanno cristallizzare le soggettività nell’ubriacatura micro-nazista, nei buchi neri del potere. La quadrettatura del territorio, il controllo sociale, implicano l’uso massiccio di 2 tipi fondamentali di droga, dagli effetti antagonisti, che tengono in pugno gli individui, e senza di cui essi diventano folli d’angoscia:
-una solitudine senza rimedio
– un’assoluta incapacità di accettare qualsiasi forma, quale che sia di solitudine, un richiamo costante a tutte le modalità di dipendenza, a tutte le àncore (tv, sport, vita coniugale, lavoro, gerarchia)…”
aggiungerei lo shopping e magari, a volte, pure internet…
insomma, di droghe, e pesanti, ce n’è a bizzeffe, spesso propinateci e assorbite senza averne coscienza, ogni tanto però si ricorre al capro: ora è la volta del popper e del mushroom, mi pare di aver letto che anche Olanda sarà messo al bando in una lotta senza quartiere, in nome di sua santità La Sicurezza, mentre dai rubinetti scorrono polveri a litri che fanno starnutire tutta l’ipocrisia dei piani alti…
monom: acc. ho letto solo ora. Va bene domani sera? :)
(e grazie dell’ammirazione, sicuramente immeritata)
c’è qualcosa, però, che voglio aggiungere, in particolare mi rivolgo a monom: a proposito “dell’esserci rimasti”, io, in tutta onestà, sono una di quelli che i marsupiali (belli e brutti) li vede al naturale senza grosse sollecitazioni e anch’io posso vantare una descrizione simile a quella terrificante di Hofmann per semplice cannabis, ne avevo fatto largo consumo per anni, poi un giorno, all’improvviso, così, semplicemente mi divenne tossica. fu un’esperienza assolutamente singolare, indipendentemente da dosi o sostanze adulterate, perché a quanti quella medesima canna era passata di mano non accadde praticamente nulla. io, da sola, entrai in tutt’altro universo fatto di allucinazioni, vertigini…esattamente quanto descritto da Hofmann. l’unica differenza è che, sebbene da quel giorno smisi immediatamente di farne uso, senza nessunissima difficoltà né rimpianti, pur continuando ad uscire con gente che tutta la sera non faceva altro che passarsela di mano in mano, ecco l’unica differenza fu che i suoi effetti negativi continuarono per un po’, da quel giorno fui soggetta a frequenti crisi di panico. ma, ripeto, era una cosa che dipendeva esclusivamente da me. oggi che quegli effetti sono stati da tempo immemorabile smaltiti, infatti il mio sistema nervoso o quello endocrino, non so perché, dal momento che non mi sono mai fatta curare, va incontro ad altri scompensi tutti suoi, tutti naturalissimi, costringendomi a vivere con questo “bambino difficile” che è in me. ma, appunto, non mi sognerei mai di dire: ragazzi non fumate le canne che fanno male, perché sarebbe lo stesso che dire: che ne so, da quando ho scoperto di essere allergica al latte o alle uova, state attenti a voi che fanno male…sarebbe un’assurdità.
a parte Guattari che per me è il vero guru, di quanto dice Huxley, è importante sapere che dentro di noi, in ciascuno di noi, esistono i marsupiali, c’è chi per tutta la vita non li ha mai incontrati, chi dopo averli visti, con o senza sollecitazioni, non li ha più abbandonati…l’importante è questo saper riconoscere in noi le luci e le zone d’ ombra senza ingaggiare assurde campagne di disinfestazione, semplicemnete convivere con le proprie insicurezze, i propri limiti e sapere che se lo stato o chi per lui ingaggia campagne, battute di caccia o lancia proclami è sempre per distrarre la vostra attenzione dai mostri che sta sfornando lui, è per farvi precipitare in un altro buco nero ad occhi chiusi,…vedete quanto sbandierare la sicurezza sul lavoro, quanto ufficialmente si faccia paladino della legalità e quanto, ufficiosamente, siano sue le mani sporche di sangue, quanto i ritmi della competitività, la religione del profitto, del massimo rendimento a costo zero, quanti morti abbiano sulla coscienza…ritagliai questo frammento da un giornale, :”in fondo, la salute di un lavoratore a paga globale, in base alle tabelle applicate dai tribunali Nord- Est, costa poco: 44 euro al giorno per invalidità totale. Molto meno di un buon paio di scarponi da cantiere”
ma, scusate questo improvviso deragliare, è venuto fuori così, dev’essere stato uno di quei marsupiali…
cara pimpa, parlando da madre che è stata figlia non molto tempo fa e ha vissuto un’esperienza simile alla tua, e la vede oggi in molti ragazzi, purtroppo, io mi sentirei assolutamente di dire senza paura una cosa davvero impopolare: non fatevi le canne che può davvero far male e slatentizzare in alcuni soggetti sensibili disturbi psicologici che poi ti porti dietro per tutta la vita. Curare l’allergia al latte è una bazzecola in confronto a conseguenze di questo tipo.
Attacchi di panico che semba una parola così innocua è un universo scuro che se non l’hai provato non puoi nemmeno immaginare cosa comporti. Il resto ancora peggio.
Al mondo senza farsi canne si sta benissimo.
Esse non devono essere parte di un rito conformistico di gruppo per forza.
Ciao di cuore
,\\’
cara orsola, come sempre restituisco al mittente:
– nessun rito conformistico di gruppo, (la tua paternale è uno dei motivi per cui esperienze del genere non dovrebbero raccontarsi)
– la prima volta che provai una canna, a 15 anni, credo, non ricordo me l’andai a cercare da sola, senza avere nessun tipo di frequentazioni particolari…
– chiesi a uno che conoscevo di vista a mala pena di vendermela, già bella e fatta, non sapevo neanche aspirare, non avevo neanche mai fumato una sigaretta. fu una decisione tutta mia e consapevole.
– secondo le frequentazioni te le scegli.-
– i miei disturbi erano latenti, solo che ad un certo punto esplosero, ma per vicende, credimi, molto più legate a disfunzioni di una borghesissima famiglia.
-secondo: in seguito tutti i miei amici, compreso il mio ragazzo passarono in blocco all’eroina. ho smepre continuato a frequentarli, anche se la vita ci ha fatto perdere di vista diverse volte.
io non mi sono mai fatta. rimasi single.
-detto questo, in tutta onestà, preferisco i tossici, i perdenti, gli sconfitti dalla vita sempre al mondo perbenista che mi rappresenti.
– saluti
la mia non era una paternale
anzi
e nemmeno perbenismo
ma mi va bene lo stesso che tu abbia colto questo
un caro saluto
solo due parole, prima che gli impegni mi risucchino, riferita a questa morte “prematura”…
Conoscere una sostanza, spesso significa anche padroneggiarla.
velocissima e non dal mio computer – ritornerò forse lunedì (…)
@monom – quando parli di Cristo e del fungo, ti riferisci per caso al libro di John Allegro? Il fungo e la croce, mi pare, che io non sono mai riuscita a leggere nemmeno nell’originale… anni fa mi interessavano assai queste cose.
Si mi riferisco a un libro, ma non ricordo nemmeno il titolo: non l’ho letto, solo sfogliato, era facile capire, immediatamente, cosa intendeva dire e in quale modo avrebbe argomentato.
Senza leggerlo, nemmeno oggi, è forse possibile, ancora oggi, ricostruire l’elenco dei testi che deve aver usato.
D’altronde non è da allora che gira la vecchia talpa che si chiama Kripgenstein?
Il mondo di quelli che ci vogliono convincere continua a rimuoverlo, ben sapendo che la vecchia talpa non è mai morta, perché nessuno, a quanto mi è dato di sapere, è mai riuscito a sconfiggerla.
In ogni caso rimarrebbe sempre Tarski, che è anche più indigesto di un topo doppio.
Un’intervista a Hoffman qui:
http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2006/01/08/069io.html
Un grazie a tutti per le notizie illuminanti sull’argomento, soprattutto a pimpa per i suoi interventi molto umani e nient’affatto marsupiali…
;-)
@pimpa, tra un perdente (che si pre-dispone alla rinascita) e uno che si distrugge (che si pone nel nulla) c’è una bella differenza!
ps. un estimatore di junger
qui una bella intervista:
http://www.mexicoart.it/DOC/AlbertHofmann.htm
pimpa ti voglio bene
;-))))
ma come siete belli, tutti
anch’io vi voglio bene
e stamattina a tutti quelli che c’hanno voglia di saltare dedico col cuore una canzoncina tutta sbracata e pimpante ;-))
su in aria! ciao
http://it.youtube.com/watch?v=bcji0hFb7wA
Un tema interessante è l’uso di sostanze per la creazione artistica, che, più di quanto non si pensi, è cosa di lunga data.
L’artista protagonista dei cinque movimenti di Sinfonia Fantastica di Berlioz (1803-1869), che descrive gli stati d’animo della sua delusione amorosa, disperato assume oppio per uccidesri, ma la dose troppo piccola gli suscita visioni terribili e le sue allucinazioni vengono descritte dei due movimenti Marcia al Supplizio dove sogna di uccidere la donna amata e di essere condotto al supplizio e decapitato e Sogno di una notte di Sabba dove vive l’incubo di un sabba di streghe
La “leggenda” racconta che per scriverli Berlioz stesso avesse assunto oppio.
Le immagini musicali con un parossissmo di strumenti, di temi e stili che si incrociano vorticosamente, dal gregoriano a Bach, per l’epoca era davvero strana ed inconsueta. Assai “fuori”.
,\\’
francamente mi asterrei volentieri dall’insistere su questo argomento, che mi sta divenendo angoscioso, però mi viene fuori un sospiro così profondo che proprio non riesco a trattenermi…perché orsola, io non ce l’ho con te, davvero, ma siamo così distanti…e mi sembra ogni volta che tu mi faccia dire cose che, sinceramente, non volevo…perciò, ricomincio da capo:
-sospiro n.1: sì il rapporto delle arti con la droga è un archetipo, dai poeti maldetti ai beat a jim morrison a quello che vuoi…
sospiro n.2: ma è anche una grossa cazzata, basti ascoltare la marea di stronzate che dicevano grandi artisti, che ne so, da mario schifano a andy warhol e gli intervistatori o gli adoratori sotto a prender nota come se colassero bave profetiche, mentre in realtà, spesso, a fianco al capolavoro, semplicemente e umanamente, scaccolavano…
-consiglio tra le altre cose, la visione di Face Addict, la drammatica testimonianza di Edo Bertoglio sul downtown scene e la sensazione di ritrovarsi un sopravvissuto, ma c’è una bibliografia enorme, anche a voler rimanere in Italia, i nostri 80 e tra i tanti capolavori basti pensare ad andrea pazienza uno di quelli che, appunto, non sopravvisse…
infine, io avevo tagliato, ma inserisco un passo di Félix Guattari “Le droghe significanti”:
“Uno degli elementi costitutivi del mito della droga risiede nell’idea che essa permetterebbe una produzione originale, specifica; ci sarebbe dunque una cultra legata alla droga. Questa mistificazione mi pare parallela a proposito dell’arte cosiddetta “psicopatologica”. Consideriamo per esempio i due brevi film che Henri Michaux ha consacrato alle droghe allucinogene. Esse non hanno niente a che vedere di fatto con la droga! A tratti sono molto belli, ma ciò che essi ci illustrano è chiaramente la letteratura di Henri Michaux, e per nulla affatto “il mondo della droga”. E’ un’aberrazione immaginare che ci sia un’arte specifica dei folli, dei bambini, dei drogati […] Alcuni ambienti di drogati sviluppano una certa cultura, ma non se ne può inferire che le droghe producano un modo d’espressione specifico. Studi di antropolgia e linguistica dimostreranno che, lungi dall’appartenere ad un mondo marginale, dal dipend3ere da una cultura particolare, la droga ha giocato un ruolo fondamentale in tutte le società, in tutte le aree culturali e religiose[…]”
Non è la droga che fa dell’uomo un artista, ma, di sicuro è la droga che, quando insieme all’uomo finisce, questo sì, più spesso di qunado non si pensi, per danneggiare l’artista, perché diventa un bisogno così assoluto e primario,da risucchiare al suo interno ogni altro interesse, ogni energia, lasciando terra bruciata, certo, anche la terra bruciata può essere oggetto d’arte, ma quando le lampade stroboscopiche o psichedeliche si fulminano, rimane un’arte fatta tutta di nature morte.
Io amo tutte le manifestazioni umane di arte, anche le arti narcotiche, ma non per l’elettricità, piuttosto per la desolazione…mentre tra le droghe sono un’amante solo dell’adrenalina, che tra l’altro ha composizione chimica affine alla mescalina: noi siamo capacissimi di fabbricarci spontaneamente le nostre droghe, il nostro corpo è già di per sé, naturalmente dotato e in grado di secernere sostanze che provochino i cd”cambiamenti della coscienza”.
Non era mia intenzione esaltare le droghe, ma condannare i tabù e, semplicemente, non condannavo i drogati, che non considero categoria a sé, sono persone, con una loro storia comunissima, non si nasce drogati e non si diventa artisti perché si è avuta la “visione”!!!, tra di essi ci sono artisti e ignoranti, gente comune…semmai invitavo allo sballo più innocuo, perché il bisogno di trascendersi è una necessità non meno vitale di ritrovarsi
detto senza acrimonia, ma con grandissimo sforzo, perciò, davvero, ciao.
cara pimpa di sicuro siamo diverse, ma leggendoti senza sospiri e nessuno sforzo, mi pare che tu reagisca a quello che io dico in un modo particolarmente sensibile a cose e a giudizi che tu un pochino fraintendi. Rileggendomi credo che dipenda dal fatto che questo argomento sia angoscioso per entrambe per motivi profondi. Di vita e non di letteratura o altro.
La differenza fra di noi e che tu dici molto, io sono reticente. Per delicati particolari motivi.
Delle cose che dici mi sento di condividere molto. E mi fa piacere tu le abbia dette anche se stimolata da un piccolo fraintendimento. Io credo che le vie delle comunicazione abbiano percorsi imprevedibili che vanno oltre le intenzioni.
Ciao
O.