Scòzzari e la scozzarizzazione del Mondo
di Linnio Accorroni
Se lo scrittore è colui che possiede l’immaginazione della realtà (Goethe), FS è sicuramente scrittore di razza purissima. Immaginate la malvagità acida di Franti, l’inquietudine avventurosa di Huck Finn, la stupefazione lirica e tenera del Meneghello-bimbo di Libera Nos a Malo fuse in una dolorosa ed esilarante sarabanda, canzone di un’infanzia spudoratamente realistica in una famiglia della media borghesia bolognese tra gli anni ’50 e ’60, rievocata dalla potenza visionaria di Filippo Scòzzari.
Memorie dell’Arte Bimba in un qualche modo è il prequel di quel Prima pagare, poi ricordare (1996) in cui il vulcanico artista bolognese (Linus, Il Male, Cannibale, Frigidaire e mille altre avventure ancora), ringhiando e ridendo ricostruiva l’epos tragico e dolente degli anni 70-80.
Tutti quelli (quorum ego) che avevano adorato quel libro, rimarranno di nuovo incantati di fronte al secondo/primo capitolo della personalissima ed originale Recherche scozzariana (o scozzarica?). Una Recherche che è qui tattile e visionaria, esilarante e feroce, piena di lividi, piaghe e cicatrici, sia fisiche che morali, e che si nutre d’inchiostro, carta, china, cacca, pastelli Giotto da Sei, figurine, giornalini, odori, maestri, carta assorbente, banchi di scuola e denti frantumati. Sul povero, ignaro Filippuccio dominano, e fanno i loro giochini, un misterioso U., demiurgo ossessivamente, sottilmente presente, un Padre Antagonista temuto fino all’ultimo, Madre e Fratelli di volta in volta vittime e carnefici. Un’autobiografia-romanzo di (s)formazione, una rivisitazione della vita ribelle e dell’infanzia violata e violatrice, dove la lettura – e la scrittura – dei Fumetti è considerata, a seconda dei personaggi che s’accampano su questa scena delirante e grottesca, come la Pratica per eccellenza, salvifica o abominevole, da estirpare a furia di botte e roghi alla Fahrenheit 451, o da accudire ostinati, in attesa della Gloria Certa.
A condimento, per evitare tentazioni sentimentali o abbandoni elegiaci, ci sono gli sghignazzi dell’autore, che fanno strame di tutto quanto ha appena apparecchiato. Lo strumento che Scòzzari utilizza in questa opera di ripescaggio, esente da ogni melensaggine nostalgica, è una ‘draga-secchio’ che recupera materiali dispersi e vari, accumulati caoticamente in una cantina interiore, abitata, affollata di storie e personaggi stupidi, eroici, luminosi, prepotenti ma tutti innocenti, nel loro inconsapevole esser strumenti di un Disegno Superiore.
Nella seconda parte il libro si trasforma in un vero e proprio manuale dell’Arte Bimba per antonomasia (il Fumetto). Un prontuario di tecniche e consigli che si fa leggere e godere anche dal Profano (quorum ego), che s’arrende estasiato davanti al vaniloquio affabulatorio e stordente di Scozzari–Scazieri–Scorazzi–Scorzoni, un quadruplice assatanato Sterminatore di Brocchi, che, anche quando s’impegola in derive tecniche e specialistiche, inchioda il lettore alla pagina come nessuno sa fare, perché sono paludi nelle quali non s’azzarda nessuno… solo lui (o Egli?).
State ancora leggendo questa specie di recensione e non siete usciti a comprare questo “Memorie dell’arte bimba”? Fuori di casa, presto. Per la lettura consigliamo il lettone dei vostri genitori, aranciate e biscotti tutt’attorno, radio spenta, la mamma di là, un’estate come solo voi ricordate…
[pubblicato su ‘Liberazione’ del 9 aprile 2008]
Che cos’ha capito, in esergo, alla mezzanotte del 4 febbraio 2006?
No, farei scoprire in anticipo il reale Colpevole di tutto quel che ho combinato. Sarò pure un emerito rompi, ma non voglio fare anche il dispettoso. Lo rivelo alla fine della prima parte, un’agnizione non programmata verificatasi nel momento stesso in cui ne scrivevo; vorrei restituire a chi leggerà una frazione di quella sorpresa. Impossibile mettere in scaletta benedizioni del genere. In termini briosi: ho capito che il libero arbitrio è una panzana. Questo posso dirlo.
Prima Pagare, poi Ricordare e Memorie dell’Arte Bimba: stili differentissimi. Là un’ossessione stilistica nutrita a ipotassi e frasi nette: concisione, laconicità. Qui la ricerca, profonda e densa di lacerti psicanalitici, presenta una struttura ampia, articolata, un’affabulazione più raffinata ed ardua.
I lacerti, eh? Non sono i mariti delle lucertole? Comunque, non nutro ossessioni stilistiche. Il portentoso dell’amatissimo PPPR è che mi sbocciò fra le mani in un’estate; ero attento solo a non infangare con memorie fallate l’empito dei ricordi che fiottavano da un cuore imbestialito. La rabbia dell’inculato, presente? Ammaestrato dall’aver creato fumetti per vent’anni, educato a quella concisione, non volli infiorettare di bigiotteria ciò che sentivo di dover vomitare. Acqua di colonia sul rigetto? Naa, sarebbe stato un altro libro italiano. Ai delinquenti che poco o molto avevano accompagnato le mie delinquentate chiedevo conferme e riscontri; non li consultavo certo sulle ipotassi, volevo tenere al minimo il tasso d’errori; tiravo all’ipotasso, ecco. Non avendo mestiere, posso sostenere che Prima Pagare s’è conquistato lo stile da solo, trepestando al computer. Lo stile dell’inculato, presente?
Memorie dell’Arte Bimba é senza dubbio un’altra cosa. Intanto ho sfruttato l’esperienza guadagnata in cantiere con Prima Pagare. Non affresco generazionale, ma puntiforme, ribalda delazione sulle mie ossessioni bimbesche, lucertole da cui non voglio emendarmi; nel suo lentissimo torturarmi, il libro non ha avuto per niente facilità di nascita. Ma, anche qui, ho rifiutato la ricerca di uno stile: accadesse quel che accadesse, mi sono abbandonato alle idiosincrasie, alla scozzarizzazione del mondo come lo interpreto e lo esigo, per la prima volta attento alla chiarezza delle follie che inanellavo, per la seconda volta attento all’esattezza clinica dei ricordi.
Il compiaciuto scialo di malefici aneddoti non è il modo per esorcizzare un horror vacui?
Ma quale compiaciuto. Intanto, come si dice sempre in uno stupro, è tutta roba vera. Mi sono stuprato per Voi. Da vero Stupratore Terminale, ogni tanto mi minacciavo: “Ne vuoi ancora? Ne ho”. Ma lo spazio, il tempo… sa com’è coi limiti. Poi non s’è trattato tanto d’esorcizzare, quanto di replicare bene la struttura a vignette d’un fumetto: era quello il telaio immaginato, che ha dato vita ad una scrittura a flash, a volte brevi e violenti. La sua impressione d’horror vacui deriva dal fatto che le ho tolto il fiato: finita una vignetta c’è subito quella dopo. Fumetti, ricorda? Per facilitarmi la stesura d’un tessuto non tessuto, non ho allestito scalette, schede, soggetti. Accadesse quel ch’ecc.
A dieci anni confezionò il fumetto “I ribelli dell’Idea”. Vanagloria o profeticità Bimba?
No, vanagloria no. Non ricorda com’era da bambino? Un mostrino totipotente, al quale tutto era dovuto e per il quale ogni cosa era possibile. L’Universo era creato per te, regalato solo a te: un egoismo mostruoso, e magico. Nel mio caso anche cronico e salutare: da allora le so pensare tutte, so fare tutto quello che penso. Peccato che gli altri me lo impediscano. Arf.
Fumettista, fumettaro, Autore di Fumetti. C’è differenza?
Il fumettista, o letterista, mesta figura tecnica, è il morto di fame che ficca le parole di un altro semplicino, lo sceneggiatore, nei baloon, o fumetti propriamente detti, lasciati bianchi apposta dal disegnatore, ulteriore mestissima figura tecnica che nei fumettifici al metro passa la vita a disegnar puttanate pensate da qualcuno che non vede mai.
Il fumettaro, altrimenti detto brocco, è una semplice figura merdosa: agisce all’insegna del “Proviamoci, chi se ne sbatte”, presume di poter calcare le redazioni con le sue povere cose. Paria della mano e dell’intelletto, lo riconosci al volo: si firma con uno pseudonimo ricavato dal nome e stravede per i giappi, o scimmie gialle. Partecipa ai forum. Ha un blog. Se gli spieghi ciò che pensi di lui, s’offende.
L’Autore di Fumetti se la pensa e se la disegna, è un Autore nel senso maturo del termine; non uscirà allo scoperto se prima non sarà assolutamente convinto di essere tecnicamente, moralmente ed intellettualmente un Mostro. Non serve descriverlo, ne senti il profumo appena lo leggi. Lo sente?
Perchè il Fumetto è Maschile?
Ricevemmo severi imprinting durante l’infanzia: matite colorate, soldatini, macchinine e a scapaccioni l’Ordine di conquistare l’Universo, di Portare a Casa. Le donne, bamboline, passeggini e a scapaccioni l’Ordine di essere Appetibili, Entrare Presto in un’Altra Casa.
La genesi del libro. Puro Scòzzari. La racconta?
No, la prego. Anche questo fa parte di una sorta di rivelazioncina finale, italiana. Perché odia tanto le sorprese? A Pasqua la spegnevano a Serenase, scommetto.
No. A proposito, quali sorprese prepara? Leggendola, si ha la sensazione d’un vulcano sempre lì lì per…
Vulcano. Mi piace, quest’immagine. Assai consona. Pure lì lì non è male. Ho appena rinfrescato XXXX! Racconti porni, che la Coniglio Editore reimmetterà in libreria entro l’anno, e sto curarizzando “Filippo Scòzzari e l’Insonnia Occidentale”, un’antologia di ciò che mi tien desto la notte. Quante cose da fare, da smontare, smerdare. Non si finisce più, mi creda, e nessuno a darmi una mano.
[Immagini tratta da Manuale dell’Arte bimba e da I DIVERTIMENTI SEGRETI DI BABBOBLU.]
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Complimenti per la recensione e per l’ intervista.
Saluti e auguri a Scoz!
Grande, commovente, Frigidaire.
c’è posto sulla gondola?
:-)
grande scòzzari…
pagheremo caro pagheremo tutto