Premio Baghetta
Dopo la prima edizione del Premio Baghetta, che l’anno scorso all’Arci Turro di Milano aveva premiato Valentino Ronchi, ieri notte al Castello Colleoni di Solza la seconda edizione ha proclamato vincitrice Livia Chandra Candiani (seconda Vivian Lamarque, terza Elisa Biagini). Non potendo essere presente in quanto da tempo aveva programmato un seminario a Venezia, Chandra ha mandato un breve testo in cui risponde alla sollecitazione dei ragazzi di Lunanuova, organizzatori del Premio: “Cos’è per te poesia?”.
Un bambino napoletano di nove anni in una delle mie classi sgangherate dove faccio i seminari di poesia ha scritto: “L’amore certe volte dice boh!” – e poi mi chiedeva pure: “Capisci, capisci?”
Giusto prima della lettura in pubblico del testo, Giampiero Neri aveva letto un suo inedito, stranamente assonante:
Quell’amico del paradosso
si cimentava con una scuola di ragazzi
mutilati dalla guerra.
La scuola non aveva banchi
non aveva orari
e lui stesso soffriva d’insonnia.
Si alzava tardi la mattina
e qualcuno diceva di lui
“è un lazzarone”.
I commenti a questo post sono chiusi
molto carino il filmato, con quella musichetta anni 60, tra le vivande e volti sorridenti…delizioso!
Complimenti! :-)
così mi fate male!
Volevo e dovevo esserci, e invece…
La gente fa buu
Chandra fa boh
Valentino fa bee
Baghetta fa bah
…e tutti in coro facciamo: alè!:-))))))))
bellissima energia!!!
effeffe
ps
cosa si beveva?
All’Arci di Turro si beveva del vinaccio pessimo, molto ma tutto schiumeggiante. Per fortuna quest’anno abbiamo alzato il tiro. Posso dire che il Castello di Solza stamane ha scaricato case e casse di bottiglie vuote: Morellino di Scansano e fresco Gewurztraminer su tutti.
L’energia è sempre quella, o forse sempre più (a breve vi raccontiamo tutto, ma proprio tutto!).
Modesto Amato, di Viareggio, ieri prima di Neri ha letto i suoi inediti CANTI PISANI. Riporto qui il 14simo (di 18!), in quanto il più breve.
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Io sono stato molto solo mentre facevo trascorrere il tempo
per aspettarti.
Qui si formavano delle isole.
Quasi tutti però giravano a largo. In genere
la gente mi evita (il perché non lo so).
Comunque non mi sono annoiato.
Guardavo l’orologio ogni due minuti esatti.
E poi guardavo navigare le automobili.
I loro occhi già accesi.
Qui tutti sono posteggiatori.
Ne ho preso per il bavero uno a caso
e gli ho gridato:
“Tu sei un profittatore.
Ti avvantaggi di questo comune dolore.
Ma non lo vedi che il traffico va alla deriva
e la città lentamente si sposta sotto le ruote?
E poi il rumore scuote il mondo
alle fondamenta.
Ancora non si vede niente
ma sarà evidentissima la vostra
responsabilità.”
Il posteggiatore ha fatto finta di niente
però secondo me ha capito.
Sì deve avere capito tutto di me e di te:
dell’universo parallelo che volevamo costruire
insieme.
Anzi lui sapeva benissimo che ti stavo aspettando.
Certo non conosceva i nostri piani nei dettagli
(non li conoscevamo nemmeno noi)
però sapeva che da lì a poco il mondo si sarebbe chiuso
in una culla.
PIU’ DI NERI, MENO DI CANDIANI?
AAA. Cercasi impresa di trasloco, non iscritta al Registro delle Imprese. Lavoratori a tempo indeterminato e obbligato, volontari a cottimo per traslochi immediati, di breve durata, ma anche duraturi nel tempo. Non si accettano obiettori di coscienza con remore per la rimozione di tende, tendine e crocefissi.
URGENTE.
Telefonare ore pasti.
No ad orario aperitivo.
Difficile digerire immediatamente la poesia, molto più facile digerire ciò che si ingurgita. Per questo sarà meglio passare in rassegna – almeno per questa sera – ciò che i baghettari hanno inghiottito. Sarà un semplice excursus, un put pourri di portate, cibarie, pietanze, vivande, bocconcini, manicaretti, prelibatezze, leccornie, ghiottonerie…
Partenza scoppiettante, all’inseguimento di un pandino rosso targato BG ######, per giungere ad un agriturismo sperduto fra le colline villadaddesi. Un’impresa epica, soprattutto per chi il pandino lo seguiva. Ma chi guidava la carovana aveva tutto sott’occhio, tranne gli specchietti: alcuni si persero, ma alla fine tutti arrivarono. Casoncelli alla bergamasca, riso con porcini e verdure, bocconcini di cinghiale ai funghi porcini, patate e poi dolce, dolce della casa. Così ebbe inizio il tutto, ma il tutto doveva ancora venire. Rinchiusi nel castel del Colleoni, i baghettari a rifocillarsi nella sala a “botte”, passarono la serata, l’altra, non la prima. Vin del Veneto a volontà – gnac a fal a posta – e cucina bergamasca, delle migliori: la cucina della mamma. La mamma è sempre la mamma e le mamme sono sempre le mamme: Melanzane alla parmigiana della zia Graziella, Lasagne della zia Giovanna, Minestrone della Valle del Borso, fagiolata con cotechini di Zia Carmela, brasato della signora Lucia e polenta del Bajo.
Dalla baghetta alla porchetta, prima di passare ai dolci. A pancia piena tutti si sono alzati e per giorni qualcuno continuò ad ingurgitare porchetta, fagioli e cotecchie.
Così si arrivò all’ultima serata: zuppa di ceci, lasagne al pesto, penne all’arrabbiata, alette e coscette di pollo, stuzzichini vari con carciofi, salsicette e cozze pastellate. Giunti ormai alla frutta, non restò altro che assaporare tutto il dolce del Baghetta.
“Mi piacerebbe anche qualche oliva, se ci fosse. Le preferisco italiane. Un bel bicchiere di Borgogna. Lo porta via. Lubrifica. Una bella insalata, fresca come un cetriolo. Tom Kernan la sa condire. Ci mette il tocco da maestro. Puro olio d’oliva. Milly mi servì quella cotoletta con un po’ di prezzemolo. Prendere una cipolla spagnola. Dio fece il cibo, il diavolo i cuochi”
James Joyce – Ulisse
Dio fa le pentole, il diavolo i coperchi.
Dio fa le pentole, il diavolo i coperti.
Credo di poter pubblicare qui un inedito che Livia Chandra Candiani ci ha recapitato insieme ad altri testi, in caso avessimo voluto leggerlo durante la serata a lei dedicata. E’ una poesia per il mondo.
Vorrei guardare il mondo
con occhi di nonna,
perle svagate e tenere,
accarezzarlo
come un vecchio malato
respirare
la sua aria di pestilenza
come odori notturni di bambino.
Non temo
le sue malattie
ma i suoi gioielli acuminati
non le sue polveri sottili
ma la distanza
della guerra candida.
Mi manca
il mondo,
come una rete di pioggia
sopra il palato lacerato
di poeta.
I momenti seduti
con te
sono strappati
al petto trafitto del mondo,
le frecce abbandonate
sul pavimento
preghiamo
di avere memoria
e sguardi senza orizzonte,
puntati,
qui.
Di guerrieri vestiti di filo spinato
ha bisogno il mondo,
di sacra ira
di occhi spalancati
a bere
la sua notte di sangue
secco.
Cosa si dice
quando si dice
mondo
palla nella pancia
che ingravida
o uccide
palla al piede
o quadrato ardente
di significati
rete?
Resta a casa
con il fuoco della cucina
e il vento
dell’aspirapolvere,
ogni oggetto del mondo
li contiene uno per uno
i suoi
fratelli:
liberali tutti!
Milano dicembre 06
Ci sarebbe un altro testicolo che ha reso grande la serata finale del Baghetta, di tale Pino Piatti. Un’ode a “quell’uomo che ringiovanisce anziché invecchiare, che morirà nel concepimento, anzi, nell’orgasmo generatore”. Ma tra i due inediti sopra forse è meglio aspettare, tanto per accendere l’attesa.
Complimenti per chandra Candiani.
La canzone dà la primavera nel cuore.
Cappuccetto Rosso, ti piace dunque Charles Aznavour! ;-) Perché la musichetta è una sua canzone.
Como è trieste Venezia…
E quando ci narrereste, baghettari, del gran finale con Gianni Mimmo, che suonasse in inglese all of old (Nothing else ever, Ever tried, Ever failed, No matter, Try again, Fail again, Fail better, And so on)?
Come dites in Italia, che l’ignoranca non a limite: ma Paf Boum è la canzone de Dalla, che a presentato Antoine à Sanremo in francese: “chante love in bloom au rythme de ce boum qui redit boum à l’oreille”!
credevo che Charles Trenet et Charles Aznavour avevano fatto la canzone: mon COEUR fait BOUM!
Oui, Joseph…
;-)
Pas mal per una septuagenaria: complimenti, Molly Boum!
Azna: “Volevo una musica che addolcisse il problema, e questo me l’ha insegnato Charles Trenet, il mio maestro. Lo conobbi nel 1937 e lui mi disse che aveva scritto la musica più allegra possibile perché l’argomento era troppo drammatico.”*
In effetti, a sentirla, le gambe fanno james-james.
*l’allusione evidente è alla V.V.
A parte la canzoncina che scorreggia allegramente, il nulla. Davanti a mattoncini rossi.
in sapendo di essere ignorante ho cercato la rete e ho confirmato che Boum è di Trenet del ’38. Come voi siete mechanti ici, mamma mia!
septuagenaria infatti è la chanson ’38, patuà!
Longtemps après que les poètes ont disparu, leurs poèmes courent encore dans les rues. La foule les chante un peu distraite, en ignorant le nom de l’auteur. Sans savoir pour qui battait leur cœur, parfois on change un mot, une phrase. Et quand on est à court de miettes, on fait ba ba ba guettes.
3 coquottes sur jean cocteau
qui faisaient très bien l’amour
avec antonin artaud
en barab attendant godot
3 coquottes plus 2 mocos
Io sono un istrione,
Ma la genialita’e’ nata insieme a me,
Nel teatro che vuoi
Dove un altro cadra’, io mi surclassero’.
Io sono un istrione,
Ma la teatralita’ scorre dentro di me
Quattro tavole in croce
E qualche spettatore, chi sono lo vedrai
Lo vedrai…
In una stanza di tre muri tengo il pubblico con me,
Sull’orlo di un abisso scuro
Col mio frak e con i miei tics,
E la commedia brillera’,del fuoco sacro acceso in me
E parlo e piango e ridero’
Del personaggio che vivro’.
Perdonatemi se, con nessuno di voi
Non ho niente in comune,
Io sono un istrione a cui la scena da’
La giusta dimensione.
La vita torna in me,
Ad ogni eco di scena che io sentiro’,
E ancora moriro’ di gioia e di paura
Quando il sipario sale,
Paura che potro’
Non ricordare piu’ la parte che so’ gia’
Poi, quando tocca a me puntuale sono la’
Nel sogno sempre uguale… uguale.
Io sono un istrione
Ed ho scelto ormai la vita che faro’,
Procuratemi voi sei repliche in citta’
Ed un successo faro’
Io sono un istrione
E l’arte, l’arte sola e’ la vita per me
Se mi date un teatro e un ruolo adatto a me
Il genio si vedra’… si vedra’…
Con il mio viso ben truccato e la maschera che ho,
Sono enfatico e discreto versi e prosa vi diro’,
Con tenerezza e con furore,
E mentre agli altri mentiro’
Fino a che sembri verita’ fino a che io ci credero’
Non e’ per vanita’
Quel che valgo lo so’ e ad essere sincero
Solo un vero istrione e’ grande come me
Ed io ne sono fiero…
Chissà cosa avrebbe risposto Fernando Pessoa alla domanda “cos’è per te la poesia?”
Chissà, chi avrebbe risposto?
Autopsicografia
O poeta è um fingidor.
Finge tão completamente
Que chega a fingir que é dor
A dor que deveras sente.
E os que lêem o que escreve,
Na dor lida sentem bem,
Não as duas que ele teve,
Mas só a que eles não têm.
E assim nas calhas de roda
Gira, a entreter razão,
Esse comboio de corda
Que se chama o coracão
Alvaro De Campos
Autopsicografia
Il poeta è un fingitore
Finge così completamente
Che arriva a fingere che è dolore
Il dolore che davvero sente
E quanti leggono ciò che scrive,
Nel dolore letto sentono proprio
Non i due che egli ha provato,
ma solo quello che essi non hanno
e così sui binari in tondo
gira, illudendo la ragione,
questo trenino a molla
che si chiama cuore
Alvaro De Campos
(da Una sola moltitudine, vol 1, Adelphi)
Cantiamo insieme, Cappuccetto Rosso? ^___^
La conosci questa? ;-)
Suzanne takes you down to her place near the river
You can hear the boats go by
You can spend the night beside her
And you know that she’s half crazy
But that’s why you want to be there
And she feeds you tea and oranges
That come all the way from China
And just when you mean to tell her
That you have no love to give her
Then she gets you on her wavelength
And she lets the river answer
That you’ve always been her lover
And you want to travel with her
And you want to travel blind
And you know that she will trust you
For you’ve touched her perfect body with your mind.
And Jesus was a sailor
When he walked upon the water
And he spent a long time watching
From his lonely wooden tower
And when he knew for certain
Only drowning men could see him
He said “All men will be sailors then
Until the sea shall free them”
But he himself was broken
Long before the sky would open
Forsaken, almost human
He sank beneath your wisdom like a stone
And you want to travel with him
And you want to travel blind
And you think maybe you’ll trust him
For he’s touched your perfect body with his mind.
Now Suzanne takes your hand
And she leads you to the river
She is wearing rags and feathers
From Salvation Army counters
And the sun pours down like honey
On our lady of the harbour
And she shows you where to look
Among the garbage and the flowers
There are heroes in the seaweed
There are children in the morning
They are leaning out for love
And they will lean that way forever
While Suzanne holds the mirror
And you want to travel with her
And you want to travel blind
And you know that you can trust her
For she’s touched your perfect body with her mind.
Penso che per l’acume + l’assiduità dimostrati anche in questo thread, Iannozzi + Vergé siano ormai maturi per diventare entrambi redattori di Nazione Indiana. Sarebbe un peccato non cogliere l’occasione al volo.
@Colleoni
Penso che la scherza è sottile. Mi chiama véronique, non vergé tutto solo.
Redattori di NI, perchè no? Ma devo avere un correttore zelante.
Io vedo pittosto come coppia di redattori Giuseppe e Cappuccetto Rosso.
@ COLLEONI
Ecco che hai combinato. :'(
http://img301.imageshack.us/img301/8726/449pxcryingboynt2.jpg
L’Eco di Bergamo dedica oggi martedì 18 marzo un bell’articolo al Premio Baghetta. Si parla della vittoria di Chandra e di tutto il podio, oltre che della presenza di Neri sia all’inaugurazione dei “lavori” che alla festa finale. Vi riporto dei brani dall’articolo di M. T. Finazzi.
*La seconda edizione del
Premio di poesia Baghetta che
si è chiusa sabato scorso al Castello
di Solza è stata vinta da
Livia Candiani […] Ma «vittoria», «vincitore»,
«premio», sono tutti termini
che poco si adattano allo spirito
allegramente anarchico di
questo premio che vuole essere
soprattutto una festa di poesia,
per quelli che la amano, la
scrivono e la stampano anche,
con la cura di un artigiano-artista. […] La formula del Baghetta
prevede che il nome del vincitore
emerga da una selezione
nella quale intervengono i
giudizi di critici letterari e poeti,
ma anche quelli delle persone
che prendono parte alle
serate di lettura, sempre accompagnate
peraltro da happy
hour e cene. […] Da quest’anno
il premio ha trovato la sua
sede definitiva nel Castello di
Bartolomeo Colleoni di Solza,
ristrutturato dal 2005 e cornice
ideale per avvenimenti culturali
di questo tipo. Nume tutelare
del premio, chiamato
nelle due serate, di apertura e
di chiusura del premio, è il
poeta Giampiero Neri, che con
le letture delle sue fulminanti
poesie, vale da solo tutta una
serata. Una bella mostra di paraventi,
realizzati da diversi artisti,
è stata allestita per la serata
della premiazione finale
di sabato scorso.*
Ma un ringraziamento tutto speciale, permettetimi di farlo al vero cuore del Premio Baghetta, il suo “trascendentale”… parlo di questa persona, che la giornalista dell’Eco celebra nel giusto modo:
*L’ideatore del Baghetta, un premio che nel nome lascia chiaramente trasparire il tono polemico di sorniona contestazione al più elebre «Bagutta», è Dario Borso, professore di Storia della filosofia all’Università degli studi di Milano, appassionato lettore e traduttore
di poesia, che si fa aiutare da un gruppo di amici e di ex studenti, contagiati come lui dall’idea della poesia intesa come piacere da condividere con tutti, dai critici e dagli esperti di letteratura, così come dalle persone che vogliono semplicemente sentirsi toccare il cuore.*
Se Finazzi è Tosca la rossa, allora è solo in prestito all’Oco di Bergamo, perché di mestiere è geofisica (e laureata proprio da Sparzani, con una tesi su Ciclo lunare e ano solare in Dom Tom).
Prova
Giuseppe,
Il piccolo bambino mi fa piangere anche.
No dare importanza a Colleoni: non lo merita.
@Iannozzi
ti perdono, ma cambiati subito la maglietta!
va bene cantare ma, adesso è ora di mangiare!
:-)))
caro d.pinto
il baguettube, montato ad arte, può essere letteraltamente lesivo della mia immagine e somiglianza. perciò, almeno un’arancia a mio favore. quando dico, meglio, se dissi che la gente ecc., pensavo solo a… faccio un esempio: quando il *größere Sterne / spinnen dich ein in das Netz ihrer Blicke* di Celan viene tradotto con “più grandi stelle / ti irretiscono nella loro insidia di sguardi”, ecco!
se ritieni l’esempio irgendwie instar omnium, apri il dibattito.
Ho conosciuto Borso al mare. In un canotto. Non è un uomo difficile. Sa nuotare e anche pedalare. E fare cose che a noi umani riescono facili: ordinare una tazzina di caffé in stretto italiano. Senza aforismi e anagrammi e zelanate.
@ VERONIQUE
Véronique cara, ma io a quel poveretto che si firma Colleoni che gli dovrei mai dire? Piango e basta. :-D E non lo perdono, perché non si fanno piangere i bimbi. ;-) Tiè.
@ CAPPUCCETTO ROSSO
Hai ragione. Basta cantare. E’ proprio ora che mi ti pappi Cappuccetto Rosso. ;-) Mi han detto che sei molto tenera, già, molto ma molto tenera: non ci sarà bisogno neanche di sbollentarti un po’. :-D
dimenticavo: nei threads si può anche broccolare?
scusate il refuso: *tra i threads*
no, non lo scusiamo!
non credo ti piacerebbe la mia carne tenera Iannozzi lupacchiotto,
anzi, ti propongo della buona carne di serpente…
da masticare con molta calma!
;-)
Sabato 15, oltre a celebrare Chandra, il popolo del Baghetta ha inaugurato la bellissima mostra παρα20 – Immagini Recenti, di I. Bressani, E. Casella, P. Dorigatti, L. Ragozzino, A. Rebori e L. Sturla. L’esposizione rimarrà accessibile al pubblico ancora per tre settimane. Qui di seguito una nota biografica del capofila dei “paraventilati”.
Luiso Sturla nasce a Chiavari nel 1930. La sua ricerca si rivolge inizialmente all’Astrattismo: con Sanguineti e Ugolini forma il gruppo “I pittori del Golfo”, e dal ’53 al ’57 aderisce al M.A.C. (Movimento Arte Concreta), stringendo amicizia con gli artisti milanesi. La sua ricerca si arricchisce durante il soggiorno a New York nel 1960, dove realizza la serie delle Carte americane, nelle quali emerge un segno drammatico e tormentato. Il suo percorso si rivolge da questo momento verso l’Informale, che si rivelerà una scelta pressoché definitiva: la superficie dipinta diventa risonanza di un timbro interiore, il segno procede in una ricerca dell’assoluto. Dal ’62 Luiso Sturla si trasferirà a Milano, mantenendo sempre un forte rapporto con la sua terra. Ama definirsi, più che pittore, spaesaggista.
No, sempre carne di serpente nooo… Sono stufo di stare con questa dieta. ;-) Adesso è venuta l’ora di mangiarti Cappuccetto Rosso. Basta stare a stecchetto! Il mio piatto sarà Cappuccetto Rosso e una sola mela in bocca, cioè nella tua boccuccia. ;-)
Qui nessuno scusa nessuno. Uffa.
Rimandato a settembre db. :-)
volevo sapere se gli indiani hanno apprezzato la terra bergamasca, dato che è anche la mia. per l’esattezza al castello Colleoni ci vado in bici alla domenica mattina.
A fare arte non ci sono solo Paraventi vecchi e recenti. La Baghetta stessa, il premio materico insomma, è una splendida scultura in legno di Pino Cembro, detto anche semplicemente cembro o cirmolo, un albero sempreverde aghifoglie del genere Pinus che vive sulle Alpi. Il suo legno è molto pregiato, la sua corteccia s presenta grigiastra, sottile e liscia con tracce di resina nelle parti giovani, nelle parti adulte appare rugosa, screpolandosi in piccole placche con fessure rosso brunastre.
L’opera è stata realizzata da Pietro Spica e Sandro Pinton e raffigura un oggetto libro con tanto di Baghetta come segnalibro. E’ visionabile qui http://lellovoce.altervista.org/IMG/pdf/eco_di_bergamo_premio_baghetta.pdf , mentre qui c’è un altro intervento sul nostro Premio: http://lellovoce.altervista.org/spip.php?article1306
Il link giusto per le foto è questo http://lellovoce.altervista.org/IMG/pdf/eco_di_bergamo_premio_baghetta.pdf
Ok, non funziona. Basta cliccare sull’icona PDF nell’articolo sul Baghetta in AbsolutePoetry (sovralinkato).
Un ringraziamento va anche a Francesco Marotta, che ha letto questa splendida poesia chiudendo il suo intervento, vibrando.
*
Che tu sia maledetto in eterno
signore degli eserciti
dominatore di sabbie millenarie
di regni appesi al cielo o chiusi
a scrigno in cattedrali d’alba
impastate di lacrime e di sangue
pietra su pietra, luce su luce
abisso azzurro di puttane e mercanti di stagioni
di teste mozze, di acque di sorgenti deflorate
di bambini immolati alla tua gloria
di donne stuprate, di voci calpestate
di occhi ridotti a squame dal fuoco che purifica
e porta pace in terre di tormento –
dio dei poeti che parlano in tuo nome
di crociati armati di membri benedetti
per inseminare il bene in moltitudini malate
per scacciare il male alla radice
dal midollo venduto pochi denari al chilo
dalle vagine sventrate a colpi di preghiera
di vergini infanti che partoriranno sale
non più corpi di cani, di infedeli.
Che tu sia maledetto, relitto osceno del diluvio
idolo che si quieta nel furore,
notte di notti, immagine di notti –
maledetta la tua stirpe di ombre salmodianti
di morti assiepati sotto le tue grasse insegne.
Guardami –
io che non so pregare, che non ho mai pregato
io oggi prego
non te, i tuoi feroci altari
ma il respiro che parla nei sogni di mio figlio
– il respiro della mano
che al risveglio gli accarezza il viso
mentre in silenzio depone un fiore
nell’urna d’aria della luce
– un fiore per non dimenticare
i mille giorni e mille, tutti i mancati soli
le voci assenti, recise sullo stelo
dei suoi fratelli che non avranno nome.
Il baghetta mi ha letto nel pensiero…
Volevo poter avere sott’occhio la poesia di Marotta…
Per rileggermela…per riflettere…
Grazie Francesco per questo “regalo” al Baghetta!
Ma chi sono quei due splendidi ragazzotti che reggono due baghette in mano nella foto dell’eco di Bergamo?
Li voglio!
Magda! Mi avevi detto che saresti venuta al Baghetta!! Che fine hai fatto?
Dimenticavo di firmarmi.
Andrea il Bibliotecario
André, ten bèe a ment che chì sèmm in cà mia, e minga in cà toa!…. E in cà mia gh’è l’inciòster che me fa còmod a mì…., cara el me bel ragionàtt! Tì…. se te voeuret fà i cünt de la Baghetina col tò inciòster, va foeura de cà mia…. Va a cà toa!…. che tant e tant i to cünt…. per quel che me renden a mì!
Gente che venneveno la porchetta su le bancarelle de piazza, ce n’era na tribbù. Da San Giuseppe in poi è la staggione sua, se pò dì. Col timo e co li fiocchetti de rosmarino, e l’agli nun ne pariamo, e il contorno o il ripieno de patate co l’erbetta pesta. Adagiate sul tagliere prone o più raramente supine, o addormitesi di lato, a volte, le porchette dalla pelle d’oro esibivano i lor visceri di rosmarino e di timo, o un nòdulo qua e là verde-nero dentro la carne pallida e tenera, una foglia di menta amara pigiatavi a guisa di lardello con un gran di pepe, che la grida elaudava nel bailamme : “La porca, la porca! Ciavemo la porchetta, signori! la bella porca de l’Ariccia co un bosco de rosmarino in de la panza! Co le palatine de staggione!” (la staggione se la sognava lui, erano le patate vecchie fatte a pezzi, tutte puntolini di prezzemolo, inficiate nella grascia della porca). “Palatine de staggione, sori cavajeri e consijeri, sore spose mie belle! che so’ mmejo che l’ova. toste pe l’insalata. Mejo dell’ova deli capponi so’, ste patate. V’oo dico io. Assaggiatele!” Posava un attimo da riprender fiato. E poi, a scoppio: “Uno e novanta l’etto, la porca! È ‘na miseria, signori! robba da fa vergogna, signori! a chi venne e a chi crompa! Uno e novanta l’etto, più mejo fatto che detto. Farnese avanti co li baiocchi a la mano, sore spose ! Chi nun magna nun guadagna. Uno e novanta l’etto, la porca! Carne fina e dilicata, pe li signori propio! Assaggiatela e proverete, v’ ‘o dico io, sore spose: carne fina e saporita! Chi prova ciariprova, er guadambio è tutto vostro. La bella porca de li Castelli! L’emo portata a balia a la macchia: a la macchia de Gallerò, l’emo portata, a mmagnà la ghiandola de l’imperatore Calìgula! la ghiandola der principe Colonna! Der gran principe de Marino e d’Albano! ch’ha vinto tutti li peggio turchi pe mare e pe terra a la gran battaja de Levati da li piedi! Che ar domo de Marino ce stanno ancora le bandiere! co la mezzaluna de li turchi, ce stanno! La bella porca, signori ! porchetta arrosto cor rosmarino! e co le patate de staggione!” : e dandosi requie dopo la strillata, a parte fatta anche l’attor tragico posa, ripigliò serio serio a affila li cortelli. Ma doppo du bòtte a li cortelli ebbe un ritorno di fiamma: un sussulto lo scosse. Fu il deflagrare d’una ulteriore variazione, o tale parve all’agente. Ad occhi bassi : “Provatela, signori, assaggiatela! P’uno e novanta l’etto ve fate na magnata de porca, che vostra moje v’aringrazzia!”
Narreranno già le leggende di quel dì di Baghetta, che da un calumet spirò il Gran Capo indiano Baga Fumante portando alle genti versi di un Osip Ėmil’evič Mandel’štam studente in Pietroburgo.
“In ascolto la vela, sottilmente tesa.
Lo sguardo dilatato che si svuota.
Il coro dei volatili notturni
che ondeggia nel silenzio, non udito.
Niente è in me, somiglio al cielo,
io sono come la natura: povero.
Così sono libero: come le voci
a mezzanotte dello stormo.
Tu cielo, bianco più di una camicia,
tu luna esanime, ti vedo.
E il mondo tuo straniero, o Vuoto,
accolgo, faccio mio!”
Detto qui le mie ultime volontà, che dopo tanto bramare e torneare, si riducono a un mesto addio:
La ragione dell’improvviso ammutolimento è una malattia, che nulla però ha a che fare con la mia proverbiale orchite: malattia di stomaco abbastanza noiosa, con cui Dio mi ha inaspettatamente ma giustamente punito della mia gola, della mia avidità, della mia rapacità da Vitellio. Addio monti di spaghetti sorgenti dall’acque salsose della pommarola che giungeva quasi ’coppa e con cui m’imbrolodolavo (nei momenti d’oblio) il bavero della giacca e la mia poco rivoluzionaria cravatta! Addio care memorie di spigole, di vongole, di spiedini di majale, di panforte, e di altri vermiciattoli mangiati nelle più nefande e saporose bettole della suburra, facendo finta di discutere lettere e politicaglia tanto per salvare un po’ le apparenze, ma in realtà con l’occhio al piatto che arriva, fumante, trionfante, eccitante, concupiscente e iridescente di smeraldino prezzemolo. Addio!
eccomi qui, mi sono distratta!
caro Andrea e caro Marotta( l’unico uom o che mi ha commosso negli ultimi 10 anni e solo con una poesia!) organizzate altro nel senso della frequente ricorrenza così me lo ricordo!
e quella gran fANATica della FOSCHini, mica l’ho vista al BAGhetta!
Cara Magda, le domeniche mattina che venivi qui al castello, c’era sempre nebbia?
E il Biondillo? L’ho più volte invitato, pure mobilitato dei tassisti non di professione per portarlo, ma nulla: non si vide. :-)
E Mimmo? Nel programma era scritto “con i suoi sassofoni”, ma primo aveva solo il soprano, secondo se l’è squagliata prima di cominciare: o era già imbriaco marcio? Diteci, segretari!
Da quel che ho capito Mimmo soffre di un qualche disturbo psicotico, se n’è andato via alternando frasi in italiano corretto e motti in uno slang che pareva inglese. Diceva di stare tranquilli e che capivamo… capivamo? Io non ho capito ‘na mazza.
Purtroppo non c’è un youtube di Gianni Mimmo (lo si può solo intravedere in Appuntamento al buio di Zeno Gabaglio, dove però la musica non è sua). L’allievo prediletto di Steve Lacy comunque non si discute. O scherziamo sempre?
il premio baghetta mi pare uno schifo tutto a parte la greppia.
le poesie facevano vomitare tutte a parte quella dell’imbianchino che è vecchio e ringiovanisce.
anche la gente faceva schifo tutta a parte il trasciattone che è il ritratto della salute.
il borso ha scritto a me stesso e ha detto vai su nazione indiana che ci siamo noi (ci sei anche te) ma io gli ho detto che nazione indiana è un postaccio e tanto me non mi ci vogliono perché la psichiatria è un’opinione e le opinioni degli altri non si possono rispettare.
insomma una volta ci sarei anche stato bene qui ma ora mi ci viene proprio da vomitare perché non trovo nemmeno un compagno di giochi e ognuno gioca per conto suo e allora mi fate tutti schifo e me ne torno a rapallo dove voglio impiantare una falegnameria insieme al vecchio ezra che nonostante il rimbambimento fa dei lavoretti fantastici. io naturalmente lo spingo a prodotti sempre più rivoluzionari perché me li sogno la notte ad esempio domani metteremo in cantiere il tavolo a due gambe che è una cosa fantastica anche se ezra non lo afferra del tutto (ma si fida).
l’unica cosa interessante è che al baghetta succedono molti fatti di sangue ad esempio sabato mi pare che il direttor trasciatti abbia sgozzato roberto amato perché gli voleva rubare un pezzetto di baghetta (un cantuccino). sissì è andata proprio così infatti la moglie di roberto amato è ancora là che lo aspetta alla stazione di scubbia marittima e piange piange piange perché poi non si sa dato che lui era uno schifo di omiciattolo brutto vecchio curvo e tutto rattrappito e col cervello triforcuto e nello stesso tempo piatto come un disco volante.
ma basta mi avete rotto l’uovo di colombo me lo avete proprio spaccato sull’equatore e te borsaccio della malora la devi smettere di adescarmi qui che tanto poi biondillo mi scaccia a colpi di lupara bianca o a gradi calci eterei.
basta mi avete rotto anche la testa a baghettate e poi maledettissimi borsacci mi richiamate alle armi qui proprio ora che sono tutto spuntato e senza nemmeno un manualetto di psichiatria.
ma insomma che volete da me???
poi borsaccio della malora la devi smettere con tutte le tue malattie. dell’orchite non interessa a nessuno e nemmeno dello schifo che hai nelle viscere farcite di melmumi. ci voleva più sangue più sacrifici umani mica poteva bastare lo sgozzamento del vomitevole amato per mano di quel maialone del trasciotto. no andava macellato anche il direttore e poi buttato a pezzi vivi nella greppia e poi bisognava incendiare i poeti specie quelli più stagionati e cuocerci sopra tutti gli appezzamenti del direttore. insomma il baghetta o è serio o non è serio e se è serio ci volevano fiumi di lacrime per diluire il sangue che ci voleva anche quello e poi ci volevano splendidi funerali scie di morti e di vivi tutti insieme giù dal castello fino alla pianura padana e poi ci voleva un cielo burrascoso voglio dire incazzato nero perché il vannini non era stato invitato nemmeno lì….. e poi basta!
cerco di andare al sodo (anche perché qui siamo ospiti, non dimentichiamolo), copincollando istantaneamente da un’e-mail di Sandro Pinton, il falegname che ha creato col pittore Pietro Spica il libro-trofeo-baghetta:
*Il cirmolo lo usano gli intagliatori della Val Gardena per fare le statue dei santi. E’ un tipo di abete particolarmente malleabile, e ha un profumo molto caratteristico che non smette mai. Lo compro da un omino a Legnano, ma il grosso viene smerciato a Rovereto. Fortunato De Pero lo usava spesso, anzi solo quello.*
E intanto il Vannini, dal poco che si capisce, ha un bel da fare con Amato (secondo classificato l’anno scorso: starà qui il problema?)
Eppure all’Amato avevo offerto un’intera Baghetta, tutta per lui, nient’altro che una semplice baghetta, ma lui, forse impegnato in una piacevole chiacchierata, ha rifiutato. Ad uno strano destino è andato incontro…
Forse avrebbe fatto bene ad accettarla, quella Baghetta.
Rubare una baghetta al Trasciatti, credo sia un’impresa rischiosa, quale strano meccanismo psichico si instaurò nell’Amato nel momento in cui decise di sottrarre un cantuccino di baghetta al direttore Trasciatti?
Da psichiatra potrebbe addurre qualche motivazione plausibile…
Ma con il senno di poi credo che se Amato avesse accettato la Baghetta gentilmente offerta, le cose sarebbero andate altrimenti…
Ma il cielo a fine serata versò qualche lacrima…
Ricordo bene quella notte. Recandomi al piano superiore per spegnere alcune luci rimaste accese, prima di aprire una delle tante porte del castello, il campanile non lontano, rintocccò le quattro. Aprii la porta dirigendomi verso la sala con le luci ancora accese, premetti l’interruttore e voltai le spalle con un insolito presagio nel cuore. Non feci tempo a raggiungere la porta che uno strano rumore mi assalì alle spalle. Non mi voltai, continuai per la mia strada, chiusi a chiave la porta e scesi le scale affrettando il passo…
Strane presenze infestano il castello e non è la prima volta che accadono cose strane…
siete degli schifosi maledetti! purtroppo devo andare a comprare una fettina di vitella per il mio gatto e non tempo da perdere qui tanto voi di macelleria non capite nulla e zuccherate tutto anche il fiele!
BESTIE!
Ben detto!
Vannini, ma che farneticanza è tutto ciò? Lo vedo che mi ami eppure mi vuoi fare a pezzi come un cosciotto. E tutto questo sangue…ma non vedi che ne scorre già a fiumi giù per il mondo? Tutto intorno il mondo è sanguinolento, perché vuoi insozzare anche Solza? Anzi, insolzare Solza. E perché non chiami il Borso nell’ambulatorio, che ci fate su Nazione indiana? Ecco, lo so che ci fate, aspettate che vi noti qualcuno di famoso, preferite il Biondillo a me. Siete tutti uguali, ciarlate, cantate, inveite contro il mondo ma cercate un posto al sole su un blog famoso. E che ve ne verrà di questa fama, o Vannini, o Borso, che ve ne verrà? La fama è venerea, vi infetta con i suoi miasmi. Non dovete andare a pietire ascolto tra gli Indiani che tanto non vi considerano, venite nell’ambulatorio, sfasciatelo pure, ma siate più dignitosi.
Aldobrando Trascialti
C’è gente che non viene in rete: Pinton, Neri, la Candiani… la quale, saputo che su Altervista cercano di sputtanare il Baghetta (pare addirittura che abbiano chiuso i commenti), mi ha scritto una lettera aperta, che copincollo qui.
Come faccio a vedere il mio premio? Voglio vederlo. Al Baghetta è andata così che arriviamo a casa di db e era tutta piena di amici suoi, io non conoscevo nessuno, sua moglie mi vede e mi dà due baci. Subito. Ha un gatto che sembra averle prese ma si chiama Salmì, mi offre subito la gola. Lo gratto. Fa ron ron-ù. Ci accompagna db alla serata e carica in macchina un’enorme pentola con la minestra per tutti. Io sono visionaria sì sa ma sto vedendo proprio quello che succede. Lui guida in corsia d’emergenza perchè dice che l’Andrea se no cosa pensa dove sono finite le poetesse. Gli dico che ho avuto la polmonite. Appena arrivati manda me e Vivian nel Ristorante che è in una sala per vecchi e dunque caldissima per la mia polmonite. Ci sono persone con le facce nude e sorridono e fanno domande. Si mangia e poi legge Vivian perché mi fa strada e poi io e ho paura e dico mi spiace sono tutte poesie sulla morte e a tavola… mi applaudono a ogni poesia. C’è un sindaco donna che cita il mio verso “vorrei essere l’acqua in cui tu nuoti” e dice: “vorrei essere l’acqua in cui far nuotare i poeti perché da bambina volevo fare il poeta ma scrivevo bruttissime poesie, allora faccio il sindaco.” Mi ha accompagnato fin sotto casa una coppia gentilissima che ha aspettato fino a che non fossi proprio entrata tutta nel portone prima di ripartire. Io ero certissima di non vincere perché quelli che non hanno amici che contano e pubblicano con piccole case editrici non vincono mai e me l’aveva detto anche la mia editrice: “Non vinci non vinci” e infatti la sera del premio ho preso un impegno e così non ci sono potuta andare. Due motivazioni al voto che ho letto sono state: “Mi ricorda Anna Frank” e l’altra: “Perché il tè con i morti l’ha bevuto davvero e poi è tornata a raccontarcelo.” Tutti e due hanno visto che sono una sopravvissuta. Ma soprattutto io con questo premio Baghetta ho trovato un amico: Andrea. E’ una cosa molto rara trovare un amico. Cos’è un premio serio? io lo so quello in cui vincono le case editrici importanti, si mangia poco, o niente e si fa a sentire a tutti che noi di amici non ne abbiamo bisogno, ne abbiamo già tanti e molto più importanti di loro. Ecco, l’ho vissuto così. Chandra
Bellissima lettera, quella della Candiani. Ma nonostante ciò dico a Borso: Borso, vieni nell’ambulatorio del Vannini che ti fa bene. Perché non ci vieni mai? Perché costringi il Vannini a inseguirti fra gli indiani? Vieni te, che ti costa? Fai lo schizzinoso, lo so, insegui la gloria venerea, me ne sono accorto. Che credi che non me ne accorgo? Perché mi diserti così? Con un bacio mi tradisci?
…e neanche una menzione d’onore al biografo di Roberto Amato…eh, Borso borso, non son degno di te? Lo so, nemo prefator in patria.
Trasciattone, se guardi il campanello di casa, ci trovi scritto : DOMENICO PINTO. Non so te, ma io qui mi trovo bene, grazie all’ospite. Non sono neanche un cronista, e non ho fatto cronache della serata, tali da far scorrere tutti nei titoli di coda. Se mi sento una vocazione, da sempre, è di quizman. E perciò lo lancio subito, tra chi c’era al Baghetta e tra chi ha avuto modo altrove di senti/veder leggere la Candiani:
cosa fa di particolare Chandra nelle sue letture in pubblico?*
a chi indovina, 1 invito gratis x il Baghetta 2009
*particolare, ovvero tale da contraddistinguerla da tutti gli altri/e.
Si emoziona?
l’emozione è una qualità secondaria (viene dal sesto senso, che si allinea agli altri cinque per la sua indecidibilità). Il quiz verte invece sulle qualità primarie.
Scompare letteralmente, assorbita nel suono dei suoi versi: per cui tu non hai più di fronte una persona, ma una voce che ne rimodella il profilo, sempre cangiante, a somiglianza degli “oggetti” evocati dalla parola.
p.s.
Db, non puoi bleffare stavolta, lo so già che ho vinto: se solo osi tirarla per le lunghe, rimescolando ad arte la minestra pur di dare il premio al Vannini o al Trasciatti, solo perché uno ti ha in cura gratis, da anni, e l’altro ti ospita per le vac(c)anze, praticamente tutto l’anno, vengo a cercarti, insieme a S. Galambro e M. Ozzy, e ti t’aglio come il tonno in scatola.
Ecco la mail alla quale puoi mandare la ricevuta del premio: a.nore@liberami.org
E’ vero, come si mormora a Milano, che la prossima edizione del Baghetta si terrà a Smirne?
Cos’è il quiz? perché è una qualità primaria?
borso, su altervista, che per la precisione, stai attento e cita, o mio tarzan ello per bene, http://lellovoce.altervista.org/spip.php?article1306 ti hanno messo in saccoborso, ih Ih ih ih ih
Livia Candiani quando legge in pubblico…mh…mh: sorride?
Quanti tentativi si hanno?
Chandra legge e racconta senza soluzione di continuità. Non si distingue la vita riportata dalla vita spremuta e ridipinta che è la poesia, è un filare unico. Forse perché la sua poesia non è artefatto, ma sua stessa costola.
In poche parole racconta come fosse un bollettino di guerra, non legge solamente.
Un merito va dato a questo premio, non indifferente: ha premiato il libro migliore.
Per quanto riguarda il premio stesso: se resisterà altri 10 anni, e si manterrà com’è adesso, nessuno farà più lazzi, anzi.
Caro Giorgio, il cirmolo è INDISTRUTTIBILE !
brutti sciagurati non capite nulla di poesia non capite nulla di macelleria e di costole l’unico sarebbe il trasciattone che è uno di carne dolce anche perché è onnivoro ma si nutre più che altro di dolciumi in ogni caso io al baghetta non c’ero ma certo qui ci sono e vedo come sbrodolate e come sputacchiate su tutto insomma siete un minestrone di roba mezza morta anche il quizante è tutto preso dalla mania quizistica e non capisce nulla di quello che gli passa intorno non ha visto nemmeno com’era bello e roseo il trasciattone proprio come un gesubbambino e non l’ha neppure citato come unico esempio di vera poesia e di vera saggistica e di vero teatro sperimentale ecc ecc…
Dorian O. Greessin (un nome che s’impara a memoria), la tua risposta al quiz (*Scompare letteralmente*) verte sì sulle qualità primarie (peso, estensione, misura brrrrrrrrr), ma tue, non della Candiani: QUANTO hai bevuto insomma, per non vederla più?
fate schifo e non capisco perché il biondillo vi ospita
bd, db, bidè, non ho capito, non mi hai risposto, vai giangiando: cosa sono le qualità primarie e perché tu sei un quizman?
salutami la costola….anarchico.
Caro il mio Nedo Vannini, Lei non dovrebbe, nonnò non dovrebbe: sputare nel piatto in cui – in virtù di un passato acquisito – Lei stesso ha mangiato. E come, e quanto ha mangiato! Cous Cous, pizzette, e alette di pollo, e merluzzo fritto, salsiccine impastellate, verdurine, e la pasta e ceci pepata del Borso, e torte, dolci, vino…
Proprio Roberto Amato mi ha confidato, davanti a una grappa chiara assunta a mo’ di camomilla pre-sopore, la notte tra sabato 15 e domenica, di aver visto morire sé medesimo. Nell’atto di raccogliere un fiore bianco di specie imprecisata alla stazione di Firenze, o forse Milano, l’Amato ha chinato la testa, che s’è spappolata tra i respingenti e della carroza del treno che ivi giungeva e del fine-corsa del binario in questione. In questo modo, a detta di Amato stesso, il bel fiore e la sassaiuola in seno al binario (e i respingenti compresi) si sono tutti insolzati della materia cerebrale del poeta, vischiosa, inemendabile. Per questo il treno ha avuto il suo ritardo, e per questo ho dovuto accogliere alla stazione di Calusco Trasciatti Alessandro e Vannini Nedo nei panni logori di Roberto Amato. Lui si è spacciato ancora per un po’ per il poeta, tanto da leggere senza troppa convinzione i suoi novelli Canti Pisani, poi ha broccolato un po’ con le migliori ragazze del Baghetta, infine ha scoperto le sue carte davanti alla grappa. Il giorno dopo mi giunge questo sms dal Direttore Trasciatti: *Credo che Amato sia morto da poco. Non risponde più. Dir. Tra*. Lì s’è compiuta la metemsomatosi, oppure il Vannini s’è mangiato l’amato: chi lo sa?
Resta il fatto che ora Lei, Vannini, parla per bocca d’amato, e allora non si permetta! No!
brrrr: fai schifo!
grazie!
Ben sento tirarmi dalla necessità, subito che concepisco una materia o sostanza corporea, a concepire insieme ch’ella è terminata e figurata di questa o di quella figura, ch’ella inrelazione ad altre è grande o piccola, ch’ella è in questo o in quel luogo, in questo o quel tempo, ch’ella si muove o sta ferma, ch’ella tocca o non tocca un altro corpo, ch’ella è una, poche o molte, né per veruna immaginazione posso separarla da queste condizioni; ma ch’ella debba essere bianca o rossa, amara o dolce, sonora o muta, di grato o ingrato odore, non sento farmi forza alla mente di doverla apprendere da cotali condizioni necessariamente accompagnata.
e vai! senti che musica! altro che il turista americano! altro che l’ambulante viareggino! questo sopra sì che è un vero canto pisano! Gems Giois non delude mai.
Qui è visibile il Premio Baghetta:
http://www.splinder.com/mediablog/baghetta/media/16414799?context=album
Caro Direttore,
Le rispondo solo ora. Anche io mi trovo molto bene qui, perché il sig. Pinto, padrone di casa, ci tratta molto bene, ci tollera, e rende piacevole questo nostro soggiorno. Ma non per questo dimentichiamo l’ambulatorio di casa Trasciatti! E’ noto che qui in rete ci è permesso di essere ubiqui, possiamo bere un tè con gli indiani e rincorrere 20 secondi dopo, a billiometri di distanza, il Vannini che va a rifugiarsi in un buco dell’ambulatorio (sempre che non sia già nascosto sotto la madia). Non pensi quindi che si tratti di vanagloria, come vede poi, il Biondillo non ci degna di un commento. E la fama, quella passa più in fretta di una baghetta sotto agli occhi, quando Amato la ruba fugace.
anche troppo visibile: è grosso (e porno?)
Caro db, hai ragione, almeno su un elemento: la quantità di vino ingurgitata: ho praticamente allagato, in pisciando, tutte le piazzole di sosta della BG/MI.
Ti do una dritta.
Sembra che il fantasma ululante di Amato, travestito da Trasciatti, si aggiri di notte nei pressi del castello del baghettoni, alla ricerca di un varco in ci intrufolarsi per asportare l’oggetto del desiderio.
Ti conviene predisporre delle ronde, con reti e fiocine da balena. Ma che facciano attenzione al pescato, prima di riversarlo nella vasca o darlo in pasto ai solziani: potrebbero aver tirato su anche il Vannini che, sempre di notte, si aggira negli stessi paraggi cercando di catturare l’amato trasciattato e di riportarlo nel suo ambulatorio.
Sappi, comunque, che il trofeo è davvero molto ambito. C’è gente che, pur di averlo tutto per sé, ha già venduto la madre a un nano per tremila lire. Altri, invece, hanno già venduto il culo al “nano”. Ma questo, credo, è un altro discorso. O forse no. Perché non cerchi di candidarti?
“Solzesi vil razza dannata
il grandone m’avete inquinato
così penso abbia detto alla corte
del Colleoni messer Giancarletto”
Frammento Anonimo datato 1992
SOLZESI, non SOLZIANI!
siete di una schifosità crassa tutti!!! l’unica anima bella è il trasciattone che però si nasconde credo per un pudore inspiegabile o per paura di chi non saprei
comunque la melma intestinale lì è ubiqua e parecchio squacqueracea (che non vuol dire acquosa) una purea giacente sulle tavole disconnesse dell’assito: le colature si vedono dai primi gironi dell’inferno
io sia chiaro sabato quindici non c’ero e le argomentazioni aditusiche non reggono alla prova della mia assenza
amato (detto il degenerato) lui sì c’era e certo avrà lasciato delle tracce mucose o merdacee (o d’altra natura)
Grandone…Grandone maiuscolo, foda-se, caralho!
[…]Il Grandone per chi non lo conoscesse è un piccolo torrente che scorre lungo i confini di Solza e Medolago (paesi che nella storia furon quasi sempre rivali). I due eserciti più volte si fronteggiarono. Da una sponda all’altra volavano sassi, frecce, cadaveri appestati, baghette, brandine, copertoni…
Con la rivoluzione industriale il sangue che da secoli scorreva nel letto del fiume fu confuso con coloranti di varia natura, per cui all’epoca del frammento sopraccitato il Grandone poteva assumere tonalità che partivano dal rosa-celestino pallido al blu cobalto lapislazzolo…
Prima delle guerre fratricide e delle industrie nel Grandone si lavavano i panni e si faceva pure il bagno.
Negli anni 90 divenne discarica abusiva…
Agli inizi del XXI secolo fu ripulito e chi lo pulì trovò di tutto e di più…pure una bambola gonfiabile buttata, a quanto pare non piaceva oppure era semplicemente bucata[…]
Anonimo – Cronache Solzesi
Bartolomeo Colleoni aveva antenati dal nome strano:
SOZZO COLLEONI e SOZZINO COLLEONI
@ Mauro V.
Aggio-r-nati:
Erano sì solzesi, ma prima della calata dell’a(r)mata baghettante. Da allora, e per sempre: solzi-ani. (V)a(n)ni(ni) dixit.
… ma ecco… sembro tornare in me. Riacquisto il cerebro? Forse sì.
Dunque gentili colleghi vi parlerò di un caso clinico. Il caso db.
Costui, come potete vedere, è un volatile. Come faccia a sollevarsi da terra non si sa perché le ali sono appena incipienti (e in ogni caso le tiene sotto la maglietta della salute). I fatti comunque sono incontrovertibili e volare – c’è poco da fare – vola. Voi mi direte che svolazza, che mima semplicemente l’ocheggiare dei grossi anatroccoli o l’anatroccolare delle piccole oche. NO. VOLA PROPRIO.
Ma ora mi chiamano in ambulatorio d’urgenza per un clistere amatoriale. Semmai ci sentiamo più tardi.
Nedo Vannini psichiatra
@ Dorian O.Greesin
Non basta una discesa in terra solzese dell’a(r)mata baghettante per sconvolgere lo spirito di un popolo che da secoli domina le terre comprese tra Calusco D’Adda e Medolago.
“…le terre comprese tra Calusco D’Adda e Medolago”
Praticamente, la stessa superficie del giardino del N-ano a San Martino sull’Arcore.
E dimmi, Mauro V., tu che sicuramente sei uno dell’equipe di storici che cura le cronache dell’I-sòla, è vero che lo stalliere del Colleoni si chia(ma)va Ambroeus Mang-ano?
qual è il quoz del quiz?
quiz quoz quaz
Il quoz del quiz è indubbiamente alto. S’è capito da gg (galileo galilei ero io) che le qualità secondarie attengono ai sensi – meno uno, la vista, attraverso cui si può vedere l’estensione i.e. attingere alle primarie. Dunque la particolarità di Chandra legens la può notare anche un sordo (chi ha orecchie per intendere…).
Comunque per i rinunciatari c’è il quiz di riserva (i.e. seconda busta): come si registrò James Joyce l’unica volta che fu a Napoli (1 giorno di permanenza)?
Non conosco le dimensioni del giardino del nano, ma credo che possano essere tranquillamente equiparate alle dimensioni di Solza…
Ma nel giardino del nano ci saranno anche i nani da giardino?
In realtà non faccio parte di nessuna equipe di storici, ma essendo vissuto in questo “buco” di paese mi diverto a raccontare qualche aneddoto e a volte ad inventarmene alcuno…
Ma in fin dei conti un fondo di verità c’è sempre, peccato che sia difficile rintracciare una verità…
Ambroeus Mang-ano? Credo di sì, gli era stato consigliato da un certo Marcellus Dell’otre
Si firmò Er Monnezza?
cioè a dire, quizman, che prendi per il naso tutti i poeti…
No, si firmò giusto, solo napoletanizzato: J. J. Di Giacomo.
Macellus Dell’Otre, dici? Il bibliotecario della basilica di San Pietro, il famoso “Cupolone”? Grazie per la conferma.
Ricambio la cortesia con un vero scoop. Biondillo non si è fatto (vedere), né al Baghetta né qui, per il semplice motivo che è in ritiro spirituale insieme ai padri Ermen&Gildo: a quanto riferiscono i bo(i)atos, sembra che i sant’uomini sia riuscito a convertirlo.
In lista d’attesa effeffe e emmerre. P.are.
Un altro aiutino per svolgere il quiz!!
baguettelles pour un os sacre…
ma celine, quella del tetanic?
Ma è vero che Amato si è già prenotato per arrivare secondo anche l’ano prossimo?
Quanta strada nei suoi sandali
quanta ne avrà fatta Bartali
quel naso triste come una salita
quegli occhi allegri da Amato in gita…
NB: durante la lettura concentrare lo sguardo sulle qualità primarie della zona erronea.*
* per z.e. intendesi la porzione di chandra delimitata a nord dal parallelo dei capezzoli, e a sud dal polo pubico.
Forse che non respira?
diarree puree mucillagini intestinali tracce…
la volatilità borsea ha del piccionesco: scachizzare dall’alto dei cieli è un’arte che il fellone apprese (depauperandomene) nel mio ambulatorio (nell’era dei landini). MERDE MERDE MERDE!!!
Sarà, ma la stabilità mentale del Nedo Vannini mi preoccupa un po’…
Come può avere in cura dei pazienti?
Può darsi che si trovi meglio con i pazzi piuttosto che con i sani, anche se distinguera pazzia e sanità in questo post mi sembra una cosa ardua…
– I’m the queerest young yellow that ever you heard.
My mother’s a jew, my father’s a bird.
With Joseph the joiner I cannot agree,
So here’s to disiples and Calvary.
He held up a forefinger of warning
– If anyone thinks that Í amn’t divine
He’ll get no free drinks when I’m making the wine
But have to drink water and wish it were plain
That I make when the wine becomes water again.
He tugged swiftly at Stephen’s ashplant in farewalland, running forward to a brow of the cliff, fluttered his hands at his side like fins or wings of one about to rise in thee air, and chanted:
– Goodbye, now, goodbye. Write down all I said
And tell Tom, Dick and Harry I rose from the dead.
What’s bred in the bone cannot fail me to fly
And Olivet’s breezy…goodbye, now, goodbye.
[James Joyce – Ulysses]
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– Sono il più gran fenomeno di cui si sia mai detto.
Ho per mammà un’ebrea, per babbo un uccelletto
Per Beppe il Falegname son di parer contrario
Perciò beviamo a tutti, discepoli e Calvario.
Alzò un indice ammonitore.
-A chi non crede ancora nell’esser mio divino
Non darò a bere gratis quando farò del vino
Ma dovrà bere l’acqua, e chiaro gli sarà
Che faccio, quando il vino in acqua tornerà
Dette un vispo colpetto di commiato al bastone di Stephen, e correndo verso un ciglio della scogliera, sventolò le mani sui fianchi a mo’ di pinne o ali di chi stia per alzarsi a volo e salmodiò:
-Addio cari! Scrivete quel cn’ho raccontato
E dite a Tizio e a Caio che son resuscitato.
Data la mia ascendenza certo volerò anch’io
e sul monte Oliveto c’è vento…Addio, addio!
James Joyce – Ulisse
ehi, ragazzi, sull’espresso uscito oggi amos oz afferma di aver invitato i morti a prendere un caffè con lui; si scrivono con la chandra?
tu james sei un profittatore. d’altra parte è così per tutti e dappertutto. anche nel mio ambulatorio è così: in ogni loculo in ogni stia in ogni guscio di noce ovino c’è questo approfittarsi della credulità del paziente. lo si esaspera con questi giochini di parole joysiani fino all’impazienza e poi allo spazientimento e poi ovviamente alla pazzia. credevo che stendere un pietoso velo merdaceo bastasse per sopire tutte queste flatulenze blogiche. e il biondillo dov’è??? perché non mette un freno a questa diaspora di cervelli sconglomerati? ho detto che l’orchitico borso è un volatile poco alato ripeto: UN VOLATILE POCO ALATO e nessuno si è accorto che avevo pronunciato una verità spaventosa (roba da spiumare il un colpo solo tutta nazione indiana). nulla! anche tu james vieni fuori con le tue filastrocchette da mensa dei ferrovieri… mah… meno male che c’è un bel vomito purificatore nel maone del baghetta (cioè di ognuno di voi sciagurati perdigiorno velleitari infantili poetomani e petomani anzi scorreggioni babelici e cose ancora più schifose che però ora mi sfuggono). e te borsaccio malalato affrontami becco a becco non aleggiare nelle retrovie squizettando non ti nascondere dietro un grumo di adulatori e di poeti corteggianti. NOOOOOOOOOOOOOO. NULLAAAAAAA: non vogliamo più nulla nemmeno la minestra di ceci che era senz’altro buona anzi che lo sarebbe stata se tu non ci avessi scachicchiato per farmi un dispetto perché sapevi che ero venuto apposta dal mio sperduto ambulatorio per divorarla e sparire…
MERDE!!!
A proposito della minestra di ceci…
Per la gioia del Vannini
Ecco quel che ne è rimasto…
Se non mi sbaglio in qualche cantuccio del castello, forse vicino al Nano Codalliano, c’è ancora la pentola con i rimasugli di minestra ai ceci…
Scrostarla sarà un impresa non facile, soprattutto se aspettiamo ancora qualche giorno…
Sono sconcertato dal numero di persone che bazzicano qui e ancor più dalla loro pochezza in ambito quizzistico: mi vedo perciò costretto a un aiutone. Delimitata la visione alla sola zona erronea di Chandra legens, è giocoforza concentrarsi su mani+libro, che la baghessa tiene fissi all’altezza dell’ombelico.
Aspettando risposte, mi sono come sempre immerso nei fratelli Grimm (che per me sono il niagara della mente), e imbattutomi in uno zischt, ho sfogliato il dizionario di tedesco-italiano (un Gunzel del 1648), che mi dà:
zischen der gänse: il cifolare delle ocche
qualcuno mi aiuta su codesto cifolare? Io in rete ho trovato solo: cifolare, ciufolato, ciufolerà , jufrar. 1 1 [Rif. a animali, reali o immaginari, dotati di lingua biforcuta, o a persone che li imitano:] emettere un suono prolungato e stridente. 1.1 [Rif. ad un insetto in volo:] produrre un rumore fastidioso, sottile e prolungato; ronzare. 1.2 Sost. [Rif. a persone, con connotazione sempre neg., in opposizione al parlare:] produrre una sequenza di suoni stridula e incoerente, quasi bestiale. 1.3 Sost. [Per traduzione letterale dalla Bibbia, in rif. a greggi al pascolo:] il mormorare degli armenti?
Sarà un leggero tremolio.
Il “cifolare” mi fa venire in mente lo “zifulare” dell’ubriaco e del perdigiorno.
db, ritirati!
lo vedete bene come tutto finisce in un languimento universale… io da psichiatra-teologo ritengo che un post sulla defecazione come vero scopo del mondo sarebbe più che auspicabile. datemi retta: la vera interiorità e la vera eternità vanno cercate immergendo le mani nelle puree intestinali. altro (di autentico) non è dato raggiungere all’uomo (e alla bestia).
Arrenditi?! Mi ricordi un poliziotto dei Sudeti, solo che lui mi disse “molla”, 2 volte. Ero senza una lira, anzi corona, es war sehr früh am Morgen, die Straßen rein und leer, ich ging zum Bahnhof. Als ich eine Turmuhr mit meiner Uhr verglich, sah ich, dass es schon viel später war, als ich geglaubt hatte, ich musste mich sehr beeilen, der Schrecken über diese Entdeckung ließ mich im Weg unsicher werden, ich kannte mich in dieser Stadt noch nicht sehr gut aus, glücklicherweise war ein Schutzmann in der Nähe, ich lief zu ihm und fragte ihn atemlos nach dem Weg. Er lächelte und sagte: “Von mir willst du den Weg erfahren?” “Ja”, sagte ich, “da ich ihn selbst nicht finden kann.” “Gibs auf, gibs auf”, sagte er und wandte sich mit einem großen Schwunge ab, so wie Leute, die mit ihrem Lachen allein sein wollen.
Fratello Borsello,
sto studiando a fondo il pensiero di Pietro Abelardo (dopo la castrazione). Il rapporto castrazione /evacuazione non è per niente evidente, anzi, sembrerebbe impraticabile. Eppure – ne converrai con me cristianamente – la praticabilità dei pensieri è sempre un inganno del Maligno. Ti dico questo in perfetta coscienza, da quando, cioè, ho abbandonato la Trattoristica per la Teologia.
Intanto ti faccio alcune semplici domande: 1) Pensi che Pietro dopo la castrazione (insieme alla tremenda emorragia) non abbia avuto (per mesi e mesi) una purificante/incoercibile dissenteria? 2) Pensi che analità e prostaticità siano distinguibili? Non pensi che l’evacuare (specialmente lo spruzzo diarroico) e l’eiaculare siano l’uno la metafora dell’altro? Certo mi dirai che l’eiaculare è un atto “generativo”, ma, lo devi ammettere, l’evacuare è un atto “concimativo”. 3) Pensi che a questo punto io mi sia contraddetto? O meglio, che abbia spostato il discorso, dal momento che volevo parlare di castrazione/evacuazione e non di eiaculazione/evacuazione? Se pensi di sì non ammetti che ogni eiaculazione è la rappresentazione di una “estirpazione” del membro?
Una volta che avrai risposto a queste semplici domande propedeutiche potremo iniziare la disputa propriamente teologico-intestinale.
db: le tue iniziale sono due palle, manca il membro, c’è solo la radice, dunque ritirati, ha ragione il vannini.
oggi è la Santa Pacchia, diciamo insieme le eiaculatorie!
Oggi veramente è l’Agnus Day.
caro fratello samba, tu dici bene: dovremmo recitare tutti insieme le eiaculatorie. ma soprattutto dovremmo occuparci della defecatio brevis e della defecatio longa. lo spruzzo diarroico è un linguaggio sul quale discettare dottamente. io naturalmente no perché sono un neofratexpsichiatra ignorante, ma voi chissà cosa potreste dire su questo argomento così liquidamente sfuggente…
Vannini, scusa ma è un momento particolarmente impegnativo. Non ti dico il superlavoro, soprattutto nei festivi…
Sì, non se ne può proprio più, è veramente un tur de fors.
finalmente il saio
vedi fratello borsello, a te piace scherzare co don naccia e col don naiolo. capisco bene che una disputa teologica sulle due defecatio è cosa ardua e tutt’altro che giocosa. poi, sinceramente, ti dirò che il saio mi va un po’ stretto e mi mortifica alquanto (perfino nei pensieri). che cosa mai potrei tenzonare? Nulla borsello. nulla…
ADDIO
don Vissani, lo spretato di Comunione e Defecazione?
Anus Dei
qui tollis
paccata
mundi!
fra’ Vanni, 2 defecatioNES!
*concentrarsi su mani+libro*, e badare al fatto che la qualità primaria per eccellenza è il MOVIMENTO.
(domanda di riserva: quanta pazienza ha pinto?)
Don Dola il libro come un figghiu?
la defecatio longa e la defecatio brevis non ammettono plurale. sono come gli euro: 1 euro, 2 euro.
ormai ce l’avete in bocca, ma non tremola né dondola: il medium tra mano e libro è la pagina.
invece di dilungarsi in defecatio brevis e defecatio longa, si può stringere: fecatio e defecatio.
*il medium tra mano e libro è la pagina*
i.e. il medium tra mano e libro è il dito.
ergo la zona erronea si restringe
da mano-libro a pagine-dita . . .
vedi fratello borsello, non vorrei dirtelo ma non capisci niente di defecatio (longa et brevis). la defecatio non ammette il plurale proprio perché è sempre identica a se stessa (brevis o longa che sia). dunque MAI potrebbero esistere due parole diverse per appellarla (nelle due diverse lunghezze). già l’aggettivo che le divide è in odore di eresia e serve soltanto per facilitare i nostri poveri ragionamenti umani, che come sai si smarriscono anche nei concetti trinitari (come saprai, fratello, per abelardo le persone della trinità sono tutte di eguale potenza).
attento fratello borsello: l’odor dell’eresia non è diverso da quello del fecame che regna in questo triste blogolo.
Ma l’elemento che distingue la lettura di Chandra riguarda un movimento o una posizione?
fratello aditus,
io non ho mai visto la cassandra leggere le sue odi, ma credo che ci metta le dita dentro come segnalibro. comunque cerca di far capire a fratello borsello che così quizzeggiando spreca il suo tempo terreno (e non si sa se quello celeste poi glielo danno).
Ero troppo lontano per vedere, ma non abbastanza.
fratello aditus,
mi sembra che il tuo nome voglia dire “senza un dito”. credo ti sia rimasto tra le pagine di sorella candiana.
Padre Vannini,
Lei si sbaglia. Il mio nome ha due “d”, solo che non sono allineate l’una a fianco dell’altra, ma la prima davanti e l’altra dietro. Così è facile capire che in realtà del dito il mio nome ne fa la bandiera. Io additus, col ditus accenno ad una cosa.
E come indice di mano
il campanile ad-dita
a tutti Cartigli ano.
Ibsen dixit: kinésis si dice in molti modi, a seconda del mutamento occorso nel mondo sublunare (cfr. “De generatione et corruptione”). Così, se nell’ambito della generazione kinésis è deflorare, nell’ambito della corruzione è defoliare: cos’ha dunque di peculiare soror Chandra defolians?
si toglie la famosa e fastidiosa pellicina al di sotto dell’unghia?
Strappa le pagine che legge.
La qualità primaria è dunque una forma specifica di movimento che abbiamo determinato come: sfogliamento. Cos’ha di peculiare il movimento che Chandra agens attua rispetto al libro? (ovverosia: tutti gli altri/e sfogliano il libro in un modo, e lei sola invece…).
NB la peculiarità di Chandra vale ovviamente in ambito italiano.
Sfoglia da destra verso sinistra!
e cioè?
Non dall’inizio alla fine, ma dalla fine all’inizio del libro.
aditus, accomodati al castello, dove potrai ritirare 1 invito per il Baghetta 2009: hai vinto.
Evviva! Posso portare qualcuno con me? Vorrei fra’ Vannini…
fra’ Vannì potrà venire, se prima sviluppa qui la sua vis sputatoria su un’altra specie di kinésis: non più corruptio/generatio e defolatio/defloratio, bensì de…
Tanto va Vanni a Abelardo, che ci lascia lo zampino!
basta siete una cosa disgustosa io non li posso sopportare i blogoli sono loculi merdacei pieni di carta igienica impiastrata e infarcita a strati sì a strati come le lasagne al forno l’unico sarei io puro di cuore di mente e di intestino ma mi si emargina e non mi si mette in cattedra che sarebbe il mio posto e si fanno dei quiz scemi su come si rivoltano i libri e non ci si occupa dei miei studi teologici e non si raccolgono le mie sfide e non mi si invita mai a un seminario di ex psichiatri che si sono monacati e smonacati sì perché io sono stanco anche di fra’ vannino e di fratello borsello e mi piace cambiare ogni tanto ma non troppo mica come fa quel devastante del borsello che non ci puoi neanche fare un discorso teologico perché gli piacciono solamente quei quiz scemi e senza costrutto io ora me ne vado e mi vado a buttare in un gabinetto col sifone a passo variabile così ci passo anche dopo mangiato da gonfio e da sgonfio e se mi ci piace mi ci faccio proprio la tana insomma ME NE VADO PERCHE’ MI AVETE ROVINATO LA VITA.
nedo vannini