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Al di fuori della “funzione dio”

(Questo articolo è apparso su il manifesto del 14/02/08)

di Andrea Inglese

A seguire i dibattiti di questi ultimi anni, si ha l’impressione che il XXI secolo sia stato inaugurato, tra le altre sventure, all’insegna di un “ritorno del religioso”, soprattutto in quell’Europa che aveva avviato (sembrava) un irreversibile processo di secolarizzazione. Da una prospettiva esclusivamente italiana, si potrebbe avere l’impressione non tanto di una svolta ma di una continuità, caratterizzata semmai da una crescente invadenza mediatica della Chiesa intorno a temi di carattere politico. A porre problema da noi, non sarebbe dunque un imprevisto rafforzamento delle credenze religiose nelle giovani e meno giovani generazioni, ma un infittirsi di argomenti teologici nello spazio pubblico di discussione.

Insomma, nulla di nuovo, se non la constatazione di un vecchio guasto italiano, oggi semplicemente aggravato: la latitanza di una diffusa e radicata cultura laicista. A tal punto latitante, notava Carlo Augusto Viano in Laici in ginocchio (Laterza, 2006), da bandire il termine “laicista” a favore di “laico”. Con quest’ultima parola, ricorda però Viano, «si indica una condizione, che tutti identificano nel medesimo modo, mentre con “laicista” si designa la disposizione di chi approva la separazione della sfera politica da quella religiosa e pretende che il potere politico protegga i cittadini dall’ingerenza del clero, che non dovrebbe disporre di poteri coercitivi, né diretti né indiretti».

Se si getta un occhio alla Francia, il laicismo è sinonimo di laicité almeno dalla legge del 1905 sulla separazione delle Chiese e dello Stato. Ma anche la repubblica francese è oggi in qualche modo coinvolta dal “ritorno del religioso”. Si tratta di un fenomeno meno direttamente politico, che attraversa però il dibattito intellettuale e influisce sull’opinione pubblica. Un grande esperto di questa faccenda è Régis Debray, ex-comunista e mediologo, dalla fisionomia intellettuale ambigua, che richiama quella dei nostri atei devoti. Nel passaggio al nuovo secolo, soprattutto, Debray s’è fatto prolifico in analisi del fenomeno religioso e in reprimende contro i danni dell’illuminismo. Il nocciolo della sua dottrina è però abbastanza semplice : gli dèi possono nascere e morire, ma la “funzione dio” è indispensabile dal punto di vista della coesione sociale, dunque immortale.

La problematica del laicismo, tipicamente italiana, e quella della “funzione dio”, che si affaccia ora in Francia e in altri paesi occidentali, sono in realtà strettamente intrecciate, e per nulla nuove. Un classico del pensiero del primo novecento, come L’avvenire di un’illusione di Sigmund Freud, apparso nel 1927, ce ne fornisce un esempio chiarificatore. In questo testo s’incontrano tre filoni di pensiero distinti: il primo viene dal passato, dalla denuncia illuministica contro “l’impostura dei preti”; il secondo è specifico dell’attività di Freud, in quanto psicologo in senso ampio, e possiamo definirlo “ateismo scientifico”; il terzo è quello che ha caratteri pedagogici e risvolti politici, e si proietta nel futuro ipotizzando una società compiutamente laicista. Questi tre elementi li ritroviamo grosso modo anche oggi, in tutte quelle forme di reazione intellettuale ai nuovi paladini della fede e dell’inevitabilità della religione. Sono il lascito di una tradizione che nel corso di più di due secoli è passata dalla critica morale e politica dell’istituzione religiosa all’analisi filosofica e scientifica del concetto di dio e della funzione sociale della religione. Al culmine di questo percorso abbiamo non tanto una scelta individuale (credere o meno), ma un’appartenenza culturale (riconoscersi o meno in una certa tradizione o famiglia intellettuale). La credenza in dio, o i dubbi su di essa, sono fin dal Vangelo (“Mio Dio perché mi hai abbandonato?”) un dilemma tipico di chi già crede. Il non credente o ateo si pone semmai un problema di saperi: con quale strumentazione intellettuale illumino il fenomeno religioso? È il problema di Freud in L’avvenire di un’illusione, e in generale di ogni ateismo scientifico. Non si tratta di annientare dio o la religione, ma di rovesciare la gerarchia dei valori: analizzare le rappresentazioni religiose sulla base di una realtà esclusivamente umana – in questo caso, la psiche. Ci si potrebbe chiedere, a questo punto, perché mai una tale prospettiva si sia così spesso intrecciata, nel Novecento, con un atteggiamento invece “militante”, tanto in senso anticlericale quanto antireligioso.

Una prima risposta ci potrebbe venire dal pamphlet sulfureo di Arno Schmidt Ateo?: Altroché! apparso nel 2007 per la Ipermedium libri a cura di Dario Borso e Domenico Pinto (su NI ne è stato pubblicato un estratto qui). Il testo di Schmidt appare per la prima volta nel 1957, in un volume curato da Karlheinz Deschner che raccoglieva i contributi di diciotto scrittori a partire dalla domanda «Lei cosa pensa del Cristianesimo?». Schmidt non solo ha il physique du rôle per interpretare l’ateo, ma anche per interpretarlo alle alte temperature richieste dal genere prescelto. Erede dei grandi maestri dell’irriverenza, da Rabelais e Swift a Karl Kraus e Joyce, egli coniuga nel suo scritto indignazione, collera, derisione con l’acume dell’intelligenza e la nettezza dell’idea. In soli tredici paragrafi, non risparmia sferzate alla Bibbia, alla personalità di Cristo, e agli effetti del Cristianesimo sulla tre sfere umane del buono, del vero e del bello. Ogni frase è un gioiello d’arguzia e impertinenza: “Fintantoché si proclama come fonte purissima di ‹verità divina›, come norma sacra della ‹perfettissima morale›, come pilastro di religioni di Stato un libro con, a star bassi, 50.000 varianti testuali (dunque in media 30 luoghi controversi a pagina!) (…) fino ad allora ci meritiamo i regimi e le situazioni che abbiamo!”. E l’autore sa di cosa sta parlando: innanzitutto del “regime” di Adenauer, che all’insegna di un’alleanza tra Stato e Chiesa cattolica, impone al paese un moralismo gretto, di cui Schmidt è già stato vittima. Nel 1955 gli è stato intentato un processo per blasfemia e pornografia, per via del racconto Seelandschaft mit Pocahontas (Paesaggio lacustre con Pocahontas) e nel 1956 il suo romanzo di satira politica sulle due Germanie, Das steinerne Herz (Il cuore di pietra), esce per l’editore Stahlberg Verlag con tagli preventivi “approvati” dall’autore, per evitare censure e denunce. Vi è, insomma, una legge di proporzionalità diretta tra il tasso di influenza ecclesiastica nella politica di un paese, e il tasso di anticlericalismo espresso da scrittori e intellettuali non credenti di quello stesso paese.

Di tutt’altro tono è il libro di Jacques Bouveresse Peut-on ne pas croire? Sur la verité, la croyance & la foi (Possiamo non credere? Sulla verità, le credenza e la fede) uscito in Francia nel 2007 per Agone. Bouveresse è un filosofo noto per essere uno dei maggiori studiosi francesi di Wittgenstein, oltre che ottimo interlocutore della filosofia analitica anglosassone e studioso del crocevia viennese del primo Novecento (da Freud a Musil e Kraus). Il suo saggio svolge un’ampia disamina concettuale sullo statuto delle credenze alla luce della filosofia e dell’epistemologia degli ultimi due secoli. E ciò che subito stigmatizza è l’uso quasi sempre improprio di termini quali “sacro”, “religioso”, “fede”, che acquistano oggi un’estensione semantica talmente ampia e sfumata, da perdere quasi di senso. Ad un esame approfondito, più che di un rinnovato senso religioso, con relativa adesione a pratiche confessionali specifiche, ci troviamo di fronte ad una nostalgia di credenze.

L’esperienza religiosa è sempre più soft o, come direbbe Bauman, “liquida”, individualizzata, ma quello che si rimpiange è tutt’altro: un legame forte, una sorta di collante sociale incrollabile, sul tipo di quello che Debray sembra invidiare agli Stati Uniti di Bush. Bouveresse dubita che una miscela di fervore religioso, nazionalismo ottuso e di cinismo politico sia la ricetta adatta per trarre fuori l’Europa dallo smarrimento in cui sembra trovarsi. E tocca qui il nodo della questione, che possiamo formulare in questi termini: una forma di “religione civile”, all’interno di democrazie individualistiche come le nostre, è indispensabile? E se lo è, quale sarebbe la sua forma più adeguata? Tema già freudiano, ma anche di Durkheim, e tipico dell’ateismo scientifico più consapevole. Affinché in una democrazia laica, ogni individuo possa partecipare in modo autonomo ai dibattiti d’interesse pubblico, è necessario che vi sia un terreno condiviso che non ha carattere “contrattuale” o “negoziabile”. Tale terreno costituisce quella che Debray chiama “funzione dio”, che però l’ateismo scientifico ha pensato al di fuori di ogni riferimento sia a verità teologiche sia a presunte leggi di natura.

Il problema dei fondamenti non negoziabili della democrazia individualistica emerge anche nei passaggi cruciali di Atei o credenti? Filosofia, politica, etica, scienza che raccoglie un dialogo a tre voci di Paolo Flores d’Arcais, Gianni Vattimo e Michel Onfray (Fazi, 2007). Il titolo rinvia ad una falsa alternativa, in quanto sembrerebbe mettere faccia a faccia un filosofo ateo e un teologo, ad esempio. Cosa che non sarebbe priva d’interesse, ma non è questo il caso. Vattimo, nel ruolo di credente, ha già concesso ai due atei tutto quanto questi potrebbero sperare: ossia la credenza religiosa individuale deve sottrarsi ad ogni monopolio dottrinario da parte della Chiesa istituzionale. D’altra parte, è proprio Vattimo che coglie i limiti del razionalismo nell’accezione rigidamente individualista difesa da d’Arcais. Certi nostalgici della religione pongono oggi una domanda cruciale: che cosa, nella nostra democrazia, non può avere natura contrattuale? Se a questa domanda rispondono Chiese e religioni, siamo già al di fuori della democrazia. La risposta di Bouveresse, sulla scorta di Durkheim, è il principio del “libero esame” di ogni verità, inteso non come un dato naturale della ragione, ma come un atteggiamento da sviluppare, trasmettere e salvaguardare come valore indiscutibile. Su questo punto, che tocca poi la preoccupazione laicista fondamentale – l’istruzione dello stato – convergono alla fine anche i tre autori di Atei o credenti?.

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88 Commenti

  1. Daniel Dennett, Rompere l’incantesimo, Il Saggiatore, 2007.
    sulla religione come fenomeno naturale, piuttosto che come questione psichica, ideologica, etica, eccetera.

  2. Renè Girard, Delle cose nascoste fin dalla fondazione del mondo, Adelphi.
    Dalla religione come fenomeno naturale e puro fattore di coesione sociale alla scoperta del carattere post-religioso del cristianesimo, che libera dalla violenza implicita nel sacro pagano e inaugura una nuova e irrinunciabile consapevolezza dell’umano.

  3. Grazie Inglese, se non ci fosse lei sul Web non ci cagherebbe più nessuno.
    Oltretutto, la sua insistenza rivela un’ossessione positivamente orientata.
    L’aspettiamo sulla via di Damasco.

  4. a ratz
    “Grazie Inglese, se non ci fosse lei sul Web non ci cagherebbe più nessuno.”
    Ma pensa? Non vi caga nessuno, eppero’ si fa un campagna elettorale all’insegna dell’antiabortismo? Nelle chiese non ci siete la domenica, ma siete sempre più su stampa e tv e nelle piazze. Vale forse la pena di capire perché.

  5. @ferrazzi
    si chiama “testimonianza atea”, caro riccardo, serve a convincere non tanto che dio non c’è, quanto che il teismo (qualsiasi teismo), quando si fa azione politica (sempre si fa azione politica), è una patologia della società, oltre che delle menti.

  6. Ci deve pur essere un criterio per cui una persona “spregiudicata” o meglio “apregiuziale” si distingue da un’ oscurantista spesso anche pregiudicato.
    Questo criterio, noto, si nutre di autonomia, nel giudizio, nel pensiero, nell’azione, nella sensazione.
    Questa sorte di monade psichica legata all’interno e all’esterno da parallelismo, diffida e quindi si protegge dai tentativi di persuasione, qualunque essi siano.
    Ecco perchè un laico si distingue da un fondamentalista.
    In questo senso si coltiva anche la preziosità e individualità del proprio volo che non può per sua natura essere massificato in una sorta di fede collettiva.
    Lo sappiamo cos’è la Chiesa, ma sappiamo anche che non vogliamo opporgliene un’altra.

  7. Mi pare che evitare i giri di parole in questa materia sia necessario, quindi andrò subito al sodo: il cattolicesimo (o forse sarebbe meglio dire cattolicismo?) è responsabile dello sfacelo che vediamo attorno. La ricerca scientifica, le libertà individuali, la crescita della nazione non possono e non devono essere frenati da questioni di parrocchia. Francamente non se ne può più. Quando sento Veltroni e Berlusconi che svicolano sull’aborto dicendo che le questioni morali non possono essere affrontate con gli strumenti della politica non so se piangere o se ridere… è assurdo. Se fossimo una nazione a maggioranza di testimoni di Geova saremmo qui a discutere se vietare o no le trasfusioni di sangue? Io non sono cattolico e voglio essere libero di applicare le mie convinzioni morali alla mia vita. Che i cattolici non abortiscano se non vogliono farlo. Tra un po’ si discuterà se mettere fuorilegge i preservativi?
    La situazione è grave e dovrà prima o poi giungere ad una soluzione.

  8. Che la faccenda del « ritorno della religione » non riguardi solo l’Italia, è ormai evidente. Su “Le Monde” di oggi, a p. 8, un articolo di mezza pagina intitolato “Gli oppositori del diritto all’aborto tentano di pesare sul dibattito elettorale italiano”; a p. 9, altro articolo di mezza pagina “Sarkozy teorizza il ruolo importante che assegna alla religione”.

    La mia ipotesi, a formularla nel modo più succinto, è questa: di fronte ad una società dell’individualismo estremo, sempre più disarticolata, atomizzata, competitiva, i progetti sia delle destra che della sinistra, per ragioni diverse, mancano di credibili elementi di coesione sociale forte che siano compatibili con la forma democratica. Di fronte a questo falla “ideologica”, non tutti i cattolici, ma la chiesa-istituzione che li rappresenta, propone un gioco assai pericoloso, in sintonia con personaggi del tenore di Ferrara: si presenta come l’unico baluardo legittimo della coesione sociale, l’unico argine alla frammentazione capitalistica e iperindividualistica. Ora, è chiaro che il rimedio è peggio del male. Detto ciò, un problema reale rimane: che cosa è indiscutibilmente condivisibile tra cittadini di uno stesso paese, indipendentemente da orientamenti politici e religiosi? La sinistra ha qualche vaga idea?

  9. @inglese:

    Certo che il problema non è solo italiano però ho l’impressione che l’immobilismo del dibattito politico italiano renda la situazione più grave. La incredibile assenza di voci fuori dal coro di cui soffrono la televisione e la “grande” stampa italiana rende tutto più preoccupante. Io sono pugliese e ho sentito con le mie orecchie Niki Vendola (presidente della regione Puglia – che tral’altro ho votato anche io) dichiarare di essere comunista, omosessuale e profondamente credente.
    Sento di dover condividere con tutti il mio bisogno di indipendenza e di libertà. Ma la parola “libertà” è stata scippata da un partito di destra che si definisce liberale, liberista e libertario (dimostrando colpevole e tendenziosa ignoranza politica) e come un tempo mi risultava difficile gridare “forza Italia” durante le partite dei mondiali, adesso mi suona sporco parlare di popolo e di libertà.
    Non so più cosa sia condivisibile se le parole popolo e libertà hanno il copyright di destra. Rimpiango il pensiero unico di qualche decennio fa …e questo non è bello.

  10. “Io non sono cattolico e voglio essere libero di applicare le mie convinzioni morali alla mia vita”, scrive la persona che si firma Cristò.

    Il guaio è che le convinzioni morali non si applicano solo alla *propria* vita, ma hanno anche – non sempre, presumo, ma spesso – conseguenze sulla vita degli altri.
    Ad esempio, se io sono convinto che le streghe possano condurre alla dannazione la mia anima, posso applicare questa convinzione solo alla *mia* vita? Evidentemente no: perché per applicarla davvero dovrò quantomeno bruciare un po’ di streghe.

  11. Inglese, lei sta dicendo sostanzialmente che senza Dio non si cava un ragno dal buco del nichilismo più o meno gaio.
    I teocon (che sono più atei di lei) si sono arresi all’evidenza.
    Cosa aspetta?
    Preferisce il suicidio collettivo?

  12. a me interessa il punto di vista di tashtego e l’ultimo commento più che l’articolo postato qui da Inglese.
    penso che non c’è altro modo che ribadire l’acquisizione che religione e politica siano due sfere assolutamente separate e distinte.
    è su questo che bisogna puntare.
    giusto ribadire al papa i limiti delle sua competenze.
    altrettanto corretto ribadire ai cattolici che non possono chiedere una legislazione civile a loro immagine e somiglianza, che i diritti civili acquisiti e ancora da acquisire, vadano rispettati da parte di credenti e non credenti e diversamente credenti.
    io sono atea, ma non mi riconosco in molte posizioni assunte da Inglese, né nella sua definizione di ateismo militante.
    A me non interessa combattere le religioni, perché nella mia testa significa combattere contro i mulini a vento, una battaglia inutile e dannosa perché non difende il reciproco rispetto delle differenze. (e siano pure per noi delle favole, ché forse a qualcuno deve’esser negato il sacrosanto diritto di credere alle favole?)
    M’interessa combattere l’ingerenza della religione in materie non di sua competenza.
    Io combatto l’ingerenza sottolineando i limiti che le sono assegnati in uno stato laico e democratico, ma difendo la libertà di coscienza nel rispetto paritario e reciproco.
    E per tornare al testo, il principio democratico, per me, non negoziabile è la libertà di scelta, non il libero esame della verità, perché mi appare già una restrizione fondata su una presunta verità, assoluta o relativa che sia a un’altra verità più vera che esclude la possibilità di non possederne o non voler prenderne in “esame” alcuna.

    Quanto alla superiore capacità delle religioni di far da collante, c’è poco da fare, si chiamano religioni proprio per questo, a meno che l’ateismo non voglia trasformarsi a sua volta in religio, la contraddizione in cui mi sembra cadere Inglese.

    L’ateismo non farà mai da collante e non fornirà nessuna alternativa alla religione se sceglie d’indirizzarsi su questa strada.
    L’unica arma è la difesa della libertà di ciascuno di credere, di non credere e di credere in ciò che vuole e di vivere come meglio crede e lasciar vivere e di lasciar morire.

  13. @giuliomozzi:

    Ma ti rendi conto di quello che dici? I miei valori morali non hanno nulla a che vedere col cattolicesimo ma non voglio bruciare nessun cattolico.
    Secondo il tuo modo di vedere Hitler ha agito per difendere i suoi valori morali?
    Dico solo che chi non vuole abortire non lo faccia, chi non vuole sposare un omosessuale non lo faccia e così via senza però impedire agli altri di farlo.
    Per quanto riguarda le streghe non penso che ci sia bisogno di aggiungere altro a quello che hai detto tu.

    P.S. Giusto per chiarezza la firma Cristò non è una provocazione ma il nome che mio padre ha avuto la bontà di mettermi (nome di origine pugliese, abbreviazione di Cristoforo)

  14. Invece della fede in dio, non potrebbe bastare la fiducia in ciascun uomo e ciascuna donna o almeno nelle loro potenzialità, come collante sociale?
    Visto che ci vediamo sbagliare ogni giorno è più difficile che credere in un dio infallibile dai piani indecifrabili.
    Ma visto che, con occhiali differenti, potremmo vedere ogni giorno anche infiniti successi umani, mentre i piani di dio restano misteriosi e indecifrabili, forse varrebbe la pena di dedicarsi a sviluppare il potenziale umano in quanto tale e a eliminare le macchinazioni che lo tengono prigioniero!

  15. Nell’arco di vita che ci e’ dato vivere, trovo soddisfacente collaborare all’idea di Europa comunitaria e al progresso razional/economico del mio campo specifico di ricerca. Tutto il resto, credo esorbiti il mio spazio di influenza, dunque non mi compete e lo delego volentieri ai miei rappresentanti politici (Bonino/Pannella). Agnostico dunque, piu’ che ateo/credente.

  16. @giulio mozzi
    “Il guaio è che le convinzioni morali non si applicano solo alla *propria* vita, ma hanno anche – non sempre, presumo, ma spesso – conseguenze sulla vita degli altri.”

    Il nocciolo della questione è appunto questo. Il non credente si differenzia dal credente perché non vuole imporre per legge i propri convincimenti anche a chi la pensa diversamente, ma il credente obietta che “le conseguenze” delle convinzioni morali che non gli appartengono le “paga” anche lui. Così tu dicesti tempo fa su Vibrisse: “con una parte delle mie tasse si pagano gli aborti” verso i quali sei contrario. Ecco, oggi vorrei risponderti che ai cattolici non conviene “buttarla sui soldi”, perché con tutto ciò che ricavano dallo Stato italiano (sotto forma di esenzioni fiscali o di finanziamenti diretti) ci si ripaga il debito pubblico (o quasi). Semmai è il non credente che dovrebbe lamentarsi di questo.

    Poi vorrei aggiungere alcune considerazioni più generali. Non mi riconosco nell’ateismo da crociata di Inglese e tashtego, ma la sostanza del loro discorso, depurata dagli isterismi, è anche la mia. Penso che sarebbe ora di ridiscutere il concordato. Da noi non è garantita l’eguale libertà delle confessioni davanti alla legge perché quella cattolica è più eguale delle altre. Una condizione di privilegio che viola non soltanto la nostra Costituzione ma perfino il Concilio Vaticano II e la costituzione conciliare Gaudium et Spes. Con la revisione dell’84, che ha accolto in gran parte il Concordato fascista del ’29, non sono assicurate le libertà di religione e verso la religione di moltissimi italiani, credenti e non. Finché si continuerà a parlare di rapporto fra Stato e Chiesa e non fra Stato e “chiese”, ora di religione e non “di religioni”, noi continueremo ad essere l’ultimo stato confessionale fra le democrazie occidentali, cioè “il più avanzato dei paesi del terzo mondo”.

  17. a maria valente
    “altrettanto corretto ribadire ai cattolici che non possono chiedere una legislazione civile a loro immagine e somiglianza, che i diritti civili acquisiti e ancora da acquisire, vadano rispettati da parte di credenti e non credenti e diversamente credenti.”

    1) questa posizione che è laicista (vedi citaz. di Viano nel post) non è per nulla assodata nella società italiana, da qui tutti i problemi che ne derivano oggi
    2) perché non è assodata? Perché una cultura laicista non cade dal cielo, ma è una conquista che si realizza attraverso un percorso complesso, etico, intellettuale e anche scientifico;
    tu e molti altri non capiscono che quello che desiderate non è un’evidenza, un dato, ma il frutto di un’evoluzione culturale complessa; se volete convincervene, leggetivi “l’evvenire di un illusione”, del 1927.
    3) l’ateismo militante non è né nichilismo né sprezzo delle credenze, ma consapevolezza dell’evoluzione che ha portato a considerare la possibilità di una coesione sociale della democrazia al di fuori di ogni fondamento religioso. E’ il tema della “religione civile”; tema non facile e tutt’ora attuale nel dibattito intellettuale.
    4) Senza una certa dose dei due ingredienti di cui ho parlato nell’articolo (anticlericalismo e ateismo scientifico: ossia studio della religione come fenomeno esclusivamente umano), nessuna possibilità di difendere una vera separazione di Stato e Chiesa, nessun laicismo.

  18. @Tashtego. Chissà perché, non mi hai convinto. Forse perché questo tipo di discorso si chiama petizione di principio? Può darsi. Può darsi di no. Il fatto è che possiamo discutere per anni e non ci convinceremo mai.
    Per me resta fondamentale la domanda: a che si riduce la “testimonianza” di chi, per levarsi di torno l’invadenza ideologica dei credenti, nega Dio? A rompere il termometro per credere di non avere la febbre. A sprofondare nella disperazione. Grazie, preferisco di no.

  19. Il vero ostacolo a ciò che Inglese chiama una “religione civile” non è dato dal pensiero cattolico. Tommaso d’Aquino, che resta il teologo di riferimento, aveva già teorizzato che la ragione naturale basta a fondare la convivenza civile e il potere temporale. Lo stesso i giusnaturalisti dell’età moderna (Althusio, Grozio ecc). Il fatto è che il soggettivismo contemporaneo rifiuta un concetto normativo di “natura” e di “costume”, identificando l’unico fondamento del diritto nell’individuo in quanto tale, che non accetta vincoli non solo di natura religiosa, ma nemmeno comunitaria. In questo modo si taglia letteralmente il ramo su cui si è seduti e s’identifica il fondamento della democrazia nella pura e semplice maggioranza numerica. Ecco perchè chi si accorge degli effetti nichilistici di questa situazione (i conservatori ma non solo) ripiega sulla religione come “instrumentum regni”. Ed ecco perchè oggi, come insegnano entrambi i poli, Pannella se lo conosci lo eviti.

  20. @ferrazzi
    a dirtela tutta: dio non c’è a prescindere dall’esistenza di credenti, più o meno invadenti.
    ma a me non importa poi troppo dei credenti, che sono miliardi e questo è un dato di fatto.
    però a fronte di un papa che riafferma l’esistenza di satana, mi piacerebbe riuscire a convincere almeno una persona di essere tutta materia, che non esiste un aldilà e nessun ultra mondo, che la partita è interamente nelle nostre mani, che l’etica e la religione sono costruzioni umane, eccetera.
    ma questo è off topic.

    @inglès
    il discorso di inglès è un altro e non mi convince come lo imposta lui: io credo che l’aggressività delle religioni sia una reazione di difesa contro la potenza crescente della scienza, non contro l’egoismo.
    voglio dire che le religioni reagiscono non ad una lesione etica, ma ad un’erosione del loro potere.

    la risposta su ciò che è eventualmente con-divisibile tra credenti e non credenti è semplice: lo spazio civile.
    che nella città del trecento metti è la piazza del broletto, dove vengono accolti tutti purché non ne facciano un uso improprio, che per la religione c’è il duomo.
    tuttavia la religione risiede innazi tutto nelle menti ed è lì che eventualmente andrebbe combattuta, ma per farlo occorre essere atei con orgoglio e convinzione, occorre costruire un’etica senza dio e non est compito facile.
    eccetera.

  21. @andrea inglese

    -i progressi, le conquiste cui alludi sono già avvenute, si tratta semmai di impedire un pericoloso arretramento.

    – ti ringrazio ma freud è, a mio avviso e a suo modo, un altro papa della psiche e del suo sesso. sono letteralmente allergica a tutte le sue mitologie, per fortuna dopo il suo complesso venne l’antiedipo!

    – e poi non m’interessa interpretare le religioni in nessuna altra chiave se non in quella di una loro contestualizzazione storica dal primitivo assemblaggio agli ulteriori sviluppi.

    -infine, di religioni e di problemi di convivenza e di fondamentalismi e di guerre di religione ritengo di averne già abbastanza, senza che ci si metta pure quella civile di mezzo, ma la caduta delle ideologie non dovrebbe preservarci proprio da questo?

    @binaghi

    la prego, di cuore, ci lasci vivere nella nostra santa pace senza i suoi sermoni

    lo vede che sto intercedendo a suo favore con inglese?

    se l’uno smettesse la sua crociata contro l’altro, secondo me ne guadagneremmo tutti di salute.

    è questo l’unico mio desiderio

  22. Ringrazio Inglese per questo articolo, che ha un valore informativo notevole.
    alcuni stralci di certi libri citati nell’articolo sono stati pubblicati qui su NI da Inglese, oppure altrove, e confesso che li ho considerati poco significativi o integralisti (o fondamentalisti? non si sa che parola scegliere per l’ateismo), ma erano solo stralci e ora mi interesserà molto leggere l’ultimo libro a 6 mani segnalato da Inglese.

    Credo che vi possa essere del fanatismo e, appunto, dell’integralismo/fondamentalismo anche nell’ateismo, e che questo stia montando in risposta all’integralismo religioso – per ora non vi è dubbio cmq che il fanatismo ateista lasci più libertà personale rispetto a quello religioso.
    ho detto più volte qui su NI che ateismo e teismo si propongono entrambi come depositari di una verità (il nulla, o il tutto: Dio) per spiegare il mistero dell’esistenza e quindi per me sono due facce della stessa medaglia.

    ma credo anche che sia un bene che la letteratura sull’ateismo cresca in modo che poi trovi in sè i suoi anticorpi – come a dire: che si sviluppino atei moderati in contrapposizione agli atei fanatici.

    infine penso abbia molta ragione tashtego a sottolineare l’opposizione tra fede e scienza, per me ancora in corso, purché non si scada nello scientismo: la credenza che la scienza demolirà ogni possibile fede teistica e spieghi ogni cosa del reale.

    a questo proposito segnalo il libro dell’evoluzionista, ateo militante e fondatore dei Brights,

    Richard Dawkins
    L’illusione di Dio
    edito credo da Mondadori

    che leggerò cercando, a mio… immodesto parere (dato che lui è un colosso dell’evoluzionismo e io un lillipuziano) dove sbaglia (RIDUZIONISTA è la critica che gli si fa più spesso) nelle sue argomentazioni che passano da scienza evolutiva a inesistenza di Dio.

  23. a tash
    “io credo che l’aggressività delle religioni sia una reazione di difesa contro la potenza crescente della scienza, non contro l’egoismo. voglio dire che le religioni reagiscono non ad una lesione etica, ma ad un’erosione del loro potere.”

    non sono d’accordo, la faccenda è molto meno lineare; un tema su cui mi piacerebbe intervenire è l’alleanza tra teologia e tecnologia, in faccende come quelle della difesa del “bios”, il feto, ecc., ma per ora lasciamolo tra parentesi;
    i soggetti in gioco in questa faccenda sono diversi e con scopi diversi: certo, la chiesa reagisce alla sua perdita di potere, ma non farebbe nulla senza alleati; gli alleati sono i politici, sopratutto di destra ma non solo; a questi della teologia non gliene frega nulla, ma gl’interessa l’agenzia propagandistica della Chiesa sul territorio; perché mai allearsi con la chiesa? perché nel vuoto ideologico / che non vuol dire la “caduta delle ideologie” a cui crede ancora maria valente, ma confusione delle idee e delle parole / la chiesa è l’unica che offre certezze; e la gente non ha nostalgia di religione vera, ma nostalgia di certezze si; poi ci sono i cattolici (laici e non), che non sempre condividono le posizioni della Chiesa istituzione, ma finché non avranno la forza di far sentire il loro dissenso, conterà solo il megafono vaticano.
    In tutto questo il problema della “religione civile”, che spaventa solo chi non sa bene di che cosa si sta parlando, permane: la risposta che tu dai tash rimane molto astratta: che cos’è “lo spazio civile”?
    Ripeto, un libro importante se si vuole discutere sul serio questa faccendo è “Come se dio non esistesse” di Rusconi, Einaudi, 2000. Non è un testo che chiariesce tutto, ma andrebbe senz’altro considerato come punto di riferimento.

  24. Per Cristò.

    Mi par di rendermi ben conto di quello che dico. E ho il sospetto che tu non ti renda conto che affermando: “Voglio essere libero di applicare le mie convinzioni morali alla mia vita”, affermi anche il diritto di ciascuno ad “voler essere libero di applicare le proprio convinzioni morali alla propria vita”.

    Sono ben sicuro che tu non vuoi bruciare nessun cattolico. Ma se un cattolico, per sua “convinzione morale”, volesse bruciare te? Gli riconosceresti il dirito di “voler essere libero di applicare le sue convinzioni morali alla sua vita”? Secondo me, mica tanto: e penso ci avresti ragione.

    Quindi il diritto di “voler essere liberi di applicare le proprie convinzioni morali alla propria vita” non è un diritto universale.

    A me pare che parlare delle “convinzioni morali” come se fossero cose che riguardano “la mia vita”, e solo “la mia vita”, sia sbagliato e fuorviante. Il mio agire, guidato dalle mie “convinzioni morali”, ha effetto sulle vite altrui. Se quindi reclamo il diritto di agire secondo le mie “convinzioni morali” senza badare agli effetti di questa scelta sulle vite altrui, reclamo una sorta di diritto all’irresponsabilità.

    Se questo che dico è sbagliato, mi si dica dove è sbagliato.

  25. @valente
    Il mio commento precedente è tutto tranne che un sermone.
    Infatti Inglese si guarda bene dal rispondere a quello.
    Lo spazio autenticamente civile non è fatto per crociate teistiche nè atee, ma per quello che un tempo si chiamava lo “ius naturalis”. A occuparlo militarmente è stato l’ego ipertrofico, dal ’68 in poi.
    Il cattolicesimo interviene per supplenza, un po’ come la magistratura con la politica: ridimensionate il soggetto individuale in favore di quello comunitario, e nessun tipo di settarismo potrà pretendere di sostituirvisi.
    Pace a lei.

  26. sono d’accordo sulla tua analisi, inglès.
    ma l’uso politico del dettato religioso non esclude che al fondo della contesa ci sia una questione epocale ed è il passaggio da una società teista ad una società atea.
    certo che c’è anche l’uso religioso della caduta delle certezze e soprattutto delle appartenenze.
    per spazio civile, dato che abito al settimo piano e ho l’ascensore rotto, posso al massimo indicare di nuovo ad esempio la civitas e il suo spazio pubblico dove ciscuno si muove secondo i propri fini, ma nel rispetto della norma condivisa: mi serve ossigeno.

  27. Per Garufi.

    Scrivi: “Il non credente si differenzia dal credente perché non vuole imporre per legge i propri convincimenti anche a chi la pensa diversamente”.
    Poiché rispondi a me, mi par di capire che accusi me di “voler imporre per legge i miei convincimenti”. E allora, per piacere – visto che l’onere della prova tocca all’accusa – vedi se riesci a trovare qualche mio intervento pubblico, qualche mio articolo, qualche mio fuori onda, o quel che vuoi, nel quale io sostengo di “voler imporre per legge i miei convincimenti”.

    Circa i soldi: io pago le tasse, e quindi pago anche gli aborti. Così come ho pagato le spese per la progettazione del Ponte sullo Stretto di Messina (al quale sono contrario), la partecipazione italiana all’assalto all’Iraq (al quale sono contrario), eccetera.
    Non mi risulta di aver fatto o indetto scioperi fiscali antiabortisti. Quindi non capisco che cosa tu mi rinfacci – a meno che tu non voglia rinfacciarmi il mio essere un cittadino che paga le tasse.

    So che lo Stato gira parecchi quattrini alla Chiesa. Se ipotizzi che la cosa mi renda felice, ipotizzi sbagliato. (Ah: il mio otto per mille non va alla chiesa cattolica).

    Quindi, poiché sono stufo di vedermi attribuite opinioni e posizioni che non ho e che non ho mai avute, e che sono il contrario di quelle che più o meno da sempre dichiaro e sostengo, preciso:
    – che sono intensamente favorevole alla separazione tra Stato e Chiese;
    – che sono intensamente favorevole alla ridiscussione del concordato tra Stato e chiesa cattolica (e sarei ben felice se non vi fosse alcun concordato);
    – che quando sento il presidente della repubblica italiana che nomina il papa chiamandolo “Santo Padre”, provo fastidio;
    – che sono intensamente favorevole alla completa separazione tra la materia matrimoniale civile e quella religiosa;
    – che mi sono scelto Giuliano Ferrara come nemico personale.

    E dico questo non *benché* io sia credente, ma *proprio perché* lo sono.

    So perfettamente che buona parte (la parte più potente) della gerarchia della chiesa cattolica non la pensa come me. Ma sarei felice di essere accusato dei miei errori, non di quelli altrui.

  28. a giulio mozzi, che scrive:
    “preciso:
    – che sono intensamente favorevole alla separazione tra Stato e Chiese;
    – che sono intensamente favorevole alla ridiscussione del concordato tra Stato e chiesa cattolica (e sarei ben felice se non vi fosse alcun concordato);
    – che quando sento il presidente della repubblica italiana che nomina il papa chiamandolo “Santo Padre”, provo fastidio;
    – che sono intensamente favorevole alla completa separazione tra la materia matrimoniale civile e quella religiosa;
    – che mi sono scelto Giuliano Ferrara come nemico personale.

    E dico questo non *benché* io sia credente, ma *proprio perché* lo sono.”

    E’ probabile che su diverse questioni un ateo come me e un credente come Giulio Mozzi si possano trovare in dissaccordo, proprio perché uno “non credente” e l’altro “credente”… ma mi sembra importante che un ateo e un credente si trovino d’accordo su questa lista di punti, che Mozzi ha stilato. Anche perché sarebbe strano che tra le persone che denunciano la “strumentalizzazione politica della religione” non ci siano innanzitutto dei convinti credenti e cattolici.
    Il problema che quel Rusconi che ho già citato sollevava nei confronti dei cattolici, era pero’ questo: come fare in modo che i cattolici che la pensano come Mozzi, e io ne conosco non pochi, si facciano sentire? Cio’ permetterebbe di spostare definitivamente il dibattito sul tipo di società che vogliamo e non sul grado o tipo di fede che abbiamo o non abbiamo. Ma per come la vedo io questo non è ancora possibile.

  29. Per Giulio Mozzi:

    Ecco dove sbagli, secondo me:

    Qui si parla di ingerenze della chiesa nella vita politica e non di bruciare qualcuno (e lasciami dire che quando la chiesa ha voluto bruciare qualcuno, l’ha fatto proprio invocando principi morali). Voglio essere certo che lo Stato sceglierà cosa è giusto e cosa non lo è, senza tenere conto di principi morali ecclesiastici.
    L’omicidio è contro la legge per ragioni di ordine pubblico e non perchè la vita è sacra. Nello stesso modo violentare una donna è illegale perchè è un atto di prevaricazione e non perché è peccato fornicare fuori dal matrimonio.

    La legge sull’aborto (per esempio) ha un valore sociale che la chiesa, se fosse ancora e davvero dalla parte dei deboli, dovrebbe difendere con le unghie e coi denti.

    Bisogna fare molta attenzione a non confondere la legge morale delle religioni con la legge dello Stato. Nelle nazioni in cui si interpreta il Corano come legge le donne accusate di adulterio vengono lapidate… secondo il principio per cui la morale religiosa deve diventare legge questo è giusto.
    Se vogliamo vivere in un mondo veramente libero e non in questa falsa democrazia dobbiamo liberarci dai vincoli moralisti, falsi e ipocriti che le religioni monoteiste impongono anche a chi, come me, non è neanche battezzato.

  30. Ancora per Giulio Mozzi:

    Ho letto solo ora i tuoi punti e li condivido in pieno, li sottoscrivo uno per uno anche se magari mi sarei scelto un nemico più magrolino (nel caso di uno scontro fisico). A parte gli scherzi forse ci siamo persi entrambi in una disquisizione che si allontana dalla sostanza dei fatti perdendosi nel significato di “convinzione morale”.
    Dai, siamo d’accordo.
    Le leggi le deve fare lo Stato o, meglio, le leggi le devono fare i cittadini.

  31. Cristò, io ho fatto delle osservazioni su una tua affermazione. E mi pare che tu non te ne accorga neanche.

    Quando scrivi: “Lasciami dire che quando la chiesa ha voluto bruciare qualcuno, l’ha fatto proprio invocando principi morali”, ti rispondo: certo che te lo lascio dire! E’ proprio questo il punto!

    Ovvero: non è che perché uno “invoca principi morali”, il suo comportamento sia necessariamente accettabile.

    E tu che cosa hai fatto? Hai scritto: “Voglio essere libero di applicare le mie convinzioni morali alla mia vita”. Qualunque inquisitore avrebbe potuto dire la stessa cosa.

    Voglio forse darti dell’inquisitore? Neanche per sogno! Voglio solo far notare che un’affermazione come: “Voglio essere libero di applicare le mie convinzioni morali alla mia vita” è talmente vaga, imprecisa, ambigua, e potenzialmente pericolosa per la libertà, che io mi guarderei bene dal profferirla.

    Peraltro se provassimo a dire: “Voglio che ciascuno sia libero di applicare le sue convinzioni morali alla sua vita”, cioè se elevassimo la “legge” che tu vuoi per te a “legge” per tutti, la situazione non migliorerebbe.

    Quando scrivi: “Voglio essere certo che lo Stato sceglierà cosa è giusto e cosa non lo è, senza tenere conto di principi morali ecclesiastici”, intendi dire che di principi morali non ecclesiastici lo Stato invece potrebbe (o dovrebbe) tener conto?

  32. Per Giulio Mozzi:

    ci siamo capiti. Ho usato in maniera troppo vaga l’espressione “principi morali”. Siamo d’accordo. Però anche tu hai capito benissimo cosa voglio dire io.
    Che lo Stato faccia lo Stato e la Chiesa faccia la Chiesa, e sei pure d’accordo con me a quanto pare. E poi, alla fine della fiera la questione è tanto semplice.

    Io la chiudo qui, contento di aver capito che mi ero sbagliato a pensarti un baciapire (dai la storia delle streghe mi ha fuorviato) e sicuro di aver intasato fin troppo il blog con le mie parole.

    Non potendo dire amici come prima (perché amici non lo siamo mai stati) ti saluto con una stretta di mano e piacere di averti conosciuto.

  33. Cristò, mi hai immaginato così desideroso di roghi che mi hai definito un “baciapire”… :-)

    Io peraltro non ho capito che cosa vuoi dire tu. Magari mi aiuteresti a capire rispondendo alla domanda che qui ripeto:

    Quando scrivi: “Voglio essere certo che lo Stato sceglierà cosa è giusto e cosa non lo è, senza tenere conto di principi morali ecclesiastici”, intendi dire che di principi morali non ecclesiastici lo Stato invece potrebbe (o dovrebbe) tener conto?

  34. per giuliomozzi:

    No. Intendo dire che lo Stato dovrebbe prendere decisioni che non dipendano da principi morali né della Chiesa, né miei. Lo Stato dovrebbe legiferare tenendo conto di istanze sociali, necessità ed opportunita economiche, principi di buonsenso comune. Insomma lo Stato dovrebbe occuparsi della qualità della vita dei cittadini cercando di fare in modo che ognuno di essi possa decidere secondo le proprie convinzioni, ovviamente nei limiti di una civile convivenza).

    I cattolici, gli ebrei, i musulmani, e così via potranno decidere per conto loro se non abortire, non mangiare carne di quale animale, non divorziare, fare o non fare qualsiasi altra cosa non costituisca reato. Gli atei, gli agnostici, gli indecisi e così via, altrettanto.

  35. Che lo si creda o no, sono in realtà molti i cattolici che condivisono quei punti stilati da Giulio Mozzi. Personalmente, mi ci aggiungo volentieri.
    Il punto è che, una volta assodato questo, si tratta di dare un contenuto all’espressione usata da Cristo’: “principi di buonsenso comune”.
    Il che resta impossibile finchè la dialettica resta puramente negativa, e si rifiuta di assumere qualsiasi nozione di “ordine” o “norma” dal senso comune. Questo perchè ci si è ridotti non solo a una rivendicazione (spesso sacrosanta) dei diritti individuali, ma all’esclusione di ogni principio normativo (comunitario o più largamente sociale) che non coincida con quello. Ad esempio non solo dare i pieni diritti civili a una coppia omosessuale, ma equipararla a una famiglia naturale nell’adozione di un figlio. Questo è un punto su cui il senso comune non seguità mai certo soggettivismo, ed è la ragione per cui la sinistra, mettendo una cosa come questa in agenda prioritaria per sei mesi, mentre sul lavoro e i salari (e le famiglie) succede quel che succede, si gioca una possibilità di governo. Altra cosa che il senso comune non capisce è perchè ci si debba stracciare le vesti sui reati sessuali, mentre dall’altra parte s’inneggia alla deregulation della figa, cioè alla pornografizzazione della pubblicistica e dello spettacolo.
    Si potrebbe continuare. Il senso comune, che secondo me non ha più grosse simpatie per le ingerenze del clero cattolico nella vita pubblica, è costretto a riammetterne la voce, perchè è l’unica che accetti di indicare un ordine, nel disordine stabilito. Pura supplenza.
    Se volete sapere di chi è la colpa, Inglese e soci, guardatevi allo specchio. La dialettica negativa è l’equivalente ideologico di Peter Pan.
    Roba per gente che ha paura di crescere.

  36. Addenda. Alla fine degli anni settanta l’area della sinistra “radicale” (che capitalizzava al massimo l’onda lunga del 68′) godeva in questo paese di un consenso (elettorale ma anche culturale) tra il 6 e l’8 per cento.
    Trent’anni dopo, le condizioni dei lavoratori e delle famiglie sono peggiorate, e quindi aumentate le condizioni per un eventuale consenso a politiche di sinistra. Ma le proporzioni sono immutate.
    1) Chiedersi perchè, urgentemente.
    2) Smettere di dar la colpa ai preti (se non ci fossero dovreste inventarli)
    3) Un po’ di autocritica no, eh?

  37. Essere tutta materia leggo scritto. E perché no! il punto è sapere cosa è la materia. Viene detto come se si conoscesse cosa è, come funziona la materia e da dove viene. Se ci nascondiamo dietro i significanti è certo che prendiamo della cantonate. Sono d’accordo con Garufi sul fatto che trovo l’atteggiamento di Andrea Inglese da crociata. In questo perfettamente identico a quello di Ratzinger. Quindi non mi piacciono tutti e due. Quello di Dennet è un libro interessante ma molte delle cose che contiene è molto facile rivoltargliele al contrario. Altro spessore culturale quello segnalato da Binaghi che è un grande libro. Aggiungerei Da Dioniso a Cristo di Fornari.

  38. più che per la revisione del concordato, io sarei per l’abolizione dello stato città del vaticano, unico stato estero in cui vedrei bene bivacchi di manipoli di lagunari fascistoidi: noi ci siamo abituati, ma l’anomalia è gigantesca: tolleriamo che, incapsulato nella capitale del nostro stato democratico, sussista uno staterello teocratico e assolutista, retaggio fossile di una secolare disgustosa teocrazia papale, dove la religione veniva imposta con la forza: da questo staterello (che noi facciamo vivere pagandone le spese e foraggiando i lussi dei pezzi di merda vestiti di rosso che lì sono al potere) emanano continuamente editti tesi ad influenzare ogni aspetto della nostra vita associata, a modificare le leggi che ci siamo democraticamente dati – SBAGLIATE O NO CHE SIANO SONO LE NOSTRE LEGGI – frutto di battaglie lunghe, di passaggi referendari come ogni democrazia che si rispetti – perché, questo è un punto importante, non ostanti i suoi difetti e le sue deformazioni, in qualche caso gravissime, la nostra è ancora una vera democrazia.

  39. 16.2.2008. Ci giunge questa lettera dall’ Agenzia SKYFAST.

    Cari telespettatori, bloggheristi & testedicavoloqualsiasi

    Volevo solo dirvi che qui vi scrive un dio, ma non uno qualsiasi, per dire, ma il Dio, cioè quello conosciuto anche come Allah o JHWH, (che poi non suona niente bene). Ecco, era per farvi sapere alcune cose:
    1.Che io non ci “sono” né mai “fui”, anzi sono una vostra invenzione e neanche tanto bella, però a forza di nominarmi, invano o no, mi rompete i coglioni e mi date una forza enorme per esistere, e invece io me ne starei a dormire volentieri nel mondo dell’idee o fantasie inespresse.
    2.Ah, a proposito, io mica sono tanto buono o Amore, (che non so nemmeno cos’è ‘sta roba) come qualcuno si va inventando, anzi io sono piuttosto cattivello come ho detto in varie interviste a un tipo scorbutico, con un barbone, un certo Mosè; gli ho detto che sono “geloso” e che mi sono pure pentito di aver fatto l’uomo, infatti ci ho mandato il Diluvio, per dire, perché mi avevate stufato, appunto e come disse quello là: Io vi faccio e io vi disfo, ohhh
    3.Scusate se dico, ma gli altri uomini, quelli di un volta, i pagani erano ben più furbi, infatti si facevano dei bei dei che erano tutto il loro specchio: cioè trombavano come matti, violentavano, rubavano, si pelavano vivi, si scannavano e tradivano tra di loro, per lasciar perdere che nella pedofilia la sapevano lunga. In una parola erano e sono dei alla portata di mano.Tanto per dire, Shiva è un tipo molto più simpatico di me, in caso di bisogno rivolgetevi a lui, io sono piuttosto egoista, grazie.
    4.Che poi certa gente dice pure che io avrei fatto dei figli, uno, o cheneso, anche altri, ogni tanto ne fanno spuntare fuori un altro, e poi si danno un casino di botte per questi motivi. Mai la causa vera e prima di questi conflitti è che voi uomini siete falsi, cattivi, avidi e merdosi e mi prendete per scusa e andate a dire: Mi ha parlato il Signore…ho avuto una visione per cui stermino il mio nemico, ecco. E trovate sempre dei buoni motivi esterni e anche celesti per rubarvi la roba, le terre, et cetera, mica dite: Cazzo, ‘sta roba mi fa gola e me la voglio arraffare, quello lì mi sta sul gozzo per cui gli tiro ‘na revolverata.
    5.Scusate se dico cose spiacevoli: non attaccatevi a me, perché io non esisto proprio, e voi vi attaccate ad un’illusione; e se mi inventate scopo consolatorio e per paura della morte e dello sconosciuto, del nulla, vi dico che è molto più consolante darsi da fare per creare un po’ pace, qui ed ora, e cercare, se non di sconfiggere, almeno di sopire, calmare, curare l’umana sofferenza e non d’infliggerla in nome mio.
    6.Per cui se mi nominate ancora a scusante delle vostre schifezze giuro che vi sparo ‘na raffica di terremoti, eruzioni e tsunami che vi faccio sparire illico et immediate.
    7.Anche se non esisto.

  40. chiamate un esorcista:)
    Essendomi io allergica alla funzione dio, universalmente tipica ad esempio del non ci sono più le mezze stagioni e del tsatziki che trovo all’esselunga di macerata mi va di parlare delle perturbazioni su saturno a partire dal senso della parola cittadinanza.
    Concordo con giusco sull’europa, basta che non resti eurocentrica e fortezza. Concordo con maria per quanto riguarda la funzione dio freud (che mi condanna per nascita all’invidia del missile da sparare sulle case altrui) e questa affermazione i “progressi, le conquiste cui alludi sono già avvenute, si tratta semmai di impedire un pericoloso arretramento” aggiungendo che secondo me è la politica chiamata alla resa dei conti un po’ ovunque, che cerca armi di distrazione di massa dallo sfacelo orbiterracqueo e che le religioni, semplicemente, gliele forniscono bell’e pronte, alive and kicking: feti e famiglie (l’edipo, il nido d’amore e di mattoni per la vita e la crisi dei subprime vanno di pari passo la chiaman recessione) e nazioni e chiusura e bastioni identitari universali : contro la biopolitica della paura quella d’estinzione compresa. Per evitare l’arretramento, l’articolazione delle pratiche del comune sui problemi veri si gioca di volta in volta e decisamente fuori casa : il comune non è universale ma trans-individuale, preesiste e si fa e si disfa, si allea, si concentra, si disloca dove serve, si scioglie per ripresentarsi altrove.

  41. Cristò, dici che secondo te “lo Stato dovrebbe legiferare tenendo conto di istanze sociali, necessità ed opportunita economiche, principi di buonsenso comune”. Quindi se il “buonsenso comune” dicesse – come in altri tempi è purtroppo avvenuto – che le streghe vanno bruciate, lo Stato dovrebbe legiferare affinché le streghe vengano bruciate. Giusto?

  42. Per Giulio Mozzi:

    sinceramente sono stufo. Non capisco perché ti accanisci tanto sulle mie parole interpretando faziosamente quello che dico. Ti ho già detto che, letti i tuoi punti, secondo me siamo già d’accordo sul fatto (e questo è l’unico fatto di cui qui si discute) che NON CI DEVONO ESSERE INGERENZE DELLA CHIESA CATTOLICA NELLA ATTIVITA’ DI LEGIFERAZIONE DELLO STATO.
    Per quanto riguarda le streghe che tanto ti stanno a cuore non è mai accaduto che il “buonsenso comune” dicesse che le streghe vanno bruciate a meno che per te la “Santa inquisizione” non fosse espressione del “buon senso comune”.

    Se proprio vogliamo fare i conti dei morti ammazzati la Chiesa dovrebbe avere un grande pallottoliere per contare le proprie vittime (e non solo nel passato).

    Il “buon senso” non è la cieca approvazione di un popolo ignorante e plagiato da un potere teocratico, oligocratico, comunista, fascista o nazista che sia. Il “buon senso” è solo il “buon senso” e se è così difficile capire cosa è MEGLIO per la gente allora non c’è speranza. Siamo in mano ad una classe dirigente ipocrita e falsa e i cattolici (bada bene parlo di cattolici e non di cristiani) si battono per “valori morali” che da secoli nascondono gli interessi economici e politici di gente che con la religione non ha nulla a che fare.

  43. io continuo ad avere problemi con la parola verità. parola troppo piena di assoluto, guarda poco le altre parole. è la parola che detiene il primato, a volte qualcuno pensa anche la ragione.
    e il libero esame di ogni verità è come già togliere le impalcature di questa forzuta parola.
    poi non so, se davvero fossimo una democrazia le cose della chiesa resterebbero fuori, ma senza forzature, in modo naturale la chiesa starebbe al suo posto ad esercitare le proprie convinzioni come vuole.
    e invece non è così, sembra che le nostre democrazie abbiano ancora bisogno di ascoltare chi dice che la fine del mondo è vicina, forse per paura, forse per un codice genetico che ha bisogno di tempo, o forse per il potere.

  44. @cristò
    “sono stufo”

    Hai ragione, lui è un po’ ossessivo – un po’ tanto, diciamo -, e se non lo conosci finisce che ci discuti fino all’esasperazione e non sai più se ci è o ci fa; però non è cattivo, vuole solo mettere ordine, innanzitutto ai propri pensieri. Insomma, è il fine che giustifica Mozzi.

  45. @tashtego. Scusami se non seguo il thread con assiduità e diventa difficile fare un discorso consequenziale, ma quando dici
    “mi piacerebbe riuscire a convincere almeno una persona di essere tutta materia, che non esiste un aldilà e nessun ultra mondo, che la partita è interamente nelle nostre mani, che l’etica e la religione sono costruzioni umane, eccetera.”
    mi fai tornare al punto da cui siamo partiti, e cioè:
    “Una cosa che non finisce mai di meravigliarmi è vedere con quanto accanimento chi è disperato cerca di convincere anche gli altri a disperare.”
    Insomma: mi guardo bene dal proibirti (?) di essere disperato, ma vorrei capire che soddisfazione puoi trovare nel convincere “almeno una persona” a diventare disperato come te.

  46. @sergio garufi
    finalmente rido e rido in modo sano leggendo un commento qui su NI: quand’è che ci si rivede? dai, organizziamo!
    Lorenz
    (senza offesa per Mozzi che al di là della ossessività ha scritto degli ottimi commenti all’inizio – non ho letto il botta e risposta seguente con Cristò)

  47. gina, io credo di essermi trovata in accordo, anche silenzioso, quasi con ogni parola che è uscita dalla tua bocca. forte la tua immagine delle armi di distrazione di massa tutte tese ad arginare lo sfascio. anch’io ho scritto, sto scrivendo una cosa sulla de/riterritorializzazione, sul cambiamento dei punti vista, se tutti utilizzassero come metro di giudizio il “passaggio” non ci sarebbero arroccamenti, non ci sarebbe guerriglia. Ma il tuo pensiero è veramente spregiudicato: non sempre è facile vivere senza legami e se combatti le muffe, coi funghi come ti comporti? non è sempre così semplice…

  48. Mozzi pone sempre problemi intelligenti, anche quanto magari uno può non trovarsi d’accordo, pone questioni che esistono realmente.
    Continuando con Ferrazzi che si rivolge a tashtego, mi chiedo come tashtego possa persuadere qualcuno di cos’è la materia quando neanche si sa (lo dicono gli scienziato che si occupano di materia) cos’è la coscienza.

  49. maria
    hai detto bene, de/RIterritorializzazione.
    in effetti i funghi te li ritrovi tra i piedi anche se vivi in tenda:) ma il fatto è che il mondo per lo più non è umano, che sa e parecchio e ad esempio di spora- diche muffe e che nulla, muffa compresa, si fa senza legame.
    Quanto al resto non è semplice no, ma non ho nostalgia del “bel tempo” (?) che fu.
    (le “armi di distrazione di massa” non son mie ma di scippo e contrabbando, cunicolari).

  50. gina sei forte! con questa storia dei funghi mi hai fatto venire in mente Cage, l’ho sfogliato e ho trovato la risposta (una delle risposte) che cercavamo:
    “è possibile continuare a far musica anche andando per funghi. Forse sembrerà un’idea bizzarra, ma trovare casualmente un fungo ancora fresco è come imbattersi in un suono, perché la vita di entrambi ha la durata di un attimo.”

    grazie gina, oggi c’era proprio bisogno di cage, meno male che l’hai fatto saltar fuori. ciao

  51. @gina e maria

    elusive e spocchiose.
    la nuova sinistra con le mutande arcobaleno?
    e a cipputi che non ascolta Cage e non legge Bataille, cosa gli si racconta?

  52. “Essendomi io allergica alla funzione dio, universalmente tipica ad esempio del non ci sono più le mezze stagioni e del tsatziki che trovo all’esselunga di macerata mi va di parlare delle perturbazioni su saturno a partire dal senso della parola cittadinanza.”

    Cristallino.

  53. “mi piacerebbe riuscire a convincere almeno una persona di essere tutta materia, che non esiste un aldilà e nessun ultra mondo, che la partita è interamente nelle nostre mani, che l’etica e la religione sono costruzioni umane, eccetera.”

    beh, se questa si chiama disperazione, come lo chiamiamo il bisogno di credere in un dio perchè non abbiamo il coraggio e l’orgoglio di credere in noi?
    ah sì, la chiamiamo fede…
    caro tash, solo io la comprendo!

    solo per lei, da una disperata docg
    non conosciamo mai la nostra altezza
    finchè non siamo chiamati ad alzarci.
    e se siamo fedeli al nostro compito
    arriva fino al cielo la nostra statura.

    l’eroismo che allora recitiamo
    sarebbe quotidiano, se noi stessi
    non c’incurvassimo di cubiti
    per la paura di essere dei re
    avec tcres, tcrèsaffettuose amoucr
    la funambola

    p.s. che è la faccenda dei funghi con le spore? ti bacio, gina

  54. senza mutande cipputi, così non devo nemmeno far la fatica di cacciar fuori i preti. Quindi voltati dall’altra parte o alza gli occhi al cielo (ocio che ti han nominato, sarà una campagna elettorale ultraterrena, tutta feti e morti della tyssen. puah)

  55. gina mi fai morire :-))))

    Al molto onorevole Sig Binaghi

    “In verità, signore, già che siamo in argomento, non hanno gli uomini più saggi di ogni epoca, ivi compreso lo stesso Salomone, – non hanno forse avuto i loro CAVALLUCCI DI LEGNO – i loro cavalli da corsa, le loro monete e le loro conchiglie, i loro tamburi e le loro trombe, i loro violini, le loro tavolozze – i loro cacchioni e le loro farfalle? – e finché qualcuno cavalca il suo CAVALLUCCIO DI LEGNO pacificamente e tranquillamente sulle strade maestre del Re, e non costrigne né voi né me, a salir dietro a lui, -scusate, signore, che cosa c’entriamo voi e io?”

    nota: Hobby-Horse, passato a designare l’attività ludica – raccomandata per la prima volta nell’educazione di un gentiluomo dal filosofo John Locke nei suoi “Pensieri sull’educazione” di una persona adulta.

    (da “La vita e le opinioni di Tristram Shandy, gentiluomo” di Laurence Sterne)

    le cose non sono molto cambiate quando, dai cavallucci di legno, i nostri gentiluomi sono passati a quelli della ford, puntando sulla quantità, o della toyota, che dicono oltremodo apprezzabile per una virtù oggidì decantata detta “flessibilità”, ma che non tutte le donne uscite dalla gabbietta di nonna papera dichiarano di apprezzare :-)

  56. Siamo sempre qui, a chiederci dove sta la famosa “religione civile” da opporre all’invadenza clericale, mentre donnette vere o presunte giocano con le figurine dei surrealisti.

  57. Cristò, io cerco di spiegarmi meglio che posso. E cerco di non interpretare quello che dici: cerco di capire il senso letterale delle parole che tu scrivi. Se il senso letterale delle parole che tu scrivi è diverso da quello che tu credevi fosse, forse il problema non è mio. Rileggi quello che hai scritto, per piacere,

    Scrivi: “Il ‘buon senso’ è solo il ‘buon senso’.” Quindi lo Stato dovrebbe legiferare in base a qualcosa che si può definire solo con una tautologia?

    (Ah: quando l’Inquisizione bruciava le streghe, godeva di un certo consenso. Spesso le streghe venivano bruciate spontaneamente dalle persone, senza neanche tirare in ballo l’Inquisizione. Ciò non comporta – e non può comportare – che sia giusto o opportuno bruciare le streghe).

    So benissimo che la chiesa ha fatto ammazzare un bel po’ di gente. Ti prego di dirmi se mi ritieni responsabile di crimini che sono stati commessi prima che io nascessi.

    Lo che, come scrivi tu, “siamo già d’accordo sul fatto che NON CI DEVONO ESSERE INGERENZE DELLA CHIESA CATTOLICA NELLA ATTIVITA’ DI LEGIFERAZIONE DELLO STATO”, ma appunto perché siamo già d’accordo non è vero, come tu dici, che “questo è l’unico fatto di cui qui si discute”: questo, in effetti, è l’unica cosa che qui non è posta in discussione: qui nessuno sostiene che sia giusto e opportuno che la chiesta cattolica ingerisca nella “attività di legiferazione dello stato”.

    Però tu hai fatto varie altre affermazioni, che mi sembrano invece discutibili. Le hai scritte come se fossero delle banalità, ma banalità non sono.

    Per Garufi. Scrivi, parlando di me: “lui è un po’ ossessivo – un po’ tanto, diciamo -, e se non lo conosci finisce che ci discuti fino all’esasperazione e non sai più se ci è o ci fa”. Rispondo, dichiaro e sottoscrivo: ci sono. Se poi trovi esasperante la pratica di “fare ordine nei pensieri”, non so che dire. A me sembra che pensare sia un’attività difficile e complicata, e che per riuscire a pensare un pensiero ci voglia molta applicazione e molto tempo.

  58. condivido con Mozzi che pensare sia un’attività difficile, e che discutere quello che si pensa con altri, lo è ancora di più; in genere, tendo a non intervenire nei commenti, se non quando si entra nel merito di quanto scritto nel post; ma questo è solo la mia personale linea di condotta; ora avendo letto alcuni interventi di cristo’, binaghi, e mozzi, mi sembra che il punto difficile sia questo: affinché una società che comporta dei credenti e dei non credenti, trovi un terreno comune a partire dal quale dibattere su questioni di interesse pubblico, è fondamentale che questo terreno comune non comporti riferimenti a credenze religiose; se cosi fosse, infatti, per una anche minoranza della popolazione, non sarebbe più terreno comune;

    io ho citato, anche se in forma molto sintetica, la posizione di Bouveresse; non mi sembra di aver letto un commento su questo punto; né per chiedere chiarimenti, né pre criticare o discutere

  59. Sono daccordo. Si discute su ciò che è comune.
    A patto che la tua riserva non implichi l’eliminazione fisica dei credenti, ma solo la richiesta che i credenti non facciano intervenire l’acquasanta nelle discussioni sul sociale.

  60. Andrea Inglese scrive: “affinché una società che comporta dei credenti e dei non credenti, trovi un terreno comune a partire dal quale dibattere su questioni di interesse pubblico, è fondamentale che questo terreno comune non comporti riferimenti a credenze religiose”.

    Ma perchè, gli altri tipi di credenze, quelle diciamo di tipo non religioso hanno valore euristico? Quello che dice Andrea Inglese è un dogma, un’altro tipo di fede.

    Non credo che possa funzionare così il rapporto tre credenti e non credenti, imponendo dei vincoli. Occorre invece che da entrambi le parti ci sia lo sforzo di comprendere le ragioni dell’altro.

    Sia chiaro però che sono contrario a imposizioni sulle libertà umane.
    Ma certi metodi laicisti di procedere mi sembrano speculari e simmetrici a un certo tipo di credenti. Ma non sono tutti così e quindi occorrerebbe dialogare con le forze più sane di entrambe le parti

  61. @mozzi
    “cerco di non interpretare quello che dici: cerco di capire il senso letterale delle parole che tu scrivi”

    il problema è proprio questo.

  62. (maria
    Al di la della “credenza” che appesantisce lo zaino ma che comunque ci portiamo dietro: terreno comune di passaggio o visita (nel senso di condivisione responsabile) vs “ragione” (occhio vigile che tutto controlla) “o” “religione” (l’albero della conoscenza che tutto contiene): l’ostacolo, il con-fine che ci troviamo davanti è sempre quello della soggettività cacchiona, universale, ossessiva. que vivan la flessibilità:) il riot le farfalle, le spore e lo s-lancio ludico, ciao a te e al cristallo di alcor. una veloce slinguata alla fu:))

  63. io sono così straordinariamente e splendidamente modesto che riesco quasi a raggiungere il grado di superiore umiltà che mi ci vuole per sentirmi anche solo leggermente inferiore a dio.

    saluti,
    rs

  64. gina, ti invidio. ma io non c’ho più voglia di ridere. sono stanca. mi dichiaro sconfitta, assassinata dalla soggettività cacchiona imperante. gli uomini mi fanno solo ogni giorno più schifo del precedente. lesbica non riesco ancora a diventarlo. i baci li ha inventati la perugina. l’ultimo saluto per me rimane il bellissimo esordio dell’ultimo pezzo di Christian Raimo: “Avete presente Pasquale Ametrano?… (anche se chiosa)

    Fa sempre un po’ male capire che per sentirci liberi dobbiamo fare a meno della nostra civiltà, e come Pasquale Ametrano, sfogarci al massimo con un vaffanculo”…

    ma, al momento, non mi rimane che urlare a squarciagola “fanculo cacchioni del mondo” !

  65. (maria
    :) ma occhio alle cacchione e …non un passo indietro!
    sottopongo al tuo libero esame, cioè all’autopoiesi (passata presente e futura) e alla baldoria, la seguente affermazione di zelo sacerdotale religiosamente civile, rigorosamente atea, attinente la tipologia “incompleta e frammentaria”, delLA Donnetta. Puoi scegliere baby, naturalmente, e ti sono date ben tre (tanto per cambiare:) possibilità
    “la scoperta della propria evirazione è un punto di svolta nello sviluppo della bambina. Da essa si dipartono tre indirizzi di sviluppo: uno porta all’inibizione sessuale o alla nevrosi; il secondo a un cambiamento nel carattere nel senso di un complesso di mascolinità; l’ultimo infine alla femminilità normale” (sigmund freud)

  66. Andrea sei il solito provocatore. Peggio per te.
    Credo che la religione possa e debba avere principalmente questa funzione di Dio, se posso intenderla come funzione sociale della religione, un calmiere per gli istinti più pericolosi. La Chiesa stessa mi peserebbe molto meno se avesse più “preti operai” e meno evangelizzatori.
    Purtroppo invece quella che emerge è una chiesa teologica che fa pesare sempre di più il suo intervento nella sfera dei diritti umani. E non è un’ideologia, o un baluardo legittimo della coesione sociale, anzi è l’opposto. E’ un intervento continuo che divide, mostrandone tutte le intenzioni. La Chiesa interviene nelle decisioni dei rappresentanti del popolo (in Spagna come in Italia) e nelle decisioni dei medici (obiettori della 194) e degli insegnanti di religione, legandosi al carro dei potenti che scendono in piazza a difendere le loro famiglie mentre votano contro la possibilità di formarci le nostre.
    Togliendomi un sassolino dalla scarpa, riporto un esempio per i meno informati. Casini: “il fatto che io sia divorziato e conviva con un’altra donna non mi può impedire di votare una legge contro il divorzio e contro l’estensione di certi diritti ai conviventi”. Il Presidente della camera dei deputati ripete il vecchio slogan “fai quello che il prete dice, non quello che lui stesso fa” e urla la sua libertà d’errore, perchè questo non può impedirgli di manifestare un messaggio “per la famiglia” e contro la convivenza; egli si rammarica solamente di non poter prendere più l’ostia benedetta.
    Ecco, in molte cose mi sento ancora quasi ingenuo, vabbè fesso, e questa rivendicazione del diritto di sbagliare inizialmente mi creava un po’ di confusione, ci trovavo del vero. Poi ho saputo che in base ad una legge ancora in vigore, Casini va a riscuotere gli assegni per la sua convivente (comprensivi di assistenza sanitaria) approfittando di una pausa durante la discussione sulla legge che impedisce questi diritti patrimoniali ai comuni cittadini.

    L’ideologia è quella della destra, è il berlusconismo che ormai ha già vinto. Sono d’accordo col Moretti di “Il Caimano”. Berlusconi ha ormai dimostrato che si può fare come cazzo ci pare. Si possono evadere le tasse, costruire abusivamente, falsare i bilanci, fregare il prossimo in banca, nelle assicurazioni, nelle telecomunicazioni, nei supermercati, nei salotti, nelle scuole, negli ospedali, nei cimiteri … tanto poi tutto s’aggiusta. Può bastare un contenzioso, un condono, un codicillo, un’abrogazione, una ricusazione, un rinvio, un patteggiamento, un indulto, un’epurazione, una promozione, un regalo, una telefonata, una registrazione, una promessa, una minaccia. Una disgrazia. Ma tutto si può fare e poi s’aggiusta, e magari ci mangiamo anche due paste.

    La sinistra, la sinistra arcobaleno (finalmente, almeno questo passo) forse qualche vaga idea ce l’ha, ma è così minoritaria in italia, da non pesare sulle decisioni politiche del centrosinistra. Allora le vaghe idee non contano neanche quando esprime qualche ministro. Tanto che finisce per essere complice di misure contro il diritto al lavoro, alla parola, alla salute, allo studio, e al ripudio della guerra. Misure ideate e votate dal centrosinistra, e misure prese dal centrodestra e confermate dal centrosinistra.

    Eppure… Non avendo nessuna intenzione di resa, nonostante la (personale) presa d’atto della vittoria del berlusconismo, io credo che nelle cose di tutti i giorni (magari con piccole pause) si possa, e oso dire si debba tentare sempre il tentabile, anche riconoscendone le scarse possibilità di riuscita. E tornando all’oggi e alle mosse di Ferrara (non la città, chiedo scusa) credo che oltre agli importantissimi interventi culturali sulla stampa, nei blog, e ovunque sia possibile, per contrastare questa offensiva clericale medievalista, ci sia bisogno anche di manifestazioni di piazza e di ogni strumento legittimo e utile per “costringere” la cosiddetta sinistra a fermare questa soffocante corsa all’indietro e a San Pietro.
    Evviva il principio del “libero esame” di ogni verità!
    lucio

  67. @ binaghi

    non l’anticamera del convento, ma ianua diaboli!

    in ginocchio! a recitare inni alla mentula, davanti alla limetta per le unghie! tra le opzioni non menzionate da gina c’è anche quella che mi faccia battezzare valerie solanas o gg allin, faccia un po’ di scum manifesti e scum punk in abito da sposa con lancio di bouquet di tampax, e chissà che non mi metta a cercare, un giorno, i miei 5 min di celebrità sparando ad andy warhol ;-)

    @gina

    non scendo a patti col nemico. fuori i legislatori dal sesso si chiamino benedetto o sig(h)mund!

  68. (maria
    in effetti ti vedevo come dire….assassinata:)
    la santa trinità di sigmund lascia PROPRIO FUORI ad esempio, anche le imbattibili giant ninja mutant barbies)

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Andrea Inglese (1967) originario di Milano, vive nei pressi di Parigi. È uno scrittore e traduttore. È stato docente di filosofia e storia al liceo e ha insegnato per alcuni anni letteratura e lingua italiana all’Università di Paris III. Ora insegna in scuole d’architettura a Parigi e Versailles. Poesia Prove d’inconsistenza, in VI Quaderno italiano, Marcos y Marcos, 1998. Inventari, Zona 2001; finalista Premio Delfini 2001. La distrazione, Luca Sossella, 2008; premio Montano 2009. Lettere alla Reinserzione Culturale del Disoccupato, Italic Pequod, 2013. La grande anitra, Oèdipus, 2013. Un’autoantologia Poesie e prose 1998-2016, collana Autoriale, Dot.Com Press, 2017. Il rumore è il messaggio, Diaforia, 2023. Prose Prati, in Prosa in prosa, volume collettivo, Le Lettere, 2009; Tic edizioni, 2020. Quando Kubrick inventò la fantascienza. 4 capricci su 2001, Camera Verde, 2011. Commiato da Andromeda, Valigie Rosse, 2011 (Premio Ciampi, 2011). I miei pezzi, in Ex.it Materiali fuori contesto, volume collettivo, La Colornese – Tielleci, 2013. Ollivud, Prufrock spa, 2018. Stralunati, Italo Svevo, 2022. Romanzi Parigi è un desiderio, Ponte Alle Grazie, 2016; finalista Premio Napoli 2017, Premio Bridge 2017. La vita adulta, Ponte Alle Grazie, 2021. Saggistica L’eroe segreto. Il personaggio nella modernità dalla confessione al solipsismo, Dipartimento di Linguistica e Letterature comparate, Università di Cassino, 2003. La confusione è ancella della menzogna, edizione digitale, Quintadicopertina, 2012. La civiltà idiota. Saggi militanti, Valigie Rosse, 2018. Con Paolo Giovannetti ha curato il volume collettivo Teoria & poesia, Biblion, 2018. Traduzioni Jean-Jacques Viton, Il commento definitivo. Poesie 1984-2008, Metauro, 2009. È stato redattore delle riviste “Manocometa”, “Allegoria”, del sito GAMMM, della rivista e del sito “Alfabeta2”. È uno dei membri fondatori del blog Nazione Indiana e il curatore del progetto Descrizione del mondo (www.descrizionedelmondo.it), per un’installazione collettiva di testi, suoni & immagini.
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