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Da “La perfezione del nulla” & altre poesie

di Stelvio Di Spigno

La perfezione del nulla

1.

Questa rosa è gratuita.
Rubata tra le scale, è la restituzione
del sangue speso inutilmente
per amare mia madre.

Non sono le parole.
Ma le anche, il movimento.
L’alito ingessato la saliva
mi diceva che ogni bene
è come mordere
un confetto salato.

Oggi mi ci rompo la testa
e come prova d’eroismo
aspetto che fuoriesca
materia non eletta:
il mio cervello.

2.

Ci sarà sempre da qualche parte
un mantello di schiuma alla bocca
l’orgasmo di chi arriva all’oggetto
il sonno dei defunti e dei topi
un bicchiere che raccoglie
la terra da ingoiare lungamente.

E se perfino Dio
conosce dove si biforca la materia
tra pori e prospettiva, gravità,
peso della saliva, la slitta
della musica celeste
che cantano le valvole mitraliche.

3.

Ogni parola è moneta contante,
il suono della sega circolare.
Merda infantile – ma nessuno fa una piega:
mentre la milza esplode
ancora corri verso l’aldilà.

Cosa ci vuole per farti fermare.
Solo la morte, in senso cerebrale.

4.

Ogni cosa è al suo posto: ma il bulbo 
affonda sempre più nel cranio esteso, 
sembra il chiodo di una stanza a ore. 
L’ordine gli dà troppo coraggio. 
È questo il momento di scappare.  

La casa resta chiusa come un cieco: 
il gas aperto per chi vorrà entrare 
è l’invidia di chi non sa più respirare.  

Ma noi saremo già spolpati. 
                                          E in tanti.

5.

«picchia picchia canca canca»
pronuncia il bambino
nel tuorlo della culla
ma chi dice che non sia io
il lattante che aspetta di nascere
io nato, cresciuto o non cresciuto,
che agguanta in culle
provvisoriamente amate
l’atomo di un cubo di fortuna
il tuorlo molle della felicità.

(ragionare frontalmente, mirare al particolare
non rispondere se non hai certezza)

6.

Dove andremo quando sarà
spento il lampadario solare
il coccige il rachide fusi a caldo
il mondo appeso dentro una dentiera

non ti potrò salvare, e mi distrugge
questa mia deficienza genitale;
ma non ti lascerò morire sola.

* * *

da Confiteor

Allungami ancora una mano
ma non ci porta più aiuto
sapere il punto esatto dove siamo
rotolati per le scale:

a metà della strada, con le scarpe inzuppate,
guardammo ciò che avevamo realizzato
e proseguimmo con un po’ di male ai piedi.
Ma proseguimmo.

Ognuno ripensando
a un giardino di allora
diventato il mortorio di oggi

facendo finta che ci voglia del concime
per allungare la giornata
fino alla sua morte naturale.

* * *

da Domus aurea

C’è una vasca da bagno 
al centro della casa 
una frontiera per i morti 
sparpagliata in frammenti:  

l’orologio galleggia, la collana deodora, 
il tempo restante sparge cocci di tazze 
gli slip blu e gli ornamenti d’avorio. 
Le tue braccia franano dal busto.  

C’è chi aspetta la vita da adulti 
io invece non sognavo proprio questo.  

Non progredisco se non nel guardare 
il mondo fatto a pezzi e il colore 
delle tue pupille mette chiodi alle mani. 
I soldi vanno via senza essere spesi.  

Una risata abolisce 
                                un figlio che delira.

* * *

Stelvio Di Spigno (1975) ha pubblicato Il mattino della scelta, in Settimo quaderno italiano; i volumi di versi Il mattinale e Formazione del bianco; il saggio Le “Memorie della mia vita” di Giacomo Leopardi.
Le poesie qui pubblicate sono inedite.

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4 Commenti

  1. poesie intense, cariche di una corrente cerebrale che non tralascia di sentire il corpo, la sua struttura ossea….
    la 6 in particolare mi colpisce
    Complimenti!
    C.

  2. Ciao Andrea. Ho riletto tutto, anche i commenti, sembra che queste poesie le abbia scritto un’altro. Sarà l’effetto pubblicazione. Nazione Indiana è uno spazio esclusivo e sono contento che l’idea di inserire i tuoi testi sia partita da te. Conoscendoti so che i testi ti sono davvero piaciuti. Non sono molto bravo nei convenevoli e del resto non ce n’è neanche bisogno quindi mi fermo qui. Ti ringrazio di cuore. Finalmente qualche mio testo ha penetrato la tua indomabile severità.

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