Do you remember la solidarietà?
di Remo Bassini
Due ricordi. Magari imprecisi.
Ero ragazzo.
Un giornale scrive che i portuali di Genova hanno fatto uno sciopero contro il regime di Pinochet. Proseguo nella lettura. Nello stesso giornale c’è scritto che alcuni diplomatici del governo di Pinochet sono stati ricevuti – c’è anche la foto: sorridono tutti – dal governo cinese, nonché maoista, nonché comunista. Bene.
Qualche anno dopo.
Sto leggendo un libro di Merli sulla storia del Movimento sindacale italiano. Siamo a cavallo tra gli anni ottanta e novanta. Lavoro in fabbrica. Ma sto anche preparando un esame universitario. E quel libro mi piace. Leggo di episodi di solidarietà lontani nel tempo. Di lavoratori italiani che, venuti a conoscenza di un lungo sciopero in Francia, fanno collette, raccolgono viveri, vestiario da spedire agli scioperanti. Senza retorica si può scrivere che si toglievano il pane dai denti per degli sconosciuti. Fratelli di sfruttamento, però. Dunque fratelli.
Arrivo a tre mesi fa.
Ora, che son diventato grande, dirigo un piccolo giornale di provincia. Mi telefona una donna. Che poi incontro, per farmi raccontare, raccontare bene. Sul posto di lavoro è perseguitata da un tipo, sembra sia una persona disturbata. Dispetti pesanti. No: pesantissimi. Perché non è solo un dispetto ritrovarsi i vetri della macchina infranti. Assumo informazioni. Il tipo è noto. Prende di mira una donna per volta. Sceglie un soggetto debole. Poi magari si piazza di fronte a casa di questa “prescelta” dalle 23 alle 3 di notte. Fermo, appoggiato al palo della luce. A fissare la casa. Va oltre, il soggetto: aggredisce, picchia. Rimedia così denunce, che poi sbolliscono: la magistratura ha ben altro a cui pensare.
La faccio breve. Ieri sera riesco a mettere in contatto tre donne che hanno subito pressioni, minacce, botte anche. Perseguitate per anni da una persona malata. Donne che l’hanno denunciato, ma una volta c’è stata di mezzo l’amnistia, una volta la denuncia non era comprovata da prove e testimoni, una volta…
Hanno vissuto anni della loro vita in modo folle.
Accusate dai loro stessi mariti, magari: Se quello fa così vuol dire che lo provochi.
E i colleghi? I dirigenti? Il sindacato?
Mentre queste donne mi raccontano (dicendomi: tanto non si può fare niente) mi viene in mente un collega giornalista che fu messo sotto scorta per minacce ricevute dalla camorra. Per un anno e mezzo. Quando la gente mi incontrava, mi ha raccontato questo collega, si girava dall’altra parte.
Penso a lui. E a queste donne. Che hanno vissuto e stanno vivendo in mezzo a gente che si volta dall’altra parte. Così, dicono, non abbiamo guai alle nostre auto.
E penso alla storia del movimento sindacale del Merli, alla solidarietà.
Magari non era vero niente. Come i campi di concentramento: tutta retorica giudaico-comunista.
(Ho fatto un pezzo di fondo sul mio piccolo giornale, oggi. Ma dove viviamo?).
solidarietà? richiede forse una revisione del contratto di lavoro, richiede forse che ci si debba sedere al tavolo delle trattative?
no?
allora niente. non se ne fa niente. allora io non voglio e non offro solidarietà. io sono solidale solo se me lo mettono per iscritto, solo se la FIULD dice che è ok, che va bene.
e poi avete presente i costi della solidarietà?
La solidarietà, un tempo, era dono. Era a fondo perduto. Si scioperava per il cile, per il vietnam. Era qualcosa che si sentiva sulla pelle, la solidarietà, era la comunanza di destini, sapere che si poteva migliorare davvero solo se si migliorava tutti insieme. Ricordo l’ex sindaco di Rosarno, mi raccontava della manifestazione regionale per il Vietnam a Reggio Calabria, due pullman di braccianti dalla piana di Gioa Tauro. Oggi tutto questo non c’è più. Altro che FIULD. Non solo i lavoratori, come vuole Cipputi, hanno l’ombrello in culo, ma tutta la società : è una vita, in fabbrica come fuori, nel segno dell’isolamento, del ricatto permanente, della paura.
grazie.
purtroppo è vero quel che hai scrtto tu, rovelli, alla fine.
sottoscrivo in pieno le parole di marco.
E’ un pezzo che ho letto da te e che vale la pena rileggere,
ma non serve solo leggere,
è necessario dirle sempre più forte queste cose, e la rete serve anche a ciò.
Mario
Viviamo in un baratro di silenzio anche se le parole scorrono a fiumi.
Ci appiccichiamo addosso spille e spillette per questa o quella causa e poi
non siamo capaci di ascoltare i bisogni delle persone a noi più prossime: i familiari,i vicini,la piccola comunità di cui facciamo parte.
La solidarietà oggi è soltanto un concetto astratto che non trova riscontro
nella realtà.E per quanti ancora ci credono,la vita diventa difficile-ma dove vai,ma lascia perdere,ma chi te lo fa fare-
Io ci credo ma spesso mi scontro con chi sostituisce il termine solidarietà con assistenzialismo o con la caritas ecclesiastica:non è la stessa cosa.
E per chi non ha un sindacato? e le donne vittime della violenza che a loro
volta,spesso,vengono accusate come provocatrici della stessa,a quale
solidarietà possono più credere? dov’è finito l’Uomo,la famiglia,la comunità,lo Stato?
Viviamo in un baratro di silenzio e solitudine ma ancora non abbiamo del tutto toccato il fondo. Quando questo avverrà forse la società potrà ancora raccogliere i cocci per restituire ai posteri l’antico e giusto significato della solidarietà.
Grazie a Bassini per il pezzo e a fk per avercelo donato
jolanda
la solidarietà. Parlavo con una cara amica, amica da sempre, sensibile, buona. Una veterinaria.Diceva: ma cosa vogliono questi?(una categoria, di poveri, una come un’altra) Ormai non si arriva più, io non riesco a fare la spesa… che se la cavino da soli.
Lo diceva con odio e io non lòa riconoscevo.
Come in tempo di guerra, credo… ognuno per sè. Che tristezza…
Solidarietà. Oggi è parola di moda, blog e bloggers solidali, con la fascetta rossa Free Burma, con la maglietta rossa, con la foto rossa. Comodo essere solidali così. Io comincio a stancarmi della parola stessa, del dovere di essere solidali. Ricordo il 77, a scuola, compagni si sciopera per i minatori della Bolivia, per i coltivatori diretti del Nicaragua o che so io. Scuse per non studiare, dicevano gli adulti. Avevano ragione, quasi sempre.
La solidarietà non si ostenta, la solidarietà si offre in silenzio, cercando di agire senza stendardi, fascette o magliette. Almeno, io la vedo così. Poi succede che la solidarietà offerta la paghi sulla tua pelle, spesso. E ti chiedi a cosa sia servito, soprattutto quando la solidarietà la cerchi a tua volta e non la trovi. Non siamo animali solidali, di questo mi sono convinta. L’istinto è del tutti contro tutti. Poi ci mettiamo la ragione ed il cuore, ci sforziamo. Io non parlo di Birmania nel mio blog, non credo serva. Faccio altro, che magari serve di più.
Laura
Cara Cinzia,mio nonno e mio padre mi raccontavano che in tempo di guerra,proprio perchè c’era un nemico comune da combattere,la gente era più solidale,non so nelle grandi città ma nei piccoli centri ancora era possibile un aiuto reciproco in quanto vittime dello stesso problema.
E comunque solidarietà,per quanto mi riguarda,non è soltanto un dare,una elemosina al poveretto di turno. Anche ascoltare una persona che ha bisogno di raccontarti le sue pene scaturite da anni di violenza e fare le tre o le quattro di mattina,anche questa è solidarietà.
Cari saluti
jolanda
Cara Laura, no, non sono d’accordo.
Io ho messo la striscietta Free Burma. Io ho scritto un post solidale. Non l’ho fatto per ostentazione.
In questo caso, magari, avrei voluto essere in Birmania, fianco a fianco ai monaci, magari. Non posso. Non ho potuto.
Ma il silenzio no. In questo caso, il silenzio è la fine. Credo in quel che ho fatto, così come ritengo ci credano tutti coloro che con le loro parole, con i loro blog, con le loro magliette, hanno fatto parlare di oppressione, di violenza, di un popolo che soffre. Io ci credo. E continuerò al farlo. Sono un animale solidale, per me l’uno contro l’altro è stupidità. Punto.
@laura costantini
“Non siamo animali solidali, di questo mi sono convinta. L’istinto è del tutti contro tutti.”
molto bene, ci sei arrivata.
la cosa interessante di quelli che vengono a dirci che l’UOMO c’ha l’istinto della sopraffazione e dell’egoismo e di questo e di quello, che non è buono, che darwin lo dice pure lui che c’è la sopravvivenza del più forte, eccetera, e dunque non ci stiano a rompere questi qui che ancora credono nella solidarietà, che sarebbe una cosa bellissima sa, ma purtoppo er mondo è fatto così brutto e cattivo e dunque meglio farsi brutti e cattivi tutti, meglio esere peggio, il più possibile peggio di quanto si potrebbe, dimenticano questi teorici da scompartimento de treno, ma anche da prime pagine di Giornale e di Libero e di Corriere e di Repubblica, che la cultura serve proprio a questo, ci serve contro la natura, in primis contro la nostra, di natura.
l’unica forma di solidarietà che mi interessa è politica, è quella che produce servizi per tutti, giustizia e garanzie, è quella da cui nasce la sanità pubblica, eccetera, e infine, certo è quella che nasce da una comune esperienza di disagio, sfruttamento, sudditanza, schiavitù.
allora aggiungo che a mio parere la politica nasce ed è un prodotto, oltre che della necessità di convivenza, anche e sopra tutto della cultura umana, quella che lavora da secoli su concetti come libertà, giustizia, eguaglianza.
e solidarietà.
(sconnesso mi sembra il percorso del post che parte dai camalli e finisce alle molestie sessuali: non so)
tashtego,
nessuno ha parlato di molestie sessuali.
violenza: fisica e pisicologica.
ha ragione jolanda, si confonde la solidarietà con qualcosa di altro.
ha ragione marco rovelli
è una vita, in fabbrica come fuori, nel segno dell’isolamento, del ricatto permanente, della paura.
ho vissuto la fabrica fine anni 70, anni 80.
qualcosa lì,c’era ancora.
dal basso, non dal sindacato.
ricordo di un’espulsione di lavoratori fiat. assemblee.
avevo vent’anni, mi tremava la voce. intervenni e proposi: se ogni metalmeccanico si autotassa, diamo un segnale alla fiat e anche agli espulsi, che non finisce tutto oggi.
mi rispose, sdegnato, un dirigente fiom: ai licenziati già pensa il sindacato.
scusate: un par di palle.
sere fa guardavo la trasmissione di roversi e blady, “evoluti per caso”. lei era in africa, parlava con un volontario italiano di un’associazione umanitaria. gli chiedeva chi te lo fa fare di stare qui in mezzo alla miseria, e lui rispondeva che l’altruismo è la forma più alta di egoismo, perché nulla ci fa stare meglio che l’aiutare gli altri. forse questo è il modo per conciliare darwin e la solidarietà.
prigionieri del futuro
No, io non sono d’accordo: la solidarietà è quello che dice Jolanda ma è anche altro a seconda della necessità, della contingenza.
Può anche essere una colletta, un’elemosina, perché no? c’è gente che non ha soldi per curarsi, per mangiare. Nel caso di Remo è stato un articolo, per Gramos una colletta e una raccolta di fiabe… dipende, accidenti; come può dirsi a priori sì o no?
In tempi di guerra e fame, e leggi che ammettevano poche discussioni, come quelle razziali citate da Remo, la maggior parte della gente pensava alla propria casa, nascondeva il cibo, stornava lo sguardo da chi era trascinato via in pieno giorno, con le dovute eccezioni sicuramente… ma eccezioni a giudicare dal nr di deportati, direi…
Stavolta non sono d’accordo neanche con Laura, io nella solidarietà ci credo, c’è molta gente che si prodiga per il prossimo e credo faccia parte dell’uomo, ma non di tutti. Ed è vero che parlare non serva a granché praticamente ma tiene desto un sentimento, una cultura, che diverrà azione nell’approssimarsi al soggetto richiedente, almeno in qualche caso.
@cinzia
distinguerei tra solidarietà e pietà.
la solidarietà è politica.
la pietà è emozionale.
più o meno.
abbiamo gli occhi tutti segnati,
e il disincanto appiccicato alla follia dell’impegno.
dove la passione possiamo metterla nelle parole e nei gesti Ma non siamo sempre capaci di farla volare come è giusto che si Sogni.
b!
Nunzio Festa
bravo tashtego.
viva la pietas, e chi la esercitas.
tashtego:
solidarietà: solidarietà
s. f. inv.
in diritto, condizione di rapporto solidale
l’essere solidale con altri; l’essere interessato e sollecito dei bisogni altrui.
come vedi è sempre questione di punti di vista!
il darwinismo inoltre, se non ricordo male dagli studi (il che è assai probabile) non metteva l’accento tanto sulla vittoria del più forte, tipo legge della giungla per intenderci, bensì sulla vittoria d’una casuale mutazione genetica che si prospettava più congeniale all’ambiente circostante e permetteva dunque una più rapida proliferazione di individui; perciò io credo che l’uomo sia un animale solidale, perché permette a chi non avrebbe le giuste caratteristiche per sopravvivere (vedi i malati per es.) di farlo. Spesso, in molti casi e in periodi storici non particolarmente stressanti; ma anche in questi casi, molti individui si dimostrano capaci di rinunciare persino alla propria vita per gli altri. Questa è una cosa che mi pare ingiusto negare. Quando tutto ciò si consolida nella ‘politica’, be’ allora si parla di civiltà per me…
diamonds fa degli interventi strani, scrupolosamente strani