Senza Parole

maglietta_rossa.jpg

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52 Commenti

  1. L’unico post di forlani senza errori di sintassi.

    E sia ringraziato il Signore!
    (nota amara ma non troppo del postatore)
    effeffe
    ps
    Forlani , ok ma con la maiuscola eh!

  2. Quello che posso fare padre mio per te
    per la tua pace e per la pace in terra
    è di porre fine a ogni quotidiana guerra.
    È di portare la pace dentro al cuore
    perché solo con amore io combatto.
    Do scacco matto all’odio che io odio
    che non combatto tuttavia per il mio onore.

    frau

  3. Grazie Francesco di grande cuore perché sostieni i birmani massacrati.
    Ahimé sono già vestita, sono partita dalla casa alle sete. Quando tornero a case alla sei, mi vesto con colore rossa e faccio un giro nella città.

  4. scusate ma chi glielo fa fare a questi di ribellarsi per poi cadere nelle mani del fascismo della società dei consumi, ben più pernicioso del fascismo propriamente detto come insegnò a suo tempo Pasolini, o magari stringere legami politico/commerciali con l’imperialismo fascista statunitense?

    Guardate che Aung San Suu Kyi non è Chavez…

  5. Infatti Aung San Suu Kyi non è Chavez, per fortuna della Birmania e nostra. E la protesta democratica è nota da qualche lustro come Yellow (o Saffron) Revolution, il suo colore è lo zafferano (la polizia birmana ha ordine da anni di arrestare chiunque indossi qualcosa di giallo).

    Che poi ci si vesta di rosso (impropriamente) per solidarietà va benissimo, ma attenzione a non confondere rosso e rosso – per quel che mi riguarda, il rosso di Chavez e Castro è una variante del nero. Come diceva il santo Milarepa, “sembrano uguali, ma sta attento a non confondere”.

  6. senza contare che il rosso è il colore della bandiera cinese, la potenza che più di altre ha appoggiato la giunta militare e ancora oggi ha messo il veto – insieme alla russia, che con la giunta ha una parternship per delle ricerche nucleari – contro le sanzioni proposte all’onu.

  7. Appunto, Guvi. Chi fa confusione, mi pare, è lei. Ma con questo non voglio aprire un confronto su Chavez e il resto, cose qui già sufficientemente discusse. Poi lei è un popperiano liberale, e non credo sarebbe possibile per me scalfirne le convinzioni… (in ogni caso grazie a lei ho trovato il bel testo di Girard sui disturbi alimentari).

    Bravo, effeffe.

  8. marco, da buon popperiano, ho per lo più convinzioni “falsificabili”, dunque tutt’altro che inscalfibili. ma tengo anche in gran conto le distinzioni; e qualunque cosa uno pensi di chavez (io, come è evidente, ne penso ogni male) nulla unisce il rosso suo e di castro a quello dei monaci birmani.

    lo dico perché il rischio di confusione c’è, e già ho avuto modo di discutere con un amico che ha ripescato oggi in chiave pro-birmana una maglietta rossa con sopra il faccione del “che”; facendo così violenza all’onestà storica, alla correttezza della memoria e a entrambe le cause: quella birmana e quella cubana.

    liberi di ammirare castro, chavez, morales, marcos e chi vi pare; e liberi di sostenere, allo stesso tempo, i monaci birmani. solo: non confondere, non sovrapporre, non fare di quei grandi visi in ascolto la “nebbia di sempre”.

  9. vale più di tutte le orrende poesie postate da inglese e raos. bravo

    Nota amara (e abbastanza) al commento qui sopra
    ma perchè tanto inutile livore? Qui?
    effeffe

  10. I colori della devozione sono il rosso scuro, l’arancione, il giallo e il viola. Questi lama buddisti di Birmania indossano una sari rosso sangue, come si può ben vedere dalle imagini della rivolta. E’ ovvio che un movimento di solidarietà mondiale non vada troppo per il sottile e adotti il rosso generico. La Birmania E’ DI FATTO una provincia cinese (guardate dove si trova) e il governo birmano è un governo fantoccio. I cinesi hanno le mani sporche di sangue ancora una volta, dopo il Tibet e dopo i ripugnanti intrallazzi in Darfur. Andranno a sciacquarsele poco prima delle olimpiadi. Non posso pensare alla cerimonia di apertura dei Giochi senza essere assalito dalla nausea. Al culo i discorsi su Chavez e Castro e Aung San Suu Kyi. Persino Bush e la sua accolta di neocogl sono pallidi simulacri di negromanzia rispetto alla Cina e alla Russia (la prima banda di capi mafiosi assurta a Stato). Non arricciate il naso, o scettici e molli intellettuali disillusi di tutto il mondo, siamo in presenza di qualcosa di vero.
    marlow

  11. Non mi va di entrare in merito ai colori della rivolta, dopo tutto i colori hanno perso da tempo il loro significato simbolico. Ma quando vedo messi sullo stesso piano tiranni golpisti e Chavez, eletto dal popolo venezuelano in democratiche elezioni, e riconfermato al suo posto senza bisogno di brogli e censure, non riesco davvero a capire. Qui c’è qualcosa che non va.

  12. la mia era una semplice curiosità su come mai in italia si è scelto il rosso, mentre il colore “ufficiale” per così dire della protesta in tutto il mondo è l’arancio/zafferano.
    le altre considerazioni chavez/casto/bush e benaltrismo vario di destra o sinistra mi sembrano fuori luogo in questo momento (e antipatiche sempre): si fermi quella squadraccia della giunta birmana ORA!

  13. brown, non entro troppo nel dettaglio su chavez perché sarebbe fuori argomento, ad ogni modo:

    1- si può essere democraticamente eletti e fare politiche antidemocratiche da “tiranni golpisti” o quasi (è quel che fa l’ex golpista chavez). non pensavo proprio che la tanto deprecata “democrazia formale” sarebbe diventata un giorno un lavacro purificatore così potente!

    2- ci possono essere *scrutini* più o meno corretti al termine di un *processo elettorale* globalmente viziato, dalla presentazione delle liste agli spazi d’informazione (è il caso anche dell’italia, non solo del venezuela)

    3- quanto al fatto che chavez non abbia avuto bisogno di brogli, è interessante questo articolo di un giornalista-reporter assai a sinistra come marc cooper, ex collaboratore di salvador allende e autore di “sulle tracce di che guevara” e “io e pinochet” (entrambi feltrinelli):
    http://marccooper.com/Chavez-again-did-uncle-jimmy-get-duped/

    (come che sia, su chavez c’è solo da attendere: un giorno i soliti noti apriranno gli occhi con rammarico sull’ennesimo abbaglio, e passeranno all’abbaglio successivo).

  14. certo, si fermi ORA, è ovvio. a me l’immagine del monaco col bastone e la mascherina piace tanto, un saffron block?
    (comunque non è molto corretto, Guvi, vuole avere l’ultima parola, insomma, su Chavez non è questione di democrazia formale, c’è molto altro, sotto, però è anche questione di democrazia formale, e direi che non è poco).

  15. Hai ragione Brown, ma vi esorto ancora a non cadere in futili schermaglie. Per gli amanti del genere non c’è che da accendere il televisore e gustare litigi accademici, patinati e da osteria (quelli prevalenti). Con ilarità mi accorgo che anche attorno alla poesia chiunque può riuscire a suscitare un canaio. Invito tutti, in una sede privilegiata dall’ingegno, a boicottare i giochi dei pechinesi. I governi non lo faranno mai. Prodi e Berlusconi non hanno mai incontrato il Dalai Lama perché sono dei codardi. Nessuno farà mai la voce grossa con la Cina. Ma esistono mille modi popolari per dimostrare il proprio disprezzo. Trovarne uno efficace.
    Guvi: la squadraccia della giunta birmana è pagata dalla Cina.

  16. Guvi, nemmeno io ho voglia di dilungarmi. Tuttavia la democrazia ha le sue regole. O le si accetta così come sono, sempre e comunque, o la democrazia non fa per noi. Delle due l’una.

    Detto questo: “si fermi quella squadraccia della giunta birmana ORA!”

  17. non voglio avere l’ultima parola, per carità, ci mancherebbe. intendevo solo dire che *IO* ho detto la mia ultima parola *QUI*, in questo thread. se qualcuno vuole – va da sé – può aggiungerne altre di parole, qui o altrove. e io stesso sono dispostissimo a parlare di chavez in altra sede, o se si apre un topic sul venezuela. tutto qui, nulla di scorretto dunque.

  18. marlow, con la cina sfondi una porta aperta, parli con qualcuno che è stato iscritto per anni a nessuno tocchi caino e al partito radicale transnazionale (che il dalai lama lo ha incontrato sempre e ha fatto del tibet una priorità)

    a onor del vero, non è del tutto esatto che “Prodi e Berlusconi non hanno mai incontrato il Dalai Lama perché sono dei codardi”. berlusconi, che pure non ho mai votato e che – per essere eufemistici – non apprezzo politicamente, lo ha incontrato nel maggio 1994, se non sbaglio. salvo poi rimangiarsi tutto nel successivo mandato (realpolitik oblige, a quanto pare). dunque, sì, codardo anche lui tirate le somme. ma forse ricordo male, ditemi voi.

  19. il popolo birmano è un popolo che soffre. Non ci sono cibo, cure, lavoro, rispetto per i diritti umani. Lascio per scontato che tutti sappiano cosa sono i diritti umani. In questo momento di questo popolo si parla, fino alla settimana scorsa era nascosto nell’indifferenza, come altri popoli del mondo adesso. Che se ne parli, e che si dimostri solidarità, è bello, doveroso. Che si discuta sull’opportunità di usare un colore piuttosto che un altro per farlo, lo trovo idiota. E’ oltraggioso che davanti a tanta umana sofferenza ci sia chi perde tempo a discutere di sfumature cromatiche.
    Mettetevi una strabenedetta maglietta rossa, se volete, o fatene a meno. Se dovete perdere tempo a dscettare sul colore, abbiate la cortesia del silenzio. Please.

  20. elena, oh mia omonima. :-), la storia è un po’ quella del dito che indica la luna e l’idiota guarda il dito. Qui, e altrove, si guarda il colore della maglietta..

  21. Tranquilla Elena, è un pezzo che non si parla più di colori.
    Guvi, proprio nel primo mandato Berlusconi NON incontrò il Dalai Lama, che fu ricevuto da Scalfaro e da voi radicali e simpatizzanti di Caino :-).

    IO NON GUARDO I GIOCHI DI PECHINO scritto ovunque.
    Prezzolare Oliviero Toscani per un manifesto (ci vorrebbe una finanziaria)
    Cerchi olimpionici grondanti sangue.
    Ridicolo vero?
    Stronzate. Non è ridicolo.

  22. “I soldati della Divisione 33 di stanza a Mandalay hanno disobbedito ieri agli ordini di sparare sui monaci, e hanno deposto a terra le armi al passaggio dei religiosi, sulla strada che porta lal pagoda Maha Myat Muni in poeno centro città”, la notizia è confermata a PeaceReporter dal posto di frontiera di Mae Sot, Thailandia, dal responsabile per la Frontiera del governo Nld (National League for Democracy) in esilio, Aung So. “Il generale della Divisione 33, Aung Thyat, ha dato disposizione ai suoi soldati – circa 10mila dispiegati tra il centro di Mandalay e la cittadina di Sagaing, sull’altra riva del fiume Ayeyar – di non sparare sui monaci buddisti”, ha spiegato Aung So a PeaceReporter, citando “diverse fonti, ci hanno mandato testimonianze sia attivisti del nostro partito, che gente comune”.

  23. Ma insomma, che significa? Che ci vuole a incontrare qualcuno? E’ forse un prendere impegni? Sono ritualità vuote d’ogni valore, segnali meno che fàtici, il grado zero della significazione. Parliamo di cose “vere”…

  24. marco, se fossero “segnali meno che fàtici” non creerebbero incidenti diplomatici gravi. se fossero “ritualità vuote” e basta, non solo berlusconi 1994, ma anche prodi, dini, d’alema, amato, berlusconi 2001 ecc. avrebbero incontrato il dalai lama senza problemi. e invece non l’hanno fatto.
    sta di fatto che la cina vede l’incontro *ufficiale* con il dalai lama come un riconoscimento del governo tibetano in esilio, e dunque come una condanna dell’occupazione cinese. non sono men che mai “segnali meno che fàtici”; gli stati, tra di loro, parlano anche così. nemmeno dico che siano atti politici dirompenti; però qualcosa sono.

  25. Sono segnali che si scambiano le diplomaize, lo so bene (a suo tempo mi laureai pure in storia delle relazioni internazionali, ahimé). Ma questi sono gli incontri di facciata, ad uso immagine, in funzione “identitaria”.
    Mi piacerebbe sapere com’è andata nel caso del ’94, se è stato il dalai lama a chiedere un incontro, ecc ecc – e sapere perchè non c’è stato dopo… E, se fosse vero che dopo c’è stato un disinteresse di D’Alema verso la questione (essendo lui troppo impegnato con le bombe umanitarie su Belgrado, e temendo Prodi di compromettere le relazioni economiche con Pechino), questo non mi fa certo rivalutare il governo precedente. E’ noto che per le destre nostrane agitare lo spettro del “comunismo” in quanto tale, a prescindere da ogni altra considerazione, è questione identitaria, e null’altro. (e Berlusconi è abbastanza furbo da saperlo, e da saperlo fare senza compromettere alcunché).

  26. “democrazie elettorali e democrazie liberali”

    ” Nelle prime, il criterio minimo di base è lo svolgimento di regolari elezioni tra partiti antagonisti. Nelle seconde si richiedono altri quattro criteri, assai più stringenti: il rispetto delle libertà civili (di fede, di espressione, di protesta), la certezza del diritto e la parità di trattamento di tutti i cittadini davanti alla legge, una magistratura indipendente e neutrale, e infine la garanzia di una società civile aperta e pluralista, di cui è parte integrante la libertà dei mass-media.”
    Larry Diamond(per ciò che concerne Chavez.E l’italia)

    personalmente confido in una Birmania democratica e soprattutto laica.Per le beatificazioni è un po presto(nessuno ha mai smentito la notizia che il maggior numero di presenze di monaci Buddisti in Europa si riscontrò nella germania nazista.La cosa mi lascia interdetto).Le armi vanno buttate nella spazzatura(è quello il loro posto)

  27. infatti a quell’incontro non seguì nulla – nemmeno ulteriori incontri.
    però, in sé, fu un un piccolo evento. fu voluto fortemente dai radicali, che s’illudevano di poter traghettare il “principiante” berlusconi su sponde liberali e antiautoritarie. illusione che aveva poca o nessuna sostanza, come si poteva capire già da allora, anche perché il principiante apprese la realpolitik in men che non si dica. però quella volta credo che ricevette il dalai lama perché era un diplomatico “ruspante”, non già per calcolo anticomunista. quel tipo di anticomunismo “identitario” lo coltivò metodicamente un po’ dopo, e non vi accompagnò mai una seria politica estera contro i residui del comunismo nel mondo – cuba, laos, corea del nord ecc. insomma, prese a prestito il guscio della guerra fredda, l’esoscheletro retorico, svuotato della sua polpa storica (che era, per quel che mi riguarda, una polpa tragicamente nobile). ad ogni modo, non si tratta di rivalutare berlusconi, per carità, né di svalutare d’alema: nella fattispecie, volevo solo stabilire un fatto e correggere un’informazione imprecisa.

  28. @diamonds
    La Deutsche Ahnenerbe era una società scientifica nazi. Nel 1938 l’Ahnenerbe organizzò una spedizione in Tibet alla ricerca della mitica Agarthi, il regno sotterraneo in cui risiederebbe il demiurgo del pianeta con cui Hitler assicurava di essere in ottimi rapporti. La singolare concentrazione di monaci tibetani nella germania nazista di cui hai sentito parlare si deve probabilmente solo al fatto che i nazi si credettero in dovere di ricambiare l’ospitalità. Non penso che esistano fra i monaci buddisti truppe scelte “S.S. Das Shaolin” :-).
    Tutti vorremmo la Birmania in cui confidi tu, ma non credo che la Cina mollerà l’osso tanto facilmente.

  29. Questa roba delle magliette, dei fiochetti e degli infiocchettati, questa solidarietà pelosetta, somiglia tremendamente alla logica delle notti bianche. Veltroncomics.

    Nel frattempo, gli Stati Uniti tentennano. Le sanzioni oscillano. E quel furbetto di Kouchner non spende una parola su Total.

  30. amo dell’essere umano la spontaneità.quando il gesto spontaneo si organizza, si racconta, si descrive e pechè no, si compiace, a quel punto mi fermo.
    Quando con alcuni operai ci siamo trovati in cantiere di primo mattino vestiti di rosso, non c’eravamo nè telefonati, nè confrontati. Avevamo ricevuto un SMS da parte di un’amica o di un amico cui si vuole bene.
    OT la tua noia ti seppellirà.
    effeffe

  31. a dire la verità Kouchner l’ha spesa, qualche parola, dicendo che se anche Total se ne andasse la giunta s’impossesserebbe degli impianti e nulla cambierebbe. per cui tanto vale continuare a farci affari…

  32. Sintomatico come questo sia il post più commentato. Dovreste farne il vostro, ultimo e solo, simbolo.
    La vostra auto-illuminazione per nulla illuminante credo sia fortunosamente arrivata al capolinea.
    I vostri autoreferenziali modi da “siamo intelligenti ma non lo diciamo” sembrano piccoli denti da latte estirpati direttamente da una dentiera.
    Masticate sempre le stese parole. Siete meno originale di un club di forza italia.

  33. Ma come, il rosso non era anche il colore dei circoli della libertà? A proposito, a leggere gli ultimi dispacci da Rangoon tremano i polsi. Ma i fiocchetti stanno già sparendo, e neanche una puntata di Matrix o Porta a Porta. Direi che la questione birmana rimarrà come un bel macigno sulle coscienze degli idealisti conservatori e democratici. Un po’ come l’Arabia Saudita, chi tace acconsente.

  34. O.C., eddai non rompere, che a Matrix devono fare le puntate sui comici e su garlasco. vuoi mettere come “tira” di più l’orgasmo femminile da vespa (due termini che mai avrei creduto poter scrivere nella stessa frase)? eddai non fare l’antipatico rompino.

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francesco forlani
francesco forlani
Vivo e lavoro a Parigi. Fondatore delle riviste internazionali Paso Doble e Sud, collaboratore dell’Atelier du Roman . Attualmente direttore artistico della rivista italo-francese Focus-in. Spettacoli teatrali: Do you remember revolution, Patrioska, Cave canem, Zazà et tuti l’ati sturiellet, Miss Take. È redattore del blog letterario Nazione Indiana e gioca nella nazionale di calcio scrittori Osvaldo Soriano Football Club, Era l’anno dei mondiali e Racconti in bottiglia (Rizzoli/Corriere della Sera). Métromorphoses, Autoreverse, Blu di Prussia, Manifesto del Comunista Dandy, Le Chat Noir, Manhattan Experiment, 1997 Fuga da New York, edizioni La Camera Verde, Chiunque cerca chiunque, Il peso del Ciao, Parigi, senza passare dal via, Il manifesto del comunista dandy, Peli, Penultimi, Par-delà la forêt. , L'estate corsa   Traduttore dal francese, L'insegnamento dell'ignoranza di Jean-Claude Michéa, Immediatamente di Dominique De Roux
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