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Autoreverse (anteprima romanzo)

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di
Francesco Forlani

Veneria
Cosa dicono di loro? Ho cercato un po’ dappertutto, informazioni di ogni tipo e testimonianze dirette, quando possibile, sulle sorelle Dowling. Una cosa la so per certa ed è che Lajolo ha mentito. Nel Vizio assurdo pretende fosse una poco di buono la Constance, una sorta di malafemmina, anche ignorante.

C’è chi la fa morire in modo come dire, glamour, inutile. In un incidente automobilistico da “meglio gioventù”, pochi anni dopo la scomparsa dello scrittore. E invece sarebbe morta d’infarto, molti anni dopo, in verità. Ho addirittura letto da qualche parte che l’americana, leggendo i giornali italiani l’indomani del suicidio, con il necrologio e le testimoniamze del mondo della cultura, avesse esclamato: Ma allora era uno scrittore famoso!

Insomma, ecco gli amici di Pavese, cioè quelli che come dice Massimo Mila, nei suoi diari, fecero a gara tra loro in cerca dell’esclusiva e pretesa amicizia, al punto che ogni anno spuntava la vera ultima lettera del poeta, ed era indirizzata, giustamente, all’ultimo vero amico.

Il contratto per Riso Amaro di Doris Dowling, la sorella più piccola, prevede inizio il 24 maggio e la fine il 20 agosto del 48. L’ingaggio è di tre milioni di lire. Il suo nome figurerà secondo assoluto, e primo nell’elenco femminile. In quello maschile appare Raf Vallone. In un’intervista rilasciata a Stefano Masi descrive così le sorelle Dowling.

” Le sorelle Dowling portavano dentro il demone della distruzione. Doris era una grande attrice americana, amata da Billy Wilder. Sua sorella Constance fu amata da Cesare Pavese. Entrambe le Dowling amavano distruggere tutto quel che costituiva un ostacolo e non sopportavano le relazioni sentimentali stabili. Erano nemiche dei loro stessi sentimenti.
E perché erano nemiche dei loro stessi sentimenti?- chiede il giornalista

Per una specie di innato satanismo. Erano autodistruttive. Non so. Avevano avuto padre russo e madre irlandese.

Constance veniva a trovare sua sorella sul set di Riso Amaro?

Non mi risulta.

(Ho davanti a me e non me ne separo mai, la foto delle due sorelle sul set. Ha una fazzoletto bianco tra i capelli e la stessa eleganza, seppure abitata da vestiti semplici. Doris ha dei sandali “italiani” e un grembiule nero sovrapposto a un abito a fiori , leggero che le fascia il petto.)

“Ma fui proprio io a far incontrare per la prima volta Constance e Cesare Pavese. Doris aveva appena finito di girare Riso Amaro. Constance aveva terminato un altro film in Italia. Così vennero a trovarmi a Torino e io le portai con me a una cena a casa del professor Rubini, medico colto e illuminato, sapendo che ci sarebbe stato anche Pavese.”

Raf Vallone, laureato in filosofia, responsabile delle pagine culturali dell’Unità, a Torino, giocatore di calcio straordinario, in squadra, naturalmente quella del Toro, era soprannominato “roccia”. Attore incredibile e di una bellezza sconvolgente. Insomma l’uomo che ogni uomo, certi uomini vorrebbero essere. E ogni donna, certe donne vorrebbero avere.

Quando ho chiesto all’editore della mia intenzione di rendermi sul luogo delle riprese di Riso amaro mi ha risposto che non c’era nessun problema e che dovevo conservare le fatture. Vercelli non è distante da Torino, in un certo senso, ma quello che impressiona di più è la sua equidistanza da Torino e Milano.

Il tassista, anziano, che è venuto a prendermi in albergo mi fa da Cicerone, mentre attraversiamo le risaie. Un’unica strada s’apre un varco tra due mari gialli. E’ quasi tempo di raccolta.

– E’ pulito, vede, quello di destra e a sinistra hanno cominciato a tagliare. Quando eravamo ragazzi venivamo a spiarle le mondine che strappavano le erbe impure in calzoncini e canottiere. E le zanzare. Sa come diciamo dalle nostre parti? Qui da noi le guerre, e non importa quali, le guerre di ogni tempo non le hanno vinte i Savoia, gli italiani o gli alleati, ma le zanzare.
Però, quella di Veneria era una cascina veramente all’avanguardia, le trattavano bene e poi c’erano già le macchine. Adesso fanno tutto loro, le macchine e i cinesi.

Quando arriviamo a Veneria quello che mi colpisce è la purezza della costruzione, quasi un convento. Del nome che il tassista mi spiega essere comune per quel tipo di attività, mi piace il riferimento alle Veneri. All’interno la disposizione degli alloggi dormitori, dei capannoni per la lavorazione del riso, i giardini operai mi fanno pensare alle utopie settecentesche delle città lavoro. Quando signori illuminati avevano a cuore la felicità degli sfruttati. Mi chino a raccogliere una manciata d terra, come un souvenir e la scritta di una recente manifestazione “Dal riso al rosa” mi accompagna per qualche metro. Poi il tassista fa retromarcia e mi accompagna in stazione. Gli chiedo se ci sono scrittori famosi nati a Vercelli. Non gliene vengono in mente. Ad un tratto, quasi trovando nella memoria una risposta, mi fa:

– Scrittori non mi vengono proprio. Sportivi sì. Molti del Grande Torino erano di Vercelli. Noi di qui si aveva la Pro Vercelli e infatti quando si partiva per le villeggiature, venire da qui era una garanzia e ti mettevano subito in squadra. Per non parlare dell’atletica, ma lei forse è troppo giovane. Livio Berruti abitava dietro casa mia. Una paesino qui vicino.
– Roma, Olimpiadi del sessanta, Berruti, medaglia d’oro sui duecento, penso.

– Di Vercelli no, però della zona del Monferrato c’era quello, come si chiama Pavese, si che mi ricordo si leggeva veramente facile, i libri andavano giù che era una meraviglia, scriveva semplice. Si leggevano bene

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5 Commenti

  1. “si leggeva veramente facile” è sì, si leggeva facile Pavese, ma sotto grattava grattava.
    Promette bene autoreverse Francesco, ma non fare i francesismi (“della mia intenzione di rendermi sul luogo delle riprese”), ovvia, come ti vuoi rendere?
    Bello comunque, ciao. a.

  2. ricordo come fosse ieri il mercedes anni ’70 del tassinaro con vocione, spiccato accento vercellese e due mani grandissime, dire che “il pavese si leggeva bene”. Poi ho pensato che quelle mani grandissime servivano a sconfiggere le zanzare grandissime di vercelli. Non avevo mai visto i mari gialli delle risaie. alla cascina di riso amaro ci hanno presi per mezzi matti, là adesso si lavora e basta. Grazie effeeffe per aver rievocato (magistralmente a tratti) quel viaggio in taxi piuttosto suggestivo. c’ero anch’io, insomma. saluti

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Sono musicista, quando si studia un brano si considera che anche il silenzio, la pausa sia musica. Compositori come Beethoven ne hanno fatto uso per sorprendere, catturare, ritardare le emozioni del pubblico, il silenzio parte della bellezza. Il silenzio qui però non è la bellezza. Il silenzio che c’è qui, da più di dieci mesi, è anti musicale, è solo vuoto.
francesco forlani
francesco forlani
Vivo e lavoro a Parigi. Fondatore delle riviste internazionali Paso Doble e Sud, collaboratore dell’Atelier du Roman . Attualmente direttore artistico della rivista italo-francese Focus-in. Spettacoli teatrali: Do you remember revolution, Patrioska, Cave canem, Zazà et tuti l’ati sturiellet, Miss Take. È redattore del blog letterario Nazione Indiana e gioca nella nazionale di calcio scrittori Osvaldo Soriano Football Club, Era l’anno dei mondiali e Racconti in bottiglia (Rizzoli/Corriere della Sera). Métromorphoses, Autoreverse, Blu di Prussia, Manifesto del Comunista Dandy, Le Chat Noir, Manhattan Experiment, 1997 Fuga da New York, edizioni La Camera Verde, Chiunque cerca chiunque, Il peso del Ciao, Parigi, senza passare dal via, Il manifesto del comunista dandy, Peli, Penultimi, Par-delà la forêt. , L'estate corsa   Traduttore dal francese, L'insegnamento dell'ignoranza di Jean-Claude Michéa, Immediatamente di Dominique De Roux
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