Indignazione e gentilezza
di Franco Arminio
Grillo e Veltroni, per me pari sono. L’Italietta della finzione mediatica non fa altro che parlare di politica. Non importa se per difenderla o per contestarla. Il problema è che si parla di una cosa che non esiste o che comunque ha un ruolo assai superficiale nella vita nazionale. Quello che siamo, quello che stiamo diventando, non si decide certo in parlamento. I politici e gli antipolitici in fondo se la passano ugualmente bene. Berlusconi è molto ricco, ma sono ricchi anche Grillo e Travaglio. Queste persone non passeranno mai per vicoli di uno dei nostri paesi più sperduti. Loro vivono per i grandi giornali, per la televisione, per le piazze affollate. C’è una dimensione ormai puramente spettacolare in tutte le discussioni che hanno a che fare con la politica. Una volta c’erano Totò e Aldo Fabrizi. Adesso abbiamo Grillo e Mastella.
La cosiddetta “casta” ormai più che una vergogna nazionale è materia di spettacolo.
Di fronte a questa tragica mutazione della vita sociale in una perenne fiction di massa, gli alti stipendi dei nostri parlamentari sono veramente un problema minimo. Il fatto di contestare a questa gente di prendere troppi soldi non fa che confermare questa assurda dittatura del denaro che immiserisce ogni giorno di più lo spirito della nazione. La colpa più grave dei politicanti è che sono quasi tutti ignoranti e fanno un tipo di vita che li rende ancora più ignoranti.
A me interessano le storie che raccontano i vecchi dei nostri paesi. L’altro giorno a Calitri un’anziana col Parkinson mi diceva di avere paura della solitudine più della malattia. Quando ha visto che stavo per lasciarla si è messa a piangere e mi ha preso la mano, come se fossi un figlio che se ne va lontano. C’è un dolore vero, c’è un dolore nella vita di tanta gente che non arriverà mai nelle trasmissioni di Michele Santoro. In quel circo bestie e domatori si scambiano i ruoli col comune obiettivo di fare spettacolo. La vita è un’altra, ma ormai la vita non interessa a chi per mestiere dovrebbe raccontarla. I politici vivono solo per conservarsi il posto, ma fanno la stessa cosa i direttori di Banca, gli scrittori, i bidelli. Viviamo in un mondo in cui ognuno ha dichiarato guerra a tutti gli altri. È in atto la terza guerra mondiale. È in atto tra gli individui e non tra le nazioni. Tra un individuo e l’altro ci sono solchi profondissimi. Da qui bisogna partire. I soldi che sprechiamo per mantenere partiti inutili sono bene poca cosa rispetto a quello che regaliamo alle compagnie telefoniche per telefonate che non ci danno calore ma ce lo tolgono.
C’è anche la casta dei dispettosi e degli indifferenti, degli accidiosi e dei maldicenti. Mettiamo anche queste sul banco degli imputati e vedremo che sul banco degli imputati ci siamo anche noi. È il momento di unire severità e cordialità e questo Grillo non lo capisce e non lo capisce neppure Travaglio. Non servono le adunate di massa. Serve costruire incontri tra poche persone che si parlino, si guardino negli occhi. Persone che discutono dei loro territori. La politica non è un concerto a reti unificate, non è la giostra delle dichiarazioni.
I commenti a questo post sono chiusi
l’idea di grillo di prendere le distanze dal movimento delle liste civiche nazionali la trovo abbastanza assurda. mi pare che quello sia uno strumento fondamentale per evitare l’ormai quasi scontato ritorno di berlusconi (ammesso che se ne sia mai andato)
Vorrei informare che è in atto la Quarta, di Guerra Mondiale. E Grillo, Tonino Manetta, Wonder Veltroni, il Berlusca e tutto il resto del carrozzone dovrebbero leggersi un po’ più Norman Podhoretz e un po’ meno quel linguacciuto di Travaglio.
non so cosa serve per cambiare lo stato delle cose, ammesso che si riesca a mettersi d’accordo su quale sia, lo stato delle cose.
credo che nulla serva.
tuttavia, conclusioni a parte, sotto-scrivo ogni parola del post di franco arminio.
Ed ecco subito la seconda sottoscrizione: la mia. Grazie a F.A.
fm
“All’inizio ero un sostenitore entusiastico della Dottrina Bush, e lo sono ancora”, questo è l’incipit di un articolo di Podhoretz, pubblicato su Ideazione del Gennaio 2006.
O.C. ha colto subito con precisione l’essenza del post di arminio.
scusa tash
fammi capire la parte che non condividi.
sono contento che tu abbia apprezzato il pezzo.
quanto alla quarta guerra mondiale
anche qui vorrei capire meglio.
in ogni caso mi pare necessario che gli scrittori si facciano sentire, se non da quelli del carrozzono, almeno tra di loro
“I soldi che sprechiamo per mantenere partiti inutili sono ben poca cosa rispetto a quello che regaliamo alle compagnie telefoniche per telefonate che non ci danno calore ma ce lo tolgono.”
forse è per questo che quando vedo un cellulare io penso a un carcere mobile.
Che la ricchezza sia diventata una categoria morale in base alla quale giudicare chi capisce e chi no, mi sembra assurdo.
Non sottoscrivo neppure una parola.
“Serve costruire incontri tra poche persone che si parlino, si guardino negli occhi. Persone che discutono dei loro territori. La politica non è un concerto a reti unificate, non è la giostra delle dichiarazioni.”
così concludi.
ecco, io non ci credo agli incontri, perché non credo a nulla.
credo ormai solo nel dire e, forse, nel fare (bene il proprio mestiere).
se uno scrive, il suo unico “dovere morale” credo si possa riassumere in un: dire, dire, dire.
caro Franco,
con poche parole, ti dico che la politica che ‘rappresenti’ penso sia tutta questa, Lo spettacolo interminabile: show e punto;
leggete, se vi va, quello che di grillo pensa D. Luttazzi, mi sembrano cose da sottoscrivere…
b!
Nunzio Festa
p.s. evviva parlare con chi ha bisogno di farlo e con chi s’ha il piacere di farlo.
“L’uomo qualunque” si è fatto furbo. E sa pure far ridere le masse.
Ben tornato Franco, ciao.
finalmente di rileggo Franco Arminio.
con lpels e da lì mi regalasti un sorriso acerrimo.
poi sparisti, almeno alla mia vista, e facesti bene: i paesi che restano dei tagliati fuori, beati loro! non salve le povere bestiole che vengono ancora sgozzate per la nostra vera o pseudo fame.
stai oltre Franco, siamo oltre e moriremo soli come tutti i dispersi.
raccontami tutte le cantine e i tetti che ancora riesci!
a me dispiace quando le istruzioni sono impartite dai rancori personali o quando le masse opposte sono composte dalla somma di individui oggettivamente ricattabili.Fantasmi e spauracchi occupano la scena,ma non se ne ricava nulla(certo,se concedessero una piccola deroga al reato di “turbativa di comizio” qualche risata di tregua potremmo ancora strapparla).Tornare a barattare gli sguardi e le parole forse è l’unica,ma non è facile trovare nel lunario giorni buoni per la fuga
Risulta abbastanza difficile commentare in modo sensato ciò che avviene in un ambito sociale ormai privo di qualsiasi possibilità di cittadinanza.
Ciò nonostante devo mantenere l’organo di criticità in funzione quindi, scusate, ma mi alleno:
C’e la possibilita’ che dopo aver intercettato il malcontento collettivo si indirizzi questo verso un’ unica area di sfogo e gli si conceda la possibilita’ di sfumare o sgonfiarsi.
Questo sarebbe un modo per
1) osservare cosa succederebbe in caso di insurrezione reale, quindi con scopo sperimentale
2) concentrare in una sola aera i mille rivoli della protesta sia fisiologica, qualunquistica, che patologica, insurrezzionale, permettendo ai professionisti dell’ordine di controllarla meglio
3) relegare il dissenso ad un ambito fondamentalmente innocuo, cioe’ lo spettacolo, la farsa.
E il soufflè Grillo finirà nel contenitore del nulla italiano, degli scandali inutili, delle inchieste senza colpevoli, delle stragi irrisolte, dei governi senza programmaticità decisionale, perchè in fondo nella nostra mediocrità ogni italiano può sentirsi qualcuno, un qualcuno-nessuno.
Mi pare che Arminio abbia colto in modo perfetto la crescente divaricazione che c’è tra il contatto fra i corpi, ruvidi e spigolosi ma vivi da una parte, e la “visione telescopica” della realtà e delle cose, che le rende una uniforme superficie liscia dall’altra. E la politica, di recente, si è posizionata tutta quanta lungo questo secondo fronte, lasciando sole e abbandonate a se stesse molte persone.
forse se arrivano altre riflessioni di questa qualità si può immaginare anche di esportarle altrove.
caro domina
hai colto assai meglio di me quello che è il cuore della faccenda.
concordo con l’ultimo commento – c’è una crescente divaricazione che alla fine rende fittizia ogni parvenza democratica – tuttavia credo che sia un processo non di oggi – probabilmente risale agli anni Settanta – oggi è giunto all’apice della casta/politico/mediatica (grilli inclusi, ovviamente)
se il tono dei commenti continua a essere così elevato mi sa che bisognerà girare tutto a grillo. lui dà lezioni ai politici, ma c’è chi le può dare a lui.
per domina.
mi pare che lei ha espresso assai meglio di me il cuore della faccenda.
Però è troppo facile criticare chiunque acquisti un minimo di visibilità e la usi per dire qualcosa e per aggregare persone. Grillo sta dando in questo momento a molti una possibilità di uscire dal torpore, e questo non è poco. Né si può dire che si sia improvvisato capopopolo: di argomenti come l’ambiente, la sanità e la corruzione ne parla da anni, negli spettacoli e sul blog. “Grillo e Veltroni, per me pari sono.”: Alla fine mi sembra che l’analisi, per quanto lucida e ben argomentata, si riduca al “so’ tutti uguali”, e questo è qualunquismo. Col consolatorio corollario di essere d’accordo nella critica, dirsi a vicenda ‘bravo’, e darsi pacche sulle spalle, ma poi? Certo, in quanto scrittori e/o lettori e/o intellettuali e/o eccetera è molto più facile porsi criticamente contro qualunque movimento di massa, ma è troppo comodo. Quanto al discorso dei soldi, lo capisco poco: per come vanno le cose oggi, è inevitabile o quasi che a un certo grado di visibilità e successo corrisponda un qualche vantaggio economico, in ogni campo. Il buon Saviano ad esempio qualche soldino in tasca se lo è messo negli ultimi tempi, ma non per questo lo esecreremo, visto che per farlo non ha rubato, nè corrotto, né concusso. Oppure sarà un romanzo a cambiarci la vita, intendo cambiarla a tutti come collettività, non in quanto singoli? Quanto alla vita vera, a volte affiora perfino dai maledetti e schifosi mezzi di comunicazione di massa, per esempio ieri la Guzzanti e proprio da Santoro ha detto qualcosa di interessante sulla paura che la gente si porta addossso, paura di perdere il lavoro, paura di vivere. Massimo rispetto per la vecchia di Calitri, ma se uno rimane lì a parlarci, gli passa la vita sotto il naso. Certo, poi uno quella vita può raccontarla, ma è un tassello che ha bisogno di altri tasselli. Gli incontri tra poche persone possono essere linfa vitale, ma in un mondo con sei miliardi e mezzo di esseri umani restano un fatto personale, per quanto importante. Basta così, va’.
caro montekristo
dopo l’otto settembre (del 2007)
avevo scritto un pezzo apparso sull’unità in cui rimproveravo gli scrittori per la loro incapacità di appassionare civilmente le persone come riesce a fare grillo. poi ieri sera ho visto il santoro che gli ha fatto due ore di propaganda gratuita e stamattina leggo che lui (grillo) non vuole avere a che fare coi girotondini. le sembra un atteggiamento sensato?
sicuramente sensate, invece, le sue riflessioni. un unico appunto: la vita ci passa sotto il naso a tutti, sempre e comunque. sia sotto il palco di grillo, sia davanti alla vecchia di calitri.
veltroni parla molto e grillo pure.
ma la questione sono i soldi.
arminio ha ragione.
gira e rigira tutto ruota intorno a quello.
a questo devono ribellarsi gli scrivani
più che ai politicanti.
Grillo non vuole in alcun modo diventare politico nella maniera in cui questo, oggi, è possibile. Non vuole diventare un fantoccio in mano a nessun politico. Ecco perché non scenderà in politica. Purtroppo. Ecco perché non vuole bandiere in piazza. Lui si propone come portavoce. Ma nessuno ascolta le voci che lui porta in giro, né la sua né quella della fiumana di persone che lo segue.
E’ intellettualistico e snob, in verità, l’atteggiamento di parificarlo ai cazzari di professione che sono oggi quasi tutti i nostri politici, per primi quelli appollaiati intorno a Prodi.
Ci si lamenta se di una protesta si fa soltanto “spettacolo” o “arte”, perché è una protesta che non cambia le cose, ma nel caso di Grillo, che cerca di farlo, ci si lamenta del fatto che lo faccia. Se uno scrittore scrive un libro contro la mafia ci dimentichiamo di chiederci quanto ha guadagnato di royalties. Di Beppe Grillo invece ci dimentichiamo che quanto scrive è leggibile sul suo blog, che il suo libro “Schiavi moderni” è scaricabile gratis dal suo blog. A volte mi chiedo la gente cosa cazzo vuole e quanti pesi e quante misure usa e dove ha gli occhi. Vorrei infatti ricordare a chi non lo ricorda o a chi non lo sa che è grazie alla pubblicizzazione sul blog di Beppe Grillo della folle (in termini di possibilità di credere che da qualche parte avrebbe portato, come invece è stato) raccolta di firme che i costi di ricarica dei cellulari, che tutti possediamo, sono stati aboliti. Per dirne soltanto una.
Beppe Grillo è apolitico. E sta dimostrando che il populismo può essere un movimento del popolo.
Leggetevi le sue vere parole prima di giudicarlo sbagliando e non riconoscere che ci e vi rappresenta di certo più della più parte dei peracottari di professione che sono quasi tutti i nostri politici.
Chiedo scusa per la foga con cui ho espresso la mia personale opinione, ma non per la mia opinione.
Francamente non ho capito il senso di questo articolo, le cui riflessioni mi sembrano quasi tutte luoghi comuni, tipo i politici che vogliono solo conservare il posto – cosa peraltro che sottoscriverebbe anche Grillo.
Alla fine l’unica cosa che rimane è che non servono le adunate di massa ma i piccoli circoli tra persone che si guardano e parlano del loro territorio…. come i tantissimi meetup di gente che ascolta Grillo e prende iniziative locali: quindi temo proprio che non resti nulla di questo pezzo.
cara gaetani
forse non ha letto il commento in cui parlavo di un mio articolo in cui apprezzavo grillo e criticavo gli scrittori. se mi dà la sua mail glielo mando.
questo mio di oggi nasce dal suo atteggiamento veramente ingiustificato rispetto ai girotondi. in fondo hanno messo certi problemi prima di lui.
quanrto ai telefoni, con o senza costi di ricarica, mi pare che sia allucinante la ricchezza che va in fumo per tante chiacchiere.
comunque trovo la sua foga per niente irritante. forse la distanza delle nostre posizioni dipende anche dal luogo geografico da cui osserviamo questa persona. io comunque è chiaro che se dovessi scegliere tra grillo e uno qualsiasi dei politici italiani scelgo grillo, ma questo non c’entra con quanto scrivevo e che ne post di mario domina è stato illustrato egregiamente.
Il futuro può può venire solo dai poveri di spirito, dal divenire-impercettibili.
Caro Arminio volevo solo dirti che avrei voluto essere a Calitri che è il mio paese: è bello sentirlo nominare da qualcuno che non conosci. Soprattutto quando tu sei lontana e quel qualcuno è lì proprio dove vorresti stare. Ciao Lucia
nominare un paese è sempre meglio che nominare personaggi che già tutti nominano. è questo il punto debole del mio articolo.
luminamenti vede lungo: sicuramente verrà un tempo in cui l’essere sconosciuti sarà un grande valore, in cui qualunque forma di successo sarà vista come una peste. ogni tanto qualcuno mi accusa di scrivere queste cose perché voglio anche io il successo. io voglio amare ed essere amato, non so se è la stessa cosa. e comunque vivo in un luogo di grande insuccesso, questa è la mia riserva di futuro.
“quanto ai telefoni, con o senza costi di ricarica, mi pare che sia allucinante la ricchezza che va in fumo per tante chiacchiere”
ma prima:
“A me interessano le storie che raccontano i vecchi dei nostri paesi. L’altro giorno a Calitri un’anziana col Parkinson mi diceva di avere paura della solitudine più della malattia. Quando ha visto che stavo per lasciarla si è messa a piangere e mi ha preso la mano, come se fossi un figlio che se ne va lontano. C’è un dolore vero, c’è un dolore nella vita di tanta gente”
domanda: per lenire la solitudine bisogna per forza recarsi a Calitri dalla vecchia tremolina che ti confonde per suo figlio, oppure vale anche sparar cazzate al cellulare spendendo tanti soldini?
c’è un dolore vero nelle persone, che nessuna parola può guarire, ma tante parole insieme possono stordire, e ognuno le coglie dove sa/può.
[…] Ma non mancherò di tornare sulla crescente divaricazione tra la superficie e l’interno, la “visione telescopica” e l’esperienza, la spettacolarizzazione/uniformazione del mondo e il vissuto dei corpi e delle relazioni. A tal proposito proprio ieri su Nazione Indiana è comparso un bell’articolo di Franco Arminio: https://www.nazioneindiana.com/2007/09/21/indignazione-e-gentilezza/ […]
I miei complimenti per l’articolo che sottoscrivo in pieno. Questa è la realtà delle cose, che piaccia o no. Da notare, in giro sul web, come i seguaci di Grillo e& C. stanno incamminandosi per strade ben note e trasformandosi in “ultras” a difesa del verbo delo….”nuovo leader”…
Questo, perlomeno, dovrebbe generare alcune riflessioni….
se grillo scende in politica. ma salire, in politica, mai?
Sono d’accordo con quanto scrive Gemma Gaetani.
Il potere non solo politico ma anche economico è diventato così assolutista che in Italia ha piegato al silenzio un po’ tutti. Ben vengano quindi i movimenti di protesta quando la medesima è indirizzata non a senso unico, ma là dove il potere viene esercitato, si trovi al governo il centrodestra o il centrosinistra. Va da sé che da che mondo è mondo il potere politico e il potere economico vanno a braccetto, qualunque siano i colori in ballo.
Purtroppo succederà che queste proteste verranno presto abilmente riassorbite, come è successo più volte in passato (si veda lo stesso movimento dei girotondini, pur guidato da esponenti famosi più di Grillo, come Nanni Moretti).
Basta trovare il modo di neutralizzare il capo e tutto ritorna nel silenzio, poiché quello che chiamiamo popolo per proseguire nella protesta ha bisogno di essere sollecitato di continuo e troppo a lungo per durare. Il potere lo sa e soprattutto sa come muoversi.
Uno degli strumenti di protesta democratici tra i più potenti (altrimenti ci sono le rivoluzioni violente) è dato dal momento elettorale. Eppure quando si va a votare si dimentica tutto ciò che il potere della politica ha caricato negativamente sulle nostre spalle e non si ha il coraggio di mutare il nostro voto: lo confermiamo quasi sempre e sbrigativamente. Difficilmente votiamo per l’opposizione (che consideriamo sempre peggiore della maggioranza), oppure difficilmente neghiamo il voto con la scheda bianca o l’astensione dalle urne.
Non abbiamo il coraggio di cambiare le nostre abitudini, insomma.
Dovremmo invece approfittare della protesta attuale di Grillo per levare una voce ancora più forte e diffusa ponendo degli obiettivi volti in primo luogo al ricambio della classe dirigente, alla eliminazione dei privilegi (non solo gli alti stipendi, esoneri vari, ma anche le pensioni d’oro maturate con pochi anni di legislatura), alla eliminazione (dovrebbe esistere ancora) del doppio stipendio (quello del vecchio lavoro e quello di parlamentare), insomma chiedendo tutte quelle modifiche che trasformino il mandato del politico in un inequivocabile servizio al cittadino. Avremmo candidati sicuramente diversi, perché tutti i manigoldi scapperebbero dalla politica non più così remunerativa in fatto di denaro e di potere, liberando posti a coloro che della politica fanno una missione esclusivamente (come deve essere) al servizio al cittadino.
Se nessun partito accoglierà di assumere tali obiettivi, non ci sarà che un modo valido di rispondere: quello di disertare in massa le urne. Si dirà che è un gesto qualunquista e irresponsabile. Può essere, ma quale altra protesta può sostituirla?
Immaginate se si dovesse arrivare ad una astensione del 90%. Facciamola pure una tale ipotesi. Ne parlerebbe tutto il mondo. E in Italia tutto ciò come non potrebbe causare una capitolazione della vecchia politica? Sarebbe una rivoluzione democratica.
la politica ha bisogno di tornare ai suoi scopi,alle sue motivazioni originarie.
La piazza ha un’importanza unica, il cittadino misura le parole, i gesti, l clamori e le passioni degli oratori aspiranti politici, è un momento utile, di grande riscontro dove le personalità realmente emergenti hanno un contatto vero e diretto con i candidati, i quali, nell’arena del forum, difficilmente possono mentire e mistificare le loro intenzioni ad una platea ormai satura e refrattaria alle fiction e bisognosa di autenticità relazionale e di rispecchiamento.
Che si guadagnino i politici i loro spazi, con sudore e passione.
” Chiù pilo per tutti” da Chetto Laqualunque.
Se non sbaglio, Arminio, chi faceva il girotondo non voleva più Berlusconi. Idealmente, e non solo, era vicino, il girotondino, a Rutelli, Fassino, Prodi e cricca bella. Moretti ha fornito al centro-sinistra uno dei migliori film di propaganda politica della storia del film di propaganda. Cuori si sono accesi e lacrime di commozione sono colate dagli occhi, la canzone popolare si alzava di nuovo, e Berlusconi, poco dopo, ha perso le elezioni. Ora, rifletta: le pare che la vittoria del centro-sinistra abbia trasformato il nostro in un paese minimamente decente e la vita dei morti di fame (quelli che non si possono nemmeno più definire proletari, poiché nemmeno prole possono permettersi, né un impiego in fabbrica riescono a trovare, e naturalmente in questa categoria economica mi ci metto io per prima) in vita decente? O non è questo centro-sinistra la fine della sinistra, nel momento in cui conduce soltanto battaglie per i diritti civili (matrimoni gay, eutanasia) dimenticando di condurre quelle che sarebbero precedenti, cioè quelle per i diritti elementari (lavoro, casa, assistenza sanitaria)? Cioè, a lei Rutelli o Prodi le paiono di sinistra?
Quindi, stare a fare astrazioni, ricostruzioni storiografiche, critica dell’evoluzione, sui rapporti girotondi:Grillo nella storia delle ribellioni di piazza ai governi italiani, non serve proprio a niente (e allo stesso tempo fa comodo a chi ha tutto l’interesse a sedare questa protesta).
Così come è ovvio, almeno per me, capire perché Grillo in politica, nelle modalità canoniche della cosa, non ci voglia scendere, per ora: per non correre il rischio di diventare un pupazzo politico. Per restare nello spazio dell’antipolitica. Che non è più, o non è soltanto quello della protesta anarchica che spacca tutto oppure che a terra, morto, rimane Carlo Giuliani; non è più quella bollabile come terroristica. E’ irosa, la protesta che Grillo raccoglie intorno a sé rappresentandola, è disperata, e ne ha tutte le ragioni, ma non spacca niente: manda a fare in culo. Usa una violenza soltanto linguistica, e pure catartica. Ma non si ferma lì. A lei potrà non fregare nulla del cellulare, ma io non ricordo di altre raccolte di firme che in quattro e quattro otto HANNO CAMBIATO QUALCOSA CHE VOLEVANO CAMBIARE, se non i referendum che annoveriamo nei libri di storia contemporanea: Grillo, però, è un pagliaccione, uno che vuole visibilità, fatece vedere la dichiarazione dei redditi di Beppe Grillo (stessa cosa che dice Sgarbi)…
Grillo ci dice che avere il governo di centro-sinistra, per eleggere il quale è stato necessario turarsi il naso se si era veramente di sinistra, è stato fallimentare. Perché non è diverso da un governo di centro-destra. Grillo lo urla.
Grillo dice che la politica è finita.
E posso capire che i politici lo osteggino, ma non capisco quando lo fa la gente, o addirittura intellettuali che si presumono critici e analitici.
Potrà avere gli ultras Grillo intorno: ma chi se ne frega, io preferisco un ultrà di Beppe Grillo a uno di Capezzone. Un altro che è “tutto chiacchiere e distintivo”. Mi ricorda la gente vera l’ultrà di Beppe Grillo. Quello che chiamavamo popolo. Quello che saremmo.
Scusi la lunghezza, Franco, se taccio taccio, ma se parlo parlo.
Buon fine settimana, e mi mandi pure il suo articolo: gemmag@tiscali.it. Lei, però, si faccia un giro sul blog di Grillo. Scarichi il pdf “Le primarie dei cittadini”. E’ nel post del 18 settembre intitolato “Le proposte dei cittadini”, e anche in quello del 19 settembre intitolato “Ammazzateci tutti”. E’ sul sito http://www.beppegrillo.it.
Solo un’altra cosa (ho letto solo ora il commento di Bartolomeo Di Monaco, che per quasi tutto mi trova d’accordo, come anche era successo per quello di Montekristo): disertare le urne non è mai servito a molto.
Conosco molti artisti ed intellettuali che le disertano. “Fanno così schifo i politici, tutti, che io non credo più a niente e non voto”. Ho un fracco di amici che non hanno mai votato: gente assunta a contratto, che cerca un modo di rimediare uno stipendio, e basta.
Disertarle in massa è poco fattibile.
Le maggioranze si raggiungono sempre, e così, noi governati, regaliamo ancora di più il diritto di fare di noi quello che vogliono.
Bisogna iniziare a parlare, a lamentarsi.
A ragionare.
A fare.
Ad informarsi.
Bisogna trovare un modo nuovo.
Bisogna immaginare un mondo nuovo e adoperarsi in qualunque maniera fattiva e non, alla fin fine, autolesiva (tipo il terrorismo) per costruirlo, trovando un modo nuovo. Io credo che Grillo l’abbia trovato. E se diffidiamo pure di lui, allora, be’, davvero chiediamoci che cosa cacchio vogliamo…
Posto qui di seguito l’articolo di Franco Arminio pubblicato su “l’Unità” del 15 settembre e una risposta di Enrico De Vivo tratta dalla mailing list SUDCREATIVO (dove nella stessa giornata era stato postato il pezzo di Arminio).
UN VAFFA ANCHE AGLI SCRITTORI
Perché un comico e non uno scrittore? Perché un comico è abituato a stare sulla scena e il successo non gli crea problemi. Per uno scrittore che sia veramente tale la faccenda è più complicata. Un giorno il mondo ci riesce sopportabile, il giorno dopo gli voltiamo le spalle. Uno scrittore è tale proprio perché la corrente che lo lega al mondo non è mai salda, è una cosa che va e viene, una luce che si accende a intermittenza, la luce del batticuore più che la pubblica illuminazione dentro la quale il comico si muove a suo agio. Dico questo per dire che è normale che uno scrittore non possa prendere il posto di Grillo, ma è grave che gli scrittori non tentino almeno di porsi su quella strada. Significa semplicemente mancanza di vitalità. Significa semplicemente disincanto e rassegnazione nei casi migliori, viltà e opportunismo nei casi peggiori. Non si mai vista una stagione in cui la letteratura è confinata in una così assoluta irrilevanza. È una situazione che sta benissimo alle classi dominanti perché non porta assalti alla società totalitaria in cui stiamo vivendo. Dovrebbe stare assai scomoda agli scrittori, ma in giro non si vedono spiriti molto combattivi. Al massimo si combatte per vedere pubblicato il proprio ultimo romanzetto. La scrittura è un’altra cosa. È una pratica sovversiva, a volte comica a volte drammatica, mai affiliata alla ciurmeria dominante. È curioso vedere come in questo autunno che si annuncia ricco di parole pubbliche e pretenziose da parte di movimenti e partiti politici, gli scrittori sembrano invischiati in giochi piccoli o piccolissimi. Ora se ci si limitasse ad accudire la propria rassegnazione non ci sarebbe nulla di male. Il fatto è che ci si adopera attivamente solo per demoralizzare qualcuno che ancora smania e scalpita. È vero che siamo anime inceppate, è vero che scriviamo perché non sappiamo andare col vento in poppa, ma non possiamo consentire di farci spingere a terra ogni volta che proviamo a sollevarci. In questo caso bisogna prendere al prestito lo slogan del comico e gridare vaffanculo anche agli scrittori.
– di FRANCO ARMINIO
TROVARE LE PAROLE PER MUOVERE GLI ANIMI
Franco Arminio intona la solita geremiade, la geremiade che intonano molti scrittori e intellettuali di questi tempi: non siamo più organici a niente e a nessuno, e questo ci avvilisce e ci disorienta. Ma possibile che ancora non si colga che oggi il punto rivoluzionario di tutta la faccenda della “funzione dell’intellettuale” è proprio qui, nella constatazione – felice, dico io – che non siamo più organici a niente e a nessuno, che non serviamo più ad alcunché e che siamo finalmente indiscussi sovrani di un mondo – il vago mondo delle parole – assolutamente circoscritto e autonomo, oltre che inutile e inessenziale? Non esercitare più alcuna egemonia sulla realtà esterna, non avere più niente di significativo da comunicare, fare dunque semplicemente il proprio mestiere come un falegname o un muratore fa il suo: è questo che ad Arminio (e, credo, a molti intellettuali, almeno dai tempi di Pasolini) non va giù. Essere finalmente abbassati a un livello artigianale – e al livello artigianale della più eterea ed evanescente delle materie – per alcuni scrittori è ancora una immane tragedia fonte di crucci e lamentele. Lo scrittore odierno, sgravato dalla soma della significatività di ciò che dice, dovrebbe aver definitivamente liberato il proprio tempo e dedicarsi perciò con rinnovato ardore al proprio lavoro sulla parole, invece che ai giochini di mercato o di gossip. Se fatto bene, questo lavoro costituisce infatti l’unico modo per smuovere le cose che non vanno del mondo: scrivere in una lingua nuova, sempre inventata e fantasticante (come Dante!), riuscirebbe a cambiare gli uomini molto più di qualsiasi effimero movimento politico. E non è difficile dimostrarlo se si scorrono i tanti esempi degli scrittori del passato, che ci “muovono” ancor oggi molto più di qualsiasi discorso alla moda. Sognare, all’opposto, di mettersi alla testa di un esercito di scrittori farneticanti e protestanti, vuol dire rimanere al di fuori del vago mondo delle parole ed estranei al lavoro sulla lingua; vuol dire rimanere schiacciati sul significato ordinario che ci impone la cosiddetta realtà ad esempio attraverso i media, o sulle enunciazioni politicamente corrette come quelle del comico e di qualsiasi altro allarmista dell’ultimora. In una situazione del genere, allora, in una situazione in cui il mondo – come sempre, da che è quello che è – langue e vaneggia, non bisogna lamentarsi perché gli scrittori non si “impegnano”, ma forse perché gli scrittori non esercitano al meglio la loro arte, della quale ancora non scorgono il senso profondo: riscrivere il mondo daccapo, raccontarlo con parole nuove e vive, non smettere di immaginarselo. Se questo oggi non avviene, non è perché gli scrittori manchino dello spirito combattivo dei comici, ma perché non hanno (ancora?) trovato le parole giuste per muoverci e commuoverci, e per dire una volta per tutte le cose come stanno e come dovrebbero stare. Quali e quanti scrittori oggi ci parlano in maniera forte e credibile, quali e quanti scrittori oggi son capaci di muoverci e commuoverci come Giordano Bruno, Leopardi o Beckett? Questa è la domanda da porsi e da porre.
– di ENRICO DE VIVO
acc.. quì la sintesi non è di casa, eh?
La sintesi non sempre è d’obbligo, signor Peppino.
Egr. Sig. Coppi,
son d’accordo con lei. Ma tra l’obbligo e il divieto c’è largo spazio discrezionale.
Cmq nn mi riferisco solo al tuo intervento. Stamattina ho impiegato meno tempo a leggere il Corriere, compresi i necrologi, che a scorrere questo blog :-)
(Poi, proprio, me ne vado).
Sottoscrivo l’articolo di Franco Arminio sull’Unità. Non capisco la risposta di Enrico De Vivo.
La parola è lo strumento che accomuna politico e scrittore, comico e prete, persona comune e persona comune. La parola non è un vento che spira sopra al mondo, la parola è un mezzo prima comunicativo e poi espressivo ed artistico! Dipende da ciò che dice, la parola dello scrittore, e dipende da come lo dice. Quando la parola si stacca troppo dal mondo fa poco. Molta poesia contemporanea, campo che a me interessa, parla sì, ma parla da sola. Sta lì a fare le volute alle virgole e i ghirigori ai punto e virgola, ma non parla la lingua della gente e soprattutto non parla della gente. Dubito che non esistano oggi scrittori che del mondo scrivono, per quanto siano una minoranza, visto che tutti gli altri sono impegnati ad accontentare case editrici radical-chic style che ti chiedono di scrivere libri sul sesso e sulle mestruazioni e sulla bulimia e sulle orge e sulle droghe, se sei una donna, in chiave comica o tragica o in stile desadiano puro, come vuoi tu, perché quelli vendono, ma evita ogni giudizio morale, perché quelli addormentano, e cerca di farmi presentazioni, perché quelle fanno vendere. Chiediamoci allora se dobbiamo dire vaffanculo agli editori, più che agli scrittori in quanto tali. Chiediamoci se non dobbiamo infarcirli, i nostri scritti, di espressioni come “vaffanculo”, anche se sapremmo scolpire nuovi linguaggi e con quelle sculture modellizzare nuovi mondi in cui specchiarci… Mentre quello reale, però, cade a picco.
@ Gemma Gaetani
“disertare le urne non è mai servito a molto”
Lo so. Ma io auspico una percentuale così rilevante da provocare una rivoluzione. Nessuno può pensare di considerare valide delle elezioni a cui, nell’esempio che ho fatto, prenda parte il 10% dei votanti (costituito da familiari e amici dei candidati).
La mia è una ipotesi che percorre la via democratica. Ce ne possono essere di migliori, ma l’obiettivo deve restare lo stesso: fare della politica un servizio per i cittadini. Trasformare ciò che oggi è privilegio e potere, in servizio e sacrificio.
E’, a mio avviso, questo il cambiamento che dobbiamo pretendere, e per ottenerlo dobbiamo cominciare a togliere a chi vuole affacciarsi alla politica il luccicante miraggio di andare ad occupare un posto che lo trasformerà in ricco e potente.
Quando ero giovane, Gemma, mi sono impegnato e ho fatto le mie battaglie. Ho parlato e agito insieme con altri, ed oggi sono uno dei tanti delusi che desiderano ormai chiudersi in se stessi, ignorando ciò che accade, perché convinto che non si potrà mai riuscire a mutare le cose.
Però la fiamma si ravviva ogni volta che nascono movimenti di protesta come questi (non quelli rivolti soltanto a questa o quella parte politica, perché fare ciò, oggi, è un errore enorme di prospettiva). Movimenti fatti di uomini piuttosto che di parole.
E’ vero che ci sono state nel passato parole forti che hanno cambiato il mondo (quelle delle rivoluzioni francesi e americane, ad esempio), ma oggi siamo arrivati al punto che contano gli uomini, la loro presenza, la loro forte mobilitazione, per spaventare il potere. Le parole non spaventano più: almeno quelle che siamo in grado di pronunciare oggi. Le parole vengono presto metabolizzate, digerite e dimenticate.
La scossa che deve provocare la capitolazione dell’attuale potere, deve essere data dalla presenza fisica, massiccia, degli uomini.
La mia ipotesi puntava a questo, perché convinto – ripeto – che oggi le parole sono inefficaci, consumate e svilite.
Faccio notare: mi pare riduttivo che si possa, alla fine di tutto, concludere che “Grillo e Veltroni sono uguali”. Che significa? E farlo poi in uno spazio come Nazione Indiana che utilizza lo stesso strumento che ha utilizzato Grillo in questi anni: la Rete, dando modo alla gente di incontrarsi e misurarsi su una serie di problematiche reali. Oppure rivendicare che: “anche io a suo tempo avevo denunciatoi certe cose”: cos’è, siete invidiosi?
Mi chiedo davvero cosa significhi essere intellettuali. Forse significa stare lì a storcere sempre il naso su tutto.
Non cadete nella trappola (già scattata) di parlare di “Beppe Grillo”, elleggendo lui a solo argomento, invece di confrontarvi sui temi da lui (ma certamente non solo da lui) sollevati.
tra tanti che parlano, politici o comici, mi pare che non sia mai male che parlino anche gli scrittori, che della parola dovrebbero essere i custodi più attenti. forse ci vorrebbe, magari su base territoriale, che un pò di scrittori si confrontassero tra loro sulla politica insieme ad architetti, bidelli, ed altri. un convegno sulla politica ma senza i politici. nella mia zona sto facendo qualcosa del genere e il risultato per ora è straordinario. anche per questo mi sono permesso di avanzare delle critiche a grillo, ma sono osservazioni da paesologo, cioà da chi vede ogni giorno un mondo di cui lui ignora anche l’esistenza. per il resto la sua foga non mi spiace affatto,
Sono d’accordo, Peppe, ok.
@ Gaetani. Arminio dice che lo scrittore deve mettersi sulla strada di Grillo, per fare non si capisce bene che cosa, probabilmente una qualche rivoluzione o sommossa (che, queste sì, appartengono a tutti i cittadini, se ne sono capaci). De Vivo, invece, mi pare che semplicemente suggerisca di non fare confusioni e casini, anche perché la famigerata storia dovrebbe aver mostrato l’inutilità (e pericolosità!) di qualsiasi egemonia intellettuale. Altrimenti il sospetto che tutto (quello che scriviamo) serva per l’ennesima volta soltanto ad apparire è forte…
Che la parola accomuni tutti gli uomini mi sembra una bella amenità: ci mancherebbe! Anche il cibo accomuna tutti gli uomini, ma non tutti gli uomini sono cuochi. Le parole sono di tutti, e d’accordo, ma non tutti scrivono libri e lavorano con le parole, come dice De Vivo, che tuttavia io credo non insista su questo quanto piuttosto sulla impossibilità di scambi diretti tra la realtà e le sue rappresentazioni.
Forzo il discorso,a rischio di sgrammatticarlo.Chiunque non trovasse disgustoso lo status quo deve rientrare senz’altro in una di queste categorie:
a)persone che godono di qualcuno dei privilegi messi in discussione
b)coloro i quali hanno abbracciato con successo una filosofia orientale
c)soggetti che versano in stato comatoso
d)Ottuagenari(età mentale)non proprio in vena di cambiamenti.Gli stessi che “Forse tra qualche anno.Per ora non se ne parla”
e)Quelli che non comprendono le ragioni di Anna Karenina
c)la grande maggioranza.Ossia le persone che affermano “che potrebbe pure andare peggio”(affermazione che lascia intravedere le tenebre,pure quando si tratta solo di ombre cinesi.Obbiezione difficilmente confutabile comunque,che,per usare un’espressione idiomatica in voga,”incasina il cervello”,impedendo di fatto la concentrazione)
“I soldi che sprechiamo per mantenere partiti inutili sono ben poca cosa rispetto a quello che regaliamo alle compagnie telefoniche per telefonate che non ci danno calore ma ce lo tolgono.”
…per non parlare di tutte quelle che se la tirano e poi non ce la danno! i soldi che sprechiamo in cene, uscite e bevute solo perchè ce l’hanno fatta annusare, non li vogliamo conteggiare? altro che soldi ai partiti! quanta freddezza nelle nostre vite. nelle nostre mutande…
…ma che discorsi fate????
vabbe’, scusate: cancellate pure sto commento, tanto credo di far parte della casta degli indifferenti, degli accidiosi e dei maldicenti di cui sopra. aloha.
Se la politica non esiste o ha un ruolo assai superficiale nella vita nazionale, come tu dici, Arminio, perché questo post?
Per richiamare a un virtuoso ascolto personale?
La vita è anche quella che tu dici non essere vita. Piaccia o no.
Comunque a me la “foga” di Grillo spiace assai, come mi spiace sempre la foga dei demagoghi che dà voce alla pancia delle masse per usarle poi ai propri fini.
Domando, riflettendo. Mi sembra che la differenza tra uno scrittore e un politico sia di natura temporale e rappresentativo, nel senso che uno scrittore può incidere sulle mentalità, produrre mutazioni culturali ma differendo nel tempo. Lavora, per dirla con Deleuze, per un popolo a venire, per una minoranza che non c’è (Millepiani), invece un politico ha un problema di rappresentanza, di potere fare che non può differire nel tempo. La gente vuole subito la soluzione, ma se gli si dice che occorrono per le soluzioni tempi lunghi, rischia di perdere la sua rappresentanza e quindi la stessa possibilità di fare. La politica non ha il coraggio di dire che ci sono differenze tra soluzioni a breve e a lungo termine e promette sempre (in periodo elettorale) quelle a breve termine sapendo che non sarà quasi sempre possibile realizzarne di buone a breve. Ricordo un convegno anni fa con la partecipazione del nobel Rubbia e di Cacciari che sollevarono proprio questo problema di rapporto tra possibilità di fare, tempi di realizzazione e rappresentanza elettorale. Il politico tutti i giorni deve dare risposte alle richieste. Lo scrittore mi sembra di no! o sbaglio?
Questo è un problema reale, anche per i politici intelligenti e onesti.
Poi, c’è un altro problema, di natura etica, perché siamo in una società ammalata di corruzione e ovviamente chi sta più in alto ha più possibilità di soddisfare la sua malattia (La Casta).
L’impero romano non crollò per la corruzione?
a me la politica pare diventato una sorta di arto fantasma. sentiamo un formicolio ma la gamba da tempo non c’è più.
mi pare una situazione interessante e per questo me ne occupo.
coppi credo sia lo psudonimo di uno scrittore che conosco bene e con cui dialogo spesso in questi giorni e non ha senso farlo anche qui.
oggettivamente grillo è più vicino alla politica che alla letteratura. e infatti fa politica o antipolitica, ma non letteratura o anti letteratura. a lui la bellezza delle parole non interessa. a lui gli anno sempre pagato le parole che diceva. gli scrittori veri pagano sempre, pagano col loro corpo le parole che dicono.
Hai ragione, Lumi, chi sta più in alto ha più possibilità di assecondare la sua malattia. Ma anche chi sta in basso non va tanto per il sottile, quando gli capita. E trova una scusa nella maggiore avidità dei potenti. La malattia non è classista, infetta tutto il corpo del paese.
E tra l’altro chi sta in alto è più in vista, chi sta tra le pieghe può nascondere le sue piccole corruzioni sotto il tappeto.
La gente vera, il popolo, come lo chiama Gaetani, è corrotto come la sua classe politica.
Io diffido delle prediche sulla virtù.
Diffido di chi vede le travi altrui e pensa che le proprie siano pagliuzze di poco conto.
E diffido soprattutto di queste eruzioni al grido di tutti gli altri caballeros.
Ho scaricato le sue proposte su energia, sanità eccetera, molte cose sono quelle cose tanto semplici e ragionevoli da declamare, e così difficili da realizzare. Perchè non si candida a fare il premier? Così vedremo cosa riesce a fare.
Perché se non si candida, il gioco è troppo facile.
Perché se si candida e non vince vuol dire che a tutti va bene il mondo com’è e gridano solo perché gli piace dar fiato alla bocca.
Perché se si candida, vince e non cava un ragno dal buco, vuol dire che forse bisogna far altro.
Perché se si candida, vince e cava tutti i ragni dal buco, io mi converto e proclamo l’esistenza di Grillo da oggi al giorno della mia morte, e amen.
c’è una cosa su cui forse stiamo riflettendo poco: la distanza fisica dei politici dalle persone. a volte possono anche stringerti la mano, ma hanno gli occhi rivolti altrove. i politici per strada ormai sono introvabili. perfino un sindaco, perfino un assessore stanno sempre al riparo, lontani dall’odore del mondo. lo stesso capita alla gente di spettacolo. lo stesso non deve mai capitare agli scrittori. fino a poco fa sono stato in piazza disteso al sole. mi pare una piccola forma di gloria.
non mi sono mai fidato dei grillo parlanti.
scusi alcor, lumi è quello del secolo?
Podhoretz (ebreo polacco, papà di tutti i commentatori politici di area neocon), certo: quello che appoggia e analizza e giustifica la cosiddetta quarta guerra mondiale, come unica possibile risposta dopo l’11 settembre.
Io credo che tutti questi eminenti giornalisti e politologi e intellettuali e critici (e chi più ne ha più ne metta), se fossero nati dall’altra parte, se cioè fossero venuti alla luce nella parte opposta del mondo, avrebbero, come per magia, abbracciato la causa del terrorismo islamico: perché è tutta gente che non sa guardare alle cose se non dal proprio punto di vista. in barba all’intelligenza e all’autonomia critica e del pensiero.
Del post (bello) di Arminio colgo soprattutto questo: il pensiero, la rappresentazione e persino la progettazione del reale sono traslocati in video, la classe politica vi si è insediata e Grillo li segue con una rivoluzione da avanspettacolo. Anche se esibisce questo totale divorzio tra verità e miserie delle persone e ideologia, Grillo celebra l’ennesima medializzazione del reale.
La vita e la politica fuori dal video, il silenzio di nuove forme di consapevolezza e convivenza, che costruiscono solidarietà rifiutandosi di accomodarsi allo spettacolo della dissoluzione. Questo mi piace.
grazie binaghi.
mi pare che hai chiarito molto. e la tua è anche una proposta politica precisa. grillo vuole uccidere i partiti o vuole svelarci la loro morte. possiamo anche dire che fa bene.
noi dobbiamo far vivere la realtà e svelare la sua vita.
insomma, facciamo lavori diversi.
Il pericolo non è certo Beppe Grillo, che ha concluso la sua parabola di guastatore nel nossignore, io non ci sto (sottinteso io sono il migliore).
La vera minaccia è quella che il ‘grillismo’ si porta dietro, tra le pieghe di un vaffanculo che fa rima con il “ce l’ho duro” di qualche anno fa.
È lo spettro del ribellismo italico (e atavico) che trova sempre provvidi censori, i catoni e i savonarola che con il loro moralismo disinnescano ogni speranza rivoluzionaria in mille rivoli forcaioli.
Il ministro Antonio Di Pietro (d’ora in poi “Tonino Manetta”) è il degno successore di questa crepuscolare comicità che unì il peggio del fascismo e dello stalinismo nostrano.
Immaginiamo un governo di Salute Nazionale nelle mani dei Manetta Bros, Beppe e Tonino, una Repubblica fondata sulla Legge e l’Ordine, senza partiti, senza politici, senza spacciatori e soprattutto senza clienti di trans.
Un’Italia finalmente pulita, tanto bella e così bianca da sembrare cadaverica.
Come gli sguardi cattivi della gente, le facce piene d’odio delle matrone romane che invocano Tonino Manetta ai Parioli. Più galere per tutti e dalli all’indulto. Viene giù il Teatro, tanti gli applausi.
P.S.
E’ sempre piacevole discutere con Tashtego e tutti quelli che hanno letto le opere di Norman, “l’ebreo polacco”.
nel nostro territorio stiamo immaginando una discussione sulla politica, senza politici, una discussione che ne accenda altri.
si tratta di appicare dove è possibile piccoli focolai di democrazia. non si tratta di bruciare nessuno, ma di fare luce, di riscaldarsi e riscaldare.
p.s.
cara gemma mi piacerebbe avere la sua mail.
la mia è questa:
farminiolibero.it
@ The O. C.
“ebreo polacco” non voleva certo essere una frecciata. Anche Bruno Schulz era un ebreo polacco, tanto per dire.
A me pare paradossale che invece di discutere degli argomenti, si parli di Grillo e del “grillismo”: neologismo ridicolo e davvero urtante.
Ma siamo in un paese democratico, giusto?
Evidentemente voi siete i primi a cui le cose vanno bene così.
Le manette mi sembrano un ottimo argomento.
The O. C.: il tuo è “qualunquismo”
Solo il fatto di proporre che in Parlamento non siedano delinquenti (nel senso di coloro che hanno trasgredito le leggi), soprattutto quelli che si sono macchiati di delitti come corruzione, collusione alla mafia, evasione fiscale e falso in bilancio, che sono delitti in primo luogo contro il popolo, dovrebbe essere scontato. Ma non lo è per il degrado etico in cui è sprofondata gran parte della classe politica nella sua rappresentanza più eminente. In un Paese democratico non esisterebbero Presidenti del Consiglio corruttori per interposta persona e conclamati evasori fiscali oltre che falsificatori di bilanci per crersi fondi neri per scopi illeciti, Presidenti di regione inquisiti per collusione con la mafia e anche condannati per appoggi esterni a mafiosi, amministratori corrotti e condannati per illeciti amministrativi, e altri delinquenti minori (tolti alcuni condannati per aver manifestato contro il sistema) che invece siedono impunemente in parlamento e che, a volte, pur condannati definitivamente e privati del diritto di rivestire cariche pubbliche, vi si inchiodano per mesi e mesi.
Qui nessuno chiede i lavori forzati per questa gente: si chiede solo che vengano esclusi dal ricoprire cariche istituzionali.
è troppo?
Se io, come privato cittadino, ho condanne analoghe, sono interdetto dai concorsi pubblici, mi pare, o no?
E non si dica che se la gente continua a votare questi personaggi, è perché li vuole, giacché non è così: la gente molto spesso non lo sa. soprattutto nelle amministrative locali, la gente non è debitamente informata. e mi pare paradossale che venga messo alla gogna chi denuncia certe cose.
La destra, che culturalmente sta sotto i minimi storici, gongola. Ma come dice Ovadia su l’Unità di oggi: loro (la destra) il massimo che possono ottenere è un nuovo mandato per combinare ulteriori disastri. Che futuro possono garantire con un cooner fallito?
Perché si deve sempre eludere la sostanza in questo benedetto paese?
Perché mai nessuno si prende la responsabilità dei propri errori e si autosospende?
Da dove nasce culturalmente questo senso arrogante di impunità?
“La destra, che culturalmente sta sotto i minimi storici”
Se mi dici dove vivi per poter affermare una cosa del genere, giuro che mi trasferisco nei tuoi paraggi.
Qui da me, in Italia, negli ultimi vent’anni “culturalmente” ha vinto Berlusconi, e alla grande…
Mi sembra che il problema sollevato da Franco Arminio nell’articolo qui sopra sia reale. Ma non credo sia molto a tema. Insomma, l’incomunicabilità, la piattezza, il livellamento, la facileria: sono tutti elementi che stanno portando la società alla deriva, e che riguardano anche la classe politica, certo. La classe politica, in qualche modo, è un estratto di ciò che siamo noi: il disagio che ci invade riguarda inevitabilmente anche quel distillato.
Ma un cambiamento deve avvenire ad opera di pochi, pochi che non potranno mai rieducare un popolo dal basso. Che questi pochi abbiano voce per mezzo di uno strillone come Grillo, è una cosa forse poco gentile e poco a modo e per bene, ma è pur sempre un’opportunità. Se un movimento di questo tipo portasse a un cambiamento della classe politica, o meglio, a un graduale ricambio, allora ci sarebbe la possibilità reale di rieducare la massa intiera. Estrarla dalla condizione in cui è stata trascinata negli ultimi decenni, ridonarle la libertà. Lo stato non cambierà mai faccia da un risveglio delle coscienze generale, semplicemente perché manca la forza per attuare un simile risveglio; la maggoranza delle persone è stanca, disinteressata, taciuta e riempita dalle preoccupazioni della sua giornata. Chi ha il tempo e la professione di pensare deve farsi carico di questa responsabilità, fare in modo che l’attenzione, l’ascolto e una vera vita partecipata torni (o cominci) a essere l’obiettivo della gente.
E questa responsabilità si attua con gli strumenti dello stato: con la (ri)educazione, con la promozione culturale, con l’esempio, con delle linee guida che solo un buon governo può imporre.
@ stetz:
nel senso che è priva di valori culturali. non di consenso: e certo questo ci dice molto sullo stato del nostro paese. e anche sulla pochezza delle sinistre, incapaci di riempire un vuoto.
dico una cosa: le sinistre sono al governo e una parte considerevole di esse, invece di impegnarsi per il bene del paese, invece di rimboccarsi le maniche concretamente, di “fare”, è impegnata nella costituzione di un nuovo partito politico. è mai possibile un’aberrazione di questo tipo?
@o.c.
“favvanculo” fa rima con “ce l’ho dulo”, cioè con “ce l’ho duro” detto, metti, da un cinese.
questo per la precisione.
poi, se può interessare, mai lessi un solo rigo del tuo pensatore bushista, mi limitavo a citarne qualcosa letta in rete.
spero che leggere Podhoretz a letto, la sera, ti aiuti a dormire, anima inquieta come sei.
ei.
hey, ma vi sembra un linguaggio da usare!
uno si affaccia per caso e…
mah!
@Scerbanenko: leggendo il suo ultimo commento non sapevo se continuare a ridere o preoccuparmi per il livello, tragico, del suo indottrinamento. O.C ha colto nel segno e Grillo fa il paio, tranquillamente, con Bossi e Di Pietro: solletica gli stessi istinti, non propone nulla (a parte la cazzata dei condannati, ovviamente tutti uguali).
Il centrodestra avrebbe rovinato l’Italia? Ma è sicuro di parlare dell’Italia? Ovadia può scrivere tutte le cazzate che vuole, ma il dato di fatto è che questa Italia ha subito più danni in un anno di governucolo da parte di questi coglioni improvvisati governatori che negli ultimi venti anni. Si sono mangiati, per il solito scambio di favori, una montagna di soldi, hanno promulgato una finanziaria che era un vero furto, hanno smantellato (da delinquenti veri) i vertici di tutti i Servizi italiani, della Polizia, della Guardia di Finanza. Non contenti continuano a massacrarci con investimenti elettorali a fondo perduto: la caccia al votino è già partita e a mare tutto il resto.
Non contenti, si agitano per rimuovere i Magistrati che li indagano. Fosse successa una cosa simile con Berlusconi al Governo, si sarebbero alzate tutte le voci ‘pure’ e avrebbero richiesto l’intervento dei Berretti Verdi, del Mossad, MI5 e MI6 e chi più ne ha più ne metta.
Scerbanenko; questo periodo, pur se breve, ha dimostrato l’indimostrabile: la supremazia morale della sinistra non esiste (se mai è esistita), la supremazia culturale è a senso unico, la capacità politica di agire a favore del Paese è inesistente.
Si tenga gli slogan, Grillo, Veltroni, tutta la compagnia, la supremazia culturale e morale. Ne riparleremo alle elezioni politiche della prossima primavera e, stia tranquillo, avrete tutto lo spazio, all’opposizione, per ricominciare a sentirvi i migliori.
E’ l’unico ruolo nel quale riuscite a combinare qualcosa di buono: fare casino.
Blackjack.
@ Alberto Coppi
Nel momento in cui De Vivo dichiara che
“il punto rivoluzionario di tutta la faccenda della “funzione dell’intellettuale” è proprio qui, nella constatazione – felice, dico io – che non siamo più organici a niente e a nessuno, che non serviamo più ad alcunché e che siamo finalmente indiscussi sovrani di un mondo – il vago mondo delle parole – assolutamente circoscritto e autonomo, oltre che inutile e inessenziale”,
a me, che scrivo, per passione e non per professione (poiché per mangiare devo farmi piegare in un impiego che manderei volentieri affanc***o), ma col piglio e forse il delirio di uno che lo fa per professione e in nome di alcuni ideali in cui crede, MI PRENDE UN COLPO!
Un colpo! Perché è comodo, rintanarsi nel vago mondo delle parole, sbagliato, negare alle parole il potere che hanno, delirante, sostenere che rinunciare a provarci, almeno, a lanciare un “messaggio” attraverso le proprie parole, per uno scrittore possa essere “rivoluzionario”!
Perciò, in primo luogo ricordavo a chi sembra averlo dimenticato che costitutivamente la parola non è puro suono musicale, non è un fischiettio: è cosa. Cosa reale, cosa capace di fare: basta pensare – togliamoci per un attimo dal campo letterario – che possono processarmi per diffamazione, per ingiuria, atti che si palesano attraverso la parola, anche non scritta; basta pensare posso sottoscrivere un contratto con una compagnia telefonica ripetendo a voce gli estremi di un contratto scritto che loro registrano. E quindi veramente qualcuno vuole sostenere che la parola appartiene a un “vago mondo”? E’ delirio puro. Dilla con vaghezza un’ingiuria a quello giusto, magari a un politico, digli che sei uno scrittore che sta esercitando la sua rivoluzione tutta estetica, ma non preoccuparti, ché ti querelerà lo stesso e dovrai pagargli i danni, tu a lui, che potrebbe comprarsi te e tutta la tua città, senza alcuna vaghezza…
In secondo luogo, ricordo che i politici vincono elezioni promettendo promesse che non manterrano, le formulano a voce e per iscritto, ne fanno programmi, ce li inviano pure a casa, i più “facoltosi”, e in base a quelli alziamo il culetto e andiamo a votarli, loro o chi a loro si contrappone, e De Vivo sostiene, in pratica, che la parola, che viene continuamente umiliata da questi mentitori di professione, noi scrittori dovremmo usarla per decorare la Cappella Sistina della nostra scatola cranica? Cosa dice? Cosa sostiene? Ha ragionato prima di dichiararlo?
Oggi più che mai chi scrive ha il dovere di smetterla di inventare scemenze e infilarsi nel fango e spiegare perché esiste quel fango, e incitare al cambiamento. Oggi più che mai. E chi fa opinione o critica o analisi ha il dovere di smetterla di mistificare, fornendo così a chi ha tutto l’interesse a trattarci, sia in quanto scrittori, sia in quanto cittadini punto e basta, come cerebrolesi, ragioni teorizzanti ed estetizzanti in nome delle quali qualcuno poi autosabota davvero il proprio cervello. Oggi per atteggiamenti di rifiuto estetizzante e parnasiano della realtà non solo non ce n’è bisogno, ma se abbiamo cervello capiamo che se scegliamo quella strada diventiamo i trattori di chi ha tutto l’interesse che le cose non cambino mai.
@ Bart
Io voto da 16 anni. Ho visto morire Carlo Giuliani. Ho visto non cambiare mai niente. Ho perso fiducia anch’io. Ma come te (posso darti del tu?) se sento puzza di ribellione reale mi accodo. Grillo, da qualche anno, è l’unico che me l’ha fatta sentire.
@ Alcor
Tu dici che anche il popolo è corrotto. Io non avrei i soldi per corrompere nessuno nemmeno volendo.
@ O.C.
“Vaffanculo” non rima con “ce l’ho duro”. Né ci fa, casomai, assonanza. E’ l’esatto contrario. Leggiti il pdf “Le primarie dei cittadini”. E’, come ho già scritto, nel post del 18 settembre intitolato “Le proposte dei cittadini”, e anche in quello del 19 settembre intitolato “Ammazzateci tutti”. E’ sul sito http://www.beppegrillo.it. Sfido chiunque a sostenere che non vorrebbe vivere in una Italia che funziona così.
@ Franco Arminio
Ti (le, boh, scusa ma mi viene da darti del tu) avevo già dato la mail: gemmag@tiscali.it. Tu hai letto le proposte di Grillo? :0)
Franco, rileggevo i commenti.
Tu dici
“a lui la bellezza delle parole non interessa. a lui gli hanno sempre pagato le parole che diceva. gli scrittori veri pagano sempre, pagano col loro corpo le parole che dicono”.
Tu mi pari possedere una forte capacità evocativa, ciò che in sede poetica va bene, soprattutto se sei, che so, un poeta che si mette a riscrivere la storia di Romeo e Giulietta perché il popolo sogni e si emozioni come non riesce a fare nemmeno pippando coca, in una bella rivoluzione estetica che tanto piace a De Vivo… Ma mi pari, di nuovo, mistificare nel momento in cui giustapponi in un rapporto vicendevolmente esclusivo letteratura e politica. Tu parli di “bellezza delle parole”. Dici che a Grillo non gliene frega niente, di quella, e perciò è più politico che letterario. Ti chiedo: secondo te, dentro “Il diario di Anna Frank”, un bel vaffanculo, non ci stava bene? Avrebbe minato il valore letterario e umano e storico dello scritto, un bel vaffanculo? Se Pavese, nel suo biglietto scritto prima di suicidarsi, avesse scritto soltanto “Ma andate affanculo, punto e basta”, ci si sarebbe sognato di meno sopra?
Rispondo al posto tuo: purtroppo sì. Purtroppo sì. Ed è questo che scolla di fatto la letteratura dalla vita, dalla realtà, checché quella poveraccia tenti di fare: questa stupida idea che lo scrittore osservi e contempli, annusi ed apprezzi l’odore del mondo, in realtà lontano dalle cose del mondo, che la parola sia idealizzazione, ma non ideale, e che lo stile sia il primo territorio da rispettare come un altare.
Mi indispone un po’ anche quest’altra tua riflessione:
“c’è una cosa su cui forse stiamo riflettendo poco: la distanza fisica dei politici dalle persone. a volte possono anche stringerti la mano, ma hanno gli occhi rivolti altrove. i politici per strada ormai sono introvabili. perfino un sindaco, perfino un assessore stanno sempre al riparo, lontani dall’odore del mondo. lo stesso capita alla gente di spettacolo. lo stesso non deve mai capitare agli scrittori. fino a poco fa sono stato in piazza disteso al sole. mi pare una piccola forma di gloria”.
Queste tue parole lirizzano una situazione ben più grave. I politici per strada sono rintracciabili eccome: sono quelli nelle auto blu parcheggiate dove cavolo vogliono, sono quelli che vedi sfrecciare in una macchina preceduta e succeduta da altre due macchine con la sirena accesa. I politici sono rintracciabili anche in aereo: sono quelli che hanno una scorta intorno, in borghese, i cui biglietti aerei li paghi tu, con le tue tasse e con la pretassazione del tuo stipendio. I politici li riconosci anche nei mercati rionali, perché a volte ci vanno: prima delle elezioni a prendere per il culo la vecchietta che compra la bieta promettendole che le aumenteranno la pensione. Sono, i politici, quelli che ti stringono la mano se li incontri, sì (sempre se siamo in campagna elettorale e la telecamera è accesa), ma se gli tiri una treppiedata ti denunciano. Queste tue parole così liriche mistificano, anche, quando parlano della gente di spettacolo: la gente di spettacolo come Grillo in piazza ci è scesa non a stendersi al sole in un piccolo momento di gloria, ma a porsi a capo di una protesta sentita da gente che non sa cosa vuol dire “medializzazione del reale”, e non gliene frega niente, perché il reale gli si schianta in bocca ogni giorno, medializzato o meno. Ma pochi vanno a leggere davvero le sue parole.
Mi pare assurdo, da intellettuali o meno, non concordare con quanto Beppe Grillo reclama, dopo averne letto o sentito le parole.
Non interverrò più, Franco, perché ognuno la pensa come vuole, ma spero di aver dato un piccolo contributo alla riflessione che questo tuo pezzo voleva aprire. L’ho fatto con le parole, che qualcuno sostiene non essere niente.
@gemma
alcor non dice che “il popolo è corrotto”, mi pare, perché non significa nulla.
io credo che alcor semmai dica: guardate che il brodo di coltura di questa politica è il paese, siamo noi, mica vengono da marte.
io aggiungo che, se anche la legge elettorale ci avesse concesso di scegliere i candidati, non saremmo in condizioni differenti.
per me quello che si sta consumando in questi decenni è un processo complesso il cui fine più o meno palese è l’atomizzazione dell’umano, la distruzione delle società solidali, in modo da rederci tutti nudi e indifesi nelle mani del capitale internazionale.
il passo decisivo è stato di ordine culturale: la sostituzione di ogni senso di appartenenza politico ideologico con il disprezzo di ciò che si è stati e sotto sotto ancora si è, la costruzione di un grande pastone sociale amorfo e imbecille – su cui non può nulla nessuno che non si appropri dei mezzi di comunicazione – con conseguente estinzione delle classi sociali.
un mondo isomorfo e instupidito a completa disposizione dei pochi (qualche milione?) veri dominanti.
i politici sanno tutto questo e cercano disperatamente di stare a galla, di farsi vedere (votare) dagli uni, il pastone, e appoggiare dagli altri, i soliti padroni.
ovviamente, se questa analisi è esatta, prendersela con le “auto blu” e con “gli sprechi del palazzo” e gli “stipendi d’oro dei politici”, fa un po’ ridere.
Essendo dedita di nuovo all’ascolto, e incuriosita, Tash, torno ovviamente a leggere i commenti. Non volevo più e non vorrei rispondere ancora per non scrivere quintalate di commenti, ma solo una cosa: cercavo di spiegare a Franco Arminio, contestando la sua maniera di “leggere” da scrittore o intellettuale la questione della distanza fisica del politico dalla gente, che le parole che scrivi forniscono una versione della cosa che (de)scrivi. Al di là delle analisi sistemiche e epocali e dei riverberi lirici dello stato delle cose, le cose fanno schifo. Ed è nel piccolo, nel dettaglio che a te fa ridere che bisogna ficcare il naso.
Ora ti racconto questo: io sono dipendente di un ministero (e non so ancora per quanto, perché non faccio altro che scriverne e la Cassazione ora ha dichiarato che non si può parlare male del tuo posto di lavoro). Dal governo Berlusconi in poi il mio ministero subisce i cosiddetti tagli alle spese: bisogna risparmiare, arrivano lettere che ce lo ricordano. Il taglio alle spese del mio ministro consiste nella riduzione del materiale di cancelleria (c’è gente che per lavorare si porta le penne da casa); consiste nel blocco delle assunzioni. Ma non consiste nella riduzione della scorta del ministro a capo del mio ministero, per dire, che costa infinitamente di più, a me e pure a te, di una Bic blu o di mille Bic blu. Fa ridere? Ti fa ridere? A me fa piangere, o ridere amaro. Perché è la stessa cosa che succede quando la nostra economia a picco cercano di risollevarla alzando le tasse a te e a me, e non decurtando i loro vergognosi stipendi. I politici sono i padroni, sono i tuoi e miei primi padroni, e la classe operaia in paradiso non ci va mai, né sulla Terra né in cielo, credimi. Soprattutto se tace e dorme in piedi. Facendo analisi intellettuali dello stato (da rivoluzione francese) delle cose.
Alcor ha scritto testualmente quelle parole. Per quanto riguarda me il politico-tipo non emerge dalla brodaglia che sono io, non credo proprio.
No @ gaetani, io ho scritto:
“La gente vera, il popolo, come lo chiama Gaetani, è corrotto come la sua classe politica”
Mutilare la frase le dà un senso diverso, e intendevo esattamente quel che ha detto Tash.
Ogni piccolo vantaggio indebito al quale anche la persona comune indulge è eticamente uguale al grande vantaggio di cui può approfittare chi essendo potente può mettere le mani su molto.
Ogni casa abusiva, ogni attesa saltata da chi ha un amico medico, ogni macchina in terza mano, ogni biglietto del tram non pagato, ogni telefonata alla mamma dal telefono dell’ufficio, ogni cartellino timbrato dal collega, ogni cartellino timbrato per poi uscire a far la spesa, ogni amico in comune che rende più veloce una pratica, ogni lavoro trovato grazie alle conoscenze famigliari contro chi presenta il curriculum e non ha nessuno che lo metta sul tavolo giusto, ogni esame universitario comprato, ogni tesi fatta fare dai professionisti delle tesi di laurea (e allungate voi l’elenco secondo la vostra esperienza) sottrae risorse e civiltà anche se è di per sè cosa piccola e apparentemente stupida.
Perché mille piccole infrazioni, mille piccole corruzioni contribuiscono a produrre un’aria mefitica, ma normale, invisibile, accettata. E di piccole infrazioni il paese normale, sano, ne produce all’infinito.
chissà, forse potrei intervenire in questi parlamenti raccontando la mia giornata paesoogica di oggi. sarebbe difficile seguire le mille tracce contenute negli ultimi interventi.
dirò solo di un pezzettino di questa giornata. ero a teora e mi sono messo a parlare con una ragazza di napoli venuta con la famiglia a passare la domenica. lavora facendo telefonate per conto della telecom: trecentocinqua euro al mese. una bella ragazza, piena di vita, una di quelle persone che grillo chiama schiavi moderni.
dopo qualche minuto ho parlato con un vecchio. anche lui come la ragazza mi ha parlato della sua vita, ma in poche battute mi ha detto cose acutissime sulla mia. è come avere fatto gratis dieci anni di psicoterapia in dieci minuti. ecco, quello che io rimprovero a grillo è di non avere un nome per per queste persone.
chiuso con una considerazione che mi è venuta adesso.
io mi auguro che i suoi auspici si realizzino. ma poi dovrebbe ricordarsi che questi politiici in fondo hanno contribuito a mantenere un tipo di mondo in cui un comico guadagna tantissimo e un poeta niente, né soldi, né gloria.
dovremmo ribellarci anche a questo. questa dovrebbe essere la nostra prima ribellione, poi possiamo anche appoggiare la sua.
Gaetani, scusa se non ti rispondo oltre, ma mi sembra che qui dentro si intreccino ormai troppi fili e la confusione che si rischia è notevole. In ogni caso la questione che poni è sempre la stessa, almeno in Italia, e almeno da quasi un secolo: cosa deve fare lo scrittore di fornte alla realtà? Deve scendere nel fango, come pare piaccia a te, o deve lavorare sulle parole appunto perché si eviti di scivolare nel fango quando parliamo, perché noi siamo innaznitutto linguaggio eccetera eccetera? Io propendo per quest’ultima soluzione, come De Vivo credo, tu invece per l’altra. Ai posteri (se ci saranno) l’ardua sentenza.
@ Alcor
Non ho mutilato la tua frase. Il senso è quello anche nella mia estrapolazione. Ad ogni modo c’è chi non timbra il biglietto sul bus, nel popolo, perché non ha i soldi per comprarlo. Hai mai visto un barbone? Uno solo? La classe politica è corrotta per vezzo, invece, per vizio. Non credo che si faccia pagare i suoi lussi da noi per fame.
@ Alberto Coppi
Guarda che anche modellare la realtà col fango linguistico, in sede artistica, vuol dire operare un’operazione stilistica. Sia per uno scrittore, sia per un comico. Chi scrive parolacce, in sede artistica, non lo fa perché è un troglodita. Céline ti dice qualcosa? Pasolini, nella resa dei “ragazzi di vita”, ti dice qualcosa? Balestrini, in “Vogliamo tutto”, ti dice qualcosa? Il “De vulgari eloquentia” chi l’aveva scritto, veri secoli fa? Ti risulta sia un pensiero di Federico Moccia?
Posso rendere la realtà infilandola in mille maniere in quanto scrivo. Tema principale, tema accessorio, sfondo, sottofondo, una sola battuta in bocca a un personaggio in un noir psichedelico ambientato su Marte durante il Medioevo, registro dell’intero scritto, posso fare la docu-fiction, la docu e basta, posso fare il foto-docu, quello che ti pare, quello che mi pare, bla bla bla. Ma mentre sto qui a spiegartelo non scrivo.
Scrivete, scriviamo: facciamo prima.
Per quanto concerne me come assemblatrice di scrittura, il linguaggio è quello che scrivo, cioè la realtà. Ciò di cui voglio scrivere. Te l’ho detto, fare la Cappella Sistina nella mia scatola cranica a me non interessa. Se tu e De Vivo volete farlo fatelo. Mi pare che soprattutto De Vivo sia a buon punto.
Buon lavoro a te, e saluti a tutti,
G.
Io non ho firmato perchè ero in viaggio. Ma lo farei subito. I miei genitori hanno firmato, amici – nemici, colleghi e anche la signorina anziana del vicolo che non esce mai di casa.
Come può Alcor smentire gaetani, l’autentica interprete del suo pensiero? Ubi maior …
alcor scrive:
“Ogni piccolo vantaggio indebito al quale anche la persona comune indulge è eticamente uguale al grande vantaggio di cui può approfittare chi essendo potente può mettere le mani su molto.
Ogni casa abusiva, ogni attesa saltata da chi ha un amico medico, ogni macchina in terza mano, ogni biglietto del tram non pagato, ogni telefonata alla mamma dal telefono dell’ufficio, ogni cartellino timbrato dal collega, ogni cartellino timbrato per poi uscire a far la spesa, ogni amico in comune che rende più veloce una pratica, ogni lavoro trovato grazie alle conoscenze famigliari contro chi presenta il curriculum e non ha nessuno che lo metta sul tavolo giusto, ogni esame universitario comprato, ogni tesi fatta fare dai professionisti delle tesi di laurea (e allungate voi l’elenco secondo la vostra esperienza) sottrae risorse e civiltà anche se è di per sè cosa piccola e apparentemente stupida.
Perché mille piccole infrazioni, mille piccole corruzioni contribuiscono a produrre un’aria mefitica, ma normale, invisibile, accettata. E di piccole infrazioni il paese normale, sano, ne produce all’infinito.”
sotto-scrivo anche qui, parola per parola.
Ieri sera guardavo su Sky il film di Richard Attenborough, “Gandhi”, di cui qualcuno ha parlato qui, se non ricordo male.
E l’ho guardato pensando al dibattito in corso sull’articolo di Franco Arminio. E l’ho guardato riflettendo altresì che cadeva a proposito.
Alcune cose mi hanno colpito (il film l’avevo già visto anni fa):
– la scoperta di Gandhi di una forma di protesta nuova che metteva a confronto lo strapotere del colonialismo violento è l'(apparente) impotenza delle masse;
– la necessità di disporre di un giornale per tenerle unite;
– l’umiltà, rappresentata dalla sua persona, espressa in modo volitivo e compartecipativo, tale da diventare un esempio;
– il contatto continuo con la gente.
Ne ho dedotto, applicando tutto ciò all’Italia:
– il potere da noi è quantomeno una nuova specie di colonialismo violento;
– anche da noi si dovrebbe trovare una forma di protesta che metta a nuodo questa violenza;
– dovremmo usare parole chiare, nette perché una tale protesta sia a poco a poco condivisa da tutti;
– deve poter nascere una classe dirigente umile, che faccia del potere un servizio al popolo;
– ed anche una classe dirigente che deve stare in mezzo al popolo.
E mi sono detto:
– Sarebbe auspicabile che prima delle elezioni un movimento simile a quello promosso da Gandhi avesse già prodotto il cambiamento, così da eleggere subito una nuova classe dirigente. Ma se questa lunga preparazione fosse impossibile per i tempi prevedibilmente ristretti che ci attendono?
Allora potremmo fare così: quando vedremo che il solito potere, i soliti politici, ripropongono se stessi, la protesta dovrà lasciare le parole e manifestarsi in una forma non violenta, che personalmente individuo nell’astensione dal voto. Strumento già invocato in passato da qualche politico (nei referendum, ad esempio), ma non a questo fine dirompente.
Insisto su questo, perché come Ghandi predicò il rifiuto di esercitare il diritto alla propria difesa, così l’astensione al voto assumerebbe il significato della rinuncia ad esercitare un proprio diritto. Non dovremmo temere, in modo risoluto, le accuse interessate di qualunquismo. Dovremmo, al contrario, andare diritti per la nostra strada.
– Il lavoro di politico dovrebbe essere remunerato come un qualsiasi altro lavoro, e, anzi, piuttosto parcamente, senza alcun privilegio, così da tenere lontani i trafficoni e i disonesti.
A mio avviso, basterebbe lavorare su questi due punti per produrre una rivoluzione pacifica e democratica. Il controllo severo degli stipendi della nuova classe politica e il controllo vigile sui comportamenti dei politici (con leggi che ne prevedano la automatica esclusione in caso di inosservanza)rappresenterebbero un deterrente all’esercizio deviato del potere come servizio.
Secondo me, discutere attraverso le sole parole, serve a poco. Occorre invece unire queste (come fece il giornale di Gandhi) ad azioni concrete (come quella della non violenza per Gandhi; e l’astensione dal voto, per il caso Italia).
Cominciamo ad organizzarci, a delineare concretamente la minaccia noi che frequentiamo la rete, a passare la parola, e a convincere chi può considerare erroneamente questa forma di lotta come un’avventura qualunquista.
Nell’ultima tornata elettorale, ho votato per la prima volta in vita mia, scheda bianca. Non mi sento qualunquista, come non mi sentirò tale se diserterò in futuro il voto (come forse farò, anche fossi il solo). L’astensione mirata ad un risultato politico non è qualunquismo, come non fu vittimismo la non violenza di Gandhi.
Caro Scerba, in un Paese democratico il lobbysmo è una cosa normale. Meglio il lobbysmo del manettismo, lo capirai quando verranno a chiederti il conto di quante canne ti sei fatto.
Se poi mi dici che “L’Unità” fa cultura, e chiami cultura la seconda media di Travaglio, L’Odore dei Soldi e tutte quelle inchieste ‘taglia e incolla’ che fanno fare tanti ma tanti quattrini all’editoria italica, non posso controbattere. In effetti anche Moni Ovadia riempie i teatri. Dunque accetto la tua accusa, sono qualunquista. La vera intellettualità è questa: Manetta Travaglio e Volemose Bene Ovadia.
Sui minimi storici della cultura di destra, staremo a vedere. La tv di stato e di salotto ci riempie le scatole di grillini e santorini e sapientini; vedremo se ‘il popolo’ è davvero quello che riempie le piazze virtuali o se, come accade in America, una cosa è la tv, una cosa i blog, e (ben altra) la right nation.
Al signor Tashtego, che sempre si preoccupa della mia inquietudine (gli ricordo che minias, “Soldati” – i sigari – e diazepamini misti a vini sono un’ottima ricetta per tranquillizzarsi), mi piacerebbe spiegare che proprio da quella orizzontalità senza scampo della Rete, da quella postomodernica crisi delle gerarchie virtuali, nascono fenomeni come Grillo, o Lyndon LaRouche. Gente che campa sulla fine della lettura lineare (intesa come rompersi le palle a studiare) e qualche scampolo di blogroll.
E allora: documentazione zero, credo a tutto quello che leggo, perché, come dice Tonino Manetta, accreditato da Beppe Blog, la rete è la più grande forma di democrazia diretta. Chiedetelo ai gestori invisibili di Google, quelli che la guerra al terrorismo è un domino sionista.
Alla spettacolare Gemma, che sempre torna alla carica con nuove, esaltanti idee per il cambiamento, rispondo che a me le lagne degli schiavi moderni mi fanno venire il sonno, che se mio padre, quando stava all’Alfa, gli dicevo: papi, guarda che schiavo moderno che sono, si sarebbe spanciato dalle risate più di quanto fa adesso; e infine che faccio parte, lo ammetto, signorina Gemma, della “ggente” che sa cosa vuol dire medializzazione del reale, e non gliene frega assolutamente niente, anzi si diverte di più. Dio solo sa se Seth non mi capirebbe.
Ad ogni modo, la signorina Gemma aspetta la riforma ministeriale del 3×1? Oppure considera schiavi moderni anche i dipendenti pubblici?
Saluti cari a tutti, ora si va a lavorare, che si è fatto tardi.
Guarda un po’ se questa non è una giornata da perfetto qualunquista.
in questo dialogo tra sordi si usa molto la formulazione “classe politica” (corrotta “per vizio”).
qualcuno potrebbe anche dire cosa intende, per “classe politica” e dirci anche secondo lui/lei da dove proverrebbe, questa “classe politica”, cioè se sia un prodotto della società italiana attuale, oppure se arrivi dalla fascia degli asteroidi.
mi piacciono quelli che si sentono buoni e puri e diversi dalla “classe politica”, che corrono a firmare le proposte di legge di Grillo, perché loro sono diversi, mica corrotti come quelli là.
loro con quello che è diventata la società italiana non c’entrano, loro non appartengono alla massa de-ideologizzata e imbarbarita, alla massa de burini firmati dorceggabana, fiorucci, eccetera, dedita alle tre effe labranchiane: fashion, fitness, fiction.
non è dal loro immaginario e dalle loro convenienze che nasce la “classe politica”, i trenta partiti, eccetera.
non è dalla loro totale insensibilità per tutto ciò che è pubblico e condiviso, dal loro considerare importanti solo famiglia e creature, fottendosene di tutto il resto, che dipendono le condizioni del paese, a cominciare da quelle dei marciapiedi.
loro si sono stufati della politica, loro adesso dicono basta, basta con questo schifo.
loro dicono vaffanculo tutti insieme.
era ora.
ecco.
Dunque: ci sono due posizioni – almeno due – nell’area cosiddetta progressista. La prima consiste nel turarsi il naso e continuare a votare, a impegnarsi, a credere, nonostante tutta la spazzatura politica che ci sommerge e la caduta verticale di qualità e di ideali – caduta riconosciuta anche, o soprattutto, proprio da chi appartiene a questa sezione; così Veltroni ormai è una sorta di esponente della nomenklatura, uno dei vip, e i discorsi che continua a fare tipo I have a dream oppure I care sembrano delle macchiette, delle scenette da avanspettacolo; però Veltroni è comunque quanto di meglio offra il mercato, e la sua successione al Potere è in ogni caso da preferire a quella di Berlusconi, quindi è da sostenere; inoltre, con l’impegno e un residuo di ideale si ritiene – si spera – di riuscire prima o poi a migliorare il quadro politico di riferimento.
La seconda posizione tende a equiparare, di fatto, la sinistra con la destra, perché sono due scene simili, recitate da attori interscambiabili. Sono tutti vip, tutti parlatori a vuoto, tutti a sparare sentenze e a intascare privilegi. Così Travaglio è un parlatore a vuoto, un sussiegoso e un vip e un narciso; Veltroni un baronetto pingue, Bocca un brontolone pressapochista. Questa è la cosiddetta posizione radical-chic, che prevede un arroccamento nella dimensione individuale e, posto che tutto lo scenario è putrido, punta a una forma di resistenza umana e di sopravvivenza intellettuale.
Topic: Indignazione e gentilezza?
OK
@Blackjack delle 15 e 54 di ieri
“…la supremazia morale della sinistra non esiste (se mai è esistita)”.
…perché è questo che vi rode. Ma questo non lo cambierà nessuna elezione delle primavere a venire. Mentre la gente piange seduta sulla sponda del letto del malato terminale, domandandosi smarrita come ha potuto votare per Prodi e Veltroni, persone della sua risma si fregano le mani e fanno già i conti in tasca al morto (la nazione) sentendosi – esse sì – ben rappresentate da Calderoli e Bondi. QUESTO vi rende inferiori.
Eppure ho sempre letto con amara ilarità dei tempi in cui i vostri nonni con i lucciconi agli occhi davano fiato ai tromboni del patriottismo, o degeneri nipotini di Graziani e Almirante, degni compari di chi oggi sulla bandiera sputa. I vertici della Guardia di Finanza… ma mi faccia il piacere.
Robilant
P.S. Perdoni il ritardo con il quale Le si risponde, ma i miei amici intellettuali sembrano troppo occupati a bacchettarsi o a vezzeggiarsi (che è la stessa cosa). Neanche Scerbanenko sembra essersi accorto dei suoi strepiti o, molto più saggiamente, ha lasciato andare.
La ricerca di sé, dialogo sul soggetto. Alain Touraine, Farhad Khosrokhavar, Il Saggiatore
F.K. : Buona parte della filosofia classica vede nella collera una forma di perdita del possesso di sé, perché ritiene che trasformi il soggetto in un essere irragionevole. Lei sovverte questa logica.
A.T. Certamente. L’essere ragionevole mi fa spesso più paura della persona in collera. Nutro un vero terrore, come immagino quasi tutti i miei contemporanei, nei confronti delle azioni condotte in nome della ragione, dalla razionalizzazione del lavoro al razionalismo bolscevico, al modernismo colonizzatore. In nome della ragione sono stati commessi molti crimini anche se l’irrazionalità ne ha prodotti altrettanti (in particolare il nazismo). Non esiste soggetto senza una condizione iniziale di rifiuto e di resistenza da cui si passa alla collera e infine a un’assunzione di responsabilità. Se ci si mette dalla parte del più debole la collera è indispensabile per spezzare la falsa coscienza imperante. Prima viene la collera, poi l’amore o la solidarietà perchè per trasformare la collera in azione positiva occorre sentirsi solidali con gli altri; in ultimo viene il passaggio all’idea di giustizia che, se se si è veramente consapevoli del fatto che esistono persone vittime di ingiustizia, non è affatto un’idea astratta. Non posso immaginare un movimento sociale privo di una consapevolezza dell’ingiustizia
Caro O.C., ti farei chiacchierare, e ci farei chiacchierare anche Arminio, steso al sole in una piazza, con certi miei colleghi diventati matti grazie al posto fisso. Ti ci farei parlare, ti farei raccontare le loro di vite, e dubito che poi intingereste il pennino nell’acquerello lamentoso del lirismo retorico della vecchietta, lui, o nell’annoiato veleno, tu.
http://www.gemmagaetani.com/cut_un%20impiego%20a%20tempo%20indeterminato.htm
Il 3×1 è l’ennesima presa per il culo. Sblocchino le assunzioni, diminuiscano i loro stipendi, i politici, e trovino così i fondi per assumere 3 nuovi al posto di 1 che andrà in pensione, e permettano a chi lavora di non doversi bere tazzine di Xanax al posto di quelle di caffè perché deve lavorare per dieci in un posto assediato da avvocatesse davvero vestiti Dolce e Gabbana che si scocciano di fare la fila perché i tacchi 12 di Gucci sono scomodi o da avvocati i cui Blackberry non prendono.
Siamo in molti schiavi moderni, caro O.C., possiamo aver firmato un contratto a tempo determinato o barcamenarci nel precariato o rubare salami al super perché con la pensione di anzianità il salame non riusciamo a comprarcelo, checché a te te ne fotta o ti paia banale e patetico il concetto.
Grillo non fa di certo il nome di ognuno, ma in un certo senso lo sta facendo. Ai sordi, ai muti, a sedicenti intellettuali che dormono in piedi, alla gente che ci viene a dire “Rassegnatevi, se scrivete, nuotate nel laghetto delle vostre più linde parole, puntate il becco al cielo come papere, e siatene contenti”.
Il vaffa dovremmo tatuarcelo in fronte, pur sapendone esprimere il concetto in maniera più gentile, in alessandrini scritti in cirillico o nelle mille maniere in cui finora centinaia di artisti hanno fatto. Fatto inutilmente. Per annoiare gente come te e come molti altri che campeggiano qui. Per farsi dire che sono dei radical-chic. Loro… Oppure dei conniventi con la corruzione politica.
(Tash, è ovvio che citando Fiorucci ti riferisci a me. Non ti rispondo nemmeno. Le risposte stanno in quello che uno scrittore scrive).
@ robilant
Blackjack è solo uno che non vuole vedere:
ed è la specie peggiore.
Non si possono eludere certi dati di fatto
e non si può ogni volta limitarsi a fare propaganda per la propria parte politica.
a lui chiederei se ha da dire qualcosa a proposito delle frequenze di rete 4 e di tutte le sentenze tradite a proposito di un’emittente locale quale Europa 7.
è un esempio, piccolo, di come funziona la legalità in questo paese.
Qua appena si esce dal coretto scatta la tagliola dei radical chic. Ma se a uno gli piacciono le 3F che cos’è? Radical-zagno?
@Robilant: non capisco perché ti scaldi tanto. Grillo percorre, ed è lapalissiano, lo stesso percorso della Lega e dei Di Pietro: populismo allo stato puro. Ti infastidisce che la sinistra italiana abbia mostrato, in così poco tempo, tutti i suoi limiti? Ti capisco compagno intellettuale, ti capisco…
@Scerbanenko: mi spieghi perché la sinistra (sinistra?) italiana non si decide a mandarla sul satellite Rete4? Che lo faccia. Sono o non sono al Governo? Oppure vogliono ripetere il maldestro tentativo del conflitto di interessi? Non fare la legge e poi romperci i coglioni per anni? Ho la vaga impressione che non sono io quello che non vuole vedere. Ti serve la lista parziale?
PACS: non pervenuti
Meno tasse ai ceti non abbienti: non pervenute
Revisione della tassazione sulle rendite finanziarie: non pervenuta
Snellimento della macchina politica: non pervenuto
Investimenti nell’Università: non pervenuti
Aumenti dell’ICI: pervenuto
Aumento della pressione fiscale a tutti i livelli: pervenuto
Finanziamenti statali alla FIAT: in via di definizione
Occupazione selvaggia di cadreghini: pervenuto
Io non vorrò vedere, ma sono in ottima compagnia, assieme a una manica di orbi nostalgici.
Blackjack.
Permettetimi di esprimere una mia delusione.
E’ vero che non siamo in molti a discutere dell’articolo di Franco Arminio, forse una diecina o poco più. Ma che cosa ne viene fuori: un mare di chiacchiere, come è consuetudine fare in Italia.
Le chiacchiere non valgono nulla se non sono seguite dalle azioni.
Grillo fa bene? Grillo sbaglia?
Io dico che quando si levano voci contro il modo di fare politica in Italia è un fatto sempre positivo.
Poiché una cosa deve essere assunta come postulato: da anni la politica italiana è malata; se non vogliamo dire corrotta, diciamo almeno che è malata, e che ha bisogno di una rifondazione.
Allora, noi che facciamo? Ci mettiamo a disquisire sui massimi sistemi? Non serve. Tutto quanto si è scritto qui, se lo rileggete, non serve a smuovere un ette. Bisogna passare all’azione. Siamo in grado di farlo? Siamo in grado di organizzare qualcosa per cambiare la politica? Io ho fatto delle proposte che possono apparire ingenue e forse perfino ridicole(ma non lo sono affatto). Se ce ne sono di migliori, ben vengano. Ma parliamo di cose concrete, di proposte tali da consentire un’aggregazione. E’ prematuro? Non credo. Le elezioni non sono poi così lontane. Vogliamo che ci siano propinate le solite promesse e i soliti candidati abituati a ridere di noi e a fare ciò che più loro aggrada?
Se non ce la sentiamo di passare all’azione, di organizzare, ossia, un qualcosa di aggregativo, dobbiamo riconoscere che siamo deboli, e che questa classe dirigente ce la meritiamo. Allora evitiamo di parlarne e di scriverne.
Azione Monaco.
gemma non so nulla di te e fiorucci.
dunque non alludevo a te.
la proposta del 3×1 temo sia che ne vanno in pensione tre e ne viene assunto uno solo, al posto dei tre.
la proposta pre-suppone che almeno un terzo del personale dell’amministrazione pubblica sia in esubero, che costi molto e serva a poco, talmente a poco che basterrebbe un solo nuovo assunto per smaltire il lavoro dei tre, supposti, fancazzisti.
trovo la proposta segno dei tempi, cioè genericamente anti-pubblico, senza distinguere tra pubblico e pubblico, tra servizio e servizio, ente ed ente, eccetera: trovo la proposta, in definitiva, ideologica.
nessuno si mette lì a progettare un’amministrazione pubblica strutturalmente diversa, più snella, appoggiata a capacità operative esterne, eccetera, per esempio.
però questo non c’entra col tema trattato e cioè se sia giustificata/convincente o no l’antipolitica, se abbia o no il potere di cambiare qualcosa ed eventualmente che cosa.
per formazione sono refrattario ai discorsi generici, alle urla, alle semplificazioni.
inoltre come o già scritto qui credo che la crisi sia del paese e solo in conseguenza di ciò, della politica, credo che sia una crisi culturale profondissima molto difficile da superare con una semplice sostituzione elettorale.
credo inoltre che nessuno di quelli che sono di sinistra sanno ormai perché sono di sinistra e cosa eventualmente ciò può voler dire.
mentre a quelli di destra basta essere se stessi.
qui riaffermo la mia convinzione: la destra è natura, la sinistra è cultura.
la cultura richiede accudimento, lavoro, manutenzione, elaborazione continua, esattamente come la sinistra.
la destra caldeggia il fascismo basico che impregna l’ordine naturale e tutto è più facile.
Per la serie essenzialismo, sir, aye sir, nient’altro sir. Supposto, sir.
Accidenti a ‘ste vedove. O era un orfano?
@Blackjack
Per quanto mi riguarda hai detto due cazzate in due parole: non sono compagno e non sono intellettuale. Io però ho individuato un’altra cosa che proprio non vi va giù: il fatto che un non-comunista vi dica il fatto vostro.
R.
Non sono per niente d’accordo con l’articolo, partendo dall’incipt. Non si può dire che “la politica non esiste e che essa ha un ruolo superficiale nella vita della nazione”, ma stiamo scherzando? Forse, la verità e che da 5/6 anni da questa parte il popolo, l’uomo, ha trattato la politica con superficialità, come SE non facesse parte, in modo serio, della propria vita. La politica è vita, se non lo fosse non staremmo qui a parlarne. Forse l’unica cosa che in parlamento non possono decidere è cosa siamo o diventiamo ma credo che questa sia una questione personale che ognuno deve affrontare da solo. Meno male che non decidono anche del nostro essere.
Il discorso che proponi non c’entra un caspio con la politica, come non c’entra niente con le figure di Grillo, Travaglio, Berlusconi. Che l’incontro tra poche persone, alla stregua dei consultori misti talk-show e alcolisti anonimi, possa giovare alle nostre anime è un conto, va bene ma che caspita centra con quello che sta accadendo? Le adunate di massa non servono?
A chi non servono? E a che cosa dovrebbero servire? Io so solo una cosa, noi Italiani l’abbiamo preso in quel posta da secoli, indipendentemente da chi ci governasse, austro-ungarico o berlusconiano che fosse, l’unica cosa che so è che altri popoli (francesi e britannici), appena hanno visto la negligenza nelle azioni dei propri governanti, sono scesi in piazza e hanno decapitato i propri regnanti. Purtroppo noi siamo italiano e facciamo tutto in modo civile, firmando delle proposte di legge e organizzando liste civiche. Che c’è di male in tutto questo?
Che c’è di male nel sentirsi parte, finalmente, di una corrente che vuole una sola cosa? Un governo con rappresentati DEGNI. Beppe Grillo e Travaglio e aggiungo anche Saviano hanno fatto al popolo una vera e propria cura Ludovico. Ora io e tanti altri quando leggiamo un giornale o guardiamo il tiggì non prendiamo per buono tutto quello che ci viene detto o scritto,
quando nasce un nuovo centro commerciale mi chiedo da dove vengano i soldi, quando parla un politico vedo quali altre dichiarazioni ha fatto a ritroso, i dubbi cominciano a tarlare il muro delle finte sicurezze, non credo ai miei occhi, alle mie orecchie, non credo più ai miei sensi, bado solo che il mio cervello non cada in contraddizione. Era ora che i dormienti aprissero gli occhi, è ora di far qualcosa invece di aspettare stoicamente la fine.
la politca è un concetto molto vago e vasto. qualunque affermazione al riguardo può essere fraintesa, però ogni tanto c’è qualcuno che esagera.
comunque vorrei dire a gemma che io non sono uno scrittore da computer e non mi piace il lirismo fine a se stesso.
sono uno che vive trecentocinquanta giorni all’anno in giro per i paesi. sono stato impegnato in tante battaglie, senza aspettare che arrivasse grillo. se alcuni si sono svegliati grazie a lui a me fa piacere. gli scrittori e i lettori in pantofole non mi piacciono.
Premetto le mie scuse a chi trova la mia partecipazione a questo dialogo esuberante, soprattutto di misura. Ma trovo che parlare porti a qualcosa. Voglio fare l’ottimista, come Beppe Grillo.
Tash, tu scrivi
“la proposta del 3×1 temo sia che ne vanno in pensione tre e ne viene assunto uno solo, al posto dei tre.
la proposta pre-suppone che almeno un terzo del personale dell’amministrazione pubblica sia in esubero, che costi molto e serva a poco, talmente a poco che basterrebbe un solo nuovo assunto per smaltire il lavoro dei tre, supposti, fancazzisti”.
Lo so che è quella, perciò proponevo, casomai, di ribaltarla, poiché trattasi di stronzata, di acqua e zucchero per curare un tumore.
Il personale dell’amministrazione pubblica, almeno per la mia esperienza, non è in esubero.
Chi e cosa veicolano la falsa informazione che i dipendenti delle pubbliche amministrazioni siano in esubero? Innanzitutto il luogo comune che il dipendente pubblico sia un fancazzista. Poi, una proposta, come questa di darne via 3 x 1, che sarebbe di centro-sinistra! Infine, gli scoop dei giornali sui pochi, rari casi di fancazzismo: poco tempo fa ho letto un articolo che mi ha fatto rizzare i capelli in testa per la mistificazione volontaria che conduceva. Parlava degli insegnanti che non si presentano in aula assentandosi col “permesso studio”, le 150 ore previste dalla legge di cui tutti i dipendenti, pubblici e privati, possono usufruire per portare a termine un corso di studi mentre lavorano. L’articolo diceva che quelle 150 ore nascevano per gli operai che volevano prendere il diploma. Poi diceva che oggi le usa un laureato (per insegnare devi ovviamente essere laureato) per fare il master: l’originale senso di quell’assenza autorizzata e retribuita dal lavoro era stato snaturato, diceva un politico a sottoscrizione della tesi del giornalista! Gli assenteisti la usano con la scusa di studiare, questi furbastri fancazzisti!
E quelli come te leggono e ci credono.
MA L’ARTICOLO NON DICEVA CHE CHI USUFRUISCE DI QUELLE ORE ANNUALI DI PERMESSO, CHE SU UNA SETTIMANA LAVORATIVA DI 36 ORE SONO, ALL’ANNO, UN TOTALE DI 5 SETTIMANE, DEVE GIUSTIFICARE OGNI SINGOLA ORA!
Ti assenti per un esame? Al ritorno devi portare certificazione del sostenimento dell’esame. E’ per discutere una tesi? Idem. E’ per frequentare lezioni? Idem, certificazione, ogni volta.
E COSA SUCCEDE SE NON PORTI LE CERTIFICAZIONI (E QUINDI NON HAI USATO QUELLE ORE PER UN CORSO DI STUDI, COME SOSTENEVI CHE AVRESTI FATTO)? TI VENGONO DETRATTI I SOLDI, AL LORDO, NON AL NETTO, DI QUELLE ORE DI ASSENZA, A QUEL PUNTO INGIUSTIFICATA, DALLO STIPENDIO. PUOI PASSARE PURE UN GUAIO SE L’AMMINISTRAZIONE SI METTE DI PUNTA, POICHE’ SI TRATTA DI ASSENZA INGIUSTIFICATA.
In nessun modo, quindi, quelle ore servono a non far fare un cazzo al fancazzista.
MA QUESTO. I GIORNALI. NON TE LO DICONO. PERCHE’ AI GIORNALI. E AI GOVERNI. FA COMODO. FAR CREDERE. AI LETTORI-BUE. CHE IL DIPENDENTE PUBBLICO. E’ UN FANCAZZISTA. CHE IL PERSONALE-MANOVALANZA DEI MINISTERI. E’ IN ESUBERO. COSI’ CHE. QUANDO SI DEVONO TAGLIARE LE SPESE. SI DEVONO TAGLIARE QUELLE SPESE. QUELLE DELLA MANOVALANZA. E NON QUELLE. DI CHI AMMINISTRA. QUELLA MANOVALANZA. NON RINUNCIANDO. MAI. A NESSUNO. DEGLI EURO. CHE RUBA. QUEL MINISTRO. CHE NON RINUNCERA’. AI SUOI PRIVILEGI. CHE NON RINUNCERA’. ALLA SUA SCORTA. NON DIRA’. “VI DO’ TRE UOMINI DELLA MIA SCORTA. DATEMENE UNO. MI BASTERA’ LO STESSO. COSI’ RISPARMIA. LO STATO. CHE IO. RAPPRESENTO”.
Tash, se non apri gli occhi, se non ti metti di santa ragione a voler andare in fondo alle cose e dopo soltanto a fare due più due, diventi lo strumento di chi ha tutto l’interesse che tu, cittadino, non ti svegli mai.
Se lo fai, invece, vedi veramente, e allora ti straincazzi, e come Beppe Grillo inizi a strillare che non ce la fai più.
(Quanto al fatto che l’allusione al Fiorucci non era a me riferita se così è mi scuso della sbagliata interpretazione. Cosa di, davvero, poco conto).
@ Bart
Secondo me, pensandoci bene, forse hai ragione tu. Bisognerebbe convincere chi non vuole più questi politici a non andarci proprio a votare.
Ma in massa, se lo fa una piccola percentuale a quelli non gliene frega proprio niente.
Solo un anno fa con gioia molti indossavano magliette con la scritta “SONO UN COGLIONE”, dopo la provocazione berlusconiana.
Hanno vinto gli antiberlusconiani. Cos’è cambiato? Niente. Rutelli mi pare il fratello più chic di Casini.
Dovremmo metterci delle magliette con su scritto “NON SONO PIU’ UN COGLIONE, E A VOTARE NON CI VADO PROPRIO FINCHE’ NON POSSO ANCHE ACQUISTARMI UN BUCO DI CASA E LAVORARE IN MANIERA DIGNITOSA, GRAZIE A VOI CHE VORRESTE PURE E ANCORA IL MIO VOTO ELETTORALE”.
Qualunque cosa si possa organizzare, di pratico, di fattivo di indossare una maglietta, intendo dire, in questo senso, io ci sto.
Volevo scrivere “di più fattivo di indossare una maglietta”. Pardon.
riusciranno i nostri eroi impantantati nel quaderno delle rimostranze a ritrovare le motivazioni valide per giustificare il patto sociale misteriosamente scomparse in Italia?
@ Gemma Gaetani
Certo. Il risultato provocherebbe la capitolazione dei furbastri al potere se l’adesione fosse massiccia. Anche oggi ci sono significative percentuali di astensione dal voto, rispetto ad alcuni anni fa. Ma sono percentuali insufficienti a scalzare il potere. Una percentuale che arrivasse dal 60% in su farebbe davvero da detonatore.
Non andare al voto per chi dà un valore alla politica è cosa dolorosa, ma se l’astensione di massa diventa uno strumento di lotta per rifondare la politica, allora l’adesione al movimento non può che avere un alto significato politico e morale.
Come ho detto, io ho già cominciato per la prima volta a votare scheda bianca. Posso continuare da solo, e passare anche (come sto meditando di fare) all’astensione dal voto. Ma da solo, o se siamo in pochi, a quelli che ci governano gli facciamo un baffo.
Se questo movimento parte, trainato da qualcuno che abbia carisma in rete (la rivista Nazione Indiana, ad esempio, e con lei altri blog e riviste) io posso impegnarmi a fare proseliti. Creiamo, insomma, il movimento della nuova politica contro la vecchia politica: e facciamo presto.
Gemma,stavi per strapparmi applausi a scena aperta.Poi ti sei infilata nel ginepraio dell’infondatezza del problema dei fannulloni(tranquilla,nessuno vuole gettarli in mezzo alla strada.Ormai in qualche maniera sono dentro,diventerebbe tutto un melodramma del cazzo.Ma non impediteci di riorganizzare gli organici in maniera che gli si trovi qualcosa da fare.Questi Cristi non possono passare le giornate a infilare le cingomme,con intenti sabotatori, nei distributori automatici forniti dalle amministrazioni affinchè non si procrastinino ad oltranza le famigerate diuturne pause cappuccino)
cara gemma, sono ben sveglio e lavoro nella pubblica amministrazione da 27 anni.
ora non ho tempo per replicare.
ma non è a me che devi dirle queste cose.
nel paese è passata l’idea che pubblico è uguale a inefficiente, indolente e costoso, eccetera, mentre tutta l’efficienza e la produttività starebbe nel privato.
il discorso è complesso.
@ Diamonds
No, non è un ginepraio… Era per fare un esempio di come l’informazione ufficiale disinforma. Di come usano due pesi e due misure. E chissà perché…
@ Bart
Io sarei direttamente per le Molotov. Non c’è movimento migliore per far capire certe cose. E non scherzo… Però capisco che poi ti arrestano o ti ammazzano, quindi è meglio manifestare pacificamente.
Nazione Indiana è uno spazio che stiamo utilizzando per parlare. Non sappiamo qual è il pensiero di Nazione Indiana su tutto questo. Un movimento, dici. Parlando in teoria, bisognerebbe davvero pubblicizzare un gesto del genere, e monitorare le adesioni, per capire se l’astensione possa essere efficace (tutto questo lo diciamo mentre pure Maria Vittoria Brambilla si butta in politica! Tra un po’ avremo anche il Partito dei Cadaveri dall’Al Di Là, siccome ce n’è pochi, già, in Italia…). Bisognerebbe scrivere un manifesto. Una proposta ufficiale. Metterla da qualche parte. Raccogliere firme di adesione: chi firma a votare non ci va, se si raggiunge un numero sufficiente a invalidare le elezioni.
Proprio così, cotta e mangiata. Sto facendo fanta-antipolitica, o per te, per voi, è fattibile?
@ Tash
Allora, visto che sei della “casta”, e da più di me, che sono quasi diventata matta in soli 8 anni di “pubblico impiegato”, dovresti sapere bene di cosa parlo…
Vi segnalo l’articolo di Barbara Spinelli in merito sulla Stampa di domenica 23 settembre scorsa, è un’analisi molto lucida e ben argomentata.
@ Gemma Gaetani
Parlo di un movimento che abbia una durata temporanea, quella necessaria a cambiare le cose. Può anche darsi che poi, con il tempo, le cose tornino com’erano prima, ahimè. Ci siamo abituati. Ma se non si tenta, è peggio e non dovremmo più lamentarci di questo andazzo. Niente nuovo partito. insomma.
Non posso certo essere io – che non sono niente – a cominciare. Ma se qualcuno più autorevole condivide il progetto e mette in moto la macchina, ciascuno di noi che ha un sito potrebbe mettere un banner con uno slogan appropriato da coniare.
Resto in attesa. Se qualcuno si muove sa dove trovarmi. Altrimenti deciderò da solo come regolarmi alle prossime elezioni.
cari
una prima cosa buona si può fare: partecipare alla manifestazione del sei ottobre a roma, organizzata dal movimento che fu detto dei “girotondi”.
l’idea è di arrivare alla formazione di una lista civica nazione alle prime elezioni utili. la base programmatica comprende tutti i punti di grillo e anche altro.
concordo con l’idea che gli scrittori debbano fare qualcosa di simbolico. magari fra qualche giorno apparirà qui su nazione indiana l’annuncio di una cosa che voglio fare a bisaccia a dicembre.
intanto, questo focolaio non va spento. appena, come direbbe un poltico, “troviamo la convergenza su un percorso condiviso” possiamo partire.
@gemma
niente casta per me.
sono un tecnico.
faccio piazze, seguo la progettazione di brani di città, mi occupo di forme, non di ri-forme.
che c’entra la casta con me?
e poi: cos’è la casta?
forse Letitia?
Gli scrittori devono stare zitti, più simbolico di così!!!
Tanto per uscire dal simbolico, trovo che sia assurdo rispondere all’organizzazione “del politico” con altra organizzazione. La politica è aggregazione di interessi e le vostre (presunte) future liste civiche andranno nella stessa direzione. Se la spunterete bene, altrimenti vuol dire che i politici sono più bravi di voi, più forti, maggiomente dotati di volontà di potenza; perchè di questo si tratta, non fatevi illusioni.
“Il dominio si ristabilisce più saldo che mai dopo che l’uguaglianza è stata sulla bocca di tutti”.
E. J.
Gemma,ho conosciuto un tuo omonimo quando ho prestato servizio di leva.Era uno che non sopportava i cliché e la prepotenza(ci andavo molto d’accordo pur non frequentandoci assiduamente).Probabilmente lo conosci
p.s. Signori,mi sa che voi alla fine state parlando della federazione anarchica mondiale.Non è grave,anzi
Ciò a cui penso io non è affatto un’organizzazione permanente (che finirebbe per essere inghiottita dal sistema), né tantomeno una federazione anarchica. Deve essere un fatto transitorio che aggreghi tutti coloro che desiderano rifondare la politica, senza distinzione tra coloro che hanno votato per una parte e coloro che hanno votato per l’altra. Altrimenti le grosse percentuali che occorrono si vanno a farsi benedire, diventando una pura chimera.
Scusate ora l’accostamento esagerato, e irriverente forse. Che cosa successe con il movimento partigiano?
Successe che si aggregarono cittadini di vario colore politico e di varia estrazione sociale con l’unico intento di liberare l’Italia dal nazifascismo.
Una volta ottenuto il risultato, ognuno è andato per la sua strada.
Allo stesso modo, noi dobbiamo porci degli obiettivi precisi ed ottenerli attraverso una legislazione da ottenere grazie alla nostra forza. Una volta che questi obbiettivi rifondativi (non si tratta di una nuova costituzione, ovviamente, ma di leggi specifiche pensate per eliminare la corruzione politica e così via), la politica riprende il suo nuovo corso attraverso i partiti e gli altri strumenti democratici. Tuttavia essi operaranno, questa volta, sotto l’usbergo delle leggi volute dalla stragarande maggioranza dei cittadini, grazie al movimento di protesta.
Non so se sono stato chiaro, ma è a questo tipo di movimento che io mi riferisco. L’unico che possa aggregare massivamente e conseguire un qualche risultato, a mio avviso.
prima ci si lasciava accalorare dagli altri.
adesso è assai difficile
e va benissimo che grillo riesca ad accalorare un pò di gente.
qui c’è sempre la faccenda che uno scrittore difficilmente si accalora per quel che fa un altro scrittore.
non è che si può aspettare che si levi un grande movimento per entrarci.
bisogna levarsi in proprio qui e altro
prima ci si lasciava accalorare dagli altri.
adesso è assai difficile
e va benissimo che grillo riesca ad accalorare un pò di gente.
qui c’è sempre la faccenda che uno scrittore difficilmente si accalora per quel che fa un altro scrittore.
Spero che nessuno se la prenda, non lo dico con animo polemico, ma mi sembra tutto molto velleitario.
Quanto al non voto, o alla scheda bianca, siamo fisiologicamente destinati a votare sempre meno e sempre in meno, come accade già in altri paesi, non ci sarebbe nessun botto, solo qualche soprassalto momentaneo, destinato a stemperarsi nell’abitudine.
Non voglio dire con questo che non si debba protestare e ancora di più agire, ma per cambiare la cultura e la mentalità di un paese ci vogliono generazioni e un lavoro quotidiano e costante. Quello che stiamo vivendo è il frutto di molte cause e molti intrecci, di molte cadute di tensione morale e anche dell’inadeguatezza delle risposte che sono state date alla rapidità con cui sono cadute le ideologie, che comunque dei “valori” li mettevano in scena.
Da un lato siamo orfani, dall’altro siamo sollevati di essere orfani, ma non siamo ancora stati capaci di costruire un sistema di valori condiviso e un linguaggio per parlarci che non sia l’aggressione e l’insulto.
Detto questo, a me grillo non piace, preferisco il lavoro certosino e continuo di una come Milena Gabanelli, che non fa botti ma non molla mai.
@ Tash
Ironizzavo, chiamando quella dei dipendenti pubblici “casta”.
@ Alcor
Ora capisco meglio il tuo pensiero. Però, nel caso di Beppe Grillo, io credo che la scelta di quella parola definitiva e non gentile, che in molti, tra politici e giornalisti hanno stigmatizzato come aggressiva, e quindi foriera di neoterrorismi (dal Tg2 a StudioAperto, se si può definire quello che fanno giornalismo), non sia stata scelta a caso, né con fini di umorismo pecoreccio. Se la forma è anche sostanza, quel “vaffa” vuol dire “basta… basta… basta…”. Lo sta dicendo un comico, sì, ma non in un film dei Vanzina, né per far ridere. Lo dice a nome di centinaia di migliaia di persone. Il suo blog ha ogni giorno circa 2000 commenti: 2000 commenti! E’ uno dei più letti al mondo! Grillo dice ciò che dice da anni, il suo è stato un affondo sempre più certosino nelle cose. E non a caso, nel tempo, oltre a fare di quanto gli sembrava assurdo spettacoli a pagamento, poiché quella del comico è la sua professione, ha aperto un blog dove diceva le stesse cose che portava in tournée, e che è diventato un punto di riferimento di persone che cercavano in lui una sorta di guida, di catalizzatore e che non lo trovano più nemmeno in Bertinotti, perché Bertinotti non si incazza come dovrebbe. E non fa gesti simbolici Grillo (Arminio continua a sembrarmi irrimediabilmente scollato dalla realtà, non andare a votare non è un gesto simbolico, è un gesto), non si ferma al “vaffa”. Può sfiorare l’idea di un suo delirio di onnipotenza, io stessa in precedenza diffidavo di questo apparente Don Chisciotte, ma sbagliavo. Sbagliamo noi intellettuali o para-tali o filo-tali (in fondo se siamo qui su NI invece che su un blog di Fantacalcio vuol dire che coltiviamo il pensiero) se ne diffidiamo, se non apprezziamo le cose che ci mostra, al di là del suo nome che è soltanto il nome di uno che un giorno ha deciso di impegnarsi a capire e poi a diffondere quanto ha capito o scoperto.
Fare nel piccolo, come dici tu, vuol dire, per me, vivere onestamente, e con fatica (fatica di stare a galla, in questa Italia vergognosa, non di essere onesti), vivere secondo una propria ideologia. Applicare un metro rigido di misura e coerenza valido in ogni campo, ad ogni livello. A volte ho fatto degli errori di valutazione che non sto qui a raccontare, ma ora più che mai penso che il conflitto tra simili non serva, ma serva un’alleanza, anche soltanto con se stessi, per combattere l’ingiusto. Perciò ti dicevo che io non mi sento corrotta come molti dei politici che lo sono di fatto. Vivo onestamente, e ogni volta che sbaglio pago.
@ Bart
Stila una proposta. Chi meglio di te che ha avuto l’idea può trasformarla in un progetto, darle forma? Una proposta di astensione dal voto: non devi fondare un partito! :)
Io non rinuncerei a votare se non fosse un gesto di rigetto totale, e dunque non fatto solo da me e pochi altri. Forse perché la speranza è l’ultima a morire, e sono convinta che se ci fosse stato Bertinotti, al posto di Prodi, molte cose sarebbero già cambiate davvero in Italia.
@ Diamonds
Nessuno dei miei fratelli ha fatto il militare. Forse era un cugino o un nipote, come si chiamava? (Così, per curiosità).
Gualfredo,o Alfredo
ehm.. poi cancellatelo,gentilmente.Grazie
mi pare che ci stiamo avviando alla conclusione. è sempre strano il punto in cui la discussione si spegne. non so se questo luogo consente di fare più e meglio. mi pare che tu gemma faccia troppo riferimento all’opera di grillo. forse dobbiamo più concentrarci su quello che possiamo inventarci noi e dico inventarci perché le strategie usuali sono tutte logore.
Gemma, non è per tirarmi indietro nel fare qualche proposta organica, ma subirei attacchi di essere presuntuoso e così via. Mi è già successo. Ci sono persone, anche qui, più valide di me, se condividono l’obiettivo.
Comunque una delle modifiche che ritengo fondamentali è trasformare il lavoro dei politici in un lavoro modestamente retribuito, tale ossia da non essere più ambito dai trafficoni che lo esercitano con l’unico scopo (salvo rare eccezioni) di arricchirsi ed acquistare una posizione sociale ragguardevole (il potere, insomma).
Do molta importanza, l’ho già scritto, a questo obiettivo, perché indirizzerebe verso la politica coloro che la considerano un servizio al cittadino, non voglio parlare di missione che potrebbe apparire esagerato a qualcuno (per me non lo è).
Altro obiettivo che crea ingiustizia e la serie dei privilegi che contornano i politici (scorte, portaborse, auto, esenzione dai biglietti per viaggiare e altro) E soprattutto il diritto alla pensione dopo con un minimo di esercizio del mandato, che è cosa vergognosa, quando addirittura si è alzata l’età pensionabile a tutti i lavoratori.
Insomma: sono convinto che si debba soprattutto lavorare intorno alla figura del politico per scarnificarlo di ogni privilegio, e parificare il suo lavoro a quello di un lavoratore come tanti.
Faccio un esempio che non vuole essere, anche questa volta, irreverente, ma serve per capirci.
Dove vanno i ladri? Vanno dove c’è da rubare. Non è così? Se togliamo privilegi e ricchezza al politico, nessun trafficone o disonesto si avvicinerà più alla politica.
Mi viene in mente un’altra cosa.
Ho già detto che chi ha un sito o un blog potrebbe mettere un banner del tipo: Io sto con il movimento della nuova politica contro la vecchia politica.
Ma aggiungo che si potrebbero fare delle bandiere (tipo quelle della pace, ma con colori della speranza) che ciascuno esporrebbe alla finestra della propria casa, fino a che non si saranno raggiunti gli obiettivi. Bandiere con impresso lo stesso slogan: Io sto con il movimento della nuova politica contro la vecchia politica.
Di Monaco, sei un utopista:-)
Gaetani, quando dico che la politica è lo specchio della società non intendo certo dire che non ci sono persone oneste, come non mi senitrei di dire, anzi, non lo dico proprio, che ogni singolo politico sia corrotto. Bertinotti, per esempio, che ritengo una persona onesta, è anche un grandissimo narciso, che si appaga del suo argomentare abbastanza, come dire, sontuoso. E’ nel posto giusto per incidere, incide? Mah. Fa discorsi sui principi, più che altro, mi pare. Porta anche lui sul groppone il bagaglio che portiamo tutti.
Una cosa mi viene sempre da pensare, quando sento parlare dei costi della politica, prendiamo i famosi enti inutili che tutti vorremmo eliminare, province, comunità montane in riva al mare etc. La cosa buffa è che quegli enti inutili distribuiscono stipendi. E anche se quegli stipendi sono legami clientelari, sempre stipendi restano, ormai, mammelle alle quali succhiano famiglie intere che non avrebbero da succhiare altrove. Perchè, non da oggi, ma da almeno cinquant’anni, si è preferito creare queste clientele coi soldi pubblici, piuttosto che creare sviluppo. O, se non lo si è preferito, non si è saputo far altro. Salvo qualche cattedrale industriale. Cattedrale, bel nome, significativo. E disfare in pochi anni quello che si è costruito in molti non è semplice. Se questi enti, come sarebbe giusto, venissero chiusi radicalmente, come spesso si sente chiedere, e come anch’io vorrei, dove andrebbero gli impiegati? Ingrasserebbero altri enti? O andrebbero licenziati, affamando le loro famiglie? Prepensionandoli? Come vorrebbe Nicolais che si è preso sganassoni da tutti? Ci sarebbe un problema di reimpiego. Come verrebbero reimpiegati? Il fatto è che i costi della politica non sono solo i costi delle auto blu, ma di un sistema capillare che ha creato piccole caste che non basta stigmatizzare, perchè ormai sono lì e non sanno fare altro. O li rieduchiamo, come faceva la banda dei quattro? Ho letto La casta, e mi sono succata anche tutte le tabelle, sono impressionanti, ma più leggevo quanto il sistema sia capillare e come una buona parte del paese conti su questo sistema capillare per vivere, e non per usufruire di meri privilegi, bensì per portare a casa uno stipendio, più mi chiedevo come si sarebbe potuto rimediare. Mi pare un’impresa immane. E non credo, anche se mi piacerebbe avere una classe politica sobria come quella finlandese, che eliminando tutte le auto blu, tutti i biglietti gratuiti, tutti i voli impropri, tutti i porta borse (che poi sono persone che lavorano per il deputato e spesso mal pagate), riusciremmo ad avere un paese migliore. Se non le avete lette andate a leggere le tabelle di Rizzo e Stella sulla regione Sicilia, ma anche sulla regione Lombardia.
Noi qui esprimiamo il nostro scontento, ma proponiamo soluzioni estremamente ingenue, falsamente radicali, difficilmente applicabili.
Scusa, Arminio, tu parli en poète, il che mi pare giusto, ma hai detto una cosa molto sbagliata, all’inizio del tuo pezzo, e cioè che la politica ha un ruolo superficiale nella vita del paese. Il ruolo della politica è centrale. Persino i nostri paesi sperduti sono così sperduti per le responsabilità della politica. Anche se la tua ricetta per una pulizia spirituale dei rapporti umani di per sè mi piace.
Buona notte a tutti.
@ Alcor
Può darsi che io sia un utopista; non nego che vorrei potermi battere alla mia età (quasi 66, a gennaio) per uno Stato ed una società migliori. La mia condizione era pervenuta ad una malinconica rassegnazione. L’esperienza della mia vita mi ha insegnato che, ogni sforzo fatto, anche con le vigorose forze della gioventù, non è valso a nulla. Oggi vivo chiuso nella mia casa e affido i miei legami con il mondo alle letture e al cinema in tv: le mie passioni. Attendo che i giorni passino, e trovo tutta la mia gioia nella mia famiglia. Il mio mondo è questo, ormai.
Ma non nego che l’antica illusione ancora mi scuote, quando mi accorgo che qualcuno, più giovane e più forte di me, tenta ciò che non mi è riuscito di fare quando era il tempo, e l’entusiamo e gli ideali mi davano il vigore necessario.
Però Alcor, anche quando ero più presente nella vita di tutti i giorni, c’era una convinzione netta in tutto ciò che sognavo. Ossia, che i cambiamenti non sono mai rapidi (a meno che non siano violenti), e che la democrazia per svolgersi ha bisogno di tempi lunghi.
Tu indichi dei mali, il clientelismo ad esempio, che ha creato enti inutili e posti di lavoro. Non è nuovo il tema. E non è nuova l’idea che si debba procedere salvaguardando quei posti, che saranno ancora per qualche tempo dei costi a carico dello Stato. Poi lentamente svaniranno i posti e i costi. Così per tutte le escrescenze create dal pluriennale malgoverno e dalla corruzione e dal cattivo senso dello Stato.
Questi sono problemi che il tempo ci aiuterà a risolvere con gradualità. Ne sono più che sicuro.
Però oggi dobbiamo dare un’indicazione forte, e ottenerla come risultato di una lotta democratica. Che è quella di svestire la figura del politico di quella “ricchezza” complessiva che lo abbaglia e che attira i ladri e i disonesti. Non si tratta di salvare il nostro bilancio con una riforma di questo tipo. Si tratta di pochi soldi. Ma è la figura nuova di politico che ne emerge ciò che conta. Se riusciremo a creare di nuovo nel politico il senso dello Stato e il senso della dedizione ai cittadini, tutto il resto – con i tempi dovuti – verrà da sé. Noi avremo, in più, la serenità di esserci affidati ad uomini onesti e potremo accompagnare la loro azione con il nostro sostegno.
Guai a pensare – ritengo – a questa operazione come a u gesto sollecitato dalla gelosia e dall’invidia di chi non può partecipare al tavolo della spartizione del tesoro. Sarebbe – a mio avviso – una visione distorta e ingannevole di un obiettivo che considero capitale, fondamentale per la correzione delle cose che non vanno. Il politico che va ad occupare il suo posto, sapendo che non gli rende in fatto di “ricchezza e potere” è un esempio che può avere un effetto domino sugli altri mali che ci travagliano.
Bisogna essere in tanti, però. I pochi sono stati sconfitti tante volte. Occorre andare ben oltre il 60% di consensi. A me basterebbe lavorare intorno a questo solo obiettivo, che, credo, troverebbe tanti consensi. Certo, mescolati nel modo di intenderlo. Qualcuno acconsentirebbe per una rivalsa morale, per una vendetta. Però io mi dico: otteniamo l’obiettivo. La figura nuova che nascerà produrrà effetti benefici per se stessa, e darà soddisfazione a tutti, e farà tirare un sospiro di sollievo a noi e anche a quelli che avevano mal compreso e pensavano ad un’operazione di bassa invidia e gelosia.
E’ utopia? Difficile domandarlo a me.
È da quando avevo quindici anni, anzi da prima, sicuramente da prima, che sento parlare del voto di scambio, del clientelismo, di corruzione et speculazione, dei “mali della politica”, dei troppi partiti, dei privilegi dei politici, delle auto blu, della legge che non è uguale per tutti, dell’inefficienza dell’amministrazione pubblica, delle lungaggini nell’approvazione delle leggi, dell’inefficienza dei governi, delle spese dei ministeri, della spesa pubblica senza freni, del debito pubblico, eccetera.
C’è stata anche la stagione di tangentopoli, pareva una palingenesi, una risipiscenza, una catarsi, un purgarsi da tutti i mali antichi, un finalmente ce li siamo tolti dai coglioni, eccetera.
Ci risiamo, ci siamo sempre stati dentro, nulla è mai cambiato, nulla potrà cambiare in un futuro prossimo.
Possiamo anche fare la rivoluzione bolscevica, ammazzare tutti i politici di ogni ordine e grado, fare fuori anche i commessi, gli autisti, il barista della buvette della camera, state certi che nel giro di pochi anni, che dico di pochi mesi, tutto ricomincia come prima, con altre facce, ma sempre con gli stessi italiani, sotto qualsiasi tipo di regime, con qualsiasi tipo di maggioranza.
Questo è il Paese, non c’è nulla da fare, non per me e per quelli come me. Anzi, occorre distogliere lo sguardo per non farsene avvelenare troppo. Il Pese è come una vecchia coperta lercia, che mi sta sulle spalle da troppo tempo e pesa e puzza.
@ Bart
Io continuo a credere che sarebbe necessario buttare giù i punti di una tale protesta, che so, anche aprire un blog dal nome “astensionedalvoto”, cosa fattibile in due secondi. Un solo post, le ragioni della cosa. Poi dopo si potrebbe far girare, segnalare, sui nostri blog, con bandiere e quant’altro, link sui blog amici (Grillo) e su tutti quelli dei politici (ho letto che anche Casini ora ha aperto un blog). Perché dici che c’è chi può farlo meglio di te?
@ Arminio
Io ho il sospettuccio che tu due o tre ore a leggerti le proposte di Grillo, o i commenti al suo blog, che raccontano stralci di una situazione incredibile, non le hai passate… Di ciò mi dispiaccio molto. Il mio non è fanatismo grillino. Credo soltanto, e fortemente, che se qualcuno ha già fatto ottimi passi avanti sia sciocco non camminare con o dietro a lui.
@ Alcor
Bertinotti è stato messo in un posto in cui appare, ma può fare poco. Lui lo ha accettato. Da lì parla, e basta. Parla, e basta. Ora non fa più cadere i governi in nome di una intransigenza di cui parla soltanto. La moglie rilascia interviste a Sabelli Fioretti. Siamo alla frutta, il comunismo politico è morto, quello che vediamo girare è un morto vivente, un menomato, l’unico che ha il permesso di circolazione.
Questo succede perché in Italia ci sono ancora dementi pregiudicati (e non perché si fanno una canna) che vanno a dire che i comunisti mangiano i bambini e non vengono sottoposti a un T.S.O., ma votati, assumendo così una patente di politici. E dementi lampadati che da una rete che dovrebbe essere chiusa da secoli (Rete4) fanno opinione avallando le tesi del demente n. 1.
Il comunismo, diciamolo, lo si può accettare se combatte per i matrimoni gay e per il diritto all’eutanasia (cose giustissime ma a mio avviso secondarie se l’Italia è la baracca che è): allora anche Simona Ventura dimostra la sua apertura mentale, all’Isola dei Famosi ci invita Malgioglio, per dire… Ma se lottasse, questo comunismo italiano, per ciò che veramente dovrebbe essere comunista (case popolari per la massa di persone che non possono acquistarle né affittarle nel mercato libero, ne dico solo una), come accade in altri paesi europei dove chiunque vive più dignitosamente, e la smettesse di chiacchierare e basta, allora la gente ne avrebbe paura. Il “comunismo” di Rutelli, invece, il “comunismo” bon ton di Barbara Palombelli, invece, sono gli unici che passano. E’ un po’ come cantava Renato Zero: “mi vendo / ah ah ah / la mia identità”…
E’ una situazione disperata. Difficile da mutare con una bandiera appesa al balcone, Bart. Io a casa mia nemmeno ce l’ho il balcone. “Mia” per modo di dire.
Aggiorniamoci, come dicono i ggiovani. Io intanto mi vado a leggere il blog di Pastella. Voglio vedere oggi che delira.
propongo un blog degli scrittori esclusivamente dedicato alle faccende del fuori, dello spazio pubblico.
un blog che potrebbe chiamarsi “emergenza italia”
infatti dispiace che una persona ricca di talento nello scrivere,come Curzio Maltese sul penultimo Venerdì azzardi paragoni con altri paesi,la Norvegia nel caso specifico, che per latitudine e indole stanno altrove(una considerazione.Probabilmente se non ci fossero state le battaglie per i diritti civili negli stati uniti degli anni 50 e 60,questa conversazione non avrebbe avuto luogo.Certe cose non ce le abbiamo nel sangue.Paradossalmente siamo molto più vicini a certe velate voglie di satrapismo che alcuni pensavano proprie di enclavi mitteleuropee)
“Beppe Grillo e Travaglio e aggiungo anche Saviano”. Questa le batte tutte. Ci mancano “le Iene” è la rivoluzione è dietro l’angolo.
Una domanda, non sarà che la signorina Gemma è un infiltrata dei Manetta Bros? Qua serve il Soccorso Rosso, altro che! Cercatevi degli avvocati tra i compagni, che tra un po’ vengono a prenderci tutti…
è interessante l’idea di “comunismo” di gemma gaetani.
se posso aggiungere qualche altra parola a quelle già inutilmente spese qui sopra devo dire questo: qui come in altri luoghi di NI 2.0 si nota nei commenti, ma non solo, un’ignoranza politica di base, direi proprio basica che soprende quelli della mia generazione, i quali nella politica i sono nati e cresciuti e almeno avevano un quadro di riferimento abbastanza esatto per le parole che usavano.
qui niente di tutto questo, qui siamo all’abc, allo sproloquio a cazzo, allo scompartimento ferroviario.
vale, nella sua banalità, il solito vecchio detto: ogni paese ha i politici che si merita e anche gli scrittori e gli intelletuali che si merita.
ho riletto il commento di gemma e mi correggo.
non avevo colto l’ironia.
chiedo scusa.
mi sento male. vorrei fare qualcosa.
forse anche voi vi sentite male. vorreste fare qualcosa.
ma abbiamo luoghi di carta, abbiamo stracci tra le nostre mani.
la casa, i partiti, la piazza, nazione indiana, la nostra testa
tutti luoghi deboli e isolati, tutte forme esemplari dell’autismo corale.
questo per me non è motivo di disincato e il dolore diventa cocciuto, cambattivo.
@ Gemma Gaetani
Corre in alcuni commenti ironia e scetticismo. Mali italici annosi. Che non portano a niente. Meglio l’utopia, allora, che fa comunque sperare.
Ti mando privatamente una bozza di quel che penso.
per gemma.
ho visto il blog di grillo. lo guardo spesso. non è che parlare coi vecchi sia la mia specialità e mi impedisce di curiosare altrove.
però questa faccenda dei luoghi diversi in cui abitiamo è importante.
veramente non c’è bisogno di andare da grillo per capire come siamo messi.
se tu fossi qui stamattina, qui dove io vivo, penso che capiresti meglio le mie posizioni. il guaio è questo: io passo per milano e da grillo. tu non passerai mai da queste parti.
stamattina ho affisso una locandina per fare un’assemblea nel mio paese.
ogni iniziaitva si espone allo scetticismo e all’ironia. mi viene voglia di toglierla, ma devo resistere.
certe volte penso che se tutti andassimo a nasconderci, se fossimo in grado di ammutinarci completamenta da ogni forma di vita sociale: niente piazza, niente televisione, niente…
forse misteriosamente la vita rifiorirebbe, non sciupata e corrosa dai nostri sfiatati tentativi di viverla.
Dai, Farminio, non so dell’iniziativa, ma lo dico senza ironia, vai avanti. E poi,vuoi mettere a farci quattro risate sui pokemon del sessantotto e quelli (meno nobili) del settantasette?”…soprende quelli della mia generazione, i quali nella politica i sono nati e cresciuti”, e direi pure pasciuti, iamm’ o’ nin.
un mio amico mi dice di trasformarmi in segretario di sezione-se questa è una sezione e voi siete gli iscritti-
se vogliamo salvarci dal diluvio di parole qualcuno ha il dovere di fare una sintesi. l’ho fatta io con la proposta del blog. basterebbero due risposte, mica tante.
lì nella sezione la cosa si metteva ai voti. qui a un certo punto le parole finiscono si dissolvono come nuvole e ognuno si ritira come se non fosse successo niente.
“ogni iniziativa si espone allo scetticismo e all’ironia”(“è’ sempre così quando si lotta”,cfr Charles F. Kane)
@o.c.
non che mi interessi, ma, sempre se ti va, potresti precisare il significato di quel tuo “pure pasciuti”?
Ho inviato a Gemma una bozza di manifesto che, riveduta e corretta, potrebbe essere diffusa attraverso blog e siti. Un blog apposito potrebbe lanciare il tutto, sono d’accordo. Ma chi è in grado di aprirlo e gestirlo? Io fatico alquanto a mandare avanti il mio sito e la rivista Parliamone che ho avviato qualche settimana fa sul mio sito. Ma il manifesto potrei metterlo, eccome! e linkare il blog che nascerà.
di monaco è uno.
vediamo se si arriva a tre.
se non fosse che mi debilitano certe sue idiosincrasie reazionarie, sarei quasi sempre d’accordo con lui, in particolare su questo stralcio:
“se posso aggiungere qualche altra parola a quelle già inutilmente spese qui sopra devo dire questo: qui come in altri luoghi di NI 2.0 si nota nei commenti, ma non solo, un’ignoranza politica di base, direi proprio basica che soprende quelli della mia generazione, i quali nella politica i sono nati e cresciuti e almeno avevano un quadro di riferimento abbastanza esatto per le parole che usavano.
qui niente di tutto questo, qui siamo all’abc, allo sproloquio a cazzo, allo scompartimento ferroviario”,
che sottoscrivo senza nulla aggiungere
uno passa
caca
e se ne va.
è come stare in un cesso pubblico.
non c’è neppure la signora all’uscita che ti chiede la mancia.
non c’è rimedio e proprio per questo la situazione è interessante.
@ Diamonds
Nessun mio parente con quel nome…
@ Tash
Io banalizzo. Semplifico. Lo faccio apposta. A volte serve a demistificare.
@ Franco
Ognuno è cosa vede. Io non sono nel posto in cui vivi tu, ma si vive cosa si vede, e si vede quello che si guarda, se gli occhi, dovunque vai, te li porti dietro. Due volte a settimana passo alla stazione Trastevere di Roma. C’è spesso una donna, 45-50 anni, buttata a terra, a volte seminuda, che si accompagna a una coperta e a una bottiglia di birra, di solito già vuota. Quando non c’è mi preoccupo, ho paura che sia morta chissà dove. Poi ripasso e c’è. E sospiro di sollievo, almeno è ancora in vita. Non oso mai dirle nulla, è sempre in evidente stato di alterazione alcolica: cosa potrei dirle? Ma il suo pensiero ce l’ho sempre. Poco tempo fa mi hanno scritto per intervistarmi a proposito del mio lavoro poetico. Volevo rispondere a chi mi ha scritto perché non andavamo insieme a “intervistare” quella donna, e se poteva usare quell'”intervista” per raccontare ai lettori della rivista virtuale per cui scrive il mio punto di vista sulla funzione della poesia, invece che fare domande inutili, dalle inutili risposte, a me. Non l’ho fatto. Quel ragazzo mi avrebbe preso per una montata, una provocatrice. E’ successo quasi ogni volta che mi sono trovata a frequentare questioni poetiche in occasioni ufficiali od ufficiose e abbia espresso un’opinione, in pochi capiscono la mia idea di poesia, il rigetto più totale per le questioni puramente intellettualistiche, sulle quali sarei anche capace di discutere, ho perso diversi gradi di vista studiando per laurearmi in Lettere.
Un giorno mi fermerò e parlerò a quella donna. Oppure la fotograferò di nascosto, se non troverò mai il coraggio di fermarmi, e infilerò la foto in una poesia. Nella quale, magari, non scriverò nemmeno un’altra parola.
Perché ti dico tutto questo? Per far ridere O.C. (per quanto io creda che sia meno cattivo di quanto voglia far credere?)? No. Forse per dirti che anch’io mi sento spesso male, molto male.
Abbiamo spazi bianchi. Se ci mettiamo sopra le parole giuste, abbiamo provato a fare qualcosa. Non muoveremo popoli, ma animi di certo sì. Fosse anche soltanto un altro, oltre al nostro, è un risultato. Allora saremo serviti a qualcosa. Se apri questo blog, se mi vuoi, ci sono.
Ora vado a leggere la proposta di Bart, un po’ commossa – confesso – per il fatto che alla fine l’ha scritta! (Bart, se mi davi il foglio di persona ti abbracciavo!). E’ una cosa bellissima decidere di credere nell’utopia, perché se ci credo io, ci credi tu, ci crede egli, ci crediamo noi, ci credete voi, ci credono essi, alla fine diventa cosa.
@ O.C.
Saviano, pur avendo pubblicato con Mondadori, ciò che, in una mia ottica di eversione coerente dai sistemi di pensiero, e di diffusione dello stesso, vigenti e regnanti, può esser criticabile (e all’epoca lo feci), pur avendo, a mio avviso, evitato di spiegare le origini anche storiche della deriva delinquenziale e camorrista napoletana (permettendo così ai perbenisti di credere che al mondo esiste il Cattivo Punto e Basta e che a Napoli ce ne stanno tanti perché sono cadute tutte lì la Bruttezza, la Sporcizia e la Cattiveria dal vaso aperto da Pandora, e all’epoca lo dissi), ha, tirate le somme, portato il discorso sulla camorra alla ribalta nazionale e internazionale, e non soltanto letteraria. Quindi alla fine ce ne dobbiamo fregare di quanto ha guadagnato di diritti Mondadori e di quant’altro se con quel libro sensibilizza la gente e le istituzioni su questioni che non conosce o non immagina neanche o conosce ma fa finta di no. Se scrivessi ancora dove scrissi i miei dubbi riguardo a Saviano, in una recensione che mi costò il linciaggio pubblico, lo scriverei. Ma ho deciso di esprimere il mio pensiero, riguardo a quel luogo di scrittura, disertandone le pagine. Proprio per una questione di ritrovata coerenza.
Perché scrivo questi lenzuoli di cose? Perché parlano dell’atteggiamento che si può avere in quanto dotati dello strumento della parola. Non per altro.
gaetani, l’utopia non è mia, l’utopia è di francesco dama.
gemma riapre continuamente il discorso, lo rilancia, tiene teso il filo, resta fuori, mentre tutti sono rincasati. abbiamo bisogno di persone così. mi pare che in lei c’è utopia e attenzione, due cose che non sempre stanno appaiate.
vi giro un articolo appena letto in rete (milania.it)
In una società fortemente materialista e materializzata come la nostra, la principale delle fatiche non risiede nello sforzo fisico o lavorativo (a cui siamo ormai ben abituati…), bensi nello sforzo mentale, cioè in quell’attività di pensiero che sembra ormai sparita dalla nostra dimensione collettiva e che, anche individualmente, diventa una pratica sempre più desueta. Purtroppo, la storia ci insegna che la fatica di pensare (o, per usare parole di Brecht, il “sonno della ragione”) genera “mostri”. Una di queste mostruosità l’abbiamo sotto gli occhi in questi giorni: la polemica su politica e antipolitica, agitata da Grillo e rafforzata da campagne di stampa che in gran parte sposano le tesi ormai celebri del libro “La casta” di Stella e Rizzo (edizioni Rizzoli…).
I fatti: Grillo, Rizzo, Stella e compagnia ce l’hanno con la politica, identificata nella casta dei rappresentanti politici eletti nelle istituzioni e negli oligarchi dei partiti. In nome di questo disprezzo, propongono “un’altra politica” che sappia mostrarsi meno autoreferenziale e pasticciona di quella sopra definita. Questa tesi, pur perfetta nel suo svolgimento, tuttavia ha un vizio di origine. Grillo e compagnia, infatti, pensano di prendersela con la “politica”, ma in realtà se la prendono con un mondo che la rappresenta solo in minima parte.
La domanda fondamentale da porsi è:”cosa (e chi) è la politica, oggi, nel nostro paese?” La risposta (da noi come altrove) non può altro che fare riferimento a “chi organizza la convivenza della polis e la finalizza attraverso l’esercizio del potere”. Questa è (ed è sempre stata e così sarà sempre) la politica. E a voi pare che la nostra vita e le sue finalità siano organizzate e definite dalla “casta” dei politici eletti e dei capi partito? Suvvia, non scherziamo…
Il governo delle nostre vite (beninteso, non quello privato e autodeterminato) dipende da una molteplicità di centri di potere che, quando agiscono in maniera sintonica, ci danno la sensazione di produrre “governo”, mentre quando questi poteri procedono curandosi solo delle proprie finalità, tutto ci pare “sgovernato” (e probabilmente siamo in questo caso). Insomma, la politica è ovunque ci sia decisione. C’è molta politica nella scienza, nei media, nella finanza. Ce ne è meno in altri mondi, come quello della sopracitata “casta” (che, ormai l’abbiamo capito, pensa esclusivamente alla propria sopravvivenza).
Se questi sono i termini della questione (e ci piacerebbe che qualcuno si esercitasse nel confutarli), allora la sopracitata polemica politica/antipolitica rimane tutta dentro una dialettica “limitata” dell’esercizio del potere. Se davvero volessimo “fare nuova politica”, dovremmo interessarci di meno del fatto che al governo ci sia Prodi o Berlusconi e di più dell’ipotesi che ci clonino o no. Oppure, per fare un esempio che rimanga a Milania, dovremmo discutere meno su certe impotenti soluzioni “cosmetiche” in tema di mobilità (vedi ticket) ed invece domandarci veramente se chi produce automobili possiede anche qualche idea su come farle circolare o, almeno, si pone questo problema.
Insomma, la politica è laddove c’è la decisione. E occuparsi di politica significa rendere chiare le finalità dell’esercizio del potere. Certo, la battaglia contro la “casta” ci ha fatto capire che questo segmento della politica è ormai inutilizzabile, poiché appare incontrovertibilmente destinato a gestire il proprio piccolo potere in una funzione esclusivamente autoreferenziale. Ma, capito questo, non sarebbe ora il caso di capire quali sono le finalità di chi il potere lo detiene e lo esercita sul serio? Vogliamo cercare di capire dove e come viene esercitata la funzione di responsabilità (cioè la legittimazione politica dell’esercizio del potere) nelle banche, nella scienza e nei media? Vogliamo compiere questo faticoso sforzo di pensare, o riteniamo che la nuova politica sia gridare vaffanculo in piazza o comprare il libro antipartito edito dal più potente centro di persuasione del paese? Sono queste domande che possono farci capire qualcosa in più sul tema politica/antipolitica ed è su queste tesi che mi piacerebbe si aprisse il dibattito.
L’articolo di cui sopra, a mio avviso, dice tante cose, per non concludere nulla. Perché non vi è alcuna azione dietro le cose che dice. Ad esempio sappiamo tutti i guasti della globalizzazione, ma noi siamo qui per fare ciò che ci è possibile fare nel nostro piccolo. Altrimenti ci viene semplicemente richiesto di disperderci al vento.Con la scusa che i problemi sono assai più grandi, ci si farà sentire così piccini e inutili, da lasciare le cose così come stanno e indurci alla immobilità.
Intanto cominciamo dalla politica rappresentata dagli uomini negli organismi dello Stato, perché lì siamo tutti in grado di vedere e di operare. Chi sa che poi da cosa non nasca cosa e si possa a poco a poco vedere e agire anche più lontano.
Sono stata in giro, osservavo la gente che avevo intorno e cercavo di allocarla nei nostri ragionamenti di questi giorni, e cercavo di immaginare chi votano tutte quelle facce. Ipotizzavo probabili elettori di Rutelli e Berlusconi, uno aveva in mano il quotidiano “Libero”, avrei scommesso sul fatto che certi si astenevano con ribrezzo da anni, mi chiedevo chi votano tutti questi cinesi che vivono in Italia in maniera regolare, mi chiedevo la ragazzina con la Pinko Bag e gli orecchini di Hello Kitty e l’apparecchio ai denti chi voterà quando potrà, mi chiedevo chi votava la biondona sulla jeep che non mi ha fatto attraversare sulle strisce pedonali. Il punto, mi dicevo, è la moltitudine.
Saremo sempre una minoranza noi che pensiamo alla moltitudine nel nostro piccolo. Saremo inutili se ci penseremo come a una galassia a cui non apparteniamo.
Questo articolo tratto da Milania, Franco, riportando la questione alla pura teoria, come succede sempre quando si fa così, confonde le acque: la frase che dice che la politica oggi è “chi organizza la convivenza della polis e la finalizza attraverso l’esercizio del potere” si può usare anche per definire Hitler e i suoi campi di concentramento. Perché dovrei rispettare la politica in quanto tale se il sistema che mi organizza e finalizza funziona male o mi porta alla rovina? Se questo accade ho il dovere, oltre che il diritto, di trovare un modo di far sentire la mia voce. E qui, lo ripeto finché non mi tirate una schioppettata, Grillo ha il pregio di aver trovato un modo reale di parlare, arrivare a mia nonna e al manager di banca: va dai politici di persona, fa spettacoli, ha il blog, va in piazza. Cosa deve fare di più, in quanto cittadino che nota incongruenze ed urla che è così mentre gli intellettuali, che una volta erano il collante tra popolo e pensiero ne diffidano? Apparire alla Madonna?
Questo articolo, poi, cita a ragione banche, media e scienza (campi di estremo interesse per Grillo, infatti, che non sta solo a gorgheggiare i “vaffanculo” e poi torna a dormire, come pensa e diffonde chi mistifica la sua attività). Certo, giusto, giustissimo. Ci aggiungerei la religione, altra bella fucina di orientamento ideologico e politico ed esistenziale non da poco, ma tornerei a porre sul tavolo della TAC, per prima, la politica. O meglio, questi politici.
Cambiare le cose come avendo in mano una bacchetta magica è impossibile. Ma è certo che questa politica è morta, come mai era morta finora. Così come sono morti i media, la religione, ma pochi utenti se ne accorgono. La scienza e le banche ancora no, ancora galleggiano.
E subito dopo aver dichiarato che la politica è morta bisogna pensare a una nuova politica. Se chi legge “Libero” o chi vota Casini e ne è felice o chi fa del pensiero un antidetonante, invece che il contrario, lo permetterà.
Chiedendo venia per la pleonasticità invasiva dei miei interventi(di solito sono più contenuto),e ringraziando per l’ospitalità chiudo con l’auspicio che qualcuno mi racconti magari in un post prossimo venturo perchè in questa fase non è mai stato tentato un accostamento dei fermenti di questi giorni con quelli che fungevano da carburante per “lotta continua”,un movimento ampiamente sottovalutato e per motivi misteriosi destinato all’oblio,che assai probabilmente avrebbe potuto espugnare il nostro cuore(specifico che dello stesso ho una conoscenza superficiale)
si sente parlare di politica e antipolitica, anche qui, e mi viene sempre più da chiedermi: ma è politica quella che fanno oggi i personaggi che noi chiamiamo politici?? perché penso che loro siano solo politicanti, facciano la professione del politichese, e che con la politica non c’entrino niente. perché mi sembra che non ci sia un’antipolitica, bensì tentativi di politica di fronte al politichese che ha invaso il nostro paese, come dire, ai piani considerati alti. La politica non è finita, siamo noi che sbagliamo a definire politici e politica la cosa fatta da chi si alterna al governo. abbiamo perso l’uso e il significato delle parole e finiamo con l’usarle con troppa leggerezza. ‘notte.
ndr
Diamonds, bella la citazione. Tashtego, hai visto che spuntano altri pasciuti? Il nostro Massey, for example.
Per informarvi che, da utopista quale non mi nascondo di essere, nella home del mio sito ho messo una nuova Categoria, intitolata “E se decidessimo di non votare?” Con un articolo dallo stesso titolo vi ho espresso il mio pensiero.
Non ho aperto ai commenti, perché è un fatto tutto mio, intimo, e non mi andrebbe di mettermi a litigare con i soliti flamer.
Si può andare direttamente qui:
http://www.bartolomeodimonaco.it/online/?cat=20
Lo terrò lì per qualche tempo.
fateci caso: da santoro a a ballarò non capare mai uno scrittore, per nessun motivo, nemmeno qualche scrittorino di successo, niente.
immaginate uno come celati messo a discutere con mastella o la russa. forse in questo caso accadrebbe qualcosa. in realtà in quelle trasmissioni non accade mai niente.
Pur con tutto l’amore che nutro per Celati, ho i miei dubbi che sia telegenico come Mastella.
Perché qualche scrittore?
Nel senso di:
“ma perché proprio uno scrittore?”
Ho notato con dispiacere che, per quanto come dica Franco ci si sia dispendiati non poco, in questi commenti, sulla questione dell’impegno dell’intellettuale rispetto alla dicotomia politica/antipolitica, che mi pare essere argomento di attualità ben più importante di qualsiasi altra cosa un blog letterario e culturale possa pubblicare, rappresentanti ufficiali di Nazione Indiana 2 non hanno preso alcuna posizione…
Non è grave, è soltanto svilente.
Se questo è un blog collettivo che ha per scopo quello di sondare, analizzare e perfino agire nel mondo che ci circonda, forse una discussione sui punti sollevati da Franco Arminio nel suo post e da tutti i commenti ad esso seguiti, era auspicabile.
Sarò felice se succederà.
Ad ogni modo, per quanto riguarda me, linkerò permanentemente la proposta di Bartolomeo Di Monaco nel mio blog (non tenerla lì per qualche tempo: lasciacela). E’ poca cosa linkarla dal mio blog, che è una misera gocciolina in un mare enorme, ma lo farò. Poi la manderò via mail a tutto il mio indirizzario di amici, conoscenti ed estranei: non pochi “intellettuali” ufficiali non fanno che rompermi le scatole inviandomi memorandum sugli appuntamenti culturali di cui sono protagonisti con preghiera di diffusione o partecipazione; non poche case editrici mi notiziano continuamente delle loro uscite in libreria; non pochi blog mi informano della loro attività. Ora, per una volta, risponderò loro con la preghiera di diffondere qualcosa che io trovo importante, più di date di convegni letterari, festival letterari, nuove uscite letterarie.
Ciò che trovo paradossale – e poi chiudo – è che sullo stesso blog di Grillo un commentatore si chiedeva, qualche giorno fa, dov’erano gli intellettuali…
Già. Dove sono gli intellettuali già organici a qualcosa? Chi li ha visti? Voi li avete visti? Io no. Eppure, inforcavo gli occhiali.
stanno annusando lo Zeitgeist(maledicendo la nebbia e le stelle perchè questa volta non si capisce bene chi vincerà,e cosa c’è in premio)
ovviamente in questo troiaio non mi pare che NI abbia responsabilità specifiche.Il link al Blog di Grillo c’è sempre stato.Formarsi un idea sul da farsi spetta alle proposte dei singoli(loro mettono a disposizione gli spazi per raccogliere i contributi intellettuali.Non è poco)
cara gemma ho girato a sorrentino una cosa che rilancia il discorso. penso che uscirà nei prossimi giorni. io intanto continuo la battaglia su base locale.
oggi ho mandato questo comunicato ai giornali (qui ho persone in carne ed ossa che già ci stanno, di asseblee locali se ne faranno almeno cinquanta)
un abbraccio
La giornata dei paesi
Piuttosto che dare fuoco ai partiti (che già bruciano per autocombustione) si tratta di riaccendere il fuoco della democrazia.
Non ha senso discutere in astratto di politica e antipolitica.
Visto che vanno di moda le giornate a tema mi permetto, come paesologo, di indire per il domenica ventotto ottobre LA GIORNATA DEI PAESI. In questa giornata sarebbe bello che ci fosse in ogni paese un’assemblea in cui i cittadini discutano insieme dei problemi della loro comunità (così facendo si ottiene come primo risultato di dare un senso a questa parola).
Si può essere in cinque, in venti o in cento, quello che conta è ridare dignità allo spazio pubblico. È importante che le persone tornino a parlarsi da vicino, a partire dalle questioni vere e non da quelle imposte dalla televisione.
Lascio qui i miei recapiti per raccogliere eventuali adesioni.
Sono a disposizione per dare una mano a chi vuole farsi organizzatore questi incontri.
p.s.
Per cominciare: domenica prossima organizzo insieme ad alcuni amici un’assemblea sul centro antico di Bisaccia. Ovviamente, un’altra di sicuro la faremo il ventotto ottobre.
0827 89259
388 7622101
farminio@libero.it
@ diamonds
Non parlavo di responsabilità o dovere. Ci mancherebbe. No, lo specifico perché qui sono particolarmente suscettibili talvolta…
Ho scritto “auspicabile”. Mi pareva un interessante e necessario dibattito al quale partecipare, proprio perché il link al blog di Grillo c’è sempre stato e il post di Franco metteva in discussione (in senso letterale) i recenti atti di Grillo.
Ma magari non è così anche se mi pare…
Io ho parlato anche troppo, dunque smetto.