MOLOKH II
di Angelo Petrelli
I. 6 - no, non è precisamente una prospettiva – più che altro una prova di fede, una salto malfermo, di buio/in buio: queste immagini sorgono tra i freddi della mente, sono scuole di soprassalti, credimi, o di ragioni più calde, mucose semenze che vengono solo a segnarti il ventre di mille onde, sono lumache questi cervelli, bestie senza vertebre, onde psichiche * II. 15. e la stessa cosa è per quel lieto fine: nell’attrazione di una città ridotta, a portata di mano, di minime architetture – anche sessuali chiaramente – in aut/aut di risposta una qualche fase accomodante della nostra posa, un profilo messo alle spalle, somma e commozione/ segnale senza intoppo/ certezza/ cronaca di per sé morale variazione in corpo, in vita / minaccioso esilio / compromesso; * IV. 30. [hate blows a bubbole of despair into hugeness world system universe and bang] e.e.cummings nel tornare alle loro false caverne e pitturati gli afarensis dell’amianto resi in cenere dalle atomiche o/ad olio - essendo l’anticenere per beltà, per diletto, per pura emulsione d’industrie, di fabbriche di metalli dolirifici/a sud di schiume preziose o coralli umani rari nantes scivolosi come scogli archetipi di montagne, che solo più basse tese verso il profondo, che sono savana alla volte e antiche distanze da queste acque – rocce che sono alla base di tutto: fossile deus ex machina o cosa? * V. 32. il mondo // non affamato di cose sottili, mi dici - come la mente - magma di barocchi labirinti/edifici, ma senza rivoluzioni; - o sei un evento di labirinti più semplici - di rivolte per pane/pattume o cuore/letame, bruciato sei ai campi del grano il colore di fumo, l’apparenza più fitta di cielo: * V. 34. - e se ci credi al paesaggio - alla sua esistenza tra le ombre, alla fatica del doverlo sognare, al calare di macchie gialle nella mente, alla buona sera della tua [finta/luna di queste sabbie plastificate, nate per curve interrotte dal vento, sulla strada della fine le ricadute, sbandate che trovano posizione tra il giallo ancora e il nero: e che si aprono verso lidi chiari e immobili: e sono odore d’acqua, sono un freddo sidereo e sono palus forse: che distacco [proficuo, incontaminato! * VII. 40. vedi // ha un suo firmamento il cielo, anche se è solo cellofan questo che ci copre, lo ammetto – è falsa natura di mondo – è un’industria di S così esile da darci timore, ma oscilla e scivola, sembra nudo e ci credi, è al margine di cose più vere, semplice è dell’essere al mondo qualcosa di noi – ma non cede al vago, non dubita, è di più, è la nostra soluzione, è una fede; * 43. basti pensare alla nebbia alla pietra che cede a poco al bianco disco solare si perde avanzando ci viene vicino – e giusto riprende per gioco la forma di un fiore, malgrado alla pronuncia balbetti: color rosa – petalo o cremisi pallido o altro + rosa + rosa /colore vieni in contro lasciati andare, siediti in me - (con papaveri e profumi con stilemi d’emozioni - sei questa luna in linee difficili si perde, si perde, è più difficile ora che avanza – ora tra i campi in piene/in questo/in rosso) * 44. mi interrogo sui perché di un fiore, e mi informo se ciò che istighiamo è la presenza di un fiore/fantasma – o almeno – di un meritarsi di esserlo(un fiore) ma anche un segnale tanto dolce è da temere se terrificante, da non dimenticare – certo – può essere anche il fiore di un male, chissà come, al caso nostro – è questo nulla dove non esiste bisogno, è un bisogno del fiore, ora lo capisco – è così gentile da non lasciarsi toccare né predire o pesare – o almeno, lo spero – che sappia darsi fuori da me, nel suo limite di sogno, come di strade non giunte – beh allora – questa è la vera bellezza/ una destinazione mancante, non è più un fiore; * IX. 51. e certe volte scappa la bava al suo intreccio, la fune alla mano il suo creparsi nel triste abbozzo, la larva di un uomo alle prese col dolore – dirti natura o compromesso o cosa tra le cose? o Y o Beta o del centauri o dell’Omega – insomma – per spazi vasti, un credo alfabetico, oh retorica premessa: per un filo di presenza: un gesto: l’invano alzarsi dei tuoi occhi senza mestiere, né ironia; 52. quando ti vengo dentro/stanco di allinearmi come una sonda particolare, accanita, sono reduce verso sera - « intendo - stanco di illudermi » - o anche il sapere di estinguere me in quella macchia rossa, per poco, cedendo al suo schema, nel tuo sangue « è chiaro » sbagliandolo sempre, per distrazione credo, / o non so cosa / cosa mi prede ad un millimetro dal cuore, dunque al pathos * X. 63. ricordi – parlavamo di quel sole annegato dei vuoti occhi del pesce, della polvere da sparo, di quell’astro che mi sono goduto la tua mezza luna emersa dall’acqua tenue quella sera di fuochi che non posso sognare – ed ora, che non c’è più il mare e il problema non sussiste, ma è altro, invece, è non avere più pioggia che cade, qualcosa in cui credere del cielo, - o almeno - il pallido grano vederlo delirare attonito, ancora, nella massa dell’onda – se non si muove, credo sia morto, lascialo stare, al caso, è niente – è questo – ma se tace sii felice, perché è altrettanto gentile quanto freddo da non farci pesare la sua conclusione di speranze fallite e ragioni d’esistere – è questo del mondo – un silenzio fortunoso, un dilemma – tienilo a mente
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Questi testi inediti fanno parte di un volume di prossima pubblicazione per PeQuod.
Poesie superbe, moderne.
Nell(oscurità della fortezza moderna/micidiale, tristezza. Il cervello è devorato dalla follia, una bestia che rosicchia.
Leggo e provo la condizione dell’essere strisciando.
Uomo moderno, derelitto, alienato; si dice nel 30, scrittura della mente minacciata, ammalata, prigioniera delle sostanze chimice.
E’ un diario della mente.
Vedo un fiore nel 44, ma è fantasma, una marca del dolore; bellezza/bestia.
“E’ un bisogno del fiore”, giusto; l’anima aspira alla dolcezza infinita, ma la bellezza è nel cielo, miraggio irragiungibile.
Mi ha fatto un po’ pensare a Greta Rosso per lo sguardo disperato.
mah!
Mi sono piaciute. Ogni tanto c’è qualcosa che inchioda alla lettura, per fortuna. Complimenti.
Scopro inoltre che vivi a Lecce. Un punto in più.
(con papaveri e profumi
con stilemi d’emozioni
– sei questa luna in linee difficili
si perde, si perde, è più difficile
ora che avanza – ora tra i campi
in piene/in questo/in rosso)
poesia che si interroga,
a parte questi versi tra parentesi…
pletora di autoreferenzialità banali, superata ancor prima di pensarsi
petrelli, complimenti. sinceramente. le tue poesie commuovono anche un ghiacciolo come me. sarà che è un periodo un po’ particolare, in cui mi sento come i trapezi…
Mi viene quasi da leggerci due storie diverse: quella con lieto fine, una qualche fase accomodante della nostra posa, ceretzza e compromesso, la nostra soluzione, la vera fede; e quella di un distacco incontaminato, il rosa+ rosa che si lascia andare e si perde, si perde, il fiore/ fantasma , il fiore del male, così gentile da non lasciarsi toccare né darsi all’infuori di me.
porca miseria, poco ci manca che mi rimetta a piangere! torno a scollegarmi prima di scollarmi, aiuto!