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Piccolo Sud

di Cristiano De Majo

1 . Il sud che produce
Anche i bambini lo sanno, dopo il 2006 anche il 2007 è stato l’anno di Gomorra , il libro/miracolo cominciato sulle colonne di un blog letterario e arrivato negli scaffali dei supermercati. Un «successo clamoroso» che ha portato alla ribalta fino alla scrivania del redivivo Enzo Biagi il suo pluri-minacciato autore Roberto Saviano scatenando asprissimi dibattiti tra scrittori meridionali e non. Dopo alcuni mesi qualcuno ha cominciato anche a parlarne male. Per esempio dalle colonne del Mattino , pur con molti distinguo, Antonio Pascale si è scagliato contro «un’epica della criminalità che finisce per essere consolante». Lo ha seguito a ruota Andrea Di Consoli che ha proposto di dimenticare Saviano zittendo così «la retorica dell’apocalisse». Il disagio del successo ha coinvolto molti. Altri, forse più inesperti, hanno preferito imboccare la strada dell’epigonismo. Rimane il fatto che Gomorra è stato un vero trionfo editoriale. E’ piaciuto. Ed è un esempio di letteratura meridionale da classifica. Come Camilleri. Come Niffoi. Curiosamente autori di locale che si fa globale, di letteratura etnico/esotica di successo. Ma rispetto a questi, Gomorra ha fatto di più, è diventato un’estetica e un’ideologia, persino, secondo alcuni, un libro cambia mondo. In ogni caso un ingombrante modello da brandire o da cui cercare di liberarsi. E tra stragi di Duisburg ed estati incendiarie, tutti gli scrittori del sud sembrano obbligati – o si costringono – a considerarlo oggi un punto di riferimento.

2. Meridionali non meridionali
Per chi si chiede se al sud sia possibile scrivere libri italiani oppure si è condannati a produrre libri sul sud, le risposte vengono dai pochi autori che trattano il territorio come luogo e non come argomento. Poche tracce di romanzo borghese meridionale – un Ferito a morte per dire – ma neanche di un narratore morale alla Sciascia, dall’«impegno implicito». Il già citato Di Consoli si chiedeva appunto parlando di Gomorra se la criminalità fosse l’unico possibile oggetto d’indagine per uno scrittore del sud. Una domanda sensata che però sembra non tenere conto di una preferenza critica tutta italiana, quella per intenderci sempre pronta ad attribuire medaglie al risveglio civile. Ed è emblematico che gli scrittori che riescono a perseguire una strada più letteraria e individuale (ma non meno umana) e non forzatamente sociale o di denuncia siano quelli che dal sud sono andati via. Antonio Pascale (campano) appunto e Nicola Lagioia (pugliese), per fare due nomi di scrittori «emancipati». Oltra a qualche esempio in loco. Tra gli altri i racconti di Paolo Mastroianni raccolti in Altrove e usciti per Effigie, dove la provincia di Caserta è solo una tappa della via crucis nella mappa dell’immigrazione globale che si estende a Londra, a Bucarest, alle Filippine…

3. Chi fa i libri in Campania
D’altra parte la Campania, grande nutrice di scrittori di successo (De Luca, Piccolo, Parrella, De Silva), non porta altrettanto successo alle case editrici. Moltissime, ma nessuna (o quasi) realtà importante, non in termini di mercato almeno. Quasi tutte hanno scelto il mercato del folklore. Libri su Pulcinella e sulla tombola, guide ai misteri di Napoli che riempiono le vetrine delle librerie del centro. Persino il vecchio Pironti, scopritore innovativo tra la fine degli Ottanta e l’inizio dei Novanta, geniale compratore dei diritti di Bret Easton Ellis, di Don DeLillo, di Naghib Mahfuz, in mancanza di altre belle idee (e forse di soldi) si è rivolto alla napoletanità tradizionale e contemporanea, anche quella più becera, perché no. Ed ecco il diario di Annalisa Durante, la ragazza uccisa da una pallottola vagante mentre chiacchierava col figlio del camorrista ed ecco il Diario di una coscienza di Nunzio Giuliano, zio del ragazzo di cui sopra. La conferma di una situazione almeno poco rosea è il collasso di Galassia Gutenberg, una fiera del libro nata nel 1989 come idea importante e rigeneratrice e che in pochi anni in termini di presenze e qualità degli incontri si è vista surclassare dalla più giovane fiera della piccola e media editoria romana.
Nel panorama semi-desertico resistono alcune realtà non da poco e che tentano con difficoltà di farsi fulcro della cultura cittadina. Due su tutte, l’Ancora del Mediterraneo e la pigra e piccola ma raffinatissima Cronopio. Tutte e due possiedono un bel patrimonio in termini di catalogo e una visibilità che è paradossalmente più nazionale che locale. L’Ancora ha fatto esordire alcuni nomi importanti della narrativa (Pascale, Di Consoli, Zaccuri) e ha pubblicato una meritoria selezione di saggistica anti-provinciale con Fofi, Niola, Cavaglion, Berardinelli. Cronopio, invece, persegue la strada tutta in salita della sperimentazione e della ricerca pubblicando Nancy, Deleuze o raccolte di scritti su autori irregolari come Pynchon e Dick. Più periferica, ma molto combattiva Spartaco con alcune buone scoperte di narrativa straniera e un catalogo di saggistica «libertaria».

4. Lupara Europa
Nella regione dei Riina e dei Provenzano, del pizzo e dei pizzini, :duepunti edizioni sembra un acquario elegante e translucido impiantato in terre aride e polverose. Con qualche rischio di auto-isolamento. «Non possiamo continuare a guardarci allo specchio senza avere un orizzonte più ampio di noi stessi come termine di paragone» dice Giuseppe Schifani che insieme ad Andrea Carbone e a Roberto Speziale ha fondato la casa editrice palermitana, mettendo in piedi un catalogo anti-localistico con uno sguardo che riesce a essere centrale anche dalla periferia dell’Occidente. Loro sono gli scopritori italiani dello scrittore ceco Patrick Ourednik e del suo geniale Europeana . Quando gli chiedo se si sente imbarazzato a essere un editore siciliano che non parla di mafia, Schifani mi dice di essere convinto che «fare un certo tipo di cultura sia già una battaglia anti-mafiosa e che sin dall’inizio hanno cercato in tutti modi di evitare di cavalcare il filone della mafia». «Succederà solo quando avremo le spalle abbastanza forti per farlo, parlare di mafia con una voce significativa è tutta un’altra cosa», ribadisce. In Sicilia non esistono altri editori così fortemente ancorati al progetto. In Sicilia, certo esiste Sellerio, ma poco altro.

5. Grandi numeri
Sellerio e Laterza sono proprio i prototipi dell’editore meridionale di larga scala potenzialmente capaci di insidiare almeno qualche primato alla grande editoria del nord. I libricini con la copertina blu hanno fatto epoca ed estetica anche prima di Camilleri, quando per esempio negli Ottanta il Notturno Indiano di Tabucchi veniva indossato alla stregua di un Siddharta adelphiano. Nell’era post-montalbano Sellerio è comunque riuscita a non sperperare il patrimonio guadagnato in termini di aura (il giallo da gozzo & Donna Fugata, colori pastello) e ha scoperto Gianrico Carofiglio il magistrato-pugile-scrittore pugliese altro fulgido esempio di glocal letterario. La Puglia è anche la base di partenza dei fratelli Laterza, l’unico vero grande editore meridionale – seppure ormai mezzo romano – con un vasto e storico catalogo che spazia dalla saggistica alla scolastica, alle più recenti narrazioni ibride raccolte nella collana Contromano e con idee che sfiorano l’utopia come quella dei Presidi del Libro. Sono esempi corroboranti se si pensa all’assenza di una solida imprenditoria culturale in regioni come la Campania (per non parlare della Calabria), laddove a parte le succitate eccezioni, l’approssimazione, i sostegni statali, la politica sono ancora i punti cardinali nella produzione libraria.

6. Un’estate lucana
E’ curioso che provengano entrambe dalla piccola Basilicata i due trionfatori dell’estate letteraria e cioè il potentino Gaetano Cappelli e la materana Mariolina Venezia neo-vincitrice del Campiello con la saga marquezian-rupestre Mille anni che sto qui . Eppure non potrebbero essere libri più diversi. Uno (Venezia) con tocchi esotico-arcaici, l’altro (Cappelli) in stile contadino-newyorkese. Ma si può essere internazionali e vivere a Potenza? Cappelli potrebbe rispondere agitando la copertina del Corriere sulla quale il vate D’Orrico lo ha incoronato come il Roth italiano (ma non era Piperno il Roth italiano?). Storia controversa dell’inarrestabile fortuna del vino Aglianico nel mondo è il simbolico titolo di un romanzo nel quale si ironizza proprio sul rapporto tra centralità e perifericità, con un distacco che tradisce un certo coinvolgimento.

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12 Commenti

  1. Ma di che accidente parla un articolo come questo che parte da Gomorra, passa con una toccatina per Ferito a morte, prosegue sull’editoria e sulla fiera dei libri e affoga in Lucania? Che cosa ha cercato di comunicare? Innanzitutto ritorna la letania stonata verso Gomorra. Ancora con questo ricattino della personalissima captatio b verso l’Autore consacrato. Invece di accettare e vedere nelle giuste dimensioni Gomorra, uno dei tanti prodotti autoctoni del sud che deve convivere accanto alle altre forme del narrare e fare letteratura. Non è epigono di un bel niente. Sta lì, con la forza, talvolta inespressa, di un reportage. produce informazione. Certamente non è arte, non è letteratura. Assolve il compito della delega minima di cui l’italiano bolso e incancrenito da anni di tv aveva bisogno. Sapere per interposto persona e condensare in quegli abbagli di conoscenza il proprio ‘impegno’ . civile. Da l’autorizzazione morale all’uomo medio mafiosetto nel privato – quando ti prevarica negli atti minimi del quotidiano, quando sceglie corsie preferenziali, quando ruba i soldi dello stato – facendogli credere di aver finalmente aperto gli occhi. E poi questa parola sud, usata con leggerezza di tocco, come se non sentisse il peso polisignificante che si porta dentro. Questo creare contrapposizioni, antagonismi…letteratura borghese…ferito a morte. Se per te il romanzo di La Capria è solo una trita/tetra rappresentazione borghese ma allora lascia perdere; se non hai sentito il pantano millenario tra storia e natura, se non entri nella dolorosa luce che acqueta, se non cammini nello stile…ma allora lascia perdere De Majo, trovati altri campi. Come si fa ancora oggi a stabilire un orizzonte di competizioni tra impegno e disimpegno, vivendo tutto in maniera rigida, asfittica, asfissiante. Celebra Gomorra e non leggere il suo reale significato. Non leggere la sua importanza ma anche i suoi limiti. Gomorra è frammento del grande specchio infranto in cui si riflette il Sud. E’ frammento, non tutto. Concorre, non corre. Ha pregi e limiti. Di questi ultimi te ne dico uno per tutti: non produce rivoluzioni. Non c’è stato, a fronte della quantità di persone che l’hanno letto, un atto modificato, un nuovo orizzonte aperto. Non era suo compito farlo? perfetto, allora basta con la canea che dopo Gomorra non cresce l’erba. Al sud cresce un erba disperata e se vedi disperazione solo nella provincia casertana o nei traffici e non la leggi, traslucida, nei riflessi dei territori, nei colori, nei palazzi Don’anna, nelle incrostazioni secolari, queste si genitrici di quei comportamenti, se neanche Camus ti basta (La bellezza, certo, non produce rivoluzione. Ma arriva il momento in cui la rivoluzione ha bisogno della bellezza). Se la cantilena ininterrotta non tiene conto della differenza tra arte e tutto il resto, allora….

  2. Complimenti, una bella collezione di luoghi comuni presi pari pari dai giornali e riassunti senza neanche troppo stile. Che noia, che inconcludenza: che orrore! Ecco, cominciamo a classificare con le parole giuste le cose: ORRORE, questo è soprattutto questo tipo di scrittura.

  3. “6. Un’estate lucana
    E’ curioso che provengano entrambe dalla piccola Basilicata i due trionfatori dell’estate letteraria e cioè il potentino Gaetano Cappelli e la materana Mariolina Venezia neo-vincitrice del Campiello con la saga marquezian-rupestre Mille anni che sto qui . Eppure non potrebbero essere libri più diversi. – ‘ Uno (Venezia) con tocchi esotico-arcaici, l’altro (Cappelli) in stile contadino-newyorkese. ‘ – Ma si può essere internazionali e vivere a Potenza? Cappelli potrebbe rispondere agitando la copertina del Corriere sulla quale il vate D’Orrico lo ha incoronato come il Roth italiano (ma non era Piperno il Roth italiano?). Storia controversa dell’inarrestabile fortuna del vino Aglianico nel mondo è il simbolico titolo di un romanzo nel quale si ironizza proprio sul rapporto tra centralità e perifericità, con un distacco che tradisce un certo coinvolgimento”.

    per favore, gentile De Majo,
    rilegga questi due Importanti libri, Che buttare principi di definizioni del genere che ha messo lei quasi in calce al lungo testo è praticamente fare il gioco di raschiare le superfici,
    dove invece entrare nella Lucania, che è pure occorre dire in realtà la Basilicata, è tutt’altra cosa.

    a presto

    b!

    Nunzio Festa

    p.s. senta meglio Venezia, Cappelli, Di Consoli eccetera

  4. lo dicevo partendo dalle paroline “marquezian – rupestri”, per esempio…

    direi che sia necessario fare riflessioni più grandi, senza polemiche piccole piccole piccole (non è quello che voglio, almeno)

    b!

    Nunzio Festa

  5. A parte la Savianeide come opera-mondo, che manco Moretti (Franco) ambiva a tanto, definire i laterziani “presidi del libro” un’utopia significa ignorare come funzionano, ma proprio ignorarlo alla grande. Neppure un euro agli autori invitati, tutta la gloria, e che gloria, al più celebre editore meridionale. Che poi capisci come minchia hanno fatto a ristrutturare la storica sede barese, sulla pelle di chi, intendo (autori e lettori), in un epoca di crisi nera dell’editoria. Tanto per restare al Berystan, si veda la cartellonistica milionaria dei rivoluzionari da caffé, i Feltrinelli: manco fosse il World Trade Center.

  6. @ Alfano

    Scrivi:

    una bella collezione di luoghi comuni presi pari pari dai giornali e riassunti senza neanche troppo stile.

    Veramente, il pezzo di De Majo È un articolo di giornale. È apparso ieri su «Queer», supplemento di «Liberazione».

    Scusate, non volevo intromettermi.
    Ciau

    Cano

  7. Direi IL SUD Nobile, Grande, Luminoso, all’orlo della bellezza, della follia, della passione di sangue, di cielo, di terra.
    Ammiro molto Maria Ortese che scrive con il sguardo intenerito la gente del sud, il colore del cuore, il sorriso semplice, l’arte della dolcezza, della leggerezza di fronte alla povertà.
    E Elena Ferrante che scive con echi delle voce dell’infanzia, famiglia che mormora, litiga, gioca con il dialetto; un ricordo del sud che è la trama del libro L’amore molesto.
    E Marosia Castaldi, questa bellezza folla, l’avventura con la scrittura, la margina.
    Amo anche Camilleri per la sua buona umore, il suo appetito di vivere.

    Questa passione e questo talento si incarnano anche con Maria Valente e il nostro effeffe.

    Ma non dimentico il norte e gli amici del norte! Ammicco Andrea?

    Solamente fa un mese che sono stata a Napoli e i ricordi sono più vivaci.

    Grazie per l’articolo!

  8. Scusa, Cano, ma quello che dici serve solo ad aggravare la posizione intellettuale dell’Autore: solo in un “giornale” poteva stare infatti uno scritto del genere.

  9. Il libro di Cappelli è straordinario, la classificazione fatta non gli rende onore. E francamente di newyorchese ( ma anche di contadino ) non ho trovato. Anzi, che significa “stile newyorchese” o “contadino” ? Gli scrittori lucani si stanno facendo davvero onore, compreso Di Consoli che resta insopportabile come persona, almeno da quello che ho letto sul Mattino e sul Messaggero, ma il suo “Il padre degli animali” è un libro lirico, ben scritto, nonostante la cupezza ossessiva e gli anacronismi.
    Sarei meno entusiasta del manipolo di scrittori napoletani ( io lo sono, per inciso, napoletano e scribacchino ), in particolare proprio di quelli citati, eccezion fatta per Valeria Parrella di cui attendiamo la nuova opera ( che si preannuncia molto ambiziosa ). E sarei ancor meno entusiasta degli editori che pubblicano autori napoletani ( classico esempio di zappa sui piedi ), perchè a quanto pare “è il loro momento”. Mi è capitato di leggere cose davvero indecenti targate Napoli.
    E poi un piccolo spazio pubblicità. Ci sono editori a Napoli che meriterebbero la medaglia al valor civile. Tolti Guida e Pironti, che hanno fatto, e male, il loro tempo, voglio segnalare il mio amico Raffaele Calafiore di NonSoloParole. Un esempio di caparbio attaccamento alla narrativa che si fa senza un soldo in tasca.

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