Tutto quello che doveva essere il Gwen Dibley Show #1
di Christian Raimo, Carlo Marcolin, Giuseppe D’Ottavi
I Monty Python nascono nel 1939, si potrebbe dire. È John Cleese il primo a venire alla luce. Segue a distanza di un anno Terry Gilliam l’americano. Non passano neanche due mesi ed ecco arrivare Graham Chapman. Mentre il primo febbraio del 1942 è la volta di Terry Jones, gallese. Eric Idle e Michael Palin giungono uno a ridosso dell’altro nel 1943, rispettivamente il 29 marzo e il 5 maggio.
I sei si ignoreranno bellamente per i primi trent’anni della loro vita, studieranno materie inutili come medicina e architettura. Fin quando accadrà che una serie di circostanze li farà incontrare così tante volte da non pensare possibile evitare di lavorare insieme.
Anche se il sospetto di sfiducia reciproca si annida nel gruppo fin dall’inizio. Ecco come Micheal Palin ricorda Terry Gilliam: “Ho incontrato Terry per la prima volta alla Rediffusion Television quando Humphrey Barclay ci disse che dovevamo conoscere questo disegnatore di fumetti. Ecco, era un americano strambo. Pensavo che l’avevamo visto e finita lì. Credo fosse anche disoccupato al tempo. Ci siamo incontrati e la cosa che mi rimase più impressa di lui era che indossava un grande cappotto, un cappotto molto lungo. Un cappotto direi veramente enorme. Un cappotto proprio gigantesco”.
Ecco come John Cleese ricorda invece Graham Chapman: “Lo conobbi a un provino per il Footlights Dramatic Club il mio primo anno a Cambridge. Venivano selezionati soltanto 25 studenti all’anno, e per entrare occorreva che qualcuno ti notasse in giro per il College mentre stavi facendo qualcosa di buffo. Io e questo tizio allampanato cominciammo a chiacchierare prima dell’audizione e uscimmo a mangiare qualcosa. È molto strano ma mi ricordo che la mia reazione nei suoi confronti fu un sentimento di repulsione. Era una sensazione tutta di stomaco. Credo semplicemente che non mi piacesse per niente”.
Una sfiducia che nel tempo delle prime frequentazioni poteva trasformarsi in disistima quando non in palese disprezzo.
Ecco come Graham Chapman parlava di Terry Gilliam: “In Terry notavamo l’assoluta povertà del suo inglese. John diceva che il suo linguaggio era limitato, e che rispetto alle cose o diceva ‘figo’ o ‘mi fa veramente cagare’. Nessuna sfumatura possibile. Mi ricordo una volta durante un tour in Canada stavamo sorvolando il Lago Superiore e Terry sporgendosi dal finestrino guardava il lago e poi si girava verso di noi e ci diceva: ‘Ehi ragazzi – guardate che gran mucchio d’acqua qua sotto’”.
Ma come nascono i Monty Python? Siamo nel pieno del fermento della trasformazione degli anni ’60. L’Impero Britannico si sfalda e la generazione beatlesiana s’ingrossa: l’ondata di liberazione dalla swinging London si espande a macchia d’olio in tutto il Regno Unito, questo è il luogo in cui l’esperienza dei Monty Python prende forma. Soprattutto nell’ambiente dinamico dell’università, tra le compagnie amatoriali di Cambridge e Oxford.
La carriera dei sei passa anni in bilico tra i doveri universitari e il desiderio di darsi completamente al teatro. “Era il marzo 1964”, ricorda Graham Chapman, “e venne la Regina Madre a inaugurare il nuovo reparto di biochimica e fisiologia del Saint Swithin. A quel tempo io ero il Segretario dell’Unione Degli Studenti, e così fui invitato a prendere un tè con Sua Maestà dopo l’inaugurazione.
Durante il tè spiegai a Sua Maestà che facendo parte del cast del Cambridge Circus, una rivista che facevamo, eravamo stati invitati a fare un tour in Nuova Zelanda. E questo significava che avrei perso sei mesi di corsi di medicina, e i miei erano totalmente contrari.
La Regina Madre mi guardò e mi disse: ‘Ma è un posto splendido la Nuova Zelanda, lei deve andare’. Così utilizzai quest’affermazione per convincere i miei, e la cosa funzionò. Mia madre ora poteva andare dal macellaio e dire: ‘Oh, la Regina Madre gli ha detto che deve andare’”.
Racconta Michael Palin: “C’era un mucchio di gente che allestiva commedie, sketch comici, sia a Cambridge che a Oxford, era il modo di sopravvivere. La maggior parte di noi veniva dalla scuola pubblica. Dall’istituzione scuola pubblica. E come puoi sopravvivere nella scuola pubblica se non hai un minimo di senso dell’umorismo? Noi eravamo riusciti a sopravvivere alla scuola pubblica, e adottammo la stessa tecnica di sopravvivenza anche all’università. Soprattutto chi faceva materie umanistiche, lingue, arte, storia, eravamo tutti pieni di senso dell’umorismo. Mentre conoscevo davvero poche persone di fisica o di matematica provviste di senso dell’umorismo. Come dire, erano tutti così concentrati: che preferivano spaccare l’atomo piuttosto che spaccarsi dalle risate. Capite: questo tipo di senso dell’umorismo”.
Si formano quindi le collaborazioni stabili che saranno i due nuclei dei Monty Python. Da una parte John Cleese e Graham Chapman, i due di Cambridge, dall’altra Terry Jones, Eric Idle, e Michael Palin, di Oxford. Idle, Jones e Palin erano tra i protagonisti di Do Not Adjust Your Set, uno show televisivo che aveva conquistato un pubblico di nicchia, tra cui gli stessi Cleese e Chapman. “Graham e io” dice Cleese “guardavamo Do Not Adjust Your Set. Era il nostro piccolo sollazzo del giovedì pomeriggio. Finivamo presto a teatro, e ci mettevamo a guardarlo. Era la cosa più divertente che ci fosse in televisione. E in un giorno di noia, dissi a Graham: ‘Perché non chiamiamo questi tizi e vediamo se vogliono fare uno show insieme a noi?’ ”.
Racconta Eric Idle: “L’unica cosa che mi ricordo è che una volta avevamo deciso di incontrarci, e organizzammo un pic-nic. Guidammo lungo il Tamigi, da qualche parte vicino Eel Pie Island. Quest’incontro iniziale sarebbe servito a decidere quello che dovevamo fare e come farlo. Quindi andammo a parlare con i dirigenti della BBC, e dicemmo loro che tipo di show avevamo in mente. Essenzialmente dicemmo: ‘Non ne abbiamo idea’. E penso che li convincemmo”.
Terry Jones a proposito racconta: “Io non mi ricordo nessun pic-nic”.
La BBC accetta effettivamente l’idea del gruppo di realizzare una trasmissione tutta loro; il punto era allora come realizzarla.
“Facevamo delle tremende discussioni sul materiale”, dice John Cleese. “Era sempre sul materiale, e non su come recitare quello che scrivevamo. Mi ricordo che una volta litigammo per ore se un candelabro doveva essere interpretato da una capra o da una pecora. Sapevamo che dovevamo avvitare una lampadina a ciascuna delle quattro zampe, ma ci fu una lite accesissima: tre contro tre, e ci insultammo pesantemente: ‘Pecora di merda! Che senso ha una pecora? Dev’essere una capra!’
“Ci portammo dietro del vecchio materiale”, spiega Eric Idle, “Per esempio avevo scritto per Ronnie Barker di ITV lo sketch di Gomitino. E me lo rifiutarono. E se ci fate caso, se lo leggete e basta, non ci sono battute, e capite così perché non gli piacque. Quando lo lessi ai Pythons invece mi ricordo che si sganasciarono dalle risate, e dissero Okay si mette”.
I sei lavorano, scrivendo in gruppi: all’inizio i cinque inglesi, il due di Cambridge più spesso tra loro, e i tre di Oxford tra loro. Ai cinque si aggiunge in seguito il lavoro di Terry Gilliam, con le sue animazioni. “Gilliam con i suoi piccoli cartoon è riuscito a farci diventare popolari in America”, dice sempre Idle, “Perché ha offerto agli Americani quello che gli Americani amano di più: tette e violenza”.
Sono proprio Idle e Cleese i più prolifici, mentre Champan è sicuramente il meno attivo in fase di scrittura. “Graham mi infastidiva”, ricorda Idle, “perché poteva starsene completamente zitto per tutto il tempo in cui noi ci mettevamo a scrivere. Mi ricordo che una volta venne a casa mia perché dovevamo scrivere qualcosa per i Python. Io pensai: ‘Va bene, non dico niente finché non parla lui’ – Lui si sedette lì con la pipa e credo che passammo due, tre ore abbastanza piacevolmente. Poi a un certo punto si alzò e disse: ‘Devo andare’, mi salutò e se ne andò. Penso che fosse veramente felice perché non avevamo neanche cominciato”.
Ma da dove venivamo le idee per questo o quello sketch? Da dovunque. Il famoso sketch del pappagallo ha origine ad esempio dal garagista di Micheal Palin. Ricorda John Cleese: “Quando facevamo Come irritare la gente Micheal cominciò a parlarmi di quando portava la macchina dal suo garagista. Lui andava dal tizio e gli diceva: ‘Mi sa che ho un problema con la frizione’. E il tizio, il garagista, diceva: ‘Splendida macchina, una splendida macchina’ e Micheal diceva: ‘Beh, sì, è una splendida macchina, ma adesso mi dà questo problema con la frizione’. ‘Splendida macchina, non si discute’. ‘Sì, non si discute ma adesso ho questo problema’. ‘Beh, senta’, diceva il garagista, ‘semmai le desse qualche piccolo problema, me la porti che ci do un’occhiata’. ‘Il fatto è che’ riprendeva Micheal ‘mi ha dato qualche problema e gliel’ho portata’. E lui allora diceva: ‘Gran macchina, splendida macchina, se le da qualche problema, me la porti’. E allora Micheal diceva: ‘No, no, no, la frizione rimane incollata’. E lui replicava: ‘Segno di qualità, se ha una frizione che rimane incollata per i primi tremila chilometri, è segno di qualità della macchina’.
I Monty Python diventano presto un gruppo affiatato.
“Siamo sempre stati una compagnia molto democratica”, ricorda Terry Jones “Credo che è su questa base che decisi di farne parte. Mi ricordo che all’inizio, al primo incontro con la BBC, John disse: “Non vogliamo nessuna di quella roba tipo personalismi. Non vogliamo che alla fine delle puntate ci siano i nostri nomi con le nostre faccette associate’. E andammo dritti per questa strada. Con qualche minima oscillazione. John per esempio era sicuramente una personalità dominante, ma in termini esclusivamente artistici. Perché in realtà non penso che nessuno dominasse sugli altri. Nessuno aveva l’ultima parola, o qualcosa del genere”.
Michael Palin, Eric Idle, John Cleese, Terry Jones e Graham Chapman scrivevano e andavano in studio, seguendo un calendario molto disciplinato, con orari d’ufficio, dalle nove alle cinque, mentre Gilliam interveniva sempre in un secondo tempo: “Andavo ad assistere alle registrazioni una volta a settimana. La mia vita a dire il vero rimaneva separata da loro per il resto dei giorni. Loro se ne andavano al pub o al ristorante insieme, mentre io me ne stavo chiuso in casa a tagliare pezzetti di carta, fare collage, colorare. Ero sempre l’elemento dispari. E non è che ci fosse qualche problema in questo. Io arrivavo nei giorni di registrazione con vagonate di filmati. E cercavo sempre di non estraniarmi dal loro spirito e di essere coinvolto. Volevo far parte del gruppo. E loro in modo paternalista, direi molto delicato, loro per integrarmi mi permettevano durante le registrazioni di indossare un’armatura di ferro e di picchiare qualcuno con un pollo di gomma”.
Ma l’aspetto più interessante è il modo in cui venivano concepiti gli sketch. Michael Palin racconta lo sketch del boscaiolo: “Io e Terry lavoravamo insieme la maggior parte delle volte e mi ricordo benissimo il giorno in cui scrivemmo la canzone del boscaiolo. Eravamo al primo piano a casa mia e mi venne quest’idea di un barbiere che era un maniaco omicida, un barbiere assolutamente inadatto al suo lavoro. Mi ricordo che andavamo avanti gingillandoci con quest’idea tutto il giorno. Ecco c’è questo barbiere che è un maniaco omicida… Sì c’è questo barbiere che è un maniaco omicida che… Non sapevamo come uscirne. Poi alla fine della giornata, dalle sette meno un quarto alle sette e un quarto, ci venne in mente all’improvviso questo finale in cui lui si alza e dice: ‘Basta, non voglio più fare questo lavoro! Io voglio fare il boscaiolo!’”
Dopo aver accumulato materiale sufficiente per vari mesi di trasmissioni, il problema diventa quello di trovare un nome. Si legge sul diario di Micheal Palin: “Terry e io abbiamo buttato giù delle idee sugli zoo e su un guardiano di uno zoo che combatte contro dei predatori. Ad ogni modo ogni personaggio era interpretato da Graham Chapman e ci piaceva il nome Megapode. Così cominciammo a girare intorno a questo nome… The Arthur Megapode Cheap Show… The Admiral Megapode Flying Circus… The horrible Earnest Megapode Panic Show… The Venus De Milo Panic Show… The Megapode Atomic Circus… The Vaseline Parade…”.The Megapode Atomic Circus… The Vaseline Parade…”.
“‘Gwen Dibley’ è stato il nome più probabile per un bel po’”, ricorda Eric Idle, “era un nome che aveva trovato Micheal, perché questa era una donna realmente esistente che gli era capitato di vedere in una foto, e immaginammo che fosse abbastanza divertente per lei leggere sul giornale dei programmi che aveva una trasmissione tutta sua.
Poi venne fuori un nome composito ‘Python’ era John – era un soprannome che si era dato da solo – e io aggiunsi ‘Monty’ perché c’era un tizio in un pub che frequentavamo a Mappleborough Green, vicino a Studley, che si chiamava Monty, indossava un farfallino e sembrava un tipo simpatico”.
“Monty Python era divertente, allora decidemmo di fare come quando prendevano le decisioni nell’antica Persia. Lì ti dovevi ubriacare tutta la notte fino diventare completamente sfatto. Se la mattina dopo ti ricordavi quello che avevi deciso il giorno prima, allora voleva dire che funzionava. Così facemmo anche noi”.
“Tutto nel programma proveniva dalle osservazioni o dalle esperienze che ognuno aveva avuto”, dice Graham Chapman. “Effettivamente potevamo fare qualcosa, potevamo arrivare a cambiare il modo di pensare della gente. Non pensavamo di essere così intelligenti da fare prediche. E tutti gli sketch che facevano erano al limite. Come lo sketch del negozio di pompe funebri in cui John porta il corpo di sua madre in un sacco e discute con il tizio delle pompe funebri su cosa farne. Volevamo solo mostrare come sia stupido preoccuparsi della morte. E loro invece tagliano lo sketch nel montaggio. E io quando lo seppi divenni così furioso che diedi un calcio alla porta dello studio di registrazione. Purtroppo non la spostai di un millimetro e mi ruppi due dita del piede”.
Il primo episodio del Monty Python’s Flying Circus fu registrato il 7 Settembre 1969 e fu trasmesso domenica 5 Ottobre alle 20 sulla BBC. Fu subito un successo, subito un programma di culto. Immediatamente i Monty Pythons producono dischi, stampano libri, sono in tour per tutta l’Inghilterra. Si forma un schiera di fan secondi solo a quelli dei Beatles. E forse dei Rolling Stones. E dei Pink Floyd. E dei Beach Boys. E dei Village People. E dei Jefferson Airplanes…
Alla prima serie del 1969 ne segue subito una seconda nel 1970, ma bisognerà aspettare fino al 1972 per avere la terza, e il 1973 per la quarta, che sarà registrata senza John Cleese, che dei sei sembra il più rigoroso e attento al non far diventare la comicità dei Pythons un meccanismo ripetitivo e meramente autocelebrativo.
Nel frattempo però il nome dei Monty Python, e i Monty Python stessi, fanno il giro del mondo.
Nel 1971 i sei realizzano E ora qualcosa di completamente diverso, un film che raccoglie il meglio dei loro sketch televisivi. La regia è affidata a Ian MacNaughton, come era anche nel Flying Circus che durante le riprese riceve tutte le critiche del gruppo, soprattutto quelle di Terry Jones e Terry Gilliam che non nascondono di volersi mettere loro stessi dietro la macchina da presa, non lesinano occasione per dire come avrebbero girato loro questa o quella scena.
Ian MacNaughton viene ricordato soprattutto perché si ubriacava con Graham Chapman ogni pausa pranzo della lavorazione del film.
Il film servirà soprattutto a farli conoscere e apprezzare dal pubblico americano, mentre nel resto d’ Europa sono ancora un fenomeno di nicchia. Nella primavera del 1971 i Pythons sono invitati dal produttore televisivo tedesco Alfred Biolech a mettere in scena una serie di show originali in Germania. “Pensammo che fosse abbastanza strana l’idea di partire e andare a fare le nostre cose in Germania”, dice Micheal Palin, “e questa perplessità era dovuta sicuramente alla convinzione che i tedeschi avessero meno senso dell’umorismo di noi”.
Eric Idle ricorda: “Alfred Biolech ci fece quest’offerta meravigliosa: ‘Venite in Germania, vi faremo fare un giro per vedere anche dei posti su cui potreste scrivere degli sketch’. E noi pensammo: “Fantastico: un tour di scrittura. Non si era mai vista una cosa del genere’. Fu un viaggio di cinque giorni in giro per la Germania. Arrivammo all’aeroporto di Monaco e eccoli lì i tedeschi che ci offrono questi enormi boccali di birra di benvenuto. E poi ci portarono direttamente a Dachau, e lungo la strada ci perdemmo in mezzo a una pioggia scrosciante. Ci fermammo a chiedere la strada e la gente non aveva assolutamente idea di dove fosse. Ma alla fine arrivammo a Dachau e pioveva a dirotto ed era tardi e ci dissero che era chiuso. Allora Graham urlò: ‘Digli che siamo ebrei, così ci fanno entrare’.”
Ricorda Terry Gilliam: “Credo che fossimo d’accordo fin da subito su quello che volevamo nel nostro programma, ma anche e soprattutto su quello che non volevamo. Cercavamo di procedere seguendo un filo completamente libero, un flusso di coscienza. E questa cosa funzionò così fin dall’inizio.
Una delle cose che tutti avevamo notato, guardando Peter Cook e Dudley Moore e tutti i programmi del genere, era che avevano sempre bisogno della battuta finale. Riuscivano a costruire questi sketch grandiosi, tutti questi personaggi, ma c’era sempre questa battuta finale che era debole e ti lasciava una specie d’amaro in bocca soprattutto quando lo sketch era perfetto.
Così decidemmo ok, sbarazziamoci della battuta finale e freghiamocene. È tutto un unico flusso di coscienza. Non abbiamo bisogno di battute finali. Andiamo avanti finché la cosa regge e poi passiamo a qualcos’altro”.
“La cosa migliore che abbiamo fatto”, dice Graham Chapman “è stato sbarazzarci della battuta finale. Per anni la gente faceva queste cose in cui alla fine c’era la battuta finale. E anche noi come scrittori abbiamo fatto la stessa cosa. Il produttore rimaneva piuttosto perplesso se non c’era la battuta finale perché, diceva, ‘come faccio a finire un pezzo se non indico al pubblico dove applaudire? Deve esserci qualcosa lì.’ Beh, il fatto è che noi non ci preoccupavamo molto del pubblico. Che facessero come volevano”.
È difficile dire se i Monty Python fossero in sintonia coi tempi o se fossero i tempi ad essere in sintonia con i Monty Python. “I Python hanno sicuramente cambiato la comicità ma in un senso direi negativo”, dice John Cleese. “Perché penso che invece di avere dei seguaci, ci sia stata molta più gente che ha preso le distanze. È come se vedessi che noi avevamo aperto la strada per un certo tipo di comicità, ma che non è stata una strada molto battuta. D’altra parte penso che abbiamo reso un sacco di gente contenta. Soprattutto li abbiamo fatti ridere, che forse è l’esperienza più piacevole che si può avere. Dopo aver guardato i Monty Python la gente non poteva prendere il mondo sul serio almeno per il resto della serata. Un tizio una volta mi ha detto che non poteva vedere il telegiornale dopo aver visto il Flying Circus. Varie volte mi sono commosso particolarmente, quando un sacco di studenti, soprattutto Americani, venivano da me a dirmi: ‘Quello show mi ha aiutato a passare gli esami. Senza vedere i Monty Python sarei stato bocciato’. Mi piace pensare che abbiamo avuto questo tipo di effetto sulla gente. In America, ovviamente, il Saturday Night Live, è stato influenzato dai Monty Python. E infatti la cosa divertente, è la gente che guarda il Saturday Night Live e poi guarda il Flying Circus, e pensa che noi abbiamo copiato tutto da lì”.
Ma l’influenza dei Monty Python non si limita all’innovazione della comicità, ma è forse addirittura entrata a far parte del linguaggio di tutti giorni. L’esempio più eclatante è la parola spam che oggi viene usata per indicare i messggi di posta elettronica indesiderata o in genere tutta la spazzatura inutile che gravita intorno alla rete. Beh, tutto questo ha avuto origine in uno sketch, questo .
per dirla alla Terry Gilliam: figo questo post.
p.s. ah, dimenticavo SPAM!
“il senso della vita” è uno dei film fondamentali della storia dell’umanità!
;-)
and now for something completely different: bellissimo tributo al genio insuperabile della comicita’ dei monty python!
grazie.
Vi ho seguiti alla radio, vi rileggo con piacere qui.
Ora vado a ingozzarmi, sperando di non scoppiare.
P.S. Un saluto particolare a Giuseppinò, da San Lorenzo a Oltralpe (il che, pure, fa molto radiofonico).
Da qualche giorno mi sono imbattuto in un gruppo di comici americani che hanno la freschezza e la provocatorieta` dei Monty Python. Sono giovanissimi e si chiamano “The whitest kids U know”.
Per chi sa l`inglese:
http://www.youtube.com/watch?v=m7iwZ4PZAfQ
http://www.youtube.com/watch?v=BKXe0Rl9CZQ
http://www.youtube.com/watch?v=HDZ574eh9Yw
Qui altri video:
http://www.youtube.com/profile_videos?user=llovethewkuk
http://www.youtube.com/profile_videos?user=whitestkidsdotcom
io voglio sentire la canzone del boscaiolo!
SPAM!
vi ho seguiti anch’io (con piacere) alla radio, ho letto “a pezzi e salti” qua… grazie!
raimo, vai a lavora’!
beccatevi questo sketch dei MP:
http://www.youtube.com/watch?v=H5fQ32TTgcY&mode=related&search =