La Merca, romanzo di de-formazione
di Cristina Babino
Chiara Daino, La Merca
Fara Editore, 2006 (€ 12,00 – pagg. 132)
La Merca è un romanzo di de-formazione. Atipico, coraggioso, sperimentale.
Esperienza (di vita) ed esperimento (letterario) si fondono in quest’opera forte e disturbante, capace di affrontare con disarmante sincerità – brutale a tratti, e a tratti struggente – la tormentata realtà delle persone affette da disturbi del comportamento alimentare (d.c.a.). Tema di enorme, dolorosa complessità, eppure spesso dibattuto a sproposito, confuso e frainteso tra fatti di cronaca, analisi psicologiche da salotto televisivo, frettolose disamine sociologiche.
Chiara Daino decide l’esposizione totale del soggetto-oggetto del proprio raccontare. Pagina dopo pagina, la protagonista Jenny in-scena un gettarsi spavaldo e disperato nell’arena, una sorta di privatissima performance, un feroce darsi in pasto (in senso neanche tanto figurato) al pubblico, ai lettori. Opera prima della giovane Chiara Daino (nata a Genova nel 1981, attrice, autrice, songwriter e traduttrice), La Merca spiazza e conquista soprattutto per l’uso mirabile di un linguaggio sdoppiato, elastico, duttile come metallo da battere e (carnem) levare.
Una lingua che si fa strumento chirurgico, anzi arma da taglio, a sezionare con perizia sottile, impietosa e intelligente, un corpo schiavo della mente e però padrone al tempo stesso, nella sua sempre più diafana e ingombrante presenza fisica: “Nessuno conosce il corpo meglio di chi lo detesta, e Jenny possedeva una visione, seppur dismorfofobica, del suo fisico, perfetta – al microscopio. Nessun margine d’errore per quelle forme al margine dell’osso”.
Jenny si rap-presenta così nella sua più completa nudità: il corpo asciugato di vomito e lassativi, le calorie da computare diligentemente, gli specchi nemici, le cliniche-prigioni da cui evadere, le violenze subite, l’inutilità delle amicizie. E, sopra tutte, le disastrose relazioni con l’altro sesso. Motivo di distrazione, di momentaneo riempimento di un vuoto altrimenti incolmabile, di sofferenza, e mai di appagamento : “All’invito di Doc Rodrigo – Ciao bella! Come stai? Un colpo?” – Donna Abbondia rispose “Sì”, la sventurata.”
La sua è una solitudine invincibile e sovrana, eppure mai commiserata, mai oggetto di pietà. Piuttosto esibita con dissacrante re-attività, con un’ironia urticante che è ultima, estrema difesa: “Jenny paranoica si massacrava di palestra e scopate, in misura eguale – pari e patte (aperte) – per calcolare le calorie bruciate in moto: su-giù lo stepper, sopra-sotto un uomo. La sola differenza? Non dover rassicurare l’attrezzo (ginnico/Jennico) sulla qualità della prestazione.”
Quello di Jenny è un corpo che viene consapevolmente, testardamente de-costruito etto a etto – insieme alle ossessioni di cui è prigioniero – e si consegna infine all’autodistruzione, a una deflagrazione atomica che ne polverizza il peso e l’esistenza.
Bildungsroman al contrario – come suggerisce Massimo Sannelli, curatore dell’editing del libro – La Merca segna un esordio deciso, imprime un marchio di fuoco, una lettera scarlatta. Non cucita però. Tatuata.
(Pubblicato su “Stilos” – Aprile 2007. Nella foto: Chiara Daino.)
Acquistato il libro dopo aver letto le bellissime poesie e il giudizio è impietoso: il libro non è all’altezza delle poesie. Nemmeno le sfiora.
Lo confesso, dopo le prime 15 pagine mi sono arreso.
Blackjack
Cosa intende esattamente Massimo Sannelli per Bildungsroman al contrario?
Credo che il libro mi interessi. Nessun margine d’errore per quelle forme al margine dell’osso mi ha convinto…
Un grazie CHE SIA
a Franz e a Cristina: stimati supporti di uno scritto “straniante”!
@Blackjack:
Lo “scoglio” iniziale (mi) è stato segnalato anche da altri lettori – La Merca è dotata di vita propria [e ha un pessimo carattere! ;), non socializza facilmente…]; ti sono davvero grata per la “confessione”: mi hai stupita! Sei il primo [e, sinceramente, credo l’unico] a preferire i miei versi [ti prego, non chiamarle poesie – che i Poeti mi lapidano!] alla mia prosa.
Felice comunque di averti [in qualsiasi modo/metro] emozionato: è il centro, per me.
@ Alessandro Morgillo:
“Nessun margine d’errore per quelle forme al margine dell’osso” ha con-vinto anche me…
Gran pezzo del Franz, orridamente corto nella misura. Se fa’ minga inscì – dighèl a quèl Gheddafi là.
guadda collega garo (si fa per dire) ghe il pezzo lo scrisse la stimatissima critica del gendroitalia (e sottolineo gentroitalia, è vero) cristina babino, leggi bene per cortesia. ci vediamo a montecitorio per le vacanze – al sud per te, al nodde per me, è vero.
il signor borghezio deve avere problemi con la bravura quando essa è calata in un corpo femminile. signor borghezio se vuole sul mio pianeta abbiamo la valle delle bambole gonfiabili al metanolo. la usiamo come discarica. c’è posto per lei.