Articolo precedente
Articolo successivo

Chinatown!

ap101710631204155717_big.jpg

di Gianni Biondillo

Il 26 febbraio di quest’anno pubblicai un articolo su Epolis Milano. In seguito alle cose accadute in via Paolo Sarpi a Milano, la scorsa settimana, ho voluto parlarne ancora, sulla stessa testata, oggi. Pubblico qui di seguito i due pezzi, fra loro intimamente legati.

1.
Sto pranzando con il mio socio di studio e un’amica, alla quale abbiamo ristrutturato la casa alcuni anni fa. È una piccola cosa, un appartamento al piano rialzato collegato ad un giardino, ma fatta seguendo il buon gusto della proprietaria, che desiderava vivere proprio in quel quartiere, zona Paolo Sarpi. Ora ci dice che vuole venderla. Restiamo di stucco: qualcosa non va? La casa le piace, ci dice, ma non ce la fa più a vivere lì. Preferisce traslocare altrove. Come mai? “Troppi cinesi”, è stata la sua risposta. E messa così pare insensatamente razzista. Eppure lei quando acquistò l’appartamento lo scelse anche per la presenza storica della comunità cinese, cos’è cambiato nel frattempo?
La nuova immigrazione cinese ha comprato tutte le vetrine su strada, trasformando i negozi al dettaglio in commercio all’ingrosso. La mia amica non sa più dove andare a comprare il pane, per fare la spesa deve camminare per un chilometro circa. Come se non bastasse, dato che è stato vietato il transito di camion in quelle strade strette e trafficate, i titolari degli ingrossi fanno avanti e indietro con enorme sporte, macchine stipate all’inverosimile, carrelli, occupando i risicati marciapiedi e lasciando cataste di cartoni sulla strada in attesa del camion dell’amsa, obbligando ad assurde gimkane i pedoni che si avventurano da quelle parti.
Probabilmente, se vivessi lì, anch’io sarei esasperato. Anch’io avrei da sbottare rabbioso, di fronte all’ennesimo carrello che mi schiaccia un piede. Ma mi chiedo: di chi è la colpa di tutto ciò? Perché è stato dato il permesso ad un quartiere che non ne ha la vocazione di trasformarsi in un enorme magazzino all’ingrosso? Com’è che l’amministrazione comunale non ha saputo immaginare che tutto ciò sarebbe accaduto? O hanno solo pensato alle tasse comunali che avrebbero incamerato da una comunità che dal punto di vista dell’ordine pubblico non ha mai dato pensieri e che si riconosce per la sua operosità? Questo lasser-fair ha portato solo ad una situazione di esasperazione, in una zona di Milano da sempre bella e caratteristica. Forse questo esacerbare gli abitanti del quartiere giova politicamente a qualcuno, non lo so. So solo che la politica ha il dovere di prevedere i problemi, o al massimo di risolverli con celerità e razionalità. Per poter permettere alla mia amica di comprare il pane sottocasa e con lei anche alle sue anziane vicine.

2.
Neppure due mesi fa, proprio su queste pagine, parlavo della spinosa questione della nostra Chinatown. Scoprirsi involontarie cassandre non è mai bello. Lo dissi ad alta voce: “Perché è stato dato il permesso ad un quartiere che non ne ha la vocazione di trasformarsi in un enorme magazzino all’ingrosso? Com’è che l’amministrazione comunale non ha saputo immaginare che tutto ciò sarebbe accaduto? O hanno solo pensato alle tasse comunali che avrebbero incamerato da una comunità che dal punto di vista dell’ordine pubblico non ha mai dato pensieri e che si riconosce per la sua operosità?”
Ora questa comunità, che a Milano prospera da ottant’anni e che, nello specifico, ha lavorato nella assoluta legalità è esplosa. Multare chi non rispetta le regole è giusto se, e solo se, tutti quelli che non rispettano le regole vengono multati. La legge deve essere uguale per tutti e non uguale in modo differente. Utilizzare la multa come arma di dissuasione mirata (perché di carrelli spinti da italiani in altre parti della città, o di suv in terza fila davanti alle scuole del centro, io ne vedo in continuazione) è cercare di mettere un semplice e ridicolo cerotto per suturare uno sbrego sociale causato da un autentico vuoto pneumatico politico.
Fermo restando che la legalità non è né di destra né di sinistra ma è un requisito d’obbligo di ogni democrazia, chiedo di nuovo, voce nel deserto, a chi ci amministra ininterrottamente da quattro legislature: perché avete permesso che la logica del libero mercato, da sola, senza nessun progetto di amministrazione del territorio, facesse quello che voleva (e cioè il proprio interesse) e ora, scappati i buoi, volete chiudere la stalla, con un gesto d’autorità che rasenta il ridicolo?
Questo battere il tamburo sul tema della sicurezza, questo etnicizzare i problemi, dando la colpa a chi è diverso per mantenere, pelosamente, intonsa la nostra coscienza, è una politica dal fiato corto. Cortissimo. Quelle persone hanno in tasca una licenza legalissima, hanno il diritto di commerciare, qualcuno gliel’ha data, qualcuno, ora, dovrebbe pagare l’incosciente spreco del territorio e la conseguente ferita sociale inferta. Chi ci va di mezzo, ora, sono i vasi di coccio, gli abitanti italiani e cinesi del quartiere, non certo i vasi di ferro che nei loro attici del centro parlano a sproposito di legalità, mentre si fanno servire un cocktail dalla loro servitù. Cinese.

Print Friendly, PDF & Email

75 Commenti

  1. Tesoro, se vieni ad abitare in centro a Venezia, potrai nutrirti solo di maschere, gondolette veneziane in miniatura e articoli in finto vetro di Murano. Il pane, ormai, solo in Strada Nova:-/

  2. Che vuoi fare, Gianni…abbiamo un sindaco smemorato. Ricorda e crea solo le emergenze che fanno il suo gioco. Sulle emergenze dimenticate dalla Moratti rimando al bell’articolo di Luca Fazio sul Manifesto di sabato.

    Anche sul fermo NO morattiano verso le zone franche a Milano, me ne vengono in mente alcune che la smentiscono in pieno: la tolleranza verso le auto in doppia e terza fila in ogni dove; le automobili che ormai passano non solo con l’arancione ma anche col rosso pieno; i limiti di velocità urbani infranti da auto che scambiano magari viale monza per il circuito di monza (non è che nelle altre strade sia diverso….ho solo tentato una mezza battuta!); le auto che ornano i marciapiedi togliendo spazio ai pedoni e rendendo difficoltoso il passaggio di pedoni, portatori di handicap, anziani e mamme col passeggino (è anche il loro sindaco!); non parliamo poi della tolleranza verso i parcheggi creativi ma selvaggi nei pressi di locali e zone da “avvistamento vip” (tipo corso como e zona corso garibaldi)…mi fermo qui. Forse vedo il male dove non c’è…forse il vero problema di milano sono i carrelli dei cinesi in via sarpi…

    Comunque, sabato sera ero a cena in una trattoria cinese in via sarpi (trattoria long chang; via sarpi angolo via aleardi; a gestione familiare, una delle più buone che ho trovato a milano) e il titolare mi chideva cosa “pensassero gli italiani” degli scontri e dei fatti dei giorni scorsi. Con imbarazzo non ero riuscito dire granchè…a parte le solite cose sulle posizioni contrapposte (la comunità cinese che parla di aggressione e di una donna picchiata dai vigili davanti alla figlioletta; il comune che parla di azione premeditata etc etc)…a parte questo, dicevo, ora mi viene in mente una cosa: quando vivevo a roma per l’università, ho assistito alla crescita vertiginosa del commercio cinese in zona Piazza Vittorio, con gli stessi problemi di milano (esercizi necessari come panettieri e simili scomparsi, via vai di furgoni e carrelli stracarichi etc etc)…eppure, la cosa è stata regolamentata e risolta nel tempo senza nessuno scontro “di civiltà”….

    Sarà – si domandava qualcuno su repubblica di sabato – che a Roma c’è Veltroni e a Milano la Moratti?!

    PS: mi viene in mente che lo scorso anno, la sindachessa trovò coraggio e uscì dalal città che amministra (quelal che finisce alla prima cerchia dei navigli) e – scortata come se fosse a Beirut – si addentrò inorridita in via padova. Anche li tolelranza zero, le cose dovevano cambiare, ci avrebbe pensato il comune….da li in poi non è cambiato nulla, e se doveste chiedere alal sindachessa qualcosa su via Padova, vi risponderà che no, non sa cosa rispondere….non va da tempo in veneto!

  3. Biondillo, la retorica è l’arte di chi ha poco da dire e poco da proporre. Non capisco qual è la tua tesi. Più controlli? Immigrazione oculata? Esercenti stranieri che vendano ciò di cui l’italiano medio ha bisogno? Alzare le tasse agli extracomunitari? Panettiere personalizzato per la tua amica? Ti rendi conto che non dici mai niente di nuovo e che lo dici pure male?

  4. Ciao Gianni. Conosco bene la situazione di Paolo Sarpi e “limitrofie”. Una zia ci vive da sempre. Due amici hanno le loro gallerie d’arte. Una serie di amiche straniere ha trovato alloggi per il periodo di studio. Lì, nella zona “dei cinesi” è sempre festa e non ti senti mai solo. In più come dici tu, lavorano. Si sono costruiti una comunità nel loro stile. Come in America, quasi. Ma non si può evitare di parlare dei soliti due pesi e due misure. Prova a lavorare in Corso Monforte. A lasciare non il repellente Suv ma una vecchia Panda con le 4 freccioline accese, a cavallo del marciapiede per scaricare un cartone di acqua minerale. Torni e hai una multa. Sicura, tranquilla che qualcuno pagherà senza fare una piega. Là no. Da sempre tutto succede secondo le regole di una città nella città. Certo non è Via Anelli a Padova (sei andato a fare una visita guidata da quelle parti? una sciccheria). Neanche la “nostra” Viale Ungheria ai tempi migliori. Ma adesso, ammesso sia vero, li senti i ricatti? Ora non so come andrà a finire, ma tutto questo mi dispiace. Perchè alla fine sarà che dovranno trovare regole speciali, perchè quelle normali è troppo tardi per applicarle. A meno che non si voglia debellare la comunità e applicare la sottile e serpeggiante legge del razzismo cosmico (attenzione perchè se tocchi un albanese o un senegalese sembra di essere più razzisti… stranezze vero?) Così va Milano. E’ piena di postille alle regole normali. E forse alla lunga, purchè valga anche per i milanesi, le regole speciali sono quelle fatte a misura del singolo. Più umane. Più ragionevoli. Non so.
    elisabetta

  5. Io concordo con Gianni e penso che sia ora di smetterla di gestire le cose in modo tale che arrivino ad una situazione degenerata e irrecuperabile come ci viene propinato ogni giorno e come possiamo bene riscontrare con personali esperienze che hanno certo a che fare solo con la panetteria comoda comoda. Illusion pensare che ci siano zucche che abbiano la sensibilità necessaria per gestire ambienti e persone che li vivono in modo adeguato ma parlarne: quello almeno si. Bravo Gianni

  6. Difesa non richiesta di Gianni Biondillo:

    Ah Matteo…e le tue di proposte, dove sono? La critica fine a se stessa fa gli stessi danni della retorica.

    PS: Matteo, proponi le tue argomentazioni, fallo anche in maniera esteticamente gradevole…ma fallo! Altrimenti lascia che questo rimanga uno spazio di dialogo e confronto. Senza insulti.

  7. Albanesi, non ho nulla da proporre – ma certo non apro discussioni quando non so che ‘salmone inseguire’. E’ come se Biondillo avesse scritto: c’è traffico; tanto traffico; troppo traffico; vi rendete conto del traffico che c’è?
    Dunque?

  8. beh, signor Matteo, a onor del vero come spesso succede, prima di trovare soluzioni si studia il problema. a Milano, purtroppo, non tutti sanno (sigh) che esiste un quartiere cinese… è tremendo ma è così. Quindi, può darsi che serva anche solo descrivere il fenomeno. E siccome si descrivono fior di fenomeni inutili in rete, ma così inutili che più non si può, almeno questo, “i cinesi” è visto, conosciuto, raccontato, da oggi per tutti (anche i non milanesi). Si accettano pareri e proposte. Anche le sue. Almeno qui, credo. Perchè nella realtà ci sarà ben poco da fare.
    elisabetta

  9. Argomentazioni tutte valide, quelle esposte da Biondillo e, a parte la tirata sulla gestione di destra e di sinistra, fine a se stessa a mio parere (cito Prato e vedremo cosa succederà), infila il dito all’interno di un problema reale.
    Di tutto questo gran parlare mi hanno lasciato perplesso le reazioni del Console Cinese che, senza remore, viene a dettare le regole minacciando ricatti: inaccettabile.

    Applicando lo stesso criterio è inaccettabile che Via Sarpi sia stata trasformata in un centro commerciale all’ingrosso e che nessuno, dei soloni strapagati della politica, si sia mosso in tempo e abbia cercato di capire e anticipare gli eventi: i segnali c’erano tutti.

    Che ci sia stata carenza di pianificazione e controlli è innegabile come è innegabile l’assenza, di pianificazione e controlli, a più livelli quando si parla di immigrazione e integrazione.

    La leggenda, NON metropolitana, dei cinesi di Milano che non muoiono mai è un dato di fatto, così come sono un dato di fatto, mai verificato seriamente, le ‘pressioni’ subite per vendere i locali della zona. Ora si inizia a parlarne, sottovoce, per non infastidire l’orecchio sensibile.

    Sempre sottovoce si parla delle ‘bande cinesi’ che, discretamente e senza fare troppo rumore, raccolgono i loro fondi in zona.

    Una soluzione possibile, forse l’unica che vedo percorribile e che potrebbe produrre risultati, potrebbe essere quella di trasferire le abitazioni di tutti i soloni della politica (destra e sinistra che non si fa torto a nessuno) nelle vie calde delle varie città. Volete scommettere che la situazione migliorerebbe in tempi rapidissimi e le soluzioni, come per miracolo, spunterebbero come funghi?

    Blackjack

  10. Argomentazioni tutte valide, quelle esposte da Biondillo e, a parte la tirata sulla gestione di destra e di sinistra, fine a se stessa a mio parere (cito Prato e vedremo cosa succederà), infila il dito all’interno di un problema reale.
    Di tutto questo gran parlare mi hanno lasciato perplesso le reazioni del Console Cinese che, senza remore, viene a dettare le regole minacciando ricatti: inaccettabile.

    Applicando lo stesso criterio è inaccettabile che Via Sarpi sia stata trasformata in un centro commerciale all’ingrosso e che nessuno, dei soloni strapagati della politica, si sia mosso in tempo e abbia cercato di capire e anticipare gli eventi: i segnali c’erano tutti.

    Che ci sia stata carenza di pianificazione e controlli è innegabile come è innegabile l’assenza, di pianificazione e controlli, a più livelli quando si parla di immigrazione e integrazione.

    La leggenda, NON metropolitana, dei cinesi di Milano che non muoiono mai è un dato di fatto, così come sono un dato di fatto, mai verificato seriamente, le ‘pressioni’ subite per vendere i locali della zona. Ora si inizia a parlarne, sottovoce, per non infastidire l’orecchio sensibile.

    Sempre sottovoce si parla delle ‘bande cinesi’ che, discretamente e senza fare troppo rumore, raccolgono i loro fondi in zona.

    Una soluzione possibile, forse l’unica che vedo percorribile e che potrebbe produrre risultati, potrebbe essere quella di trasferire le abitazioni di tutti i soloni della politica (destra e sinistra che non si fa torto a nessuno) nelle vie calde delle varie città. Volete scommettere che la situazione migliorerebbe in tempi rapidissimi e le soluzioni, come per miracolo, spunterebbero come funghi?

    Blackjack

  11. “c’è traffico; tanto traffico; troppo traffico; vi rendete conto del traffico che c’è? Dunque?”
    Dunque: potenziamento rete metropolitana ed extraurbana, car sharing, auto condominiali, piste ciclabili… vado avanti?
    Ma no, a che serve? Tu mi dirai che c’è ben altro, che le mie sono soluzioni retoriche, che tu mi hai sgamato, che io sono il buonista buono epr tutte le occasioni, etc. etc. I benaltristi hanno sempre ragione, Con loro non c’è speranza. E neppure dialogo.

  12. Perchè mai Gianni, architetto e scrittore, dovrebbe avere la soluzione giusta in tasca?
    La situazione in PaoloSarpi è difficile da tempo, ci vivo da 10 anni e lo so bene, certamente la colpa è dell’amministrazione insulsa del comune di milano che ha sottovalutato la situazione? Che ha pensato solo a quanto ci stava guadagnando? Che ha fatto solo gli interessi del Centro? Forse un po’ di tutto, ma ormai è fatta, da qui bisogna ripartire e trovare la soluzione.
    Da abitante della zona, per scelta, ci tengo a sottolineare che non è un problema di razzismo, sia chiaro. Il problema è unicamente amministrativo.

  13. Blackjack,
    solo una cosa: non ho fatto tirate “sulla gestione di destra e di sinistra”, ho parlato di continuità amministrativa (quindi non ci si può attaccare alla scusa classica che la “colpa” è dell’amministrazione precedente). Se fossero stati di centrosinistra avrei scritto le stesse identiche cose, fidati.

  14. Biondillo, non ho sempre ragione e so dialogare. Solo che, come con le ‘ronde leghiste’, avverti del problema e poi tarallucci e vino. In qualità di fondatore-redattore di NI non sei obbligato a sforzarti di ‘renderci partecipi’ di qualche riflessione sterile e ciclostilata.
    Ma forse avresti preferito questa reply al tuo post: “Biondillo, lei ha proprio ragione, sui cinesi! Pensi che proprio l’altro giorno ho comprato da un loro sedicente odontotecnico una dentiera a misura standard, che mi assicuLavano esseLe peLfetta peL ogni aLcata, salvo poi frantumarmisi in bocca al primo morso di pane dato a pranzo. Eppure, nessun risarcimento m’è toccato, tranne un soLLiso di costeLnazione e due buoni sconto al ristorante del cugino. Ma dico, Biondillo! Senza denti, come n’approfitto? E altresì vero, purtroppo, che nel mio quartiere non ci sono altri che odontotecnici cinesi, cinesi e cinesi! Ma forse – e qui sta il punto di ciò che vorrei evidenziare, Biondillo – avrei fatto meglio, in gioventù, a curarmi i denti alle prime avvisaglie di cedimento, non crede?”

  15. eccolo il benaltrista in azione, e chi lo ferma più, ora che vede tarallucci e vino dappertutto?

  16. Vorrei solo informare la signora Elisabetta di un dato… I cinesi nella città di Prato (Tuscany, Italy) costituiscono il 10% della popolazione locale. Al momento non si registrano scontri etnici sul suolo cittadino. A Firenze poi, la città in cui vivo, c’è un Mc Donald’s interamente gestito da cinesi. E un paio di supermarket in centro. Despar. Senza il pane fresco… Trovi poi commessi cinesi in tutte le gelaterie e diverse coppie miste in giro. Vuoi vedere che alla fine ci sarà integrazione? E i milanesi con la loro supponenza chi riuscirà mai ad integrarli?

  17. Non andrebbe dimenticato che la città è un errore strutturale che risale agli ultimi cinquemila anni.
    Nulla vi è davvero risolvibile e per sempre, soprattutto in presenza di fenomeni epocali di migrazione, come quello in atto, soprattutto in periodi in cui le aree centrali raggiungono il massimo dell’appetibilità e del valore diventando oggetto di costante fortissima pressione da parte del resto della città, del territorio.
    Non c’è destra o sinistra che riescano davvero a tenere botta, ma ci sono civiltà e culture che nel loro insieme sono più o meno capaci di risposte positive, intermedie o negative.
    In Italia la cultura dell’amministrazione delle città, e la cultura urbanistica in particolare, sono rimaste fino a qualche anno fa tradizionalmente di matrice “progressista”, vale dire di sinistra (socialista e comunista), almeno dal dopoguerra ad oggi.
    La spiegazione di ciò è molto semplice: una cultura politica che privilegia il pubblico e l’etica della condivisione è più adatta a governare luoghi dove queste due categorie costituiscono piattaforma fondante, come le città.
    Ed è ciò che hanno fatto a partire da quando le nostre città sono diventate metropoli (il discorso è lungo) e i problemi percepibili non erano più risolvibili sul piano del clientelismo democristian-socialdemocratico-liberale: serviva un salto di qualità e le proposte di sinistra sulle prime hanno funzionato.
    Tuttavia questa cultura per il momento è spacciata, sia a destra che a sinistra (una vera sinistra nei fatti non c’è più), ed è in fortissima rimonta una diffusa concezione del territorio come sommatoria di esigenze private, piuttosto che come luogo dove mettere in comune qualcosa: di tutto ciò ne fa le spese in primo luogo l’idea di norma e il fatto che lo spazio pubblico sia, quasi per definizione, norma.
    Cultura della forma e cultura della norma, un tempo egemoni, sono morte.
    In attesa che risorgano – risogeranno – teniamoci gli attuali palliativi, i surrogati di città che riusciamo a tenere in piedi, anche se l’urbs, privata della civitas, è destinata ad imbarbarirsi sempre di più: in questa senso Veltroni o Moratti per me pari son.

    (E poi non è overo che a Roma i cinesi non costituiscano problema, è che lo spazio urbano di cui si stanno impossessando, pur abbastanza congestionato, è più ampio ed ha una lunga storia di degrado che rende meno vistosi i fenomeni in atto).

  18. In realtà ogni città è differente. forse questo sfugge, spesso. Milano non è Prato. Milano è spallate, gomitate, pistolettate, mazzettate, e tante altre cose carine, per sopravvivere. Se a Prato, come in altre cittadine (ine) italiane, l’integrazione (o il razzismo esplicito) è un buon esempio di convivenza civile, di apertura mentale, di sguardo sul futuro… a Milano c’è da lottare per avere la pura sopravvivenza, la base, il minimo sindacale. Ora “i cinesi” l’hanno fatto egregiamente, negli anni. L’hanno fatto anche come potevano. E non sono stati mai un pericolo sociale. Non mi risulta siano mai stati una comunità violenta o fannullona, o incapace di “costruire” qualcosa. Certo, i loro ristoranti non seguivano le norme igienico-sanitarie degli altri. E a Milano qualche tempo fa scoppiò il caso “ristoranti cinesi”. Ne ebbero un danno di immagine ma si adeguarono. Così, credo, faranno adesso. Ma non è pensabile sconvolgere le “abitudini” che tanti anni di governo (buono, cattivo… c’è stato un po’ di tutto a Milano, anche a sinistra, sinistrina o simili e non erano certo gli anni migliori). Gli abitanti di questa città sono a volte supponenti e menefreghisti, ma altre volte assai generosi. Come nel caso Paolo Sarpi, dove hanno sempre convissuto con la parte positiva degli “stranieri”. Allo stesso modo loro, i cinesi. Sebbene possa sembrare fastidioso, irritante e indisponente, questa scintilla scoccata in malo modo servirà a ridare la misura delle cose. Non certo a metterle a posto. Perchè purtroppo, tranne a Prato e similia, nelle grandi città l’integrazione fa a pugni con altri problemi, più gravi e radicati. Le città italiane sono realtà molto diverse tra loro, spesso imparagonabili. Strano che questo sfugga ancora. la mia speranza è che non si prenda a paragone l’America. Dove i ghetti sono la soluzione al problema dell’immigrazione. Con le loro regole, fatte di prassi.
    elisabetta

  19. E continuando sulla linea dei dati, ce n’è uno, riferito alla “Chinatown” milanese, che fa molto riflettere (con il caveat che è sempre molto difficile parlare di dati ufficiali quando si parla di comunità cinese): in Via Paolo Sarpi e dintorni, l’85% dei residenti è italiano, non cinese. E solo il 7% dei cinesi di Milano abita lì.

    Questo dato mi convince sempre di più che che i problemi del quartiere non sono da ricondurre allo scontro etnico Italia vs Cina, ma principalmente a quello residenti vs commercianti. “Scontro” che, per certi versi, esiste anche in zona navigli (dove sia commercianti che residenti sono per lo più italiani).

    Se si tratta di un problema del genere, allora è assolutamente giusto sottolineare il ruolo che la politica, quella locale, doveva avere nel pianificare la zona dal punto di vista urbanistico (strade piccole e poco adatte ad attività come il commercio e l’import export), dei servizi e del contingentamento delle licenze.

    Affrontare la questione da un punto di vista esclusivamente amministrativo, svuotandola di ogni significato etnico, religioso, razzista o qualunquista, è il miglior modo per risolverla (questo valga anche per i problemi con la comunità islamica di torino, etc). Riportare i problemi di immigrazione alla vera politica (cioè alla più essenziale gestione della polis: degli spazi, delle strade, delle case, delle attività economiche) consentirebbe di risparmiare tempo, risparmiare in fiaccolate, in prediche dai pulpiti, in invettive dagli scranni del parlamento, in manganellate, in feriti e morti ammazzati delle due parti.

    I cinesi hanno tutto il diritto di commerciare, con la licenza che hanno in mano. E hanno tutto il diritto di manifestare, sventolandola. Hanno meno diritto a chiedere controlli più morbidi della Guardia di Finanza (si dice che in Via Paolo Sarpi ne faccia uno ogni quindici giorni; nei confronti delle attività italiane la media è di uno ogni molti mesi). Piuttosto, chiederei controlli più ferrei della GdF verso negozianti e liberi professionisti italiani.

    E per quanto riguarda le presunte “pressioni” ricevute dai proprietari italiani di Via Paolo S. per vendere ai cinesi, mi risulta che siano state soprattutto nei termini di ricche mazzette di banconote. Molti cinesi hanno comperato negozi, vetrine e altre attività pagandole il 30% in più del prezzo di mercato, molte volte in contanti, e, scommetto, spesso in nero.

    Se il venditore (italiano) avesse regolarmente denunciato la vendita, allora sarebbero scattati controlli più severi anche all’origine; ad esempio controlli anti-riciclaggio (tutte le transazioni in contanti sopra i 12.500 euro subiscono un controllo anti-riciclaggio di denaro sporco). Quindi gli ex proprietari di immobili che dipingono gli acquirenti cinesi come oscuri mafiosi ed esponenti di mitiche Triadi, sappiano che, nel caso l’accusa si rivelasse fondata, dovrebbero sentirsi in qualche modo complici del bandito, e accusati di favoreggiamento.

    finisco con una battuta: che sia stato proprio la febbrile compravendita di immobili tra italiani e cinesi in via paolo sarpi e gonfiare la bolla immobiliare di Milano? fanatici delle leggende sino-metropolitane, credeteci.

  20. adoro quella gente.Anche se non mi piace molto tutto quel ghettizzarsi e non comprerei mai quella mercanzia dozzinale o i prodotti da gastronomia povera che attualmente ci propinano(so che in realtà sarebbero capaci di sfornarci lecornie da leccarci i baffi se avessimo i quattrini per permettercele).Il parcheggio in tripla fila è la norma.In agenzia venivano coloro che volevano aprirsi un agenzia di assicurazioni chiedendomi un ufficio in un contesto che la permettesse senza complicazioni di sorta(d’istinto mi viene da dire che tre spot di automobili all’interno dello stesso intervallo pubblicitario erano sospetti)

  21. dico solo che qui fanno le rivolte per una multa, e a casa loro non dicono niente se uno studente è condannato a morte per idee politiche.
    Perchè non tornano, quindi, a casa loro?

  22. Lo stanno già facendo, missy, e questo è un aspetto ancora più inquietante della questione. Perché pare che a Pratosi registri per la prima volta un calo delle presenze della popolazione cinese. I salari, in Italia sono così bassi rispetto al costo della vita, che ormai ai cinesi conviene tornare a lavorare in patria. Per dirti come stiamo messi.

  23. Missy, che tristezza il tuo commento. Le stesse cose che dicevano degli italiani emigrati in America, nel periodo del fascismo. Protestano per le regole che gli imponiamo ma loro hanno Mussolini, perché non se ne vanno a casa loro a protestare?

  24. Ecco Missy ha espresso egregiamente quello che tutti gli italiani, brava ggente e i milanesi brava ggente che produce brava ggente che paga le tasse e mantiene Roma e tutta la terronia, in realtà pensano. Perché questi vigliacconi di cinesi non si ribellano in casa loro eh? Che tanto al massimo li sbattono per anni in celle buie e sovraffollate, o in qualche campo di rieducazione e nel peggiore delle ipotesi gli sparano un proiettile nella nuca e si devono pure pagare le spese? Vuoi mettere noi Italiani? ggente che si ribella al minimo sopruso, ggente che non è mai uscita dai propri confini e non ha mai creato problemi di sorta in giro per il mondo! Vuoi mettere?
    Basta con tutti questi puzzoni gialli, neri, grigi, marroncini, fòra da e bal!!
    mah…
    pepe

  25. …potevo contare fino a 10 e aspettare la vostra risposta indignata. Scontatissima. Direi, Gianni, altrettanto triste quanto il mio commento per te…
    Ma sai, io me lo posso permettere. Perchè non sono una di quartiere. Il mio barettino sotto casa è in tanti luoghi del mondo. Non come per molti di voi. Se ti dico che me lo posso permettere, credimi.

    Quanto a Gabriele…beh sappi che sono siciliana, mai un emigrante in famiglia, quindi vengo da famiglia felicemente stanziale. E la terronia è una configurazione geografica vostra, non nostra. Oltrettutto mica solo filoemigrante anche per gli italiani in America: abbiamo fatto tanti danni che un po’ di autocritica non sarebbe male.

    Invece ho trovato molto interessante il commento di Michelangelo, quantomeno ci informa su una notizia diversa sulla quale riflettere.

  26. Missy la tua contro risposta è ancora più triste ma tanto te lo puoi permettere no?
    Ma chissà per quale strano motivo milioni e milioni e milioni di persone, popolazioni intere, nei secoli si sono spostate nel mondo invece di rimanere felicemente stanziali come te? E’ veramente strano vero?
    arimah…
    pepe

  27. Senti, Gabriele. E’ inutile che ora ti metti a fare lo storico educato proprio con me. Leggi il tuono del tuo commento di prima… con tutte quelle gggggg
    Comunque io non sono stanziale affatto. Non come intendi tu.
    Se vuoi cambiare tono, sono pronta ad allinearmi ad una nuova sessione di confronto più civile.
    Rimane il fatto che non ho ben gradito quelle scene milanesi e non sono molto tollerante con la multietnicità, avendola vissuta in un luogo di 16 milioni di abitanti. Provaci. E poi ne riparliamo.

  28. beh, missy, non è vero che in cina non ci si ribella: nell’ultimo anno si sono contate circa 80000 manifestazioni (prevalentemente contro la corruzione degli amministratori, ma anche per questioni ambientali). Il fatto è che in cina tutto si muove e sarebbe davvero interessante saperne di più.

  29. A me sembra che, così in generale, la multietnicità è un bel sogno, difficile da realizzare. I cinesi hanno pagato cari gli immobili (il doppio, pare) a vari milanesibravagente. Per il resto si fanno gli affari loro. Che poi debbano passare da martiri, ce ne corre. I nostri emigranti erano diversi, non dimentichiamocelo.

  30. Beccalossi: la tua analisi sul rapporto commercianti/popolazione è ASSOLUTAMENTE convincente per quanto mi riguarda e meriterebbe di essere approfondita. Per quanto riguarda le ‘pressioni’ beh, sarebbe anche ora che qualcuno ci mettesse il naso. Per qunato riguarda le visite della GdF invece, non sarebbe male che lo stesso ritmo fosse a carico anche dei commercianti italiani invece di… alleggerire i controlli per i cinesi.

    Missy: ti sembrerà strano, ma conoscendoti non posso fare altro che essere d’accordo con la tua affermazione e legarla alle minacce del Console Cinese: che vada a minacciare e ricattare a casa sua.

    Biondillo: mi pare che siamo d’accordo: trasferiamo politici di destra e sinistra a vivere in Via Sarpi e vedremo il problema risolto.

    Morgillo: per quanto riguarda i livelli di convivenza dei cinesi nella città di Prato, e i relativi conflitti, pazienterei solo qualche mesetto, nemmeno tanti, prima di utilizzarli come esempio di integrazione.

    Blackjack

  31. “dimentichiamocelo” …è così lungo … ha un suo fascino estetico, è una vita che non lo vedevo disteso così, paro paro…!

  32. I nostri emigranti venivano trattati come mafiosi, mangiacipolle, terroristi, ubriaconi, violenti, col coltello in tasca, nulla facenti, etc. etc., Franz.

    E, Missy, io sono figlio di quegli emigranti (un campano e una siciliana) così poco stanziali. Ma è un problema mio, me ne rendo conto.

    Sono felice della mia risposta scontata. Almeno era una risposta. La tua cos’era? Alterigia?

  33. Missy, Gianni ti ha risposto nel merito. Tu non hai fatto altrettanto con lui. Prova a rileggere.

    Comunque, per la serie Italiani nel mondo:
    BABIS: rospi (Francia, fine Ottocento)
    BACICHA: baciccia (Argentina, dal personaggio al centro della commedia e delle barzellette genovesi: allegro, divertente, sempliciotto ma capace anche di fare il furbetto)
    BAT: pipistrello (diffuso in certe zone degli Stati Uniti alla fine dell’Ottocento e ripreso dal giornale “Harper’s Weekiy” per spiegare come molti americani vedessero gli italiani “mezzi bianchi e mezzi negri”)
    BLACK DAGO: dago negro (Louisiana e stati confinanti, fine Ottocento, per sottolineare come più ancora degli altri dagoes – vedi definizione – gli italiani fossero simili ai negri)
    BOLANDERSCHLUGGER: inghiotti-polenta (Basilea e Svìzzera tedesca)
    CARCAMANO: furbone, quello che calca la mano sul peso della bilancia (diffusissimo in Brasile)
    CHIANTI: ubriacone (Usa, con un riferimento al vino toscano che per gli americani rappresentava tutti i vini rossi italiani, chiamati dago red)
    CHRISTOS: cristi (Francia, fine Ottocento: probabilmente perché i nostri erano visti come dei gran bestemmiatori)
    CINCALI: cinquaioli (dialetto svizzero tedesco, dalla fine dell’Ottocento: cincali equivaleva a tschingge, dal suono che faceva alle orecchie elvetiche il grido cinq! lanciato dagli italiani quando giocavano alla morra , allora diffusissima. la variante calba cincali!, luridi cinquaioli, fu quella urlata dagli assassini di Attilio Tonol)
    CRISPY: suddito di Crispi (Francia, seconda metà dell’Ottocento, dovuto a Francesco Crispi, disprezzato dai francesi, ma il gioco di parole era con grisbi, ladro
    DAGO: è forse il più diffuso e insultante dei nomignoli ostili nei paesi anglosassoni, vale per tutti i latini ma soprattutto gli italiani e l’etimologia è varia. C’è chi dice venga da they go, finalmente se ne vanno. Chi da until the day goes (fin che il giorno se ne va), nel senso di «lavoratore a giornata». Chi da «diego», uno dei nomi più comuni tra spagnoli e rnessicani. Ma i più pensano che venga da dagger: coltello, accoltellatore, in linea con uno degli stereotipi più diffusi sull’italiano «popolo dello stiletto»
    DING: suonatore di campanello, ma con un gioco di parole che richiama al dingo, il cane selvatico australiano (Australia)
    FRANÇAIS DE CONI: francesi di Cuneo (Francia, fine Ottocento, con gli immigrati italiani che tentavano di spacciarsi per francesi)
    GREASEBALL: palla di grasso o testa unta (per lo sporco più che per la brillantina, Usa)
    GREEN HORNS: germogli (ultimi arrivati, matricole, sbarbine, Usa)
    GUINEA: africani (Stati Uniti, soprattutto Louisiana, Alabama, Georgia, dove era più radicato il pregiudizio sulia «negritudine» degli italiani)
    KATZELMACHER: fabbricacucchiai (Austria e Germania; nel senso di stagnaro, artigiano di poco conto ma anche «fabbricagattini» forse perché gli emigrati figliavano come gatti. Decenni di turismo tedesco in Italia hanno fatto sì che, negli ultimi anni, si sia aggiunto per assonanza un terzo significato che gioca con la parola italiana «cazzo»)
    ITHAKER: giramondi senza patrìa, vagabondi come Ulisse (gioco di parole tra Italia e Itaca,Germania)
    MACCHERONI, MACARONI, MACARRONE: mangia pasta (in tutto il mondo e tutte le lingue, con qualche variante)
    MAFIA-MANN: mafioso (Germania)
    MAISDIIGER: tigre di granturco (solo Basilea)
    MAISER: polentone (Basilea, nel senso di uomo di mais)
    MESSERHELDEN: eroi del coltello, guappi (Svizzera tedesca, dalla seconda metà dell’Ottocento)
    MODOK: pellerossa (Nevada, metà Ottocento. Dal nome di una tribù di indiani d’Arnerica)
    NAPOLITANO: napoletano (ma buono un po’ per tutti gli ìtaliani in Argentina: in particolare dopo la «conquista dei deserto» dei 1870 in cui l’esercito argentino che massacrò tutti gli indios, aveva vivandieri in buona parte napoletani)
    ORSO: in Francia, alla fine dell’Ottocento, con un preciso riferimento agli “orsanti”, i mendicanti-circensi che giravano l’Europa partendo soprattutto dall’Appenníno parmense con cammelli, scimmie e orsi ammaestrati.
    PAPOLITANO: storpiatura ironica di napoletano, valida per tutti i meridionali italiani (Argentina)
    POLENTONE: polentone (così com’è in italiano, Baviera)
    RITAL: italiano di Francia (spregiativo ma non troppo, era la contrazione di franco-italien e veniva usato per sottolineare come l’immigrato italiano oltralpe non riusciva neppure dopo molti anni a pronunciare correttamente la «r» francese. E’ il punto di partenza di Pierre Milza, lo storico francese autore di Voyage in Ritalie)
    SALAMETTISCHELLEDE: affetta salame (solo Basilea)
    SPAGHETTIFRESSER: sbrana-spaghetti (mondo tedesco)
    TANO: abbreviativo di «napolitano» e di «papolitano» (gioco di parole argentino intorno a napoletano)
    TSCHINGGE: cinque (vedi cingali)
    WALSH: variante tirolese di welsh (vedi)
    WELSH: latino (nei paesi di lingua tedesca ha due significati: se accoppiato con Tirol in «Welsh-Tirol» per definire il Trentino vuol semplicemente dire «Tirolo italiano». Se viene usato da solo ha via via assunto un valore spregiativo, tipo italiota o terrone)
    WOG: virus (gergale, in Australia, buono anche per cinesi e altri emigrati poco amati)
    WOP: without passport o without papers (in America e nei paesi di lingua anglosassone significa «senza passaporto» o «senza documenti», ma la pronuncia uàp sì richiama a «guappo»)
    ZYDROONESCHITTLER: scrolla-limoni (Basilea e dintorni, con un rimando a Wolfgang Goethe e alla celeberrima poesia che ha stimolato la «Sehnsucht», la nostalgia, di tanti artisti tedeschi verso l’Italia.
    Conosci tu il paese dove fioriscono i limoni?
    Nel verde fogliame splendono arance d’oro
    Un vento lieve spira dal cielo azzurro
    Tranquillo è il mirto, sereno l’alloro
    lo conosci tu bene?
    Laggiù, laggiù
    Vorrei con te, o mio amato, andare!
    Un amore struggente, adagiato dolcissimo nella memoria. Ma che, al ritorno del grande scrittore nel suo secondo viaggio, sarebbe subito entrato in conflitto con le solite cose.
    L’Italia è ancora come la lasciai,
    ancora polvere sulle strade,
    ancora truffe al forestiero,
    si presenti come vuole
    Onestà tedesca ovunque cercherai invano,
    c’è vita e animazione qui, ma non ordine e disciplina;
    ognuno pensa per sé, è vano,
    dell’altro diffida,
    e i capi dello stato, pure loro,
    pensano solo per sé …

  34. In ogni caso c’è un fatto importante: avete presente quella legge razzista emanata dalla regione Lombardia che sta costringendo alla chiusura molti call center (primo gradino per reinvestire il piccolo capitale, primo “step”, come si ama dire, per l’emancipazione sociale)? (Dico legge razzista perché si pretendono dai negozi etnici quali sono i call center norme che non vengono richieste a nessun’altra tipologia di esercizio commerciale). Ecco, è in questo contesto che va inquadrata l’offensiva della Moratti – la quale, come ha detto giustamente Gianni, pretende in quella zona cose che altrove si lasciano correre.

  35. scusate, sono andato di fretta: dove ho scritto “norme” leggasi “il rispetto di norme” – insomma i call center devono avere una certa metratura per cabina, un’anticamera, doppi servizi, ecc: insomma tutta una serie di caratterisiche con ogni evidenza pretestuose, non previste per nessun altro tipo di esercizio, finalizzate esclusviamente alla penalizzazione di segmenti etnici. Se poi si considera che il lavoro per un migrante implica permesso di soggiorno, è facile capire la portata della legge, e perché è indubitabilmente razzista.

  36. Io ammiro Gianni per molte cose che ha scritto, da sempre, qui dentro. Ciò non mi evita però di esser un po’ stanca nel leggere situazioni sempre sulla tolleranza. L’ho detto con molta franchezza: a me questa cosa dell’integrazione non mi convince per niente.
    Oggi un uomo che lavora qui da 10 anni (dico 10) ha mandato la figlioletta in ospedale perchè non imparava a memoria alcuni versetti del corano.
    E’ vero che anche mio papa’ mi ha dato una sberla a 12 anni per una minigonna e non era musulmano ma siciliano (che forse per molti è la stessa cosa…) ma già alla fine degli anni ’70 ero l’unica ragazzina cui era successa una cosa del genere e mia madre lo sgridò. Poi mi chiese scusa.
    E ad ogni modo, io appartengo ad un mondo in cui certe cose sono state sudate…e abbiamo regole e diritti. cmq il discorso è molto lungo e domani mi devo svegliare alle cinque.
    Vorrei solo dirvi che a vivere in un mondo multietnico si scoprono cose della natura umana che neanche si possono immaginare. Neanche io, che ero tutta hippy peace&love, l’avrei mai sospettato. Ma alla fine, devi fare una scelta. Perchè non c’è molto spazio. La claustrofobia fa brutti scherzi.

  37. Missy, io chiedo legalità: legge uguale per tutti, non discriminazione (politicamente di comodo) camuffata da legalità. Poi di siciliani che pestano i figli, ancora oggi, per minchiate cosmiche, te ne porto a iosa di esempi. E allora? Capisci la differenza?
    Altro che hippypeace&love, ma per chi mi hai preso?

  38. ma a milano il quartiere dei siciliani dov’è? sono anni che cerco un posto dove vendono gli arancini a buon mercato, e fatti come si deve.

  39. beccalossi, stasera ho dato un occhio alle iene, c’era un servizio – buono – sulla vicenda. e a proposito di quel che dici, un siciliano anziano ha detto, con candore espiatorio: “Prima che arrivassero loro io ero un terrone. Adesso no, sono un italiano, mi sono alzato di grado”…

  40. @ Blackjack
    A Prato i problemi d’integrazione con la comunità cinese sono storici e ben più gravi, ma sono sicuro che gli autoctoni non arriveranno mai a scontrarsi in strada coi “musi gialli”, in una grottesca performance futurista. Da strumentalizzare poi politicamente per altri fini. Non è costume locale. Lo stesso vale per Roma. Ma potrei sbagliarmi…
    A Milano il problema è reale, ma i toni dello scontro sono esasperati. La reazione isterica. Chiunque sia stato nella zona di Paolo Sarpi sa quanto siano stretti i marciapiedi e le strade. La carenza strutturale di posti auto costringe poi al parcheggio selvaggio. Come diavolo si fa a concedere ai negozianti del posto la licenza della vendita all’ingrosso? Adesso però quella gente la licenza ce l’ha! Cosa fare? Trovare una soluzione che concili le esigenze dei residenti con quelle dei commercianti. Senza creare incidenti diplomatici con la Cina. Lascerei poi Borghezio fuori da questa storia. E tutto quello che si porta dietro.
    Io amo la Cina e la cultura cinese e non vorrei che si desse troppo spazio mediatico nei prossimi giorni a quattro leghisti in cerca di facili consensi.

  41. secondo me.
    quello che missy non capisce, al di là di tutto, è che non c’è alternativa alla tolleranza, per quanto “reali” possano essere i problemi.
    che poi servano pure intelligenza politica & fermezza amministrativa nel rispetto delle regole, non lo metto in dubbio.
    ma non possiamo permetterci di cedere terreno sulla tolleranza.

  42. PER BECCALOSSI:
    un collega siciliano mi segnala un panificio in viale Brianza. panificio siciliano con panelle e arancini a suo dire ottimi!. Non ricordo come si chiama, ma

  43. PER BECCALOSSI:
    un collega siciliano mi segnala un panificio in viale Brianza. panificio siciliano con panelle e arancini a suo dire ottimi!. Non ricordo come si chiama, ma saprò essere più preciso a breve…

  44. PER BECCALOSSI:

    IL FORNO SIU CHIAMA NICOSIA, VIALE BRIANZA (verso la stazione e non verso loreto). Le panelle evito di spiegarti cosa siano…io sono umbro e le ho solo assaggiate in un periodo in cui tra i vari coinquilini, ce n’erano di siciliani. Di fronte a nicosia pare ci sia anche un ristorante siciliano, ma non so nulal sulal qualità e sui costi

    Che fame!

  45. Concordo con Tash sulla tolleranza.
    Non si può fare diversamente.
    Vogliamo mica riutilizzare un vecchio strumento del passato, e cioè lo sterminio di massa, eh Missy ?
    Già ci sono i CPT che sembrano lager.

  46. Vista l’ora mi sembra anche giusto, Matteo! Comunque mi pare che, malgrado posizioni diverse/distanti/a volte opposte, NI è stata teatro di un bel dibattito dibattito. Ognuno magari rimarrà sulla propria posizione, o magari no… chi lo sa…però p stato bello, no!?

  47. Oggi ero in Via Lomazzo (adiacente a Paolo Sarpi), un ragazzo cinese mi ha tirato una valigiata sulla macchina. Mi ha guardato in faccia come se fossi io “il comune di Milano”. Credo che parlare di tolleranza sia ancora un dovere per ciascuno di noi. Perchè è solo con la tolleranza (non per l’illegalità, ma per i costumi e le tradizoni diverse che prevedono anche regole a volte diverse) che si può pensare di lasciare ai nostri figli (e magari anche per noi) una società integrata. Le regole (non quelle basiche: non si uccide, non si ruba, non di qua e non di là) che servono a “campare la vita” vanno messe a punto come un vestito su misura. E’ rivoluzionario? No. mi sembra solo buon senso, l’unica possibilità. A Milano è difficile mettere insieme le capre coi cavoli. Vallo a spiegare al pensionato italiano che sull’autobus lui DEVE pagare il biglietto e il nomade di turno, beccato senza (è la regola ormai), scende e se ne va senza che nulla gli venga chiesto. Via i nomadi allora? Non tutte le regole vanno bene per tutti. Che ci piaccia o no, l’omologazione è impossibile, L’integrazione passa per forza attraverso piccoli gesti di apertura e generosità verso gli altri. (ovviamente anche verso di “me”, quando serve. Qui nasce il problema e l’aggressività collettiva verso lo straniero). Probabilmente se tutti fossimo stati figli di persone che hanno dovuto fare la valigia… (anche i miei nonni erano niente affatto stanziali). E se ci fosse una maggiore elasticità mentale…
    elisabetta

  48. Il problema non sono i cinesi a Milano. E nemmeno l’ordine e la legalità. Il problema è il loro console che fa le smorfie con Morattòn e lecca il culo di Veltròn. Abile politikòn. Su questo ha ragione Missy.

  49. Macchè, Franz…oggi autogrill milanese sulla CT-PA…!

    (cmq qui non si può dire una cosa che già diventa “sterminio di massa”…cose di pazzi; chissà come la prenderebbero i filologi del 3000 d.C.)

  50. Missy, hai mangiato il risotto e anGhe la cotEletta, come diceva un oste milanese di origini pugliesi di mia conoscenza?
    Come sono gli autogrill milanesi sulla CT-PA, sporchi brutti e cattivi?
    Oh, comunque la cucina cinese è ottima e abbondante, no?
    Tarallucci, wan-ton e vino, Matteo. Per la precisione.:-)

  51. dai diciamocelo sti cinesi di merda tutti uguali, della triade, menefreghisti e piccoli. Per tacere dei siciliani intervenuti, sicuramente mafiosi.
    Anche sti toscani arroganti ma che cazzo vogliono, eh Rovelli professorino… come tutti i toscani….
    E quello di Napoli, ladro sciuro, che ci ruba le tasse a noi….
    E sti milanesi, michia credono di sapere tutto.
    E tu Gianni cazzo un terrone, se lo sapevo mica ti leggevo, chissà cosa c’è sotto
    Meno male che qui in questo posto dove sono, tutto solo senza nessuno che mi rompa le balle a qui sì tutti civili e onesti.
    Tutte le mi vocine della mente… tutte oneste tutte brave e rispettose tutte tutte
    ;-)

  52. Missy,
    leggi bene, niente diventa ‘sterminio di massa’..
    Ed il riferimento è dovuto al tuo tono, che non lascia molte aperture,
    o no ?

  53. Franz, caro Franz, sulla CT-PA, nonostante gli autogrill milanesi, penso solo al sesso…ci scrissi pure un post, tempo fa, ricordi? Solo ed esclusivamente quello.. :-)

  54. Scusa Missy, ma questa cosa della CT-PA è detta un po’ ambigua, sembra quasi che stai lì a “raddrizzare banane”, come chiamano a Bari il mestiere… :-)

  55. A.B:
    fussi fussi ca siccomu iè n’autussssrata, puttroppo pi viautri non si po’ fari comu vulissi Vussia.

  56. le donne oggigiorno non si impressionano più
    di certi linguaggi “piattirasoterra”
    le donne oggi hanno capito
    l’antica filosofia dei saggi…
    eccome!

  57. Fisting Target, non do della troia a nessuno, piuttosto ti dedico questo proverbio:
    “Libbru sirratu nun fa letteratu” :-)

I commenti a questo post sono chiusi

articoli correlati

Il venditore di via Broletto

di Romano A. Fiocchi
Sono trascorsi molti anni ma mi ricorderò sempre di quel giorno gelido di fine gennaio in cui lo incontrai. Lavoravo come fotoreporter da circa tre mesi, mi aveva assunto in prova l’agenzia Immaginazione.

Il cuore del mondo

di Luca Alerci
Vincenzo Consolo lo incontrai, viandante, nei miei paesi sui contrafforti dell’Appennino siciliano. Andava alla ricerca della Sicilia fredda, austera e progressista del Gran Lombardo, sulle tracce di quel mito rivoluzionario del Vittorini di "Conversazione in Sicilia".

Apnea

di Alessandro Gorza
Era stata una giornata particolarmente faticosa, il tribunale di Pavia l’aveva chiamata per una consulenza su un brutto caso. Non aveva più voglia di quegli incontri la dottoressa Statuto, psicologa infantile: la bambina abusata coi suoi giochi, i disegni, gli assistenti sociali e il PM, tutti assieme ad aspettare che lei confermasse quello che già si sapeva.

Spatriati

Gianni Biondillo intervista Mario Desiati
Leggevo "Spatriati" e pensavo al dittico di Boccioni: "Quelli che vanno", "Quelli che restano". Il tuo è un romanzo di stati d'animo?

La fuga di Anna

Gianni Biondillo intervista Mattia Corrente
Mi affascinava la vecchiaia, per antonomasia considerata il tramonto della vita, un tempo governato da reminiscenze, nostalgie e rimorsi. E se invece diventasse un momento di riscatto?

Una vita dolce

Gianni Biondillo intervista Beppe Sebaste
"Rompere il ricatto della trama": credo di non avere mai fatto altro da quando ero un ragazzo. Da una parte perché sono sempre stato dalla parte di chi trasgredisce, e la trama è sempre, anche graficamente, un’uniforme e una messa in ordine, un ordine del discorso.
gianni biondillo
gianni biondillo
GIANNI BIONDILLO (Milano, 1966), camminatore, scrittore e architetto pubblica per Guanda dal 2004. Come autore e saggista s’è occupato di narrativa di genere, psicogeografia, architettura, viaggi, eros, fiabe. Ha vinto il Premio Scerbanenco (2011), il Premio Bergamo (2018) e il Premio Bagutta (2024). Scrive per il cinema, il teatro e la televisione. È tradotto in varie lingue europee.
%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: