Asse politico
di Piero Sorrentino
C’è un primo colore del giorno che a Napoli si allarga sulla spianata di cemento e asfalto chiamata Asse mediano, un riflesso scialbo che dura qualche minuto, quando la luce comincia nel cielo e il sole del primo mattino butta qualche raggio attraverso il nero della notte che se ne va.
È il colore dei rifiuti. La tinta degli scarti. Qui pure la spazzatura si porta appresso una materialità incontestabile: ha una consistenza, una forma, un odore. E un colore, che invade la vista già di primo mattino, quando dopo Frattamaggiore percorri la statale 162 in direzione del Lago Patria.
Lungo la fetta di asfalto che da Afragola va verso Giugliano viaggiano i camion dell’ASÌA, si muovono i tir coi cassoni ribaltabili colmi di immondizia, corrono i furgoncini delle aziende esternalizzate che hanno vinto gli appalti per la raccolta dei rifiuti. Il trasporto delle tonnellate di munnezza che affogano la città passa di qui.
E a volte, ancora non si sa bene per colpa di chi, si ferma sull’Asse mediano. Una via crucis dei rifiuti fatta di stazioni immobili, un calvario metropolitano sul quale ogni giorno si accumulano quintali di materiali, miasmi asfissianti che soffocano e ammazzano. Mani anonime che scaricano, sversano, depositano, smaltiscono. Le piazzole di sosta, le rampe di accesso alla superstrada, le corsie d’emergenza: scarichi a cielo aperto, depositi abusivi di rifiuti che ammorbano la vista e l’olfatto, si installano nei bronchi, invadono i polmoni.
Tutto, o quasi, passa per la città, e dalla città viene. A Napoli si produce il 60 per cento dei rifiuti dell’intera Regione (a Salerno poco meno del 16%, Caserta 15%, Avellino 6%, Benevento 5%). Dodici anni di commissariamento straordinario per la gestione dell’emergenza sembrano galleggiare in una bolla di tempo e di spazio staccata dalla città.
Ciclicamente, con una regolarità che scandisce i tempi meglio dell’alternarsi delle stagioni, un ingranaggio del meccanismo che regola il ciclo della raccolta e dello smaltimento si inceppa. A volte è per le inadempienze della FIBE, la società per azioni che da più di sei anni è assegnataria del servizio regionale di smaltimento dell’immondizia; altre è colpa dell’immobilità politica e istituzionale: nei due anni di commissariato Catenacci le gravissime fasi dell’emergenza erano causate da immotivati fermi degli impianti, o da inspiegabili incendi dolosi, uno dei quali portò, nel luglio del 2005, all’invio di un avviso di garanzia diretto allo stesso commissario straordinario, che si dimise; altre ancora è a causa dell’intervento dei clan, signori assoluti di una terra di conquista, predoni di un territorio da imbottire di rifiuti tossici, criminali fin troppo vogliosi di affondare le dita nella grassa torta dell’immondizia campana: il costo complessivo per lo smaltimento di un chilo di rifiuti in Campania è di 120 euro, la Regione produce quotidianamente circa 7500 tonnellate di rifiuti. Il calcolo degli interessi economici che girano attorno alla questione è presto fatto.
Dal canto suo, la politica si scrolla di dosso la sua funzione ordinatrice ossidandosi in nevrosi architettonica, e nulla più. Studia tutte le soluzioni possibili per fare dell’Asse una maestosa via di smistamento commerciale, e guarda a esso, con desiderio e struggimento, come a una gigantesca pista di lancio per le attività produttive e industriali. Con macabra attitudine autoptica seziona percorsi, raggruma negozi, affastella centri commerciali, piega le esigenze dell’urbanistica a quelle dei giri d’euro. Le code chilometriche alle uscite dei Carrefour, delle Città Mercato, degli Auchan, delle Ikea, dei Leroy-Merlin, delle Ipercoop e di chissà che altro; le interminabili file di lamiere avvolte dai vapori di benzina a basso numero d’ottani: tutto si corrompe, tutto si mescola nella aberrante progettualità politica del commercio centralizzato.
Una smania improvvisamente organizzativa che rastrella denari con una facilità impressionante, se è vero che una delibera della Giunta Regionale (numero 583 del 15/4/2005), recita che nell’ambito del “Programma di interventi per la Viabilità Regionale” è previsto “in particolare il completamento della Bretella di raccordo Circumvallazione esterna di Napoli – Asse Mediano”, per il quale la Giunta ha stanziato 4.421.324,97 euro “finalizzati ad interventi coerenti con l’Asse”.
Arrancando stancamente dietro l’obiettivo di uno sviluppo urbanistico che gode di un sospetto fervore espansivo nei confronti della grande distribuzione commerciale, e che guarda al sorgere incontrollato degli ipermercati come soluzione principe dei problemi che stritolano l’area Nord di Napoli, la politica locale ha usato il POR (Programma operativo regionale 2000 – 2006) come un piccolo diorama cartaceo, disegnando coi fondi strutturali dell’Unione Europea curve e svincoli, corsie e uscite, carreggiate e raddoppi. Una progettualità politica assente, che si rinvigorisce magicamente solo in prossimità delle elezioni e torna a infiacchirsi, impoverendosi fino alla dissoluzione, subito dopo la conta dell’ultima scheda rimasta.
Programmazioni di sviluppo, oltretutto, che si attuano sempre in condizioni di paurosa instabilità, aperte alle minacce e ai pericoli delle sovrapposizioni burocratiche. Tra le tante, resta aperta per esempio una questione centrale: a chi compete la manutenzione dell’Asse mediano? L’ANAS ha delegato da tempo la sua autorità, ma non si sa ancora bene a chi: alla Provincia? Alla Regione? Sono anni che la questione è irrisolta, come insolute restano le numerose interrogazioni parlamentari in merito: “Una lunga scia di sangue – si legge in una richiesta di chiarimento dei deputati Pezzella e Villani al ministro delle infrastrutture in data 2/4/2003 – comparabile ad un bollettino di guerra, che hanno fatto ormai dell’Asse mediano una «strada-killer», dove spesso all’impudenza degli automobilisti si sommano, tragicamente, le carenze strutturali dell’arteria stradale, che fondendosi in un tutto uno diventano poi una trappola mortale; e a nulla sono valse in questi anni le continue sollecitazioni, tra interrogazioni parlamentari, petizioni popolari e rimostranze istituzionali di vario genere, per invertire questa drammatica rotta e, soprattutto, per vedere finalmente il completamento dell’opera ed il suo «normale» funzionamento (…)”.
L’amministrazione provinciale guidata da Di Palma firma in pompa magna gli accordi con l’assessore regionale ai Trasporti Cascetta (12 milioni di euro per la realizzazione di venti opere di viabilità nel tratto compreso tra l’Asse mediano, la Circumvallazione esterna e la A1 Roma – Napoli), ma glissa pericolosamente sui certificati di collaudo e sicurezza che l’arteria stradale dovrebbe avere, e che al momento non ha, secondo i piani di fuga e di tutela della popolazione previsti in caso di eruzione del Vesuvio.
Amato Lamberti, sociologo da anni attento ai luoghi e alle dinamiche di potere della camorra, ex presidente della Provincia, dice: “La sensazione è che sull’Asse mediano si faccia solo manutenzione spicciola, interventi di routine, aggiusti e rattoppi più vicini a certe forme di bricolage che a seri e robusti interventi strutturali. Nella gestione dei fondi POR, per esempio, manca soprattutto uno sguardo a lunga gittata. Nonostante le belle realtà di imprenditoria privata presenti nella Regione – penso soprattutto a quelle relative all’informatica, al virtuale, al digitale – la politica si dimostra ancora una volta grande nelle dichiarazioni e piccina nei risultati. In Puglia si sono rimboccati le maniche con la produzione dei divani, nelle Marche si sono dati una forte identità commerciale col settore calzaturiero, Parma e l’Emilia da anni sono associate al mangiare bene. Noi non siamo riusciti a creare niente che andasse al di là di un accumulo indistinto di centri commerciali – che pure hanno fatto per fortuna la loro parte per quel che riguarda l’indotto di nuovi occupati nella zona -, dietro la cui sistemazione geografica, logistica, non è difficile leggere una chiara volontà politica, una scelta voluta e perseguita nonostante i sospetti di infiltrazione camorristica nella compravendita dei terreni su cui poi sono sorti quei centri di grande distribuzione commerciale”. Naturalmente, fino a questo momento, a nessuno è venuto in mente di indagare su queste transazioni economiche.
Come quelle del Signore, sull’Asse mediano anche le vie dei rifiuti sono infinite. La munnezza trova sempre varchi d’accesso, passaggi, e l’Asse diventa sempre più una terra d’elezione per lo smaltimento illegale dei rifiuti. Subito dopo Melito, quando si superano gli snodi tortuosi delle piste d’ingresso, quelle che i manuali delle scuole guida chiamato entusiasticamente le piste d’accelerazione, l’Asse raccoglie un nastro di strada dritto e piatto che da lì si innesta e conduce, passando per Secondigliano, fino a Capodichino – l’uscita per l’aeroporto che, nelle ore di punta, è preferibile a quella della tangenziale, di solito intasata dai flussi di auto diretti al corso Malta. Quella via è conosciuta anche come Perimetrale. È lì che da qualche anno i rifiuti vanno a morire. Sulla destra è tutto un mare fermo di rottami, colline di immondizia che digradano verso la strada, totem di copertoni, installazioni pop di frigoriferi e lavatrici, divani, carcasse di motorini anneriti dal fuoco. Dai sacchi forati sgorgano fiotti di liquami, vagoncini di lattine ammaccate, cartoni pressati, bottiglie esplose. I furgoni dei muratori di ritorno dai cantieri abbandonano i materiali di risulta, la calce, i pezzi di intonaco, i mattoni rotti o scartati, i secchi con l’impasto avanzato dal miscuglio di acqua e cemento in polvere, le lattine storte d’acquaragia. I gommisti, ma anche le aziende addette allo smaltimento, mollano i copertoni, centinaia di anelli gommosi che si ammassano nelle piazzole di sosta, rotolando a volte al centro della carreggiata e causando incidenti spesso mortali. Ignoti inzuppano le ruote con alcol o benzina e gli danno fuoco. I falò di pneumatici spingono i fili del fumo, altissimi, fino al cielo. Le colonne nere si infilano in mezzo alle fabbriche della zona, ai casermoni di cemento che i clan usano come depositi per la merce ancora da smistare, tra i condomini tutti uguali che si affacciano sulla strada.
Al contrario dell’età preistorica o di quella dei Miti, quando il fuoco era segno di vita, nella “Terra dei fuochi” i falò nati dagli incendi dolosi sulla SS 167 sono devastanti portatori di morte. Sprigionano fumi tossici, diossina, piombo, morchie e solventi che dall’aria arrivano fino a dentro i bronchi. Il triangolo tra Nola, Acerra e Marigliano, tutti paesi attraversati anche dall’Asse, è ormai noto a livello internazionale – grazie al lavoro di Alfredo Mazza, ricercatore di Fisiologia del CNR, pubblicato su “Lancet” – come il “triangolo della morte“: l’indice di mortalità tumorale per centomila abitanti è di poco meno del 40%, con una media nazionale del 14%.
In uno scenario immedicabilmente devastato, in un’ambientazione che guarda all’apocalisse non come punizione tremenda e definitiva ma come soluzione di ogni male, viene alla mente un verso di Roberto Roversi che dice “la notte non finisce a Hiroshima”.
Quanta notte c’è, anche qui.
[pubblicato in Napoli Assediata, pagg. 178, 14 euro, Pironti editore. A cura di Giuseppe Montesano e Vincenzo Trione, con scritti di Maurizio Braucci, Cherubino Gambardella, Anna Giannetti, Peppe Lanzetta, Roberto Saviano, Tiziano Scarpa, Antonio Scurati e le immagini del gruppo Underworld ]
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Aggiungerei inoltra che gran parte del percorso aereo dell’asse non è fedele al progetto originario che prevedeva una striscia lineare con poche deviazioni. Per accontentare questo o quel clan, questo o quel politico, l’asse è diventato una specie di boa cacciatore, una serie di curve improvvise, pericolose, immotivate. Si narra di cifre favolose pagate per espopri di terre incolte dove piantare i pilastri di questa pista d’autoscontro che collega fra loro comuni da abbattere senza rimpianti.
Molto meglio la dorsale nord, quella verso Acerra che penetra fin dentro il Cis di Nola. Nessuno sa spiegare il perchè di queste incredibili diversità all’interno di un’unica via di scorrimento.