F.A.M.I.G.L.I.A.
Da La macchina mondiale
Avevo trovato invece un gruppo di circa trenta uomini che restavano sbalorditi e sottomessi di fronte alla prepotenza del dottor Colombari genero della lupinara. (…)
Quando tutti furono riuniti sotto le palme della casa, questi poveri burini, con il cappello in mano e con gli occhi stretti, si presentò il dottor Colombari il quale, dopo aver salutato tutti con molta allegria, cominciò a predicare che tutti avremmo dovuto votare la Democrazia Cristiana, che la Democrazia Cristiana stava facendo Roma grande e noialtri anche, (…) che oramai Roma era bianca e felice e che il Vaticano e i Ministeri ed il Governo avrebbero sempre più lavorato uniti e disposto le fortune dei fedeli servitori, dei portatori delle vecchie e nobili e cristiane tradizioni delle campagne marchigiane, dove la famiglia, il lavoro e la religione avevano costituito sempre il fondamento più prezioso. (…) I lupinari storcevano la bocca ma dicevano di sì tutti assieme e tutti d’accordo e la donna, dietro al genero, rideva perché sapeva benissimo che in quel modo trionfava un’altra volta la sua prepotenza e che quelli, con quel voto dato a quel modo, si legavano ancora più stretti alle sue mastelle e si chinavano ancora di più alle sue prepotenze.
Io guardavo i trenta lupinari con disprezzo, ma a poco a poco cominciai a capire la loro umiliazione (…) ed allora domandai al dottor Colombari che cosa intendeva per famiglia, lavoro e religione, giacché sul significato di queste tre parole potevano non essere tutti d’accordo e potevano esserci differenze di idee. Il dottor Colombari disse che le parole erano quelle che erano, a tutti assai note e che tutti sapevano benissimo che cosa volevano dire famiglia, lavoro, religione. La donna rise ancora più forte ed anche i lupinari schiarirono i loro occhi, perché sembrò anche a loro che fosse assai semplice capire.
Allora io dissi, con l’intenzione di spiegare a loro, che famiglia non voleva dire niente, perché ogni famiglia è diversa dall’altra e spesso la famiglia è una maledizione, più spesso che non un peso od una preoccupazione, e che molto spesso proprio la famiglia è un’angheria e che nella città la famiglia non esiste più perché è dilaniata dalla servitù, dispersa dalle distrazioni tanto che, come loro sapevano, almeno metà delle loro figlie non li salutavano quando li incontravano sui marciapiedi con la bigonza e il misurino. Che la famiglia poteva essere quella che è: una congiura, o quella di chi sta bene che allora è diversa, unita e stretta per difendersi dagli altri e per continuare a tenere acceso il suo fuoco di tornaconto; e che quindi si poteva benissimo non sapere di che famiglia si trattasse.
(Garzanti, 1965, pp. 151-3)
Belli gli Addams. Ma che c’entrano con il racconto? Mah.
ma lo sai che hai ragione, Ian?
non c’entrano proprio!
nisba!
appellatevi all’associazione Giusto Appaiamento Delle Immagini Secondo il Senso Comune della Zia Jole
preferisco appellarmi allo zio Tom!
Certo che la famiglia era a volte meschinamente gelosa di sè, ma sapeva almeno proteggere i suoi membri. Il mito illuministico di sostituire la famiglia con la società civile ha destituitito dio autorità e valore la prima, fingendo di poter produrre individui emancipati e razionalmente solidali, e invece quello che ha prodotto lo vedi due post più sotto. Poichè alla comunità d’affetti non si rinuncia: il branco.
ha destituitito dio autorità
ha destituito di autorità
anche se il lapsus mi starebbe pure bene
invece le immagini si “sposano” per – fetta-mente, dal momento che la famiglia non è che un meccanismo perverso di mostri che generano altri mostri messo in atto proprio per “non destituire dio-autorità” ma per incarnirlo in una bieca e miope produzione in serie di dolly-dollar-clo(w)ni e chicken-eggs, piggy & crauti tutti fatti a propria immagine e somiglianza.
Però forse è vero, gli addams sono un esempio poco calzante perché onesti, trasparenti e senza trucco, io li sostituirei con una fami-scrooge, più appropriata.
Zio Tom va addirittura meglio: è uncle Scrooge e Shylock messi insieme che per la sua capanna chiede come pedaggio una libbra di carne.
La famiglia è scoppiata?
La famiglia è covo di rabbia e violenza e ipocrisia?
La famiglia ha perso la sua funzione?
La famiglia cos’è?
È un’ entità astratta?
Cosa intendiamo per famiglia?
E chi fonda la famiglia?
E cosa sostituiamo alla famiglia?
La famiglia è solo una parola, una parola che deve essere riempita di progetto, di dignità, di verità, di autenticità, di valori, sì , di valori, di amore.
Liberi di formare e chiamare famiglia tutto ciò che per noi, adulti, significa famiglia.
Ma i bambini, ai bambini non importano le definizioni.
I bambini, i figli, vogliono adulti che la smettano di giocare a fare i bambini, che la smettano di fare gli adolescenti, che si assumano la responsabilità di averli messi al mondo, che facciano i genitori, che prendano in mano la loro vita con rigore, che sappiano elaborare il lutto dell’illusione dell’eterna giovinezza, vogliono genitori che si amano, che si rispettano, vogliono poterci credere e noi glielo dobbiamo cazzo!
I figli vogliono verità, vogliono punti fermi, vogliono speranza, vogliono coordinate geografiche per orientarsi in questo mondo, vogliono affidarsi, vogliono fidarsi.
E se non siamo capaci di dare questo a loro, loro che non ci hanno chiesto di venire al mondo, beh, non prendiamocela con una parola;
una parola non ha colpe, “famiglia” è solo una della tante parole tradite.
Non nascondiamoci dietro la parola famiglia, non facciamola diventare capro espiatorio delle nostre infermità di adulti, dei nostri alibi, della nostra incapacità di investirci di responsabilità, della nostra meschinità.
Visto che non siamo capaci di proteggere i nostri cuccioli, visto che la storia non insegna un cazzo sarei per la sterilizzazione dell’intero genere umano.
Buona pasqua a tutti
Io credo nella famiglia perchè io ho scelto di fare dei figli.
La funambola
Infatti il punto è questo. i figli ti costringono a pensare oltre te stesso, e ad assumere un principio di realtà. Il nomadismo del single (modello al quale il consumismo tende con tutte le sue forze), è troppo spesso tentato di far coincidere la realtà con le proprie proiezioni narcisistiche o le utopie (che ne sono la versione collettiva). Anche nel linguaggio: niente comunicazione (obbligo di spiegarsi), solo espressione.
Vedere per credere: il commento di Coma-Leticio.
Mi è piaciuto il brano e anche l’idea di postarlo, tornare ai testi vecchi dà a volte uno sfondo nuovo.
E poi, avere davanti agli occhi uno che pensa e scrive in largo, beh…