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Il padre degli animali

andreadiconsoli.jpg di Gianni Biondillo 

Andrea Di Consoli, Il padre degli animali, Rizzoli, 2007 

Libro difficile quello di Andrea Di Consoli. Non certo per la scrittura, che, certo, non ammette sconti, è alta, nobile, per nulla sciatta ma che, allo stesso tempo, si distende senza mai davvero essere autoreferenziale. Il Padre degli animali è un romanzo difficile per la durezza, per la sensibilità, per la crudele onestà degli enunciati. È un libro sulla maledizione del ritorno. Il nostos greco, la sua inevitabilità e, perciò, il suo essere intimamente tragico.

A parlare sono un padre e un figlio che non hanno nome perché sono figure mitiche, quasi maschere di un dialogo a metà fra il filosofico e il surreale. Perché la vita appare, in queste pagine, insensata eppure dolorosamente irripetibile. Libro teologico, dove nei suoi sogni deliranti il figlio parla con le parole delle scritture sacre e dove il padre viene visto come un Dio dalle sue bestie, in un Sud qualsiasi, senza luogo, eppure così evidente per chi come me l’ha conosciuto, così vivo nelle descrizioni, così antico da apparire barbaro e sacro.

Il padre torna col giovane figlio in quelle terre, su quelle colline maledette, dopo anni da emigrato in una Svizzera che non è mai stata nemica con lui, dove, in fondo stava anche bene. Ma che ha dovuto lasciare per coazione alla sconfitta. Perché era suo dovere tornare nella terra dove era nato, per poterci morire. Lo spaesamento del figlio, le figure ectoplasmatiche a contorno di questa storia, un sindaco improbabile, un assessore barbiere, un gatto guercio, e poi valligiani, zii, nonni, vecchi sfiniti, bambine, preti, sono gli appigli narrativi di un romanzo che piuttosto di dipanarsi in una trama lineare, si racconta per pulsazioni, per visioni.

Un autore che non si vergogna della sua scrittura decisamente letteraria, della sua prosa poetica, conscio di una tradizione del Novecento che fa continuamente capolino nelle sue pagine, dal Pavese di Lavorare stanca, passando per tutta la letteratura neorealista del sud Italia, fino alle ultime esperienze di Vincenzo Consolo. Un libro antico e perciò modernissimo.

[pubblicato su Cooperazione, n.7, del 14.02.2007]

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17 Commenti

  1. Grazie per il suggerimento di lettura . L’argomento sembra interessante (il ritorno alla terra natale). Ma c’è un termine in Francia per assaporare i romanzi italiani.
    Invece ho letto il romanzo giallo di Gianni Biondillo tradotto in francese. Ho apprezzato l’ambiente milanese e la spiegazione quasi psicanalitico del crimine.

  2. Grazie della segnalazione, Gianni.
    il tema è di quelli da non trascurare.
    Se poi è narrato poeticamente, ancora meglio!

  3. Véronique non parliamo di quella traduzione, che ancora piango…
    ;-)

    (ma magari a te è piaciuto il libro. Sai, ogni autore è sempre un po’ troppo ipercritico con chi mette mano alla sua opera)

    E comunque, sì: voglio Armino, anch’io! ;-)))

  4. “Non certo per la scrittura, che, certo, non ammette sconti, è alta, nobile, per nulla sciatta ma che, allo stesso tempo, si distende senza mai davvero essere autoreferenziale”.
    la scrittura si distende?! senza essere mai davvero aureferenziale ?!

    “Perché la vita appare, in queste pagine, insensata eppure dolorosamente irripetibile”. emeno male!

    “in un Sud qualsiasi, senza luogo, eppure così evidente per chi come me l’ha conosciuto, così vivo nelle descrizioni, così antico da apparire barbaro e sacro”. uè bello biondillo ma te dov’è che sei stato ?

    “Un autore che non si vergogna della sua scrittura decisamente letteraria, della sua prosa poetica, conscio di una tradizione del Novecento che fa continuamente capolino nelle sue pagine, dal Pavese di Lavorare stanca”
    povero pavese: si starà arrotolando nella tomba.

    una recensione delirante per un delirio di libro

  5. Non ho competenza per la traduzione. Ho amato il libro, l’indagine, la vista critica della società. Il prossimo romanzo di te lo leggero in italiano

  6. gattostraccio, hai scritto aureferenziale. complimenti vivissimi per il neologismo involontario.

  7. Splendido libro di un grande scrittore.

    Altro che le puttanate iperpubblicizzate settimanalmente sui soliti magazine per decerebrati & affini.

  8. caro gianni
    mi fa piacere che hai scritto del mio fraterno amico di consoli. non bisogna mai stancarsi di segnalare le cose che ci piacciono

  9. # veronique
    “Ma c’è un termine in Francia per assaporare i romanzi italiani”.
    qual’è il termine? E perchè il “ma”? Cosa vuoi dire?
    Grazie per la risposta

  10. il romanzo di di consoli è buono, ma non è per tutti, si rivolge a un pubblico colto, che non cerca l’emozione per l’emozione.

  11. Per Mario,

    Volevo dire che abito una città di provincia; è difficile procurarmi libri recenti in italiano. Qualche autore sono bene rappresentati. Per esempio, non perdo l’occasione di leggere un libro d’Isabella Santa Croce o un libro tradotto di Ornella Vorspi a cura di Acte Sud.
    Devo andare a Parigi , si voglio leggere romanzi recenti.
    C’è un termine perché il libraio deve ricevere i libri, dopo la pubblicazione in Italia; lo rimpiango molto.
    Inoltre la poesia odierna non è bene rappresentata e… sono imbranata per comprare con Internet.

  12. Per Mario,
    Volevo dire “qualche autore è bene rappresentato”
    Mi vergogno di fare errori di lingua.

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GIANNI BIONDILLO (Milano, 1966), camminatore, scrittore e architetto pubblica per Guanda dal 2004. Come autore e saggista s’è occupato di narrativa di genere, psicogeografia, architettura, viaggi, eros, fiabe. Ha vinto il Premio Scerbanenco (2011), il Premio Bergamo (2018) e il Premio Bagutta (2024). Scrive per il cinema, il teatro e la televisione. È tradotto in varie lingue europee.
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