Il nano e il gigante
L’editor e lo scrittore
di
Carla Benedetti
Questa volta, caro lettore di romanzi, recensisco un risvolto di copertina. Sì, la striscetta di carta che si ripiega, dove stanno i brevi testi di contorno, marginali ma non superflui. Il libro è Non muore nessuno, romanzo di esordio di Sergio Claudio Perroni, editor, agente letterario e traduttore (Bompiani, p. 217, E. 15,00).
Se mi interesso al “paratesto” è perché in questo caso parla molto di più del “testo”. Le tre righe di biografia sulla bandella costituiscono un evento, che mi pare giusto segnalare. Eccole: “editor di alcuni fra i romanzi di maggior successo degli ultimi anni, Caos calmo, Le uova del drago”. Cioè, al posto dei propri libri l’autore elenca qui i libri di altri scrittori, uno dei quali vincitore del premio Strega. E gli scrittori non se ne hanno a male, anzi lo accolgono con un entusiastico “benvenuto tra noi”, ne firmano le lodi in quarta di copertina. La cosa merita una riflessione.
Cosa è l’editing? Segnalare ripetizioni, incongruenze, suggerire alleggerimenti all’autore che poi ci pensa e valuta se è il caso? Ma allora che ragione c’è che uno si vanti di aver editato un libro di successo? Oppure l’editing è un intervento ben più massiccio che entra nella struttura e nell’ideazione del libro, toccando la zona calda, creativa, che sta alla radice della scrittura? Evidentemente la nota biografica di Perroni implica questa seconda cosa. E implicandola la sancisce, come se fosse una cosa pacifica.
La figura emergente dell’agente letterario-editor sta qui rivendicando il suo diritto a pregiarsi, quasi come un co-autore, dei libri a cui lavora. E per quanto i “suoi autori” ne siano felici (scrive Buttafuoco: “comodo avere un editor così. Tu cachi diavoli, e lui ne fa angeli del paradiso”), è evidente che qui c’è una figura che tenta di spossessare l’altra. E con questo decreta anche cosa dovrebbe essere la scrittura: mero artigianato. Basta con la pretesa ridicola di inventare o di creare! D’ora in avanti scrivere sarà cosa da “sartoria letteraria”, come dice in modo illuminante Vittorio Sgarbi in lode di Perroni, dove l’editor-sarto è colui che dà forma e lo scrittore colui che porta il materiale.
(uscita su “L’espresso”, n. 7, del 23 febbraio 2007).
Nota al margine.
Non mi sorprende che si accordi così tanta importanza agli editor – o che quella importanza se l’ accordino da soli – in un paese la cui letteratura si vuole appiattita sulla tecnica di scrittura per una lingua sempre più Novlingua, standardizzata, semplificata, banalizzata.
Gli effetti nefasti degli atelier di scrittura cominciano a farsi vedere in giro…
In un paese in cui lo scrittore è, insieme ai traduttori, l’anello più debole della catena produttiva editoriale, mi sembra normale che anche il valore dell’opera non gli spetti più.
Lo sport preferito dai nani non si limita a saltare a piè pari sulle spalle dei giganti, ma a parlarne male, anzi peggio.
Quante volte ascoltiamo frasi del tipo, “Quello scrive come un cane !! Se avessi visto lo stato in cui versava il manoscritto quando è arrivato in casa editrice… un altro libro… praticamente l’ho riscritto.”
E viene voglia di chiedersi, ma benedetto iddio! invece di riscrivere, perchè non scrivete?
effeffe
ps
Attendo con gioia che lo stampatore dei fratelli Karamazov ne rivendichi la creazione.
ppss
Mi è stato fatto notare che su Vibrisse era stato ripreso l’articolo. Assente dalla rete per un po’ non lo avevo registrato. Non seguo Vibrisse da un po’, lo sapete.
I commenti a questo post sono chiusi
peccato l’editor era la mia ultima speranza.
Ci hanno levato tutto.
Danonisti.
La cosa più grave è che, anche laddove si tenti un rivoluzionario “abbraccio tra autore e lettore”, ci si mettono di mezzo le spese postali. Si veda il caso Giugenna in Lipperatura [commenti al post ‘Strade’ del 7marzo] o l’articolo “Giuseppe Genna e le spese postali” nel mio blog.
Credo che oggi come oggi sarebbe molto meglio rivolgere la propria attenzione alla bandella dei libri, anziché al loro presunto contenuto.
Giuseppe, ti ha risposto l’Avv. Spaziali in merito alla tua pretesa di richiedere permessi scritti per poter riportare le opinioni che semini nei vari blog.
Confezionare un perfetto libro stile Einaudi è come confezionare un perfetto smoking stile Armani. Confezionare un perfetto libro Mondadori è come confezionare un perfetto tailleur Valentino. Forse lo stilista più raffinato resta Galasso: le copertine Adelphi valgono più delle borsette Prada. Anche se le ultime stagioni Miu Miu non hanno precedenti. Ti fanno sballare.
Radicali.
Per chi non potesse accedere agli accessori Einaudi, c’è la Minum fax. Con la sua pelletteria così giovanile è una boccata d’ossigeno.
P.S.
Parlare degli editors è fare chiacchiere da sarte. Discettare sugli autori dell’ultima collezione Versace è sciocco. Donatella fa la differenza… Un’opera d’arte vivente!
Minimum fax
M.I.N.I.M.U.M. FAX
Gli effetti nefasti degli atelier di scrittura cominciano a farsi vedere in giro…
IO credo che le scuole di scrittura, come quasi tutte le scuole d’arte, abbiano l’unica funzione di elevare il livello tecnico condiviso della mediocrità.
Non solo, ma producono nuovi mestieri che prima non esistevano, l’editor per esempio.
Non bisogna stupirsi di questa ipertrofia del servizio editoriale, del terzariato letterario, del medium che diventa il massaggio, perchè mai un funzionario dovrebbe sentirsi da meno di un autore, hanno studiato alla stessa scuola.
Io che le scuole le ho fatte smontando i pavè, parlo perchè non sono tenuto, qui, ad esibire un curriculum, ma sento il peso di questo establishment culturale che si autoalimenta, il fatto è epocale, “il cinema si ispira alla vita mentre la televisione si ispira al cinema, il problema è che la vita si ispira alla televisione”, W. A. aveva centrato il problema delle fonti creative molto tempo fa, prima della Holden.
Avete mica comprato Scrivere in edicola? una copia vale la pena, veramente la pena, quando Carver pensava che si dovesse insegnare a scrivere perchè la gente imparasse a vivere credo che avesse in mente qualcos’altro.
Il minimalismo di Carver mi ricorda il rigore di Calvin Klein.
Qualcuno dica a Carver che le persone dovrebbero imparare a leggere per imparare a vivere. Certo, assieme alla consapevolezza della lettura bisognerebbe vendere loro anche degli ansiolitici. Alcuni sono così colorati! Come le copertine della Feltrinelli.
“E viene voglia di chiedersi, ma benedetto iddio! invece di riscrivere, perchè non scrivete?”
Qualcuno gli spieghi chi erano Manzoni, Sciascia e Pasolini.
mario tu scrivi: perchè mai un funzionario dovrebbe sentirsi da meno di un autore,
beh ma se il funzionario è anche un autore (come spesso accade dopo due o tre editorate) perchè mai cercano ancora autori? in fondo gli editor sono già nelle case editrici … se li scrivano da soli i libri, magari con uno pseudonimo e tanto di risparmiato, o no?
Magari diciamo che per mantenere i posti di lavoro precario potrebbero assumere part time, a contratto ultrafessibile, gli scrittori per fargli editorare i propri libri, perchè se un editor pubblicasse senza editor potrebbe ssere un precedente pericoloso e minare alla base tutto il sistema ;-)
geo
Esisteranno libri che non ricevono trattamento perché l’autore consegna opera finita. Esistono di sicuro, anche perché gli editor (o le signorine delle case editrici di solito) non sanno scrivere. Non è che una laurea in filosofia e un corso di scrittura ti assicurano il talento. A loro piacerebbe e pensano di possedere l’autore ma non conoscono se stessi/e e i propri limiti figuriamoci quanto potranno capire di quello che leggono. Sono correttori di simboli e refusi. Niente di più. Non ci allarghiamo eh!
Mi sa che Paolo dovrebbe fare un po’ di, com’è che si dice, stages, in casa editrice. Non ha le idee molto chiare su figure e lavoro editoriale.
E io che credevo di fare un lavoro utile….
Secondo me Carla Benedetti sottovaluta un po’ il fatto che un parte del lavoro di editor sta nel commissionare libri, scegliendo tema e autore (questo soprattutto per quello che riguarda la non-fiction).
In secondo luogo vorrei conoscere chi riesce a riscrivere interamente i libri per omologarli al “senso comune editoriale”. A me in 7 anni non è mai successo.
Ma sono i soliti discorsi sempre doble-face: se segnalassimo tutte le incongruenze, brutture, piattezze presenti nel testo stampato del best seller Va’ dove ti porta il cuore, che si direbbe? Ma quelli della casa editrice hanno le fette di salame sugli occhi? Che ci vogliono propinare? Perché qualcuno non le ha detto che così non si scrive? Ecc ecc.
Vorrei far notare che nel corso di tutte queste polemiche sull’editing e gli editor, si sono difesi gli editor ma non gli autori. Segno di cosa, secondo voi?
Quante stupidaggini, troppe persino per me che le adoro.
Si, perfettamente d’accordo, ero ironico, nella società dei servoassistiti il tutor del CEPU potrebbe dare l’esame con regolare delega, le case editrici producono da se i testi e i politici si autovotano, perfetta autarchia.
Quando Céline consegnò il manoscritto del Viaggio, il correttore di bozze gli mise a posto l’ortografia e ne uscì un putiferio, gli autori dovrebbero riprendere a schiaffeggiare chi vuole cambiargli le parole.
Solo che gli editori servono, (più degli editor) non ce ne sarebbero così tanti, e non tutto si può pubblicare.
Non vorrei aver espresso male il mio pensiero, l’ingerenza di editor e funzionari vari è deleteria e rappresenta la trasformazione di un’arte in prodotto.
Caro Mario Pandiani,
sei fortunato a non trovarti in mano i manoscritto come li ricevono le case editrici. La “trasformazione dell’arte in prodotto” è una formula demagogica.
Secondo te Buttafuoco era arte prima che intervenisse l’editor? O la Tamaro? O Faletti? O Piperno. Non scherziamo che di Céline ne nascono pochini.
La mia battuta sull’equiparazione di editor e autore, però, voleva anche riferirsi alla quantità di autori che lavorano in coppia con gli editor per ottenere il prodotto più vendibile, in questo senso, come nelle agenzie di pubblicità art director e copyrighter, formano una coppia indissolubile e si perde il ruolo rispettivo di chi scrive e chi corregge.
Lucio, ciucciati il calzino. :-)
Te lo puoi sognare che venga anche solo per sbaglio sul tuo blog.
Dovresti stare attento alle dichiarazioni che fai.
Vedi: non ho problemi a dirtelo. Non ci vengo a leggere né a vedere che cosa combini o cosa non combini. Me ne frega niente.
Peccato che non si possano postare immagini. Ma tu immagina il piccolo Bart che ti mostra il culetto e ti grida: “Ciucciati il calzino”. :-)
Paolo S: “Vorrei far notare che nel corso di tutte queste polemiche sull’editing e gli editor, si sono difesi gli editor ma non gli autori. Segno di cosa, secondo voi?”
beh paolo gli editor, e gli scrittori editor-dipendenti, sono una corporazione e si auto-difendono fra loro. Gli scrittori invece ‘un li difende MAI nessuno perchè … boh vattelaapesca il perchè … prima c’erano i critici che credevano che gli scrittori esistessero (e fossero esistiti) solo per permettere a loro un lavoro, e niente di più, oggi invece vince la corporazione …di KALIMAiaLA … che è un mot-valise per dire che per lo scrittore calimero, piccolo e nero (e anche per i lettori) la và proprio da maiala ;-)
geo
[…] Ovvero: ci sono editor ed editor, molto molto banalmente. La diffusione dei programmi di scrittura su pc e delle stampanti ha avuto lo stesso effetto nella produzione dell’invenzione del multitraccia. L’incremento delle possibilità su tutto quello che precede il risultato finale. I Beatles sarebbero stati i Beatles senza George Martin e Phil Spector? Che domanda è? E mi sembra futile dire che se a Celiné avessero fatta piazza pulita della punteggiatura, sarebbe venuto uno schifo. Dispiace per lui che abbia trovato sulla sua strada un editore così inadeguato. Il discorso di Carla Benedetti può valere come un invito, ma assolutamente non come un’analisi. Se un editor ha un minimo di… […]
Geo, meravigliosa la tua parola-baule, che tiene dentro una dea nera, vendicativa e dalle molte braccia… forse ciascuna di esse tiene in mano una penna :?
@ Pandiani
quello che descrivi è il modello editoriale anglosassone che in Italia è ancora piuttosto lontano. Esiste, è vero, una spinta in quella direzione soprattutto perché “delocalizzando” sempre più alcuni aspetti produttivi fuori dalle case editrici, sono gli agenti letterari che propongono un pacchetto “chiavi in mano” agli autori. Ma si tratta realmente di pochi casi ogni anno.
Il problema, semmai, sta nella cura editoriale sempre minore. Faccio due esempi: non so se vi è capitato di leggere “Il turista nudo” di Lawrence Osborne (Adelphi), ma qui la traduzione e le correzioni di bozze, in una casa editrice nota per l’attenzione dele sue edizione, sono veramente pessime. Secondo esempio: secondo voi a Saviano non sarebbe stato utile qualche consiglio per evitare ripetizioni e digressioni poco coerenti?
Credo che gli editors e gli autori si sopravvalutino. Di solito quando acquisto un libro Adelphi mi identifico nella direzione artistica di Roberto Calasso. Sulla passerella a fine sfilata vorrei vedere solo lui. Tutti gli altri nel backstage.
Adelphi by Roberto Calasso
primavera/estate 2007
Pochi capi a stagione.
Il dramma che stiamo vivendo è però un’altro. Quando morirà Karl Lagerfeld chi prenderà la direzione artistica di Chanel?
Non è possibile in alcun modo cancellare quell’apostrofo? Mi uccide!
rispondo a rigoni che dice:secondo voi a Saviano non sarebbe stato utile qualche consiglio per evitare ripetizioni e digressioni poco coerenti?
Sinceramente lo preferisco così … e perchè mai poi eliminare le ripetizioni?
Io adoro le ripetizioni, mica è un libro scientifico:-))))).
Mi vengono brividi solo a pensare se un editor avesse cancellato a Vittorini (che tra l’altro è stato per un periodo editor pure lui) le sue mitiche ripetizioni … mio dio come adoro in Conversazione in Sicilia l’eccesso della parola “soave” e quelle ripetizioni ossessive e quelle digressioni … il fatto è che ogni scrittore ha una sua particolare maniera di ripetere ecc. Non può essere corretto con leggerezza. magari un consiglio si … ma mai correggere.
L’editor non può sostituirsi alla lingua dello scrittore perchè la lingua dello scrittore (se è scrittore) è pèensiero, quindi deve fare come il correttore di bozze, correggere errori, verbi sbagliati, sintassi che zoppica, parole straniere scritte male, eliminare o aggiungere capoversi per far entrare lo scritto nella riga o nella pagina … e STOP. Chiaro che sto parlando di scrittori, se invece si parla di operatori della parola o della memoria è altra cosa, una casalinga che pubblica un libro di ricette è facile che abbisogni di un buon editor, e anche un partigiano che racconta la sua esperienza o un reduce dall’iraq … qui però stiamo parlando di scrittori e.. per superficialità potrebbero essere fatti danni, per abitudine correttoria di ciofeche, anche su quello che potrebbe essere un vero scrittore.
E poi il fatto di mettere nel risvolto di copertina, della propria prima opera narrativa, il merito di aver fatto da editor a opere di un certo successo è spia di qualcosa che non funziona … non so se nell’autore o nel correttore … ma qualcosa che non funziona c’è.
geo
:–))))
a paolo S
:-))) meravigliosa la tua di invenzione/creazione, io mica ci avevo pensato. Mi ero limitata a unire la parola calimala e maiala e poi solo dopo avevo pensato a calimero:-)
Calimala è la prima corporazione (arte del cambio che diventerà poi l’accorpamento dei banchieri e mercanti di pellicce) formatasi a Firenze, all’epoca dei comuni, e che rimarra poi sempre la più potente, dominando, con il suo potere finanziario, tutta l’europa.
Ma l’inserimento della dea kali dalle mille penne correttorie, in ogni mano, mi sembra geniale :-) e potrebbe diventare il logo degli editor della neo-corporazione kalimaiala :-))))).
geo
solo due parole…
un libro senza contenuto
non ha senso.
ridevo per Morgillo.
“eliminare o aggiungere capoversi per far entrare lo scritto nella riga o nella pagina”
cara @georgia, è severamente vietato.
Il capoverso è sacro.
alcor, stella del mio cielo….
a domani…..
21.33….
per due volte di fila
è un record
cara alcor.
vero, e non c’è due senza tre.
@georgia
Secondo me hai una visione mitica della scrittura, o almeno di certa scrittura. Non solo perchè tutto è perfettibile ma anche perchè nessuno è un Uroboro.
Scrittore e lettore (almeno uno, privilegiato ma con diritto di critica: questo è l’editor) sono distinti quanto un uomo e una donna per fare un figlio.
Il figlio è il significato: non pura espressione di una scaturigine nascosta ma parola dicibile, udibile, condivisibile, resa pubblica.
E’ necessario perchè prenda nitida forma ciò che resta d’involuto in ogni parola umana.
Conosco almeno un paio di scrittori noti ed eccellenti che sono un po’ meno eccellenti da quando sono gli editor di sè stessi.
valter io penso che quando pronunciamo la parola scrittore io e te ci mettiamo dentro contenuti diversi ;-)
Ma ce lo vedete un gallerista che prima di fare una mostra incarica il segretario della galleria di correggere i nasi troppo pronunciati, i colli di modigliani, le orecchie di picasso, le code dei cavalli di de chirico, rattoppare i fontana, strappare un pezzo da un collage, aggiungerci una toppa ecc.?
suvvia non scherziamo dai ….
Ma … levatemi una curiosità, ma gli editor correggono anche i poeti? gli cambiano le rime, gli aggiungono o levano una sillaba gli troncano un enjambement… gli cambiano la musicalità della frase … e se gli capita un poeta vero, uno scrittore vero che li spiazza che fanno, vanno dallo psicanalista? Un post-editor alle prese con gadda, ad esempio, sarebbe finito dritto, dritto fuori di testa :-)))).
Detto questo l’editor è chiaro che è importante ma non come lo dipingete voi, non come quello che tira fuori la creatività dell’autore, che gli da forma ecc. o quello che addirittura si arroga, nel risvolto di copertina, il successo di libri editati. Queste o sono cavolate e cialtronerie, o sintomo di una degenerazione della scrittura … il che può benissimo essere, ma allora non chiamatevi scrittori, ma solo (insieme agli editor) operatori di un canovaccio che poi diventerà forse libro per infinocchiare i consumatori.
geo
P.S
Però ho anche capito perchè pubblicano mal volentieri i classici … mica si possono editare … il computer quando, ad esempio, si copia qualcosa (prosa o poesia) di leopardi impazzisce e il correttore va fuori dai bit, non vuole proprio intendere ragione … ecco secondo me gli editor si comportano un po’ così anche loro :-))))
Non ci siamo Geo, Fai esempi che non c’entrano con la scrittura. Inoltre l’editor non corregge, propone. E l’editing è al novanta per cento asciugare, non semplicemente tagliare meno che mai aggiungere. Se poi parliamo di riscrivere allora siamo di fronte a scrittori scarsi e operazioni più editoriali che autoriali. Comunque santificare il verbo dell’artista non giova a nessuno.
Nostalgia di Dio: una donna progressista non se la può permettere.
Cara Georgia,
davvero la tua idea dell’arte e della letteratura è mitica: lo Scrittore nella sua stanzetta affumicata alle 2 di notte piegato sulle sudate carte.
Mi pare che Raimo nel suo post abbia definito molto meglio di me la cosa.
Risposta a un amico che mi ha scritto.
Carissimo,
come sai non ce l’ho con le scuole di scrittura nè con le varie professionalità legate al mondo dell’editoria.
Il testo in questione (quello da me postato) apre invece dei fronti su cui vale la pena ragionare più che prendere posizione. Personalmente non solo rispetto ma mi auguro sempre quando pubblico di incontrare un buon editor. Per le mie metromorphoses ho scritto di loro (insieme all’editor ci sono gli amici “grands lecteurs” che ti aiutano) come di rifinitori. Così come sono assolutamente vicino a quanti lavorino nelle scuole, biblioteche, università, proponendo degli atelier di scrittura gratuiti o a prezzi ragionevoli, come luoghi in cui “apprendere” dei trucchi, comunicare passione, far incontrare le opere (attraverso la lettura).
Gli editor e le scuole di scrittura (le ho citate io)cui si fa riferimento sono altri e altre. E per quanto resti sottobosco culturale (non mi inporta l’effettivo potere di queste strutture peraltro molto potenti)questo mondo lo incontri ogni volta che ti avvicini al fare letterario. Un caso su tutti quello di Gomorra di cui si è detto esattamente quanto riporto. Un libro partito in un modo e arrivato in un altro. Chiacchiere infondate che si sono sentite in giro per “svalutare” l’opera. Non sottovaluto il lavoro degli editor_ in primis quello di quanti hanno lavorato su Gomorra- ma mi girano i coglioni quando l’editor si comporta da “negre” (lo scrittore fantasma nascosto dietro a una grande firma). Se c’è un nemico da abbattere – permettetemi l’espressione un po’ enfatica – è un’idea della letteratura come “cultura del consenso”. Non posso accettare l’idea che un editore rifiuti un libro perchè non ha mercato. O che lo “trasformi” perchè lo abbia. Per un editore un libro o è letteratura o non lo è. E se non ha mercato significa che non c’è mercato per la letteratura. E allora sì che varrebbe la pena “battersi” per creare un mercato. Più che un mercato un mercatino. Anzi una sorta di villaggio come quello creato da Truffaut nel suo capolavoro Fahrenheit
un abbraccio
effeffe
Grazie effeffe penso proprio come TE, hai detto quello che volevo dire in maniera più concisa e pure scritto bene e … ma che ti sei preso un editor?;-)
Soprattutto sono d’accordo con te che non ci sia più mercato per chi scrive veramente e che questo mercato vada ricreato, forse dagli scrittori stessi, creare luoghi dove pubblicare i propri testi (quelli veri)… forse con qualche errore, qualche ripetizione, ma veri … VERI. Gomorra è vero e sinceramente l’editor avrà fatto qualche intervento, ma non … ma solo cose che si fanno da che mondo è mondo … perchè saviano quando lo leggevo qui, quando lo leggo altrove , quando lo ascolto, lo riconosco … non credo mi succederebbe lo stesso con il suo editor ;-) e poi … kavolo se tutto è così semplice, perchè mai Saviano non consiglia il proprio editor a Colombati?;-)
geo
Postilla critica per chi considera i blog come una valida alternativa alle “ristrettezze” non solo economiche delle case editrici
Personalmente non penso ai nostri spazi come alternativi a quegli altri, perchè un editore è un editore, un medico un medico, un manager un manager. Se un bravo cardiochirurgo decide di dedicarsi alla chirurgia plastica va bene per lui (ne ha il diritto, ci mancherebbe) e sicuramente diventerà miliardario. Però se esiste un codice “Ippocrate” sarebbe bene che esistesse anche un codice
“Editore”. In questo codice deve essere contemplato il “dovere” per un editore di pubblicare un libro che lo stesso editore giudica, “di valore” nonostante non abbia mercato. Detto questo quando un editore dice che un certo libro non avrà mercato può anche capitare che si “sbagli” di grosso. Ricordiamoci che se Nadeau non avesse pubblicato “l’extension du domaine de la lutte” Michel Houellebecq starebbe ancora a scrivere agli editori perchè qualcuno abbia pietà di lui.
effeffe
in difesa degli scrittori … vorrei fare una piccola correzione a effeffe, l’invenzione geniale di Fahrenheit 451 è di Ray Bradbury, poi chiaro che il film di Truffaut è splendido … ma l’invenzione dei salvatori di libri è del grandissimo Ray Bradbury e di quel favoloso libro che è Fahrenheit 451, e di quell’incredibile personaggio che è Montag il milite del fuoco, addetto alla distruzione dei libri (che è la figura-funzione limite dell’editor;-) e che diventerà eroico conservatore di parole in un bosco di partigiani-uomini-libro.
georgia
in difesa degli scrittori … vorrei fare una piccola correzione a effeffe, l’invenzione geniale di Fahrenheit 451 è di Ray Bradbury, poi chiaro che il film di Truffaut è splendido … ma l’invenzione dei salvatori di libri è del grandissimo Ray Bradbury e di quel favoloso libro che è Fahrenheit 451, e di quell’incredibile personaggio che è Montag il milite del fuoco, addetto alla distruzione dei libri (che è la figura-funzione limite dell’editor;-) e che diventerà eroico conservatore di parole in un villaggio di uomini-libro.
georgia
beh, francesco, che succede che i commenti non passano?
Ne vedo due, (di commenti)secondo me ho bevuto troppo…
Carissima Georgia, il romanzo l’ho letto qualche tempo dopo aver visto il film e devo dire di averlo amato quanto il film (che purtoppo Truffaut non amava più). Ho citato il film perchè mi è venuta in mente quell’immagine, proprio quella tradotta da Truffaut, la stessa luce, gli stessi volti dei protagonisti…
effeffe
… è il server che beve …prima tiene il sorso in bocca e poi paf ne risputa due (ma forse ho cliccato io due volte) in ritardo ;-)
Scusa se ti ho corretto (sindrome moderna dell’ipercorrettismo), ma non si capiva bene… però certo hai ragione la luce i volti sono invenzioni proprio e solo di Truffaut :-) ciao
geo
Dato che l’editing di Gomorra l’ho fatto io, e non è un segreto, visto che lo dice pubblicamente anche Roberto, vorrei chiarire una volta per tutte che le voci per le quali si è fatta chissà quale operazione di pesante rifacimento sono STRONZATE. Roberto sapeva benissimo quel che stava facendo e, a differenza di quanto può succedere in altri editing del tutto legittimi e normali, nulla è stato toccato o rimaneggiato nella sua struttura. Abbiamo- perché tutto è stato fatto d’accordo con l’autore- semplicemente delle asciugature e questo, in un libro denso come è Gomorra nonché delicatissimo, non è stato per niente facile. Vale a dire che in genere si è trattato di levare le ridondanze -due righe di qua, una di là, mezzo paragrafo ecc. Ed è stato fatto per dare maggiore compattezza e leggibilità al libro.
Ora vedo che oltre a quelli che favoleggiano del made in Mondadori, ci sono pure quelli che trovano che su Gomorra il lavoro di editing non fosse sufficiente. E temo non potrà essere che così.
Io penso che a uno scrittore vada lasciata la sua voce, che quando le ripetizioni sono anche testimonianza di un’ossessione, vadano lasciate stare, che le incongruenze che io chiamerei contraddizioni possano far parte della tensione vitale di un testo.
Poi certo sicuramente si poteva far meglio. Ma l’editor, per come la vedo io, è tenuto a svolgere un compito semmai da levatrice e non deve certo confondersi con quanto o chi genera e fa nascere i bambini.
grazie Helena
effeffe
Helena non sapevo che eri stata tu l’editor di saviano, hai fatto un ottimo lavoro visto che la tua voce proprio non si sente (e poteva succedere visto che sei una scrittrice anche tu) … ma credo che sia un caso a parte il vostro, il tuo, tu più che editor eri una amica-indiana che lo conosceva e stimava da prima, che lo aveva segnalato alla mondadori (mi sembra abbiate detto così) non per amicizia ma credendoci (e non hai sbagliato) ecc.
Non ti si può considerare un editor classico in questo caso, ma un amico che legge e consiglia con enorme rispetto … è proprio un’altra cosa di quello che si è discusso qui, e di quello di cui parla l’articolo della benedetti.
Ci sono casi veramente discutibili nell’EDITORia italiana e ognuno di noi li conosce, anche se nessuno ne vuole parlare veramente (cioè facendo nomi e cognomi) e forse è meglio così.
geo
Anche se amico, il buon editor deve essere spietato, se no non funziona.
Io ti capisco Georgia, perchè difendi la genuinità dell’ispirazione che è un valore. Ma non è il solo. Quello che ci divide credo sia il modo di concepire il soggetto. Per te è essenzialmente interiorità, per me è dialogos: diventa realmente se stesso di fronte a un tu che lo interroga.
Geo, non so se esiste l’editor classico. Editor -perché rischiamo anche di far uno certo casino con le definizioni- nel senso di “persona che segue un editing” e non in quello di “responsabile editoriale”.
Ha un modo molto simile di interpretare il suo lavoro Laura Bosio (scrittrice anche lei, e di gran livello) e sono abbastanza certa che non è l’unica ad avere un atteggiamento di fondo non prevaricante e non interventista, ma ugualmente molto attento (più di me, direi)
Grazie, comunque a tutti: sono abbastanza imbarazzata perché l’ultima cosa che volevo è fare la figura di “guarda come sono figa io”- era per sfatare leggende che non me la sentivo più di starmene zitta. Però, i complimenti fanno sempre piacere
Caro Rigoni,
il panorama è tale che ci si chiede se la cura editoriale sia scadente o se non sia invece perfettamente adeguata alla politica culturale, se parliamo di agenti letterari possiamo ben trovare figure luminose come l’ormai scomparso Linder, così come le troviamo tra gli editor e gli editori.
Ignoro quali siano le difficoltà di un editore, non so quanto sia una reale esigenza dei lettori avere libri scritti più professionalmente, costruiti da team editoriali efficienti, con ingredienti giusti e punteggiature espressive.
Oggi si leggono anche buoni libri, anche ottimi, se ne pubblicano forse troppi, ma se mi proponessero di pubblicare lo farei, e allora?
Dobbiamo logorarci in discussioni su professione e mestiere, tra arte e servizio? non sappiamo neanche perchè un libro bello resta nello scaffale e uno medio stravende.
La settimana scorsa mi sono fermato a mangiare ad un autogrill con mio figlio che aveva un piede ingessato, lui ha occupato un tavolo e io sono andato a prendere i panini.
Quando sono tornato era seduto su una pila di libri davanti al tavolo e lì ha mangiato.
Ho pensato che c’era qualcosa di dissonante, ma la sua scelta era molto naturale.
Valter: Per te è essenzialmente interiorità, per me è dialogos: diventa realmente se stesso di fronte a un tu che lo interroga.
beh valter …non credo di aver mai detto la fesseria che il “soggetto” per sia essenzialmente interiorità … non credo proprio di averla mai detta nè pensata :-).
però anche tu, dai … vederlo … un dialogos tra te e un editor che ti interroga … beh insomma ….:-)
Forse ha ragione qualcuno che qui ha scritto …. teniamoci strette le vecchie copie dei libri che di doman non c’è certezza.
geo
@ helena
Io lo so meno di te se in italia esista o meno quello, un editor-rifacitore classico, quello che nella cultura anglosassone chiamano editor. L’ ho appreso qui da voi che l’italia si fosse dotata di editor veri e propri all’americana, editor addirittura indispensabili, come ha detto qualcuno qui, io proprio non lo sapevo.
Quello che hai fatto tu con Saviano invece esiste da sempre, naturalmente. Qualcuno ha avuto la fortuna di aver avuto consigli da grandi scrittori che lavoravano nelle case editrici, altri (meno fortunati) si sono magari scontrati con una segretaria presuntuosa, altri hanno trovato persone attente, altri hanno trovato amici, maestri, mogli, mariti, amanti ma che esistessero degli editor veri e propri, come categoria professionale, l’ho appreso ora da voi …. Bruno dice, come se fosse la cosa più normale: Il mio editor. Gianni dice: Senza editor non si vive, Valter dice il mio libro è nato da un dialogo con l’editor ecc.
Il claudio perroni addirittura nel suo curriculum del risvolto di copertina, per rimpinzarlo un po’, cosa che ha dell’incredibile, ci mette due libri (che hanno venduto) a cui lui dice di aver fatto da “editor”. A questo punto una categoria professionale dal nome editor deve esistere per forza, altrimenti siamo alla follia pura dell’editorao meravigliao
L’allarme di carla benedetti per me è, non solo giustificato e intelligente, ma doveroso. Soprattutto la sua è una rezione del tutto sana e normale (altro che ideologica) che piomba in un mondo che sembra aver perso del tutto parametri normali.
Ad ogni modo a differenza di quello che ha detto qui (o in altro post) qualcuno, non è affatto vero che negli Usa l’editor sia qualcosa che funzioni a meraviglia … lo pensa solo chi ha letto I Peccati di Peyton Place ;-)
georgia
@Georgia
Se vogliamo essere precisini con le parole, il mio ultimo libro non è nato da un dialogo con l’editor (ne sarebbe come minimo il co-autore) ma ha tratto molto profitto dalla presenza di un VERO editor (ci sono editor del cazzo, capaci solo di omologare un testo alle esigenze del commerciale, come scrittori senza talento), che mi ha proposto essenzialmente degli alleggerimenti dove ripetevo, gigioneggiavo o pontificavo. E io li ho accettati semplicemente perchè mi sono accorto che era vero.
tu caro valter li hai accettati solo perchè in fondo, a quello che scrivevi, ho il dubbio, non ci credessi neanche troppo, prima:-).
Figuriamoci se celine, ma direi anche celati (per rimanere nella lettera C) accetterebbero (o avrebbero mai accettato) di tagliare cose solo perchè giudicate dall’editor come, ripetizioni, gigioneggiamenti, pontificamenti.
Gli scrittori veri quando tagliano (certo che tagliano, certo che allegeriscono, certo che correggono) certo non lo farebbero mai con leggerezza e così docile. Vedi il problema oggi è che quasi nessuno crede all’utilità di quello che scrive (se non per dire: anch’io ho pubblicato un libro) quindi tagliare è una cosa come un’altra, purche il libro esca:-)))). Mentre per colui che è scrittore vero (grande o piccolo che sia) ogni cosa che scrive … è (oggi come ieri) parte di lui, carne della sua carne, e ci rinuncia malvolentieri, anche se, naturalmente, taglia, aggiunge cambia, a volte con un aiuto esterno (che esiste DA SEMPRE), a volte da solo e magari ci passa tutta le vita a limare, fino allo sfinimento, come fece flaubert e prima di lui virgilio e come, nel loro piccolo, fanno naturalmente tutti.
Però …. che cazzo è ‘sto editor di cui tutti parlate come se esistesse veramente ;-)?
geo
mi fa ridere georgia che discute di editing:-))))) (appunto. qualche editor di passaggio le tagli quelle faccine),
georgia, sveglia, hemingway aveva l’editor… e mi vieni a parlare di celati, piccola…
infatti hemingway si è suicidato ;-).
Ma non hai risposto alla mia domanda. Che in america ci siano gli editor lo sanno anche i bambini, ma in italia ci sono? e con che carica, con che contratto, vengono assunti nelle case editrici?
La qualifica di editor (in italia) fa parte dei lavori socialmente utili? ;-)
E sono editor, come molti sono scrittori, come molti sono maestri di scrittura?
Sitting targets a te fa ridere che ti faccia tutte queste domande?
Ma io sono una dei pochissimi italiani che NON scrive (quindi posso fare le faccine che mi pare) e ho il diritto di capire … e … tenetemi cara perchè sono un genere in via di estinzione e … pure leggo :-))).
Poi vorrei insinuare che per voi l’america (anzi gli usa perchè l’america è altra cosa) è un tutt’uno informe da tirar fuori sempre come l’eldorado … voi credete che gli usa siano il massimo dell’aspirazione di un uomo sulla terra (e forse anche in cielo) e che là sia tutto un paradiso da esportare qui a suon di bombarde e balle cosmiche… W gli editor americani e sopratutto quelli de noartri
georgia
P.S
certo che ‘sto sitting targets la deve sapere lunga … ne deve sapere di cose lui (soprattutto sugli Usa), pensa te che ha tirato fuori niente po’ po’ di meno che hemingway, uno più originale qui non lo potevo trovare :-)))))) … sta a vedere che è uno dei famosi editor de noartri;-)
@georgia
Ecco dove ti ho vista: in “Per chi suona la campana”.
Avevi sempre un fucile in mano.
georgia, mettila come ti pare, gli editor spesso servono anche a quelli bravi. perché? chiedilo a quelli bravi, ne conoscerai qualcuno, no?
le tue domande io mica le capisco. mi chiedi se in italia esistono gli editor, secondo te cosa dovrei risponderti? che te ne presento uno quando vuoi, magari con l’argomento giusto?
Editor in genere in Italia sta per “responsabile editoriale”. Colui/lei che decide quali libri/autori pubblicare. Spesso non segue l’editing, a volte, nel caso di case editrici medio piccole soprattutto sì. Conosco una sola persona in Italia il cui lavoro editoriale è solo quello di chi fa editing ed è Laura Bosio per Guanda. Magari però mi sbaglio. Altrimenti l’editing lo fanno caporedattori e redattori (e lì molto spesso confina o coincide col lavoro redazionale più tradizionale) o esterni qualificati. A questo si aggiunguno coloro che fanno editing all’interno di agenzie letterarie o in qualità di agente letterario, fra cui Perroni.
GEORGIA,
“Gianni dice: Senza editor non si vive”. Non l’ho MAI detto né pensato.
Peccato che domani parto e non ti leggo prima di sabato sera.
biondillo, lascia perdere, leggi piuttosto l’oroscopo, è più preciso.
@ Mario Pandiani
sinceramente non ho capito cosa vuoi dire.
Tu scrivi: “Dobbiamo logorarci in discussioni su professione e mestiere, tra arte e servizio?”
Io credo che nel nostro paese di questo aspetto si parli anche troppo poco purtroppo.
Helena descrive perfettamente quella che è la situazione nel nostro paese.
Le dimensioni del mercato editoriale in Italia non giustificano la presenza di figure professionali come quelle presenti nel mondo anglosassone.
Se questo sia un bene, rimane da vedere
va beh visto che biondillo torna stasera e visto che è stato pure immortalato in una poesia da Binaghi … gli rispondo.
Ok non l’hai mai detto che “Senza editor non si vive”, hai detto che senza editor non si scrive … non si pubblica … e siccome io sono romantica penso che per uno scrittore scrivere sia la vita e così ho fatto lo scivolone da unaparola all’altra … ma dio mio come la fate lunga però, dovreste capire le cose al volo invece di avere i piombi all’anima :-)
geo
Georgia,
Non ho MAI neppure detto che senza editor non si scrive e non si pubblica.
e no dai … in difesa degli editor sei sceso eccome, dai … mica li avrai difesi così solo per partito preso vero?
Però invece di stare a mettere i puntini sulle E con me, vedi di chiedere a biraghi come mai ti accusa, addirittura in versi, di avere una intera legione di nick … una legione, non un manipolo una coorte, una centuria, ma una legione capito? nick legionari ….da non crederci
geo
L’hai chiamato Biraghi! non è da te Georgia (o dovrei scrivere Giorgia?), non è da te!
Io non ho difeso gli editor. Ma non li ho accusati dello svilimento delle patrie lettere, che è cosa assai diversa.
cavolo gianni hai ragione e l’ho sbagliato anche nel mio blog …
… è che ultimamente sbaglio sempre i nomi … la rete ‘un fa bene, ‘un fa bene, lo dico sempre :-)
Gli editor, e non certo quelli onesti e bravi che esistono da secoli (alcuni anche grandi scrittori) , ma quelli mercenari e iperliberisti delle agenzie letterarie sono responsabili, e molto, dello svilimento delle patrie (e non patrie) lettere, …. non sono i soli naturalmente ;-)
geo
non avevo dubbi
sul fatto che
“qualcuno”
aveva ragione.
il scecco avi raggione. nel mondo mio de la primma guerra mondiala, co li autriaci che sparevano a tutti vandi, e lo cavallo ammaziato e scamarcio. co sto parlare anglisi che se capisce poco, editorre, co na erre sola, como se facia a scrivere nu romanzo co l’autri. io scrivitti sulo na la campagna ragusana e feci fortuna quandu muriu.
ci mancava solo il clone (ma forse è il fratello scemo) di amalia de lana.
adesso non manca proprio più niente. attaccate pure il cartello ‘completo’ all’ingresso.