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Sanremo fase 2 e fase 3

di Cristiano de Majo

Sono le 23:00 e a un centinaio di metri dal teatro Ariston, in piazza Colombo – diciamo pure la piazza principale di Sanremo –, si aggirano una trentina di persone, qualche famiglia con carrozzino, un paio di vecchietti, ma soprattutto immigrati: est europei, nordafricani. Il megaschermo trasmette immagini del festival mute perché intanto, sul palco montato su un lato della piazza di fronte al McDonald’s, si sta esibendo un gruppo di ventenni improbabili emuli dei Pooh. Nell’aria sono sparse dosi massicce di tristezza. A quest’ora della sera, Sanremo sembra una festa di paese riuscita male. Mi metto a parlare con un tunisino che vive a Cinisello Balsamo e lavora a Milano, mandato dalla sua azienda per qualche mese sulla Riviera dei Fiori a ristrutturare un albergo. Mi dice che non sapeva del Festival, anzi pensava fosse già finito. Aggiunge che la cosa più difficile qui è parlare con le ragazze italiane. Lo lascio alla stazione degli autobus e mi incammino per corso Garibaldi che è un deserto illuminato da piccole lampadine gialle che si arrampicano sugli alberi.
Di notte, in albergo, mi sveglio in preda a un incubo. Scenografie sanremesi mi stavano avviluppando. La mostruosa conchiglia fosforescente si chiudeva intorno a me fino a costringermi in un utero angusto e asfissiante. Poi rinvenivo uno spiraglio, una piccola fessura aperta su un salotto in bianco e nero dove Baudo mi accoglieva con un largo sorriso annunciandomi che il quarantaduesimo governo Andreotti aveva ottenuto la fiducia al Senato. Nel salotto si stava tenendo una seduta spiritica. Vecchi funzionari democristiani chiedevano a un piattino chi avrebbe vinto il Festival. E il piattino si muoveva componendo un nome e un cognome: j-o-h-n-n-y-d-o-r-e-l-l-i.
Finalmente arriva la mattina e la mattina si va in Sala Stampa. Non c’è altra possibilità. Assistere al riempimento progressivo della sala è come guardare l’alba. L’effervescenza dell’aria è un concentrato di aspettative e speranze. Cosa succederà oggi? Soprattutto sono in arrivo i dati Auditel. Intanto ci consegnano un malloppo di centosessanta fogli chiamato Primo Lancio che contiene la rassegna stampa di tutti gli articoli sul Festival usciti sui giornali di oggi. Centosessanta pagine che sono esattamente il prodotto di quello che tutti noi della Sala Stampa abbiamo fatto oggi. Un fedele resoconto dei nostri resoconti. Passa qualche minuto e una hostess vestita in tailleur blu Rai distribuisce il comunicato n. 29: Sono stati 12 milioni 452 mila (share del 43.80 per cento) i telespettatori che hanno seguito su Raiuno la prima parte (dalle 21.10 alle 22.57) della serata d’apertura del 57° Festival della Canzone Italiana, c’è scritto. Subito dopo, l’Invincibile Armata, vale a dire il gotha di questo Festival: Pippo Baudo, seguito da Del Noce, seguito dall’immancabile Nando Pagnoncelli, seguito da un capostruttura Rai, seguito dall’assessore alla cultura del Comune di Sanremo, tutti seguiti a una certa distanza da Michelle Hunziker. Prima di rispondere alle nostre domande, Baudo e la Hunziker devono sottoporsi a una cosa chiamata photo-call e cioè si devono abbracciare e devono sorridere davanti a una parete (sponsorizzata) di cartone, mentre una quantità incalcolabile di fotografi e cameraman li inquadrano, li riprendono, sparano flash. Una cascata di flash.
Le facce sono un po’ tirate. Baudo e Del Noce ostentano espressioni soddisfatte, ma si percepisce che la richiesta di ieri – “abbiamo fame di ascolti” – non è stata soddisfatta. È la conferma di quanto lo Spettacolo ambisca al regime totalitario: 12 milioni di spettatori sono pur sempre un quinto della popolazione italiana e il 43,80 per cento è pur sempre una somma che si avvicina molto alla metà dei telespettatori che ieri sera erano davanti alla televisione. Eppure è andata male, è andata come Panariello. Allora ecco pronta una strategia comunicativa per far fronte a questo mezzo fallimento: la matematica. Ci pensa Del Noce che parla di medie ponderate e di curve che dimostrano, secondo il Piccolo Direttore, che siamo davanti a un trend positivo. Dalla matematica si passa alla floricoltura, con l’assessore che è felice perché quest’anno la direzione artistica ha puntato al “mantenimento della tradizione” e perché Baudo “ha di nuovo puntato sui fiori di Sanremo che sono tornati protagonisti a Sanremo”.
A ora di pranzo una boccata d’aria fresca, di nuovo a piazza Colombo, dove conosco finalmente Miranda, la sosia di Liz Taylor. Miranda in realtà è molto più di una sosia, è, piuttosto, la fondatrice e la presidentessa del primo e unico al mondo Sosia Fan Club che conta l’adesione di quattrocento sosia e con il quale organizza feste – Vuoi una serata speciale?, dice lo slogan dell’agenzia – con sosia. Miranda mi dice che, più che far soldi, ha fondato l’agenzia dei sosia per divertimento e per “portare avanti il discorso dei sosia”. Prima di congedarmi, ci tiene molto a darmi il primo prodotto editoriale del club: il calendario dei sosia.

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Mezzanotte di mercoledì, mentre Milva canta The show must go on, alla stazione degli autobus – in modo persino troppo didascalico –– due uomini ubriachi si stanno accapigliando: schiaffi, spintoni e minacce con pezzi di vetro rotto. Nel giro di un minuto arrivano i carabinieri e un nutrito di gruppo di poliziotti in borghese. I due ubriachi vengono bloccati, stesi per terra, sedati energicamente con qualche pugno. Ma continuano a fare i pazzi, cercano di divincolarsi. Allora, le manette, le scarpe in faccia, il trasferimento forzato sulle volanti. “Purtroppo non sono clandestini”, sento dire a un carabiniere, perché i due ubriachi sono rumeni e quindi, da qualche tempo a questa parte, cittadini europei. Questo significa che non sono espatriabili. Ma forse anche che sono “estranei” fino a un certo punto.
Dentro la Sala Stampa, dopo il secondo giorno di Festival, inizio a stare male, a provare un senso di oppressione per il dettaglio giornalistico. Un Collega con Esperienza Pluriennale mi ha detto che la sindrome depressiva sanremese è un fenomeno tipico la prima volta che si segue un Festival e mi ha consigliato di sfogarmi. Lui, al suo primo anno, scrisse un pezzo intitolato Bonjour tristesse e poi è stato meglio. Il fatto è che la nitidezza con cui si percepiscono i meccanismi della rappresentazione è accecante. Baudo che si offende. Baudo che piange. Baudo che chiama l’applauso dei giornalisti (e lo riceve). Baudo che formula una mistica della qualità – “il testo impegnato” – urlando “questa è arte!”. Ma è accecante soprattutto scoprire quanto i giornalisti siano protagonisti della rappresentazione. Trovare la notizia in certe sfumature nella voce di Del Noce che risponde alla domanda su Bonolis. Cercare a tutti i costi di costruire una polemica calcistica all’interno della polemica politica: “Ma Baudo per chi tifa? E Bonolis per chi tifa? E Del Noce per chi tifa?”. Rispettare la parte di giornalista critico e un po’ snob verso il sistema sanremese (quelli che vengono chiamati “i fichi di Repubblica”). Più che uno spettacolo, è l’invenzione dello spettacolo.
Fuori, mentre un paio di abbronzantissimi promoter finanziari cercavano di convincermi ad aprire un conto a costo zero e a interessi vantaggiosissimi, ho visto vecchiette zoppicanti sorseggiare con gusto lattine di Red Bull. Ho assistito anche a una sfilata in cui venivano presentati la Miss e il Mister Peperoncino 2006 e ho ascoltato per qualche minuto l’esibizione di un ragazzo-non-più-ragazzo che, nell’ambito della gara canora Facce da Sanremo, presentava la sua “Amore che fugge” a un pubblico di quattro spettatori. Poi ho conosciuto un gruppo di ragazzi salernitani venuti qui per cinque giorni “a fotografare i vip”. “Abbiamo visto solo la prima serata”, mi hanno detto, comprando il biglietto da un bagarino alla modica cifra di 200 euro. “E per il resto che fate?”, gli ho chiesto. “Stiamo qui”, mi hanno detto indicando le transenne davanti all’ingresso del teatro presso cui si accalcano tutti quelli che vogliono vedere i vip. Sempre in zona transenne, un impresario mi ha manifestato tutto il suo orgoglio per essere riuscito a reclutare un gruppo di cinque amici di Maria De Filippi con cui si possono organizzare serate “da sei, settemila euro”. Di fronte a noi, radio RTL 102.5 stava trasmettendo all’interno delle vetrine di Ovviesse.
Alle ore 21.00 di giovedì sono finalmente dentro l’Ariston, in galleria. La vera epifania è scoprire che il teatro è in realtà molto più piccolo dell’astronave gigante che appare in televisione. Prima che iniziasse la trasmissione, ci hanno chiesto di fare un applauso perché avevano bisogno di registrare un applauso e così mi sono ritrovato con tutti gli altri spettatori a battere le mani a nessuno, mentre sul palco due tecnici cercavano di mettere ordine in una ragnatela di cavi. Ma la cosa più bella è stato vedere durante una pausa Michelle Hunziker e Baudo abbracciati davanti al monitor di servizio che trasmetteva gli spot della Wind con Aldo, Giovanni e Giacomo: è stato bello vederli ridere come una coppia su un divano qualsiasi, in pantofole e Versace.

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7 Commenti

  1. Buongiorno. Arrivo su questo “bellissimo” secondo pezzo su Sanremo (che vedo dal 1980, sono nato nel 1967, per Poetiche-sociologiche) per confermare l’ esistenza di un Luogo dell’ Anima come la Pigna e che comunque ho ascoltato delle belle canzoni “Il terso fuochista” di Tosca, Simone Cristicchi (che l’ altro giorno con Sergio Cammariere, ha aumentato le Emozioni) con – Ti regalerò una rosa , e la mia preferita, Daniele Silvestri (con i mitici Capone Bungt Bangt, l’ altra serata) con – La Paranza . Trovo scorretto che il Presidente Petruccioli e un Ministro di un governo di Sinistra avallino in un momento di crisi (Mi chiamo Roberta, ho 40 anni, guadagno 250 euro al mese… di Aldo Nove) di sacrifici per tutti, aumento dei balzelli per la povera gente, pensione minima diventata inesistente col raddoppio dei prezzi (vecchi mille lire = 1 Euro = duemilalire, tutto raddoppiato) , accetttino esostengano 1 milione di euro per la Signora Michelle Hunzicher, 250 mila euro per due “cosine” dette ieri dalla Bellissima Signora Penolepe Cruz, in deroga ai limiti che ci si era posti…. W Franco Turigliatto…
    Baci e Abbracci
    davide fent

  2. bellissimo post.
    mi dica ma lei ma,a quanto ho capito,è un giornalista che era presente alle serate di sanremo,c’era al dopofestival quando è arrivata momo?ho visto il dopofestival solo per un quarto d’ora ma non mi è assolutamente piaciuto come quella donna è stata trattata da un giornalista di cui non ricordo il nome..se ha capito a cosa mi riferisco,lei che ne pensa?
    ho sentito che Marcella Bella e suo fratello si sono rifiutati di partecipare al dopofestival dicendo: “noi non siamo carne da macello”.

  3. Come avete visto la Pulsatilla al DopoFestival?
    mi è piaciuta molto anche la Canzone di Milva scritta da Giorgio Faletti

    ” The show must go on ”

    Gli artisti falliti sono fuori dal gioco
    non ci sono mai stati o ci son stati per poco
    e ora parlano molto quasi a chiedere scusa
    di aver perso la chiave di una porta ormai chiusa
    di un’estate li intorno ch’è svanita in un giorno
    e sembrava durasse in eterno
    quando han preso la scala per salire al successo
    ed invece sono scesi all’inferno
    and the show must go on, the show must go on.
    Gli artisti falliti hanno un sogno proibito
    un teatro con fuori scritto “tutto esaurito”
    e una nota sospesa con un’intonazione
    che si alzi la sala e che esploda il loggione
    o quant’altro ci sia per andarsene via
    con tre o quattro persone di scorta
    tra due ali di gente se non proprio per sempre
    però almeno provarlo una volta
    and the show must go on, the show must go on.
    Avevo dentro un’anima da viverci tre vite
    ma un cuore troppo piccolo per musiche infinite
    e queste dita inutili guarda dove son finite
    dai tasti del mio pianoforte a una calcolatrice
    and the show must go on, the show must go on.
    Gli artisti falliti hanno il passo strisciato
    per vergogna d’impronte che non hanno lasciato
    e una macchina fuori sempre mal posteggiata
    che non sembra davvero sia mai stata lavata
    ed un’alba slavata da mandare affanculo
    perchè c’è un nuovo giorno nel pugno
    e una birra ghiacciata da gelarci l’inferno
    perchè loro siamo tutti o nessumust go on.

    no
    and the show must go on, the show

    BAci e Abbracci
    davide fent

  4. grazie per i “bellissimi”. non sono esattamente un giornalista, ho solo fatto l’inviato per liberazione per questa edizione. non ho assistito all’episodio che cita incuriosita. la cosa dei bella che si sono rifiutati è vera. in quanto a pulsatilla, ecco, ehm.

  5. preferisce Panariello o Baudo?io credo che per lo meno il livello di preparazione artistica dei cantanti si sia un pò alzato rispetto all’anno scorso e che Panariello beh sia..incommentabile,è anche vero che il buon Pippo ha fatto se non mi sbaglio 17 festival..io come presentatore “nuovo” ci vedrei bene un Claudio Bisio..no?

  6. Sei Pane amore e fantasia

    “Finalmente non è più un festival di rose e fiori, ma un Festival che capisce il mondo e la società”. Hasta la victoria, Pippo. Mentre il governo si sfascia e la sinistra arranca, sentiamoci Concato e la sua lagna da cinquantenne licenziato. Mentre a Bologna bastonano chi insulta i morti (Raciti e la moglie), godiamoci l’esotismo maculato di Al Bano, il padre-padrone che dall’onore è passato al perdono, dai cocchi dell’isola dei famosi ai cocci del palco più disarmato che c’è. Volume per Cristicchi, riccioluto, coccoluto, risoluto foucoltiano. Becchiamoci pure il furbesco, stereotipo garibaldesco dell’“Italia che sta male”, il Paoletto nazionale, un altro che sa bene come presenziare, intascare e spolpettare la lotta di classe su Radio Deejay. Grazie al cielo che Berlusconi (ancora) c’è, se no noi che ci staremmo a fare (ancora) qui?

    “Le canzoni raccontano il Paese meglio di qualunque altra cosa”. Hasta la victoria, Pippo. Eroe dei due mondi, del Manifesto in versione Famiglia Cristiana. Dal palco dell’altermondismo, la rivelazione di Francesco Forgione, presidente emerito dell’Antimafia: “Non esistono solo brani apologetici della camorra dei neomelodici, ma anche i rap di ribellione e disobbedienza contro la mafia”, in cuffia Fabrizio Moro, che alla prima sanremese non aveva azzeccato il tema, né il tempo giusto (2000), ma ora torna sull’onda del precariato con i pollici in tasca, lui che lavora in lavanderia e vince in nome di tutti i giovani che domattina si sveglieranno all’alba per andare a faticare canticchiando un veltronesco “imperativo da condividere”: più lucchetti per tutti.

    “Pensa” al gessato di Chiambretti: “Se Baudo e la Hunziker ricevono questi compensi è perché se li meritano e soprattutto perché grazie a loro arrivano soldi e pubblicità”. Ma Pippo ha detto che lo fa per sport, è un professionista serio che non pensa alla grana ma a tenere in pista i ‘valori’ che contano.

    Invece guardate la Hunzinker, che sciattona ingorda.
    Si vede che viene da Mediaset.
    Povera Italia, povera Nada.

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