I paesi della bandiera bianca
di Franco Arminio
Va di moda assegnare le bandiere ai luoghi. C’è chi assegna la bandiera blu alle migliori località di mare e chi quella arancione ai paesi più belli. La scuola di paesologia potrebbe assegnare la bandiera bianca ai paesi più sperduti e affranti, i paesi della resa, quelli sulla soglia dell’estinzione. Ce ne sono tanti e sono i meno visitati. Non hanno il museo della civiltà contadina, non hanno il negozio che vende i prodotti tipici, non hanno la brochure che illustra le bellezze del posto, non hanno il medico tutti i giorni e la farmacia è aperta solo per qualche ora. Sono i paesi in cui si sente l’assenza di chi se n’è andato e quella di chi non è mai venuto.
Non hanno neppure stranezze particolari: gli abitanti non sono tutti parenti tra di loro, non fanno processioni coi serpenti, non fanno la festa degli ammogliati, non hanno dato i natali a una famosa cantante o a un politico o a un calciatore. Non hanno neppure particolari arretratezze, hanno l’acqua calda in tutte le case, hanno le macchine e le televisioni, tutti hanno di che mangiare e un tetto dove dormire. In questi paesi della bandiera bianca ci sono i lampioni, ci sono i marciapiedi, c’è sicuramente almeno un bar e un piccolo negozio di alimentari, c’è un sindaco e una piazza, c’è qualche bambino, ci sono molti anziani, ci sono case nuove e case un po’ più vecchie. I paesi della bandiera bianca sono quelli che vengono visitati solo quando succede qualche disgrazia: il terremoto da questo punto di vista è la disgrazia ideale. Per il resto dell’anno questi paesi che non hanno il mare e non hanno la montagna, che non hanno le fabbriche e le discoteche, che non hanno santi né delinquenti, stanno al loro posto, concavi o convessi, allungati, acciambellati, frammentati, appesi al paesaggio. Non fanno altro mestiere se non quello di essere un luogo del mondo, un luogo unico come tutti gli altri, senza meriti e demeriti particolari. La bandiera bianca sta a significare che sono luoghi arresi, senza additivi, senza mistificazioni, neppure quelle del silenzio e della pace. Nei paesi da bandiera bianca non è che si trova il pane più buono che altrove o l’artigiano che sa fare il cesto come si faceva una volta o il calzolaio che ti fa le scarpe. Si trova il mondo com’ è adesso, sfinito e senza senso, con l’unica differenza che questa condizione si mostra senza essere mascherata da altro. La bandiera bianca non è la bandiera della desolazione contrapposta a quella del divertimento. Non è quella della bruttezza contrapposta a quella della bellezza. Non è quella dell’abbandono contrapposta a quella dell’indaffaramento.
La bandiera bianca è la bandiera della verità. Ci dice attraverso un luogo qualunque che l’ebbrezza di stare al mondo è svanita e che lavoriamo ogni giorno per portare in noi l’arca di Noè e ci ritroviamo con un pugno di mosche.
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Bene (questa volta si fa sul serio!)! Come sempre il paesologo non mi ha deluso. Cammina rasoterra, eppur sorvola! Una ventata d’aria pura, senza spaccio artefatto d’intelligenza
Bello, pulito, sincero!
Marco
I paesi arresi. Bello. Mi è piaciuto il sindaco assimilato a un lampione a un elemento qualsiasi di questo desolato presepe.
chi vuole lo iscrivo alla scuola di paesologia.
se non si paga
iscrivimi ti prego
effeffe
ps
se si paga chiedo a Biondillo di anticipare
ppss
bellissimo testo Franco. E intanto dalla terra al mare, quella tua nota sulle bandiere mi ha fatto scoprire perchè sono comunista. Quello che mi affascinava di più, quando bambini scendevamo in spiaggia era la bandiera rossa che sventolava sul pennone accompagnando il fragore delle onde. Insomma un comunismo da agitare bene prima dell’uso, un comunismo dandy
dunque ff primo iscritto.
questa estate iniziano i corsi, immagino una tre giorni di escursioni quotidiane e rifocillamenti notturni. il tutto partendo da bisaccia, capitale dalle paesologia
vino irpino
spero
effeffe
greco di tufo per chi ama i bianchi
aglianico di taurasi per chi ama i rossi
ma il pezzo forte è la centenaria osteria di famiglia.
Sono refrattario alle scuole ma per Arminio sono disponibile (e poi con le escursioni vado a nozze)
chi si iscrive è pregato di fornirmi mail e telefono per quando sarà tempo di avviare la macchina organizzativa
siamo in tre, grandissimo Franco
effeffe 3387428437 francesco.forlani@wanadoo.fr
furlen 3387428437 francesco.forlani@wanadoo.fr
francesco 3387428437 francesco.forlani@wanadoo.fr
baz et abraz
bas e abrbraz e c’ verim’ a vesazz
Bel pezzo, sembra scritto apposta per bisaccia, nostro caro e desolato paese in coma profondo…
Meglio la scuola di paesologia all’aria aperta che ammuffire nelle aule di Stato
Arminio la tua email ce l’ho da tanto tempo, prima ancora che diventassi un uomo di successo, quando ancora eri quasi sconosciuto e senza fans.
Mi farò sentire. Ti ho seguito anche in televisione, un po’ di tempo fa.
Bel pezzo, che meriterebbe un approfondimento (magari collettivo).
Per quanto riguarda però la scuola, pago anche la retta a Effeffe, ma esigo una cattedra (non solo per i titoli accademici, ma anche per i meriti acquisiti sul campo!)
;-)
caro biondillo,
sarai sicuramente molto utile. saranno tre giornate intense e credo che lasceranno un segno. la virtualità è un’ottima cosa se serve per agganciarci e poi confrontarci nella realtà e con la realtà (o almeno quello che resta di essa).
in questi giorni non sono in vena di lamenti, ma qualche riflessione sul tema è benvenuta già da adesso
caro arminio,
mi viene da dirti ” le nostre conoscenze, come le nostre esperienze, dovrebbero paralizzarci, e renderci indulgenti verso la stessa tirannia, visto che rappresenta una costante.Siamo abbastanza chiaroveggenti da essere tentati di deporre le armi; non di meno il riflesso della ribellione trionfa sui nostri dubbi; e benchè potremmo diventare degli stoici perfetti, l’anarchico rimane desto in noi e si oppone alla nostra rassegnazione” , e mi viene da dirti anche questo” ho voglia di alzare le braccia e di gridare cose di ignota selvatichezza, di parlare ai misteri sublimi, di affermare una nuova vasta personalità ai grandi spazi della materia vuota. ma mi controllo e mi rassereno.”Io ho la dimensione di ciò che vedo!” E la frase diventa la mia intera anima, vi accosto tutte le emozioni che sento e sopra di me, ma di dentro, come sulla città dal di fuori, cala la pace indecifrabile della fredda luce della luna che comincia a risplendere, vasta, con il cadere della notte”
Ecco, ho usato le parole di due persone “oneste”, di due “aristocratici”, di due “onesti pessimisti”, due con la bandiera bianca nel cuore.
Io nel cuore ci ho una bandiera bianca e una bandiera rossa, stasera perlomeno, domani non so.
baci
la funambola
mi piace la tua onestà
stasera ho parlato al telefono con un grande scrittore, uno scrittore giovanissimo, abbiamo parlato dell’onestà. forse oltre al pessimismo onesto serve anche un pessimismo combattente. e dobbiamo ritrovarci nei luoghi più sperduti e affranti, da lì possono nascere rudimenti, nuclei, abozzi, di nuove alleanze, nuove compagnie.
Le ultime parole di Franco mi consolano e vorrei dirne di molte sulle sue qualità artistiche. Non sono, non sono sicuro, spero, a causa d’impegni improrogabili, di sapermi esprimere, inizio prossima settimana, se non è tardi, per esteso.
Posso però già dire, in breve accenno, a quanto nella paesologia itinerante di Arminio colga l’esistenza che sfila tra tenebre e lucori residuali di vita. Nobiltà e miseria distinte e alterne, adiacenti ma senza confusione, perché sulla strada che lo conduce, c’è di tutto. Si guardano gli opposti e tutto nei suo occhi che guardano è insieme sensuale e conturbante. Sembra che sul mondo filtrato dal suo orecchio teso a percepirne i mormorii più sotterranei, cada il telone del destino, eppure emerge, arde una fiamma purificatrice dalla sua scrittura, un desiderio di fenice. Le sue parole sono storia d’amuri cantata ai venti di tutte le vele naviganti per le terre. Un grido sommesso sullo svanire della bellezza nel mondo, che vuole trattenere come alba del mondo, ormai illividita dal dolore, mentre si fa fioco il lume della vita, lui stringe lo sguardo su quello su cui nessuno posa più occhio e lo solleva da terra cercando di salvarlo. Così scava l’ipocondria nel suo corpo, si è puniti per questo, e fa della malattia arte. Di una Bandiera un Simbolo ancora vivo! una metafora ancora seminante! una dialettica vinta degli opposti! un simbolo dell’Uno, da assimilare.
E’ uno scrittore illuminante senza essere pedagogo. Ha imparato a vivere nelle catacombe e sa risalirle.
stamattina qui c’è un bel sole, ma in piazza sono spariti anche i vecchi che una volta mi facevano compagnia. ho aspettato per un’oretta che arrivasse qualcuno e poi sono tornato a casa. più tardi devo andare a parlare coi bambini, oggi non ho tempo per la paesologia itinerante, oggi non ho tempo per andare a trovare uno dei miei paesi come si va a trovare un vecchio zio che ormai neppure ci riconosce. vi porterò con me in questi giri e spero, caro luminamenti, che siano giri illuminati, spero che ci faccia il luce il batticuore.
caro cosè&come
grazie per il bel pezzo paesologico. mi sa che un’altra cosa da fare, prima o poi, è raccogliere scritture sui paesi e sui loro abitanti. scritture paesologiche come questa, non paesanologiche.
caro farminio e l’idea di raccogliere scritti sui paesi è molto bella, anche perché nei paesi stessi ci sono strani personaggi che scrivono, il nostro medico condotto, certi vecchi maestri, poeti locali e anche raccogliere dallo loro viva voce storie di sopravvissuti, come si fa per la Shoah. Foto di facce. Di case. Di oggetti.
Tutto ciò che riguarda i paesi (e il buon vino) mi affascina……
saluti
carla
L’anno scorso, un paio di giorni a Penna d’Omo (provincia di Chieti) mi hanno messo in grado di capire oggi quello che dice Arminio in questo post.
Mi offro di integrare i corsi di paesologia con un seminario di Luogologia identitaria basica.
Naturalmente, anch’io voglio essere iscritto alla scuola di paesologia.
Caro paesologo, ma perchè non vai… a quel paese?!
Caro Franco,
mi spiace non averti accolto nel giusto modo il 5 scorso, sei arrivato nei pressi della biblioteca, dopo solo qualche ora che il nostro evento era finito! Avrei colto l’occasione per farti fare un bel giro tra le strade larghe e desolate di Scampìa e nel suo parco rigoglioso ma rigorosamente vietato agli abitanti ma di libero accesso ai tossicomani!
Ti avrei parlato poi del tuo bellissimo libro e di quanto mi è piaciuto e del video così intenso. Poi, ti avrei raccontato di questo nuovo paese in cui vivo dopo aver deciso di mollare Napoli, e cominciare questa specie di sciopero bianco…
Ed eccomi qua: sulle prealpi a godere di un silenzio che ancora riesce ad assordarmi, di una vita diversa… più intensa e più carica di stupore Per tutto ciò che mi circonda e non tanto per le persone che sono veramente poche rispetto alle folle oceaniche che invadono le strade di Napoli. Qui, soprattutto di mattina, per le strade non gira nessuno. Solo la sera qualcuno esce dalle 16,30 alle 18. E poi più nulla. I negozi chiudono alle 19 e le luci calano quiete lambendo le soglie del paese a 50 km da Torino.
Bene, allora mi raccomando considerami iscritta alla tua scuola che se vuoi tenterei di lanciare anche prima!
Ah, a proposito… spezzo una lancia a favore della meravigliosa trattoria di Bisaccia che ho frequentato qualche anno fa con amici credo in comune con te!
Un abbraccio
serena
cara serena
conosco i luoghi in cui vivi adesso e ne ho anche scritto. l’osteria la troverai in una nuova sede. a scampiaci voglio tornare insieme a te, senza altri impegni che non siano quelli dell’andare in giro e guardare.
Vecchio paesatiro!:-)