Un pedigree

di Gianni Biondillo

modiano.jpg

Patrick Modiano, Un pedigree, Einaudi, 2006

Avevo già letto un libro di Patrick Modiano, Dora Bruder, edito da Guanda. Un piccolo libro dove l’autore, con in mano solo un nome e l’annuncio di una persona scomparsa cerca inutilmente di ricostruire la vita della protagonista. Un libro sulla sconfitta della scrittura. Un bel libro.


E ora c’è questo testo fragile, dove analogamente al precendente, Modiano annota poco più che un elenco di nomi, di facce, di luoghi; un pedigree per nulla nobilitante, note alla rinfusa sulla sua infanzia, sulla sua adolescenza. E semplicemente nominandoli, conscio dei poteri magici che ogni nome porta con sé, sembra quasi che le anime e le storie delle persone si risveglino dal torpore eterno dell’oblio e rifacciano capolino, rivivano. Un libro fragile, dicevo, ma che, non ostante il numero esiguo di pagine, ha la potenza e la densità di un romanzo. Dietro l’apparente semplicità della pagina scritta, ogni riga del libro raggiunge un peso specifico e una tonalità aforistica tali da lasciare incantati.

Anche questo è un libro sull’assenza. La vita dello scrittore, dall’incontro dei suoi genitori nella Parigi sotto l’occupazione nazista sino al raggiungimento della maggiore età, è raccontata con un distacco che ferisce il lettore.

Assenza, dicevo. Di un padre troppo occupato a sognare fallimentari operazioni finanziarie, e di una madre troppo presa dalla sua carriera di attrice, identicamente fallimentare, che mai ha avuto un moto di affetto nei confronti del figlio, abbandonato per anni nei collegi della provincia profonda. Ma tutto ciò è raccontato senza enfasi, senza alcun rimpianto o rancore. Solo il ricordo del fratello morto troppo giovane (un’altra assenza) muove Modiano a commozione. Il resto, l’intera sua gioventù, è come uno schermo che gli scorre alle spalle, indifferente. Assente. È un ritratto giovanile desolato e vuoto. Solo la scrittura potrà salvarlo, restituirlo alla vita, sembra dirci alla fine, imprimendo una nota di calore a queste pagine gelide e, al contempo, bellissime.

[Pubblicato su Cooperazione, n. 48/2006 del 28.11.2006]

 

Print Friendly, PDF & Email

2 Commenti

  1. non ho letto niente di Modiano, ma sembra sia il caso di riparare. mi aveva già incuriosito, però…è stato lui a far pubblicare Tristan Egolf quando nessuno negli USA voleva…e gliene sono grato…uh. grazie.

I commenti a questo post sono chiusi

articoli correlati

La vecchiaia del bambino Matteo

di Romano A. Fiocchi
Il titolo è un ossimoro affascinante: "La vecchiaia del bambino Matteo". Non basta, il libro si apre con un’immagine che non poteva essere concepita se non da un poeta, qual era Angelo Lumelli: un vagone merci fermo in mezzo alle risaie, da solo, sulla linea ferroviaria Mortara-Pavia.

Attorno a un completo sconosciuto

di Gianluca Veltri
Quando arriva sul palco, il 25 luglio 1965, Dylan sembra un alieno piombato sulla terra. È vestito come un rocker, tutti gli strumenti della band sono elettrici: due chitarre, basso, organo e batteria. Altro che menestrello di Duluth.

Babilonia

di Gianni Biondillo
Fra opere di maggior o minore qualità, fra grandi cantieri e cantieri smisurati, ecco spuntare fuori il Bosco Verticale. Progetto vincente, inutile negarlo, a partire dalla sua comunicazione. Architettura che si fa claim, slogan, motto.

Sangue mio, corri!

di Romano A. Fiocchi
«La geografia aveva complottato con la storia e ne era uscito il capolavoro di un paradosso». "La signora Meraviglia", di Saba Anglana, è una sorta di autobiografia di famiglia con l’atmosfera di "Cent’anni di solitudine", proiettata non in Colombia bensì tra il Corno d’Africa e l’Italia.

Non chiamatela Banlieue

di Gianni Biondillo
Innanzitutto: non è una banlieue. Smettiamola di usare parole a sproposito, non aiuta a capire di cosa stiamo parlando. E, a ben vedere, non è neppure più una periferia. Dal Corvetto a Duomo ci vuole un quarto d'ora di metropolitana, siamo ormai nel cuore della metropoli lombarda.

Il venditore di via Broletto

di Romano A. Fiocchi
Sono trascorsi molti anni ma mi ricorderò sempre di quel giorno gelido di fine gennaio in cui lo incontrai. Lavoravo come fotoreporter da circa tre mesi, mi aveva assunto in prova l’agenzia Immaginazione.
gianni biondillo
gianni biondillo
GIANNI BIONDILLO (Milano, 1966), camminatore, scrittore e architetto pubblica per Guanda dal 2004. Come autore e saggista s’è occupato di narrativa di genere, psicogeografia, architettura, viaggi, eros, fiabe. Ha vinto il Premio Scerbanenco (2011), il Premio Bergamo (2018) e il Premio Bagutta (2024). Scrive per il cinema, il teatro e la televisione. È tradotto in varie lingue europee.
%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: