Pasquale Panella
tratto da Riccardo in sé
Riccardo Terzo, da Shakespeare e da se stesso
Il testo che segue è un testo in movimento. La versione che qui pubblichiamo è leggermente differente da quella letta al festival della filosofia di Roma all’interno del ciclo di dialoghi, in stabile fluire, curato da Lucio Saviani con Pasquale Panella, Paolo Rosa (studio azzurro), Domenico Zampaglione e Gino Ventriglia. La prima parte è stata pubblicata su Sud n°7 e su NI. Scrive Pasquale Panella a Lucio Saviani: Il testo è mobile, cambia a seconda del luogo, del clima…
Quale inverno?… A presto Pasquale
La tragedia sta tutta nei nomi…
Questi nomi, poi spettri…
E io faccio male? Io faccio i nomi…
Quei nomi portati come un peso
sulle spalle di chi risponde a quei nomi
Questi sono i miei delitti: i loro nomi…
Clarence, Clarence, l’ho ficcato nel buio…
forse piange?… forse piange un uomo al buio?
Sì, forse piange… cos’altro può fare?… Luce?… di sé?
Non lo direbbe mai, lo dico io: piange…
e io lacrimo con lui… per lui, da lui…
si fa per dire… piangere non è che una parola…
l’ho detta…o si piange o si dice… di piangere…
perché l’ho detta?… perché sono sincero…
piango… mi bagno davanti a questi imbecilli…
nominati come Derby, Hastings, Buckingham…
E poi cosa gli dico? Che è stata The Queen,
lei e i suoi alleati, a spingere The King
contro The Duke…. e se la bevono…
sì sì sì, se le bevono… le mie lacrime
a parole… salate… perché dico: salate… quindi: salate..
E cosa dicono loro?… “Vèndicati su Rivers,
Dorset, Grey”, altri nomi… E io cosa faccio?
Sospiro. Cito altri nomi, cito a casaccio
vecchie cose dalle Sacre Scritture,
cito il nome di Dio, faccio il santo
quanto più sto giocando al demonio…
Clarence, andato… Edoardo, andato anche lui…
Chi piange per l’uno, chi piange per l’altro,
chi per tutti e due… Ma allora è vero
che è morto il buon re? Chi regnerà?
Il suo figlio bambino? Ma chi è principino
non è ancora re, sarà solo il suo spettro…
e tutti i parenti della Regina saranno decapitati…
La testa è instabile… la testa è instabile…
e non possiamo afferrarla che per i capelli…
come il pensiero del resto…. la testa….
Nella discendenza occupo un posto
molto basso, sono troppo lontano dal trono…
Ammazzerò chi mi precede… e sarò re…
La soluzione è sempre a portata di mano
se è un coltello, un pugnale… anzi è già
nelle tue mani da strangolatore…
… è il collo il punto fermo della testa…
Io ho dormito molto, ho dormito bene
e mi sono svegliato disteso… allegro… poi vivace…
Cosa sono? Il movimento d’una sinfonia?
Ho voglia di fragole… Ma… ma… ma…
Ma cosa merita chi mi prepara la morte
con manovre diaboliche di dannata magia?…
chi copre tutto il mio corpo di pesanti
fatture infernali? … Ecco qua, sono tutto stregato,
il mio braccio s’è storto come un ramo stecchito…
chi è stato? …questo è per la vedova di Edoardo,
la mostruosa strega, assieme a quell’altra troiona,
quella battona della Shore… loro con indemoniate
possessioni mi hanno marchiato… E’ così…
Non c’è “Se…” Chi ha detto “Se?…”
Il protettore della puttana… è così?
Sì, è così… Via la testa di chi ha detto “Se”…
La voglio per terra prima di pranzo…
Se non la vedo rotolare non mangio…
Facciamo così… sì, facciamo così…
Diciamo così… Oh sì, voglio, lo voglio dire…
Voglio dire così: Chi mi ama mi segua!…
L’ho detto!… L’ho detto… ho fretta…
Ho fretta, fretta di veder rotolare una testa…
e chi ride di questo, chi ride di questo
vedrà rotolare tra poco il suo viso che ride…
Hastings, sei fatto… il tuo nome è uno spettro…
A me invece tocca tremare, poi cambiare colore,
spezzare il respiro in mezzo a una parola…
e poi andare di nuovo e di nuovo bloccarmi
però tutto mosso da fermo coi brividi addosso,
come fossi stravolto e strafatto di terrore…
nel tragico io so imitare il più abissale attore…
Parlare e guardare dietro, spiare dappertutto…
tremare e saltare al tremito della paglia…
sprofondare nel sospetto… ho terribili sguardi
nel mio repertorio e sorrisi forzati…
e gli uni e gli altri sempre pronti a farsi avanti…
Per esempio, ecco qui: Ecco la testa
di un ignobile traditore, il pericoloso
e insospettabile Hastings, staccata
in quattro e quattr’otto dal corpo…
La sua testa instabile….
Oh caro, caro, caro, tanto caro…
Amavo tanto quest’uomo che adesso devo piangere…
Lo dico, lo devo, lo ripeto, lo piango…
Lo credevo innocente, una pagina bianca
per le parole dell’anima mia… Ho detto: colpevole…
e la mia parola è diventata un fatto…
come dico che sono bastardi i figli di Edoardo…
Nomi… nomi… Lovel… Lovel, tu va dal dottor Shaw,
il teologo… E tu Catesby va da padre Penker,
il predicatore… Loro daranno un senso
alle le mie parole… le faranno: vere
Le mie, dette da me, adesso sono insensate,
mischiate, come sono, ai baci sul tuo corpo…
Sembra che io preghi ma non sto pregando,
sembro in contemplazione ma tocco la tua carne…
Non m’importa del regno… però sì m’importa…
nella dolcezza dei miei stesi abbandoni…
col peso addosso di questo regno che sei…
e come una giusta causa io ti abbraccio…
E io lo voglio dire: sento il peso…
e voglio dire che vorrò portarlo…
La mossa è questa: fingermi lontano
dal desiderio… col desiderio poi
di avvicinarmi al desiderio di desiderarlo…
(…insomma non so se mi sono spiegato… come un lenzuolo)
E’ questo il regno, e, se questo è il regno,
viva allora Riccardo, degno re degno re degno re…
Amen… amen… E’ così… con te…
Da un albero regale cade questo frutto,
maturato in ore che rubiamo al tempo…
Anna… Anna… senza volerlo tu verrai…
la verga inclusiva ti sferzerà il cervello…
e, calda, ti toccherà il pensiero… ti sentirai
tutta unta, umida d’una venerea morte…
prima di sentir gridare “Dio salvi la Regina”…
Prima di diventar politica ossia soltanto
tragica perché porti il tuo nome…
Io ho messo le mani nelle tue vene… Vene veneree
E se il potere è ciò che non si può
col corpo… (ossia esauriti gli estetismi
e la bellezza)…. all’interno del potere
tu puoi maledirmi… ma fuori del potere,
visto così da fuori cosa è mai il potere?…
il potere è questo: la nudità di noi…
di noi visti da fuori… tra fori e maglie
di persiane e tende, questo è il potere:
guardare noi da fuori, il nostro corpo
distratto dal corpo… ma adesso lo sappiamo…
e noi ci distraiamo… e lo facciamo apposta…
nell’erotismo la bellezza cade e resta il fatto…
e sia la nostra prima occupazione, questa:
la nostra distrazione… da tutto mi distraggo…
da tutto ti distrai… così mi augurerai
una donna, se ce n’è una: pazza…
che sappia torcermi e storpiarmi sopra un letto… Tu…
Tu che me l’auguri, sei tu quel corpo
che con mosse (che al potere
sembreranno un tormento doloroso)
tutto mi storcerà nell’amoroso…
perché il potere è ciò che non si può
col corpo… e allora si capisce, Anna,
quello che intendi quando
dici che nel tuo letto nemmeno
un’ora sola hai mai dormito
perché io t’assalivo tremando…
tremando io, tremando in te…
ma forse tu tremavi, tu, per me
che venivo dai sogni su di te…
Con violenza e odio, a volerci guardare
da fuori… ma noi eravamo dentro…
mentre il potere offre un addio…
dice un addio… grida un addio alle pietre…
Il mio pensiero è un fatto:
una cosa si fa o non si fa…
ma questo è il punto: se una cosa
non si fa, se ne fa un’altra,
quindi una cosa si fa…
o non si fa, facendone un’altra,,,
eccetera eccetera et cetera
(siano benedetti tre volte gli eccetera)…
insomma siamo condannati a fare,
una cosa o un’altra, comunque una cosa…
Quindi: una cosa si fa…
Dire “o non si fa” si fa per dire
ma anche per fare… non per non fare…
quindi dire “non si fa” non vuol dire non fare,
non vuol dire non farlo:
la morale è nelle chiacchiere,
quando noi parliamo a vanvera,
quando non si sa quel che si dice,
quando insensibili ci rivolgiamo
a noi stessi saggiamente, ossia come se noi
fossimo un altro… perché la saggezza,
ossia il pensiero, esige calma… e noi siamo agitati
in quanto esseri e in quanto viventi
(in quanto umani, non ne parliamo)…
e il pensiero, più siamo agitati,
più galoppa verso di noi in soccorso
e noi sentiamo un rotolìo di zoccoli…
è il pensiero, è la carica dei filosofi a cavallo,
che esige, per raggiungerci, la calma,
che è un campo raso al suolo di battaglia…
…è un rotolìo di zoccoli il pensiero
e polverone, polverone in aria…
che sopra gesti lenti e feriti, lento, cala…
vorrei che fosse vero, come tra innamorati
e l’uno chiede all’altro “a cosa pensi?”
e l’altro dice “a niente”… vorrei
che fosse vero, infatti è vero: il niente
è vero… ma non è veritiero chi dice
“a niente sto rivolgendo il mio pensiero”…
ma il caso strano vuole
che solo nel pensiero il niente è vero
…ma la passione… ma la passione sa
che una cosa si fa o quella cosa si fa…
non sto parlando del tempo, ossia tanto per dire
tempo, ovvero la durata della cosa che si fa…
passione, sì passione, ma il tradimento
riserva, a quella cosa fatta, un breve tempo…
Leggo dai miei appunti… quali appunti?…
Dico per dire… per togliere peso
a quello che dico, per accrescere il mio
ai vostri occhi… leggo dai miei appunti…
leggo, sto leggendo: …Nella storia dell’uomo,
nella storia personale, nella storia raccontata
dall’uomo, nelle sue storie inventate,
appare, prima o poi, un castigo
che punisce un misfatto… questi castighi,
questi misfatti, la relazione tra loro,
anche il tempo che passa tra la messa
in atto dell’uno e poi dell’altro, tutto questo
comunica all’uomo il “senso di realtà”, ecco qua…
Politicamente io non sono niente
con tanti vivi intorno… le varie Elisabette,
gli Enrichi, gli Edoardi, prima regine, re,
poi spettri, poi di nuovo re, regine…
eredi, re infantili… mi viene da ridere…
il potere è ciò che non si può col corpo…
questa loro impotenza mi indurisce…
e io t’amo come se dimenticassi…
io t’amo come se mi distraessi…
anzi, senza come, io mi distraggo…
la morte intorno a noi come le mosche muore…
le varie Elisabette, gli Enrichi, gli Edoardi,
prima regine, re, poi spettri, poi di nuovo re, regine…
eredi, re infantili… principini…
noi li facciamo fuori… noi che nel dentro
non facciamo che noi… fatti di carne…
che è quello che sentiamo… nemmeno più
il pensiero che profondamente ci consigliava…
anche lui si fermerebbe un po’ per respirare…
un piccolo respiro… ma io amo il nostro affanno…
e te che spasimi come se morissi…
Politicamente io non sono che niente…
Non voglio mantenere promesse…
non voglio ricompensare con proprietà
e beni mobili chi mi ha fatto un favore…
Mi dirà: la promessa… la mia giusta richiesta…
la mia ricompensa… E io risponderò:
Sì ma che ora è?… La promessa, dirà…
Giusto, ma che ore sono? Sono quasi le dieci?
E lascia che siano… Perché lasciarle?
Perché tu mi stai segnando il tempo…
Politicamente: fai l’accattone mentre
io non so nemmeno che ore sono… mi dai fastidio…
Hai la testa ancora sul collo? Be’, comincia
a sentirla oscillare… è instabile…
poggia sulle basi più incerte…
Questo paese… la gente mormora…
non abbiamo più un popolo,
abbiamo un pubblico, i nostri
ascoltatori in diretta… la gente oscilla…
raggiunge il punto più alto
nella premessa: “premesso che sono
un elettore di centrodestra”…
“premesso che sono un elettore
di centrosinistra” … quel punto
di passaggio più basso, in comune,
che è il centro… la gente oscilla…
E noi diciamo buonanotte al mondo…
il politico l’abbiamo sistemato:
il figlio di Clarence è sotto chiave,
la figlia s’è sposata un deficiente…
Poi come si dice? … “Ho molto rispetto
per Tal dei Tali, che saluto e che ho sempre
considerato persona equilibrata e consapevole…
degna di stima eccetera eccetera…
non un nemico ma un avversario…
non siamo, in fondo, che ospiti in studio”…
E noi diciamo buonanotte al mondo…
i figli di Edoardo dormono per sempre,
la giovane Elisabetta, figlia di Edoardo,
mio fratello, aspetterà che la corteggi
proprio mentre io attirerò su di me
le cattive notizie che vengono
da questi politici sfrenati e pronti
a nuove intese… Vediamo che succede…
Morton, vescovo di Ely, è corso a Richmond,
e Buckingham si fa coprire le spalle
dai gallesi e scende in campo…
E noi diciamo buonanotte al mondo…
Io cosa dovrei fare? Presto, ovviamente…
Margherita va in Francia…
Ebbe un Edoardo, finché un Riccardo lo uccise…
ebbe un Enrico finché un Riccardo lo uccise…
e la Duchessa di York ebbe un Edoardo
finché un Riccardo lo uccise…
e un Riccardo finché un Riccardo lo uccise…
ma ebbe anche un altro Riccardo finché
non lo uccise Margherita… e anche
un Rutland finché sempre Margherita
non l’uccise… ma ebbe anche un Clarence
e Riccardo lo uccise… un Edoardo è morto
ma aveva già ucciso un Edoardo… un altro
Edoardo è morto per pagare con la vita
la morte di un’altro Edoardo… Il giovane York
non è che un’eccedenza, a saldo di perdite
più grandi… Clarence è morto, ma uccise Edoardo…
E noi diciamo buonanotte al secchio…
colmo di sangue, colmo di sangue…
E il pubblico assiste alla tragedia
perché è tragico, il pubblico applaude i funerali…
il pubblico ama i delitti e l’addio…
Hastings e Rivers e Vaughan e Grey,
tutti quanti sepolti nel buio…
Questi spettatori paganti… con la vita…
Io vivo…. morirò politicamente come cane…
(perché? come muore un cane?..,) ma io vivo…
Non far caso a questi nomi incomprensibili,
è solo il tragico, non significano niente…
li ho solo tolti di mezzo… ho fatto
da mediatore con l’inferno e laggiù
li ho spediti… teatro… scena… vane arborescenze
di fortune… povere ombre, regine dipinte…
personaggi e interpreti verso un finale…
le tirate verso l’alto per farli cadere giù in basso…
madri per scherzo… sogno di ciò che fu…
bandiere che sono bersagli… apparenze
di cose reali… un soffio, una bolla…
sovrani buffoni… per riempire la scena…
Dove sono i mariti, i figli, i fratelli?…
Dov’è l’allegria?… Chi supplica?…
Chi si inginocchia?… E dov’è il trionfo?…
Dove sono finiti i portaborse, i faccendieri,
i galoppini servili?… le vostre parole torneranno
monotone e senza colore… le parole: vènti intorno
al dolore dei loro clienti… eredi aeree
di un testamento in cui non c’è la gioia…
s’è trasferita su un trono papale la gioia…
Parole… sfiatate annunciatrici di sventura…
lasciamole parlare… anche se non importa…
se non significa nulla quel che dicono,
carezzeranno il cuore queste mie parole…
Intanto qualcuno impedisca pure
la mia marcia… al suono di “dove sono
gli eredi, dov’è Clarence, il piccolo Ned
Plantageneto, e dove i cari Rivers, Vaughan e Grey,
Hastings, quel tipino gentile?”… Nomi, nomi,
questi tragici nomi… qualcuno mi impedisca
di legarmi a quei nomi… Trombe, suonate!…
suonate tamburi… soffocate questa chiacchiera…
Ho detto: trombe, tamburi… facciamo l’amore…
Voglio venire… voglio venire al mondo…
Vada il mio spettro in guerra… io no,
verrò… con te…
…Rinasca duramente
il mio fantasma… Rabbioso e insofferente
nell’infanzia… Nei giorni spaventosi della scuola:
sfrenato, selvaggio e furioso… E nella giovinezza:
sfacciato, provocatorio, aggressivo…
e nella maturità: schifato, cavilloso, sottile…
anche caldo come il sangue, tiepido, più dolce…
Perché tutto gentilmente io disprezzo… Non un’ora
di conforto accanto a me… nel tragico…
là dove i figli di sangue reale vanno al macello,
e le figlie in convento… solo una bella Elisabetta
io dal fondo…. io dal fondo del mio spettro…
dirò d’amare retoricamente… una bella Elisabetta
io dal fondo, dal fango del mio cuore dirò d’amare,
io, sinistramente… con regalini facendomi presente
io stesso… con un paio di cuoricini pendenti,
i cuori di sangue reale di Edoardo, di York…
i loro nomi incisi sopra i loro cuori… veri,
più che d’oro, più dell’oro… e un fazzoletto,
inzuppato nel sangue di Rutland… e che già
ha assorbito il sangue dal corpo dei suoi
fratellini dolci… e ci si asciughi le lacrime
con quello… E se tutto questo non la spinge
ad amarmi, le scriverò una lettera nella quale c’è tutto,
tutto di me… i suoi zii fatti fuori, i vari Clarence, Rivers…
e dovrei frettolosamente liberarmi di te, Anna…
Come vedi: uno scherzo, cosette teatrali, effettacci…
Battute: come dire “tutto questo l’ho fatto per te”…
questa ovvietà del sangue che, se trova una via,
esce dal corpo…
E i tempi non tornano, pensa che fortuna….
Per farla finita con questo teatro io posso solo dire
che il tempo trascorre in quello che si chiama
fiume… corre e passa, il tempo trascorre…
diventa pentimento dentro il mare…
ma noi non siamo pesci… basta con le spine…
non è il pentimento il nostro elemento…
Tolto di mezzo un re, noi ne facciamo un altro…
si replica così… di ventre in ventre, d’entrata in entrata…
Basta che un re chiami sposa una Elisabetta,
figlia di una Elisabetta eccetera eccetera…
le lacrime, così, diventeranno perle…
oggetti di una sartoria teatrale… così come il letto
del vincitore, il trionfo, la gloria… Teatro:
questo mondo in cui il fratello del padre
è un giovane sposo, pur essendo uno zio,
che ha ucciso zii e fratelli alla sposa…
e cosa se ne deduce? La pace…
E io dirò “Per sempre, sempre, sempre”…
questo è il passato…
E allora giuro…
io posso giurare sui santi di stagnola lucente,
sugli stemmi di cartone, sulle corone di latta…
giuro sul mondo che calpestiamo, sulle morti
per finta… e giuro su di me, sul mio costume
in scena… e poi giuro su Dio, il riflettore…
giuro sul lampadario ossia sull’avvenire…
giuro sul Primo Festival Internazionale della Filosofia…
giuro che non so che dire ma posso inventarmelo…
il pensiero è narcisista, ama morire tra i fiori
galleggianti… le ninfee, per esempio, sono
un luogo comune dell’impressionismo…
leggere e superficiali… a filo d’acqua…
piacciono assai… perché sembrano baci
sfiduciati e pallidi, che dànno
le spalle al pelo d’acqua… io voglio solo
ribaltare le mie ninfee sul tuo corpo…
rivoltare i miei, far girare i miei baci…
essi si replicano in tournée su di te…
Va bene, va bene… una flotta imponente
contro di me…. va bene… gli mando addosso
l’elenco telefonico di Gloucester…
Questo peso dei nomi dalla a alla zeta…
Chi comanda la flotta? Diciamo Richmond…
e aspetta qualcuno che venga da terra
a dargli una mano… diciamo Buckingham…
Qualcuno dei miei voli… Tu Ratcliff!…
Catesby! Catesby! Dov’è Catesby!
Catesby, vola tu… vola a casa del duca di Norfolk…
tanto per non far nomi… Ah! Ratcliff, sei qui?…
alla lettera erre? Ratcliff, sì…
anche tu: vola! Diciamo a Salisbury…
Catesby che fai, non ti muovi? Ah, certo, il messaggio…
Sì:… diciamo arruolare arruolare, contratti…
monteremo una cosa grandiosa a Salisbury…
pronto chi parla? venitemi incontro…
e tu Ratcliff, dov’è che stai volando?…
Anche tu a Salisbury? Vorresti arrivare prima di me?
Ritorna coi piedi per terra, ho cambiato idea…
Stanley… Stanley, che notizia mi porti, Stanley?
Né buona da farmi felice, né tanto cattiva
da non potermela riferire? Insomma cos’è?… un indovinello?
Richmond è sul mare, dici? Be’, che che ci vada sotto,
e il mare su di lui… Avanti, altri nomi: spinto da Dorset,
Morton e Bukingham, viene qui da me questo Richmond,
vuole la mia corona… avanti… chi altro
è ancora vivo?… non finiscono mai queste parti!…
i miei abbonati… gli utenti arrancano a Nord…
i nemici a occidente… che altro c’è?…
newsgroup, newsletter… c’è posta… indirizzi… le email?
Nomi, nomi: nel Devonshire, sir Edward Courney
e quel pallone gonfiato di suo fratello, il vescovo Exeter…
nel Kent i Guilford… e poi le truppe, le truppe
del solito Buckingham… insomma sta diventanto
una canzone, una filastrocca, questa tragedia…
Fa così: il marchese di Dorset e lord Thomas Lovel
sono in armi nello Yorkshire… ma l’inciso è bellino:
la flotta di Richmond
è stata spampanata
da una tempesta…
E noi che diciamo? Diciamo: marciamo…
La buona notizia è che Buckingam è preso…
La brutta è che Richmond alla fine è sbarcato
a Milford, a Milford… E noi che diciamo?
A Salisbury, a Salisbury… e portatemi Buckingam…
a Salisbury… Noi siamo qui, lì c’è la battaglia…
Si vince, si perde… l’ultimo atto eccetera eccetera…
Mi diranno perfino che Elisabetta acconsente…
la stanchezza, la stanchezza… è l’ultimo atto…
Buckingham, per favore, falla finita
con questi nomi… non ricominciare
coi vari Hastings e coi figli di Edoardo,
e coi Grey e Rivers, e con Enrico, re santo,
e il tuo bel figlio Edoardo, e Vaughan…
Cos’è? Il giorno dei morti? La locandina?
Avanti, che faccio l’usurpatore… faccio il cinghiale…
in mezzo al grano e le vigne… che tracanno
sangue come minestrina direttamente
dalle pentole dei vostri toraci scoperchiati…
Avanti, son qui!… Baciamoci, amore…
Questi nomi saranno rumori d’amore:
Monsignore di Oxford, William Brandon, Walter Herbert,
il conte di Pembroke, capitan Blunt, lord Stanley, lord
Stanley, lord Stanley…
Che ora è? Ora di cena. Questa sera non ceno…
Subito a letto, senza cena, con te…
Ho fatto il cattivo… C’è in qualche posto
il mio elmo con le fibbie slacciate…
e c’è la mia armatura in qualche posto…
e sotto l’elmo e dentro l’armatura…
e sotto l’elmo e dentro l’armatura
non c’è niente…
Armerete quel mio busto a mezzanotte…
quel mio corpetto, la protesi da sano…
da tragico politico, da spettro…
A mezzanotte, che è l’ora del fantasma…
Vorrei essere lasciato solo, solo con te…
Mettete la sella sul mio cavallo bianco…
galoppi lui domani alla battaglia,
Surrey, il mio biancone, con in sella: nessuno…
Se la vedano tra spettri questa guerra…
questa storia di re trucidati e di principi
e di morte ereditata col potere…
perché il potere è quello
che con il corpo tu non puoi più fare…
queste anime offese che offendono l’anima…
questi ridicoli fantasmi che dalla morte
ancora allungano il loro fumo sulle cose…
Anna dimmi: qual’è il più bel verso di canzone?
Dimmi… Te lo dico io, è: Distrattamente piense a me…
Distrattamente pensi a me…
è un verso italiano, napoletano
E la più bella quartina?…
è di Oswaldo Farrés:
Estás perdiendo el tiempo
Pensando, pensando
Por lo que más tú quieras
¿Hasta cuándo? ¿Hasta cuándo?
Per fare un bel verso basta il pensiero? Oppure:
per fare un bel verso basta un pensiero?…
Insomma, come a dire: anche meno, anche meno…
O per perderlo il tempo?:…
Tu stai perdendo il tempo
pensando pensando
quanto più ti chiedi
fino a quando, fino a quando
Anna, dimmi: Domani, nella battaglia, pensami
Anna, dimmi: Domani, nella battaglia,
distrattamente pensa a me
Anna, dimmi: Domani, nella battaglia, perdi tempo
pensando pensando
Anna, dimmi: Domani oggi ti voglio…
In mezzo ai versi tragici
come tra tende doppie e triple
e viola e nere e porpora di sangue…
tra gli accatastamenti del trovarobato,
passando sotto troni inclinati
e catafalchi in bilico,
dietro colonne arrotolate di tappeti,
nel mare silenzioso dei costumi…
nel tragico tagliato dalla luce
che scende obliqua come un tradimento,
in tutto questo ci nasconderemo…
la morte ci farà da paravento…
Domani, nella battaglia, oggi ti penso
Adesso! Ora! Adesso sì…
Adesso che la battaglia è solo un sogno
faccia sudare freddo chi la sogna…
Mentre a te dico “ancora, voglio ancora”…
e le ferite non sono le ferite
ma siamo noi che ci rimarginiamo…
e come se dicessi in sogno “un cavallo,
datemi il mio cavallo”… io lo dico
ma non è un cavallo…
anche se tu come a un cavallo dici
“adesso, ancora, non ti fermare, spingi…
più forte, ancora, adesso non ti devi
più fermare”… e adesso sì, adesso dici “Sì”…
Si armano ridicoli i nemici…
chiamano Dio a combattere con loro…
come dare i numeri nei sogni…
e i santi del paradiso stanno con loro…
e le anime offese stanno con loro…
e quale anima non lo è…
stanno con loro le preghiere e l’anime
come uno scudo sulle loro facce…
e questo è come sempre…
perché io sto nel sangue
come sta il sangue in me…
ho messo l’amoroso contro il personaggio…
così mi son fatto fuori da solo
e, eccetto me, tutti mi vorrebbero nel tragico,
là dove sono un falso con la corona in testa…
E chiamano Dio contro di me, il paese,
le mogli, i figli, i figli dopo i figli…
come si dice?… i nipoti…
avanti le bandiere!… volenterose spade…
trombe e tamburi… la morte è più sincera
dell’uomo che muore…
è certamente in sé la morte…
La morte in sé, la guerra in sé, l’amore in sé…
E tutto in sé, nell’uomo, povera creatura…
Chi ha visto il sole, oggi? Nessuno…
Splendere gli ripugna… Sarà giornata nera…
Il sole, oggi, non si fa vedere…
Oggi niente sole? Non me ne importa nulla…
Vuol dire che si sogna…
Quindi voi: sognate… la guerra
e poi la pace… e poi la guerra
e poi la pace eccetera…
Io invece sono a cavallo…
(non sono a cavallo ma sono a cavallo)
E se non ho una coscienza
vuol dire che ne ho due,
e sono le mie braccia…
così ne abbiamo quattro con le tue…
E chi ce lo impedisce?
Una didascalia? Ma noi non le leggiamo
le didascalie…
Ho in petto mille cuori…
Per dire, tanto per dire,
sì, per dire… per dirtelo sulla bocca,
nella bocca… tra le labbra…
Mille cuori in gola…
per dirlo mille volte…
Poi mille lingue in bocca…
Duemila con le tue…
Se ho una bile è quella del drago,
è il fuoco… Allora: a capofitto…
Allora: addosso… E voli la vittoria
sopra il mio elmo vuoto…
Ucciderete il mio cavallo in sogno… nel fango
(e questo mi dispiace… addio, biancone mio)
Ma io dirò: ancora… ancora una parola…
il vostro regno per una parola…
Rotola la mia vita come i dadi
e io corro, corro il rischio…
Me ne uscirò dal sogno ricorrente
nel quale cinque volte siete morti
ma un sesto spettro, stupido, rivive…
Ancora una parola, un’altra ancora…
e poi in quel sogno datemi per morto…
La mia corona rotola nel fango
e poi si ferma a incoronare il fango…
Il mio cavallo muore prendendo a calci il fango
Con l’ultimo respiro spruzza, su chi lo guarda: fango
Un re non vive se non muore un re…
Adesso sì che a me
tutto il freddo è passato…
Nel mio monologo,
non dando spazio
se non a questo gioco
di un mio arto storpio,
che sia gioco del gomito
o gioco del ginocchio,
che sia articolazione
del linguaggio,
io mi deformo
quanto più mi affermo
come personaggio
ossia come colui
che vuole dire tutto
e, detto tutto, poi
può scomparire…
L’ho detto: mettiamo in scena
un nostro appuntamento,
io metto il mio a parole
con una parola,
un’attrazione
da quando la tragedia
ha avuto inizio
…e la tragedia,
ossia la vita è vittima
di un’attrattiva,
è attratta da quest’ultima
parola.
quando tutta l’instabilità si ferma,
e la parola è più di una parola,
è, dopo tutte,
ancora una parola:
fine
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Insomma, è la terza volta che rileggo il post da quando è stato pubblicato.
E’ addirittura struggente il desiderio di ascoltare, di udire, di essere tutt’orecchi; questa volta più che mai non mi basta leggere solamente.
Dovrò pressare un poco Jan per la questione, già dibattuta in sede di simposio, degli mp3 ;)
Francesco, grazie davvero di cuore.
Francesca
Sono felice di leggere questa tua osservazione. Si è spesso discusso qui del successo di un testo sui blog e di come la presenza dei commenti non sia pregiudiziale. Eppure. Vedere un testo così- leggere e sentirselo leggere- che ribalta molti piani e considerazioni sulla poesia, senza una parola dal mondo esteriore, nemmeno un troll, era assai poco gratificante.
Tanto più che er me è tra le cose più belle che abbia letto in generale, in questi ultimi anni. E’ l’idea stessa di quella che dovrebbe essere la poesia, come qualcosa di sospeso tra il passato e il farsi del presente e in cui ogni sensazione, percezione, ricordo si rinvia come in un gioco di specchi ad un istante assoluto, che poi è quello della scrittura.
Se Pasquale Panella è un poeta laureato? Sicuramente no,per i critici diplomati dei laureati scrittori. Ma anche nell’esperienza della canzone con Lucio Battisti è quello che è andato più lontano. E’ Carmelo Bene che rivisita le tradizioni religiose popolari, è Pasolini che ricalca le scene dell’avanspettacolo nelle borgate, è quello che si può definire un progetto di appropriazione della cultura popolare fatto cogli strumenti dell’avanguardi. Tanto per intenderci non è Giovanna Marini – lodevole è il suo sforzo ma siamo già nell’archeologia- nè Nanni Moretti -vd il suo rapporo alla cultura pop tipo flash dance.
Insomma cara Francesca con questo tuo commento mi hai reso felice, perchè nonostante tutto, la solitudine del post- e del postante- mai come in questo caso mi sembrava insostenibile.
effeffe
Sai Francesco,
io credo che questa volta il silenzio nasconda davvero l’ammirazione stupefatta.
Io, almeno, ho riflettuto a lungo prima di scrivere – tutto ciò che avrei potuto dire mi sembrava misero e grigio. E non ho cambiato idea, per inciso, a questo riguardo.
Questo che leggo, e che tanto vorrei ascoltare, è come il sole a mezzogiorno e l’ora di Pan intimorisce il cuore degli uomini.
…ne riparleremo con più agio, che dici?
A presto
Francesca
L’ho appena letta tutta d’un fiato postata dal NG di Battisti come OT.
Trovo invece diversi riferimenti battistiani (DG e CSAR soprattutto)
Non sapevo dell’esistenza di questo forum su PP. Potete tenermi informato.
Grazie. (sb60@libero.it)