Petrus Romanus

mitra.jpg di Riccardo Ferrazzi 

Quest’anno avrebbe dovuto esserci il censimento, ma non si farà. Non lo fanno più neanche in Francia, in Austria, in Spagna.
    In Germania la Bild Zeitung ha scoperto che l’Istituto di Statistica aveva truccato le cifre e lo scandalo ha travolto maggioranza e opposizione. Girano voci incontrollabili: pare che i luterani siano scesi al 9% e che i cattolici siano in caduta verticale. La percentuale dei musulmani è top secret. Neanche la Bild è riuscita a saperla. 
    In Inghilterra la Camera dei Comuni sta dibattendo una legge per istituire una nuova festa nazionale. Non discutono se introdurla o no, ma solo se sarà il Bayram o la fine del Ramadan.
    In Italia è sempre più difficile trovare in edicola giornali scritti in italiano. Sono rimaste solo due testate. Tutte le altre sono fallite. È incredibile com’è cambiato il mondo in tre o quattro decennii. Quando ero ragazzo si pensava che nel Duemila gli impiegati sarebbero andati in ufficio in elicottero volando in mezzo ai grattacieli. Le emigrazioni sembravano imprese di cadetti in marcia verso aree incolte da bonificare: il Far West, la Pampa, l’Australia. Nessuno avrebbe immaginato una colonizzazione a rovescio. 

Sono cambiate tante cose e altre stanno per cambiare. Il mondo è una ruota che gira e niente è acquisito per sempre. Quando ero giovane, i vecchi contavano i re che avevano visto. Da quando sono diventato vecchio anch’io, ho preso lo stesso vizio.
    Sono nato sotto Pio XII, pastor angelicus, e mi sono rimaste impresse le sue pose ieratiche. Ricordo Giovanni XXIII, pastor et nauta, e lo stupore dei primi sbandamenti conciliari dopo secoli di Controriforma. Ho reminiscenze più vaghe di Paolo VI,  flos florum, un pontificato che mi è rimasto abbastanza incomprensibile. Giovanni Paolo I, de medietate lunae, chi l’ha visto? Eppure fu il primo ad abbandonare il plurale majestatis. Giovanni Paolo II, de labore solis, che uomo! Un Papa che pestava pugni sul tavolo. Benedetto XVI, de gloria olivae, non un inquisitore pieno di certezze, ma un uomo problematico. E adesso c’è questo Papa che ben pochi hanno visto e del quale si sa praticamente niente.
    Si è capito subito che non era uno dei cardinali, e neanche un vescovo. Poi un giornale spagnolo ha pubblicato una voce: il Papa era un parroco di paese, vecchio, con problemi di salute. A quanto pare, qualcuno ha fatto il suo nome in conclave, gli hanno telefonato, lui ha rifiutato piuttosto vivacemente, e ci sono voluti tre giorni per convincerlo. È arrivato di notte in tassì fino in piazza San Pietro, come un turista.
    Quando i cardinali gli hanno chiesto se accettava la nomina, ha detto: Accipio. Con quella risposta è diventato un monarca assoluto, e l’ha dimostrato subito sconvolgendo la prassi e il cerimoniale. Ha vietato a tutti di rivelare il suo nome e la sua provenienza. Non ha voluto assumere un nuovo nome. Non è uscito sulla loggia per impartire la benedizione al popolo. Si è ritirato nei suoi appartamenti e, a un anno dalla sua elezione, è ancora lì. Non è mai uscito. Le personalità politiche in visita al Vaticano sono ricevute dal Segretario di Stato. Le cerimonie e le udienze sono affidate al Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede. Il Papa comunica le sue apostoliche volontà con bigliettini che il Segretario di Stato custodisce gelosamente e non mostra a nessuno (ma, secondo i soliti bene informati, contengono soprattutto richieste di generi di conforto: libri, cioccolato, whisky).
    Gli anticlericali strepitano che il Papa non c’è, che non è mai stato eletto, o che i cardinali di curia l’hanno fatto fuori. I romani lo chiamano Petrus Romanus. Nessuno dimentica che, secondo la profezia, un Papa di nome Pietro segnerà la fine della Chiesa Cattolica Apostolica Romana.  

E mentre il mondo traballa, io sto per morire. Sto per morire e non ho ancora capito che senso ha, se pure ne ha uno, la vita che ho vissuto. È una domanda alla quale non si può rispondere senza prima aver deciso se Dio esista o no, se esista l’anima, se esista un aldilà. Ma io non ho sempre dato a queste domande le stesse risposte, e non per un motivo preciso. Semplicemente perché il tempo passava e io cambiavo.
    Detto così, sembra quasi che Dio esista solo per i vecchi, che sia una cosa che si inventano per alleviare la paura della morte. Invece è tutto il contrario. Finché uno non ti serve, non lo cerchi. Poi ti accorgi che non puoi farne a meno (succede a tutti, e sempre all’improvviso). Vorresti capirci qualcosa, trovarci un po’ di coerenza. E non la trovi.
    Insomma, sto cercando di dire che gli interessi di Dio meritavano di essere serviti un po’ meglio. Per me, il primo sintomo che qualcosa non quadrava fu l’abolizione del divieto di mangiare di grasso al venerdì.
    Ma come? Fino a venerdì scorso, se mangiavi un panino col salame e poi finivi sotto un tram, andavi sparato dentro a un calderone di pece bollente e non ne uscivi più in saecula saeculorum. Adesso, tutt’a un tratto, mangi zampone e culatello, vai in paradiso, guardi giù e vedi tuo padre che per aver fatto la stessa cosa qualche anno prima deve bruciare per l’eternità. Come si fa a credere una cosa simile?    
    Naturalmente la fesseria non stava nell’aver tolto il divieto. Stava nell’averci impegnato la faccia, minacciando demonii e fiamme infernali. Perché, se poi ti rimangi le prospettive apocalittiche, non resta che pensare: o mi hai preso in giro prima o lo stai facendo adesso. In ogni caso mi hai preso in giro. E io non mi fido più.
    Sarà pure meschino mettere in dubbio i dogmi della fede per via di una fetta di salame, ma tant’è: chi pretende di regolare anche le stupidaggini si fa del male da solo. 

Cosa volevo dire? Ho perso il filo. Ah, sì: stavo dicendo che, finché uno si sente giovane, è convinto di fabbricare il suo destino. Quantomeno ci prova, si appassiona, si esalta per i successi, medita la rivincita per le sconfitte.
    Non voglio darmi arie da psicologo o da antropologo, ma sospetto che questo atteggiamento sia un riflesso dell’esuberanza sessuale: finché sai di poter generare, vai incontro alla vita sicuro di dominarla. E finché ti trovi in questo stato d’animo imperialista, nessuno può venire a raccontarti che andando a letto con la collega dell’ufficio contabilità (sposata con due figli), commetti un peccato mortale e fai piangere l’angelo custode. 
    No. Non funziona. Tu e la collega siete presi, innamorati, arrapati, chiamalo come ti pare. È matematico che scoperete ancora, per quanti scrupoli di coscienza vi vengano. Cosa dovreste fare ? Schizzare dal letto ogni volta che finite di peccare e correre a confessarvi sapendo bene che domani sarete daccapo ? Che senso ha chiedervi di pentirvi per qualcosa che fra ventiquattr’ore, piova o nevichi, rifarete tale e quale?

Anche nel caso del sesso sembra meschino attaccare la morale con questi discorsi terra terra. Ma il fatto è che quando cala il testosterone smettiamo di fare progetti e ci dedichiamo ai consuntivi. Le cose per cui ci affannavamo non le abbiamo ottenute, e se domani mattina piovessero dal cielo arriverebbero fuori tempo massimo. Ecco: abbiamo sbagliato tutto. Gli errori sono peccati. E i peccati bisogna espiarli. Eccetera eccetera.
    Ma siamo sicuri che questa sia la prospettiva giusta? I fatti più gratificanti della vita, la morale li guarda con gli occhi della vecchiaia. Gli occhi di chi non fa investimenti perché non ha più un futuro. Gli occhi di chi constata che, proprio quando sarebbe il momento di raccogliere i frutti, le forze, gli appetiti, i gusti che credevi dovessero durare fino all’ultimo, sono venuti meno.
    C’è poco da fare, la morale e la Storia hanno gli occhi sulla nuca. E invece le civiltà si costruiscono con i progetti di chi guarda al futuro, non con le melanconie di chi riflette sul passato.  

Un tempo si temeva che i cosacchi venissero ad abbeverare i cavalli nelle fontane di Roma. Oggi dovremmo essere orgogliosi di aiutare milioni di diseredati. Ma dovremmo anche preoccuparci di avere sempre qualcosa da dare. Quando finiranno l’oro, le banconote e i debiti, cosa potremo offrire? Cultura ? Saggezza ? Ma no. La nostra civiltà è in agonia. E io muoio con lei.
    Eppure, in questi ultimi tempi mi è nata nel cervello una fantasia. È assurda, lo so, ma è la mia unica consolazione. Del resto, a chi sta per affrontare il Mistero si può concedere un pizzico di megalomania. Così, per farsi coraggio.
    Ecco: io guardo il cielo di Roma e immagino che tremila anni di civiltà si siano rifugiati in me, che restino abbarbicati alla mia vita, per quel poco che durerà. E ho fatto installare un congegno: quando il cuore smetterà di battere, la mia immagine apparirà alla finestra del palazzo apostolico e annuncerà la fine. Urbi et orbi
    Sì, lo so: con la Chiesa in liquidazione, non ci sarà più una guida da seguire o un antagonista con cui contendere. Senza un punto di riferimento, il mondo sbanderà. Ma se la Storia ha superato il punto di non ritorno, io sono troppo vecchio per indicare soluzioni. Me ne vado. Lascio al mondo il mio amore per l’umanità, la fiducia che la civiltà non vada perduta del tutto, la speranza che Petrus Romanus segni una fine ma anche un nuovo inizio.
    Addio.                                                      

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26 Commenti

  1. sarebbe bello arrivare a questa essenzialità da fine del mondo, ma chissà perché pare che non si possa anticipare. camminiamo con tutta la pesantezza degli apparati, dentro i quali si nasconde sempre qualcuno che ha capito. qualcuno che non esce, magari solo perché non lo fanno uscire; oppure per una sorta di umiltà o per quella virtù che oggi è diventata un vizio e che risponde al nome di prudenza. ma l’amore può essere prudente? credo che la fine del mondo si giochi su questa domanda, quando ormai ogni considerazione di convenienza e di opportunità si sbriciolerà sotto i colpi dell’urgenza, atomica o ecologica, poco importa. quando neanche il papa avrà il tempo di pensare : sono il papa. potrò dirlo o no?
    ciao
    fabrizio

  2. > fabrizio

    Il papa ha già smesso di pensare. pensasse, avrebbe scelto un giorno migliore per arrivare in turchia. oggi è il 28 novembre, la chiesa ricorda San Giacomo della Marca, predicatore al soldo si sigismondo, fomentò plebe e regnanti contro i turchi.

  3. La questione della carne al venerdì, certo.
    Però credo che l’amnistia fosse retroattiva, quindi il peccatore schiattato con la fetta di salame in gola a un certo punto l’avranno trasferito, non senza fargli fare una bella tappa di decompressione in purgatorio.
    Ma era più grave quella delle pippe: avevi tredici anni, innocente come un angelo (pippe a parte) ti facevi una pippa e se andavi metti sotto una macchina prima di confessarti eri fottuto in eterno.
    Credo che questa norma sia ancora valida.
    La sola remissione delle pippe riabiliterebbe l’intera Chiesa, ma bisognerebbe che il Papa l’annunciasse in un’Enciclica (come del resto recita la nota barzella).
    La potrebbe intitolare De humana masturbatio.
    Si può peccare in quattro modi: pensieri, parole, opere ed omissioni.
    Vada per le parole, le opere e le omissioni.
    Ma i pensieri?
    Come si fa a tenerli sotto controllo?
    Che razza di norma è?
    Io dico che è inumana, che dio è inumano e dico che i preti sono degli stronzi terroristi.
    (bel racconto)

  4. un’idea aggiornata della fede. chissà perché l’attività storicizzante vale per tutto tranne che per questo. ciò non toglie che gli stronzi e i terroristi si possano rinvenire in ogni categoria. gli attentatori falliti di londra erano insegnanti e impiegati. in ogni caso, preferisco conoscere le persone ad una ad una. mi sto chiedendo ad esempio se tu sia stronzo o no. per ora lascio in sospeso, ovviamente. gli elementi a disposizione sono minimi.
    ciao
    fabrizio

  5. spero di riuscire a fornirti validi elementi, fabrizio, così che tu possa tirare le tue eleganti conclusioni.
    non vorrei che un intettrrogativo così prosaico ti distolga dalla riflessione su “un’idea aggiornata della fede” e su altre cosucce come il conflitto tra natura umana e divina.

  6. “Detto così, sembra quasi che Dio esista solo per i vecchi”

    Si, ma io resisto. Spero di farcela, non credo manchi parecchio.

    “quando cala il testosterone smettiamo di fare progetti”

    Tragica ineludibile verità. Dire di esistere fuori dal “testorone” è una grande presa per il culo di sè stessi.

    (Piaciuto)

  7. veramente l’incidenza della pippa sulla cosiddetta vita eterna è problema dei credenti, non mio.
    volevo solo far notare che il racconto di ferrazzi è “venato” di ironia, ma non poi tanto.

  8. i credenti hanno altri problemi. ma anche qui non si può generalizzare, ovviamente. la vera questione è quella delle pippe mentali: quelle sì che incidono sulla vita eterna, essendo un’inutile perdita di tempo.
    ciao
    f

  9. Essenzialmente, la fede in un Assoluto che pretende di legiferare su ciò che accade sotto le lenzuola per naturale filogenesi adolescenziale, è meno coerente della fede nei tamagochi del Giappone di dieci anni fa. Forse sarebbe il caso che la morale cristiana bestemmiasse di meno.

  10. il problema è la morale staccata dalla vita. oggi più nessuno ragiona in questi termini. il catechismo è come la mappa di una regione. ma finchè non ci vai di persona, non hai capito niente. l’unica legge cristiana è l’amore. il resto non ha niente a che vedere con Dio.

  11. @fabrizio centofanti
    ops!
    sono andato sul tuo sito e ho visto che sei un prete.
    ritiro ogni ironia: tu effettivamente hai titolo per sapere cosa ha, o non ha, a che vedere con dio.

  12. Un racconto pieno di spazio.. di aria, come in una stanza con le finestre aperte. Una sensazione piacevole di fratellanza e amore per gli uomini. ciao Riccardo

  13. @wovo
    gaffe?
    e perché?
    non può discutere con un prete delle cose dei preti.
    secondo me questo vale per ogni tipo di prete e per ogni tipo di credo.
    il ragionare richiede una porzione, anche piccola, di territorio condiviso e condivisibile.
    cosa posso condividere con un prete?

  14. Beh, Tash, la gaffe l’hai ammessa dicendo “ops!”. Il passaggio “catastrofico” dal piano generale a quello individuale è sufficiente a far scattare l’umorismo: se tu avessi saputo prima che Fabrizio era prete avresti almeno eufemizzato un po’, suppongo. Sul piano individuale, molte delle tue critiche non fanno molta presa: mi appare assai improbabile che F. si occupi di reprimere le pippe o minacciare inferni. E in generale, anche una scelta che al non credente appare così “irrazionale”, o perlomeno esagerata, andrebbe considerata con più rispetto e problematicità. Forse sono ancora influenzato dalla lettura del libro di un mio compaesano prete, che (secondo me) ha scritto l’opera in friulano più bella che io abbia letto: “La fabriche dai predis” (la fabbrica dei preti), ripercorrendo con molta intelligenza e molto sentimento la sua esperienza seminariale. Un libro francamente commovente, reso ancora più attraente dall’essere diventato un libro “proibito”: le gerarchie ecclesiastiche sono infatti riuscite ad ottenerne il ritiro, sebbene non avesse nulla, ma proprio nulla, di “blasfemo” (maggiori dettagli qui: http://www.cjargne.it/fabriche.htm ). Per Fabrizio quindi, non conoscendolo, io preferisco mantenere un “pregiudizio” positivo.
    Ciao

  15. grazie, Wovo. il seminario maggiore a Roma non ha più niente a che vedere con certe esperienze che lasciano interdetti. l’unico problema è che non puoi uscire la sera e devi rispettare certe regole di convivenza. poi ti insegnano teologia e pastorale con le categorie della psicologia contemporanea. i seminaristi sono molto più svegli di quelli di una volta, ma anche i superiori. quando c’ero io, il padre spirituale citava “Se una notte d’inverno un viaggiatore” negli esercizi spirituali. i problemi sono legati, in occidente, alla scelta celibataria (in oriente non esiste). e lì prima che raggiungi un equilibrio ce ne vuole. dipende dalla vita che fai. se stai in ufficio e ti gratti,le famose pippe mentali si sprecano. se devi difenderti dall’assalto della gente che ti cerca, come succede qui, maturi prima. io sono fortunato che c’ho il dono della parola per cui vengono pure dalle altre parrocchie. il rovescio della medaglia è che dormi quattro ore per notte, se ad esempio vuoi scrivere e leggere e aggiornarti. ieri m’è preso un mezzo infarto (non per colpa di Tashtego). ho chiamato il medico per sapere quali erano i sintomi. lui mi ha detto di fare accertamenti. gli ho risposto che ho preventivato di andarmene presto, volevo solo sapere se dovevo andarmene ora. i preti non sono i migliori pazienti, ma il medico prima o poi impara a rassegnarsi.
    ciao e grazie
    fabrizio

  16. Caro Fabrizio, prima di tutto vedi di fare quegli accertamenti, trovare il modo di riposare quanto basta, insomma tutto quanto serve per conservarti a lungo (che é sto’ “cupio dissolvi”??? per andarsene c’è sempre tempo). Spezzo una lancia in favore delle pippe mentali: io per esempio sto in ufficio ma in esso non mi gratto affatto, e le sbirciate che da lì posso dare a queste pagine corrispondono a dei brevissimi “rifiati” mentali entro giornate lunghissime (specie d’inverno quando lasci casa al buio e al buio ci rientri, e l’esistenza sembra chiudersi sul lavoro) giornate affollate tanto di “task” alienanti (a volte esasperanti) quanto di progetti “creativi” e complessi ma privi di un tempo ragionevole per realizzarli, e poi i guai imprevisti che fioccano sempre, tutto in contemporanea. Cose che ti usurano abbastanza (=>uso di sonniferi) e ti fanno immaginare di uscirtene in un qualche “giorno di ordinaria follia”. In questo contesto la cosiddetta pippa mentale, con il suo “contentino” auto-erotico e narcisistico, è semplicemente un fattore di sopravvivenza, come tanti altri “adattamenti”. E la sua differenza con l’autentica impresa intellettuale o artistica è secondo me puramente “quantitativa”, proprio come la pippa prosaica è un surrogato quasi sempre imposto dalle circostanze di una piena esperienza erotica. Ciao

  17. grazie Wovo, anche per l’esortazione (che probabilmente non riuscirò a seguire, però). concordo: una questione di sopravvivenza. Jung, che per me viene subito dopo Cristo, dice la stessa cosa. “per l’uomo l’integrazione dell’anima si palesa in modo […] che abbia il coraggio di intraprendere qualcosa di “pazzesco”, per esempio dipingere, cantare , essere creativo, annotare i propri sogni eccetera”. di sopravvivere, insomma.
    un caro saluto
    fabrizio

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GIANNI BIONDILLO (Milano, 1966), camminatore, scrittore e architetto pubblica per Guanda dal 2004. Come autore e saggista s’è occupato di narrativa di genere, psicogeografia, architettura, viaggi, eros, fiabe. Ha vinto il Premio Scerbanenco (2011), il Premio Bergamo (2018) e il Premio Bagutta (2024). Scrive per il cinema, il teatro e la televisione. È tradotto in varie lingue europee.
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