All inclusive
di Elisabetta Bocchino
Io aspetto solo le vacanze per fare la signora.
E certo: una settimana all’anno vado in albergo di lusso e mi tolgo tutti gli sfizi che nella vita di tutti i giorni non mi posso togliere.
A me il posto dove andiamo quasi non interessa: è il servizio, il servizio offerto dall’albergo quello che conta. E ovviamente il buon giorno si vede dal mattino e così a me sta particolarmente a cuore la colazione. Ci tengo che ci siano tutte le cosine al loro posto, tutte quelle che uno a casa non si può permettere. Ho scoperto delle posate che nemmeno al pranzo del matrimonio erano sulla tavola. E poi i cibi. I croissant assortiti, i panini abbrustoliti, le fette biscottate, il succo, il latte, il tè, le marmellatine tuttigusti, il miele, il burrino e il buffet per gli stranieri con le uova strapazzate e i formaggi .
Quando faccio la colazione, quella famosa settimana all’anno, mi piace prendere un po’ di tutto, anche se non riesco a mangiarlo. Mi piace dire sempre di sì a quelle camerierine così cortesi che offrono a basta. E la cosa che in assoluto amo di più è che per esempio il caffè non è alternativo al tè o ad un’altra bevanda, si può prendere di tutto e più volte anche. Si possono ordinare tre croissant e poi fare un doppio giro al buffet senza che nessuno ti dica niente, anzi ti mandano una cameriera a cambiarti il piatto! Perché in questi alberghi di lusso c’è la formula All Inclusive – tutto compreso.
E se avanzo la roba chisseneimporta. Lo so anche io che a casa mangio solo un biscotto, e allora? Ma quell’intelligentone di mio marito mica lo capisce e non glielo puoi nemmeno spiegare. Lo so anche io che è uno spreco, ma è questo che mi piace, che all’albergo posso sprecare, posso aprire le marmellate solo per vedere di che colore sono e lasciarle sul tavolo. Tutto pagato, tutto incluso. Ma lui non ci arriva. Tutti gli anni, tutte le mattine, controlla cosa prendo e cosa non prendo per criticarmi. E io zitta; io zitta mi riempio il piatto e manco gli rispondo. “Ti rovini il pranzo” dice. Capirai. Capirai cosa mi interessa del pranzo. Modestamente mangio meglio a casa mia. E poi il pranzo cos’è? Primo, secondo, contorno, dolce e ciao. Non c’è quell’abbondanza, quella varietà della colazione.
Anche quest’anno io e mio marito siamo partiti per la nostra vacanza. E anche quest’anno ha prenotato all’ultimo momento e l’albergo economico che voleva lui era tutto pieno. E questa è da sempre la mia fortuna, perché così è costretto a prendere un hotel di categoria superiore. Rinunciamo a dei giorni di vacanza, ma a me quei giorni non interessano per niente, io quei giorni me li mangio a colazione. Quest’estate ha trovato posto in un albergo che non ci potevo credere quanto era di lusso. Quando siamo arrivati nella reception mi sentivo quasi a disagio. Si vedeva che non ero abituata. E la camera? Una cosa incredibile. Proprio di alto livello. Ero stordita da quei lussi inaspettati e forse per questo non mi sono informata sulla colazione. Me lo ha detto lui, la mattina dopo, quando gli ho chiesto a che ora finivano di servirla.
“Niente pensione completa quest’anno – ha detto – nemmeno la mezza pensione, troppo cara. La colazione poi! Veramente esagerata.” Però non dovevo preoccuparmi, perché s’era già informato e c’era un bel baretto in fondo alla via. Aveva la focaccia fresca tutte le mattine e “Vuoi mettere quanto è buona la focaccia col cappuccio? Non c’è mai la focaccia negli alberghi.”
Certo che è buona la focaccia, ma io, in quel baretto tranquillo, davanti alla tazzina di caffè, ho perso l’appetito. Sì, facevano tutto bene, anche la brioche era fresca e bella grande. Facevo fatica a mangiarla tutta. Per carità, tutto costava poco, ma costava tutto. Nessuna cameriera cortese ti riempiva il piatto prima che tu glielo chiedessi.
E poi ho visto un cartello vicino alla cassa:
COLAZIONE COMPLETA SPECIALE 5 €
CAFFE o CAPPUCCINO o TÉ
+
SUCCO o BIBITA
+
BRIOCHE o FOCACCIA
+
FRUTTO o YOGOURT
C’era sempre una “o” di troppo. Quella “o” che non ti fa fare la signora.
Non tornerà più la mia vacanza da sogno.
Magari l’anno prossimo possiamo anche stare a casa – ho pensato quella mattina e gliel’ho anche detto a mio marito, mentre si lamentava perché era tutto troppo caro.
“E sì, se va avanti così – ha risposto – magari si resta a casa …”
Magari ti odio a questo punto – ho pensato – e tu nemmeno te ne accorgi. Magari mi pesa sentirmi rinfacciare tutto il giorno che lo stipendio lo guadagni solo tu, e non conta che io stia a casa a sgobbare dalla mattina alla sera. Magari va a finire che scappo, ho pensato. O magari no.
Magari, quando torno, rubo i soldi dalla spesa, basta poco, qualche centesimo per volta. E poi una volta al mese, non di più, vado a fare colazione all’albergo di lusso che c’è vicino a casa. Colazione completa All Inclusive, 22 euro.
Ecco chi è quella donna piccola e un po’ rotonda che compare ogni tanto all’Excelsior. Ecco perché non la conosce nessuno ed è così impacciata, così diversa dalle altre signore sedute ai tavolini.
Sono solo io, che rimango ancorata alla vita per la colazione.
E’ delicatissimo questo racconto. Brava.
delicatissimo è anche il cognome della scrittrice, devo dire.
insomma, sul cognome non sono d’accordo…
Trevi’s straus, il tuo commento non è delicato. Mi sembra volgare e gratuito.
Sì, il racconto di Elisabetta è proprio bello. Delicato ma denso nello stesso tempo.
Mi ci ritrovo alla grande, ma non solo io, anche tanta gente che conosco, la colazione in albergo è la cosa più fantastica degli alberghi, io prendo due cappuccini, un caffè, due cornetti, succo di frutta, assaggio pure quelle poltiglie degli stranieri. fantastica la colazione degli alberghi, fantastica, proprio perchè mi sembra tutto gratis. è l’abbondanza, giusto, brava, davvero un racconto carino e vero. antonella
un racconto piacevole. ben dosato.
bella fotografia di coppia “per bene”.
da un farne un piccolo corto da brivido.
ps: per coloro che si abboffano ai buffets e che amano sprecaretantoètuttoincluso: e cavolo. ci facciamo sempre riconoscere… ecco perchè di tre brioches solo una è vera e le altre due di cartone. ma mangiamo anche quelle… tanto sono gratis.
un saluto
paola
da farne, senza “un”
delizioso, profumato racconto …viene subito di fare colazione! :-)
delicata, sì, la Bocchino… Ma a parte questo,
provate a cercare “merda puzzolente” su un qualunque motore di ricerca, selezionate immagini e vedete sche spunta fuori, avrete una sorpresa.
Racconto essenziale e pungente al tempo stesso. Bel pezzo!
Veramente un racconto piacevole e ben dosato. Me lo sono davvero gustato, adesso, a metà mattina. Brava!
…anche se in quelle circostanze io mi comporto come il marito :).
Francesca
delicata eufemismo per debole, flebile, inutile.
La soluzione è: fare a pezzi il marito (all inclusive) e iniziare a consumare a colazione. (volendo si può anche congelare qualcosina)
Delicata per sensibile e penetrante con garbo, senza grida scomposte.
insomma …sul secondo commentatore direi : greve’s strauss –
tornado a questa prosa, apparentemente “piacevole e ben dosata” (sa scrivere, e molto bene), mi pare di una radicalità stupenda (“Sono solo io, che rimango ancorata alla vita per la colazione”…), stupefacente…
In questo racconto ho trovato atmosfere molto vicine a “Amore” di Inoue Yanushi (adelphi) racconto nr2 *Anniversario di matrimonio*.
Gli sviluppi sono diversi, non c’è quasi nulla di simile ma c’è molto. Perché anche qui si parla di alberghi di lusso e di una coppia.
Piaciuto il tuo.
Bello sì, ma mi ha fatto venire una tristezza…
Certo, quel cognome….
… ce fa’ sogna’!
Bella descrizione delle donne intorno ai sessanta, settanta anni. La ritrosia a gestire i propri desideri in modo aperto… i piccoli sotterfugi per soddisfare il bisogno di esser servita almeno una volta all’anno. A me capita di osservare queste signore. di solito le incrocio nelle pasticcerie, nelle gelaterie, dove probabilmente spendono gli euro sottratti alle spese settimanali. Sono lì guardinghe e nello stesso tempo soddisfatte di se stesse, di quello spazio nascosto e conquistato allo stesso tempo, senza sottrarre nulla ai doveri coniugali. Ieri sono entrata in un tabacchi e una signora diceva al commesso che le sarebbe piaciuto acquistare l’accendino a forma di alberello di natale. Un vero sfizio, ha aggiunto. E poi mentre l’aveva già tra le mani lo ha riappoggiato sul bancone dicendo con un sorriso imbarazzato “no no, el mè marì me el sgrida…”.