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Juke-Box:De Andrè vs Brassens

scheletro.jpg
Scheletro con askoi. Mosaico. Area vesuviana,
I sec.d.C. Museo Archeologico Nazionale, Napoli

Mourir pour des idées, l’idée est excellente
Moi j’ai failli mourir de ne l’avoir pas eu
Car tous ceux qui l’avaient, multitude accablante
En hurlant à la mort me sont tombés dessus
Ils ont su me convaincre et ma muse insolente
Abjurant ses erreurs, se rallie à leur foi
Avec un soupçon de réserve toutefois
Mourrons pour des idées, d’accord, mais de mort lente,
D’accord, mais de mort lente

Morire per delle idee, l’idea è affascinante
per poco io morivo senza averla mai avuta,
perchè chi ce l’aveva, una folla di gente,
gridando “viva la morte” proprio addosso mi è caduta.
Mi avevano convinto e la mia musa insolente
abiurando i suoi errori, aderì alla loro fede
dicendomi peraltro in separata sede
moriamo per delle idee, va bè, ma di morte lenta, va bè.
ma di morte lenta.

Approfittando di non essere fragilissimi di cuore
andiamo all’altro mondo bighellonando un poco
perchè forzando il passo succede che si muore
per delle idee che non han più corso il giorno dopo.
Ora se c’è una cosa amara, desolante
è quella di capire all’ultimo momento
che l’idea giusta era un’altra, un altro movimento
moriamo per delle idee, va bè, ma di morte lenta
ma di morte lenta.

Jugeant qu’il n’y a pas péril en la demeure
Allons vers l’autre monde en flânant en chemin
Car, à forcer l’allure, il arrive qu’on meure
Pour des idées n’ayant plus cours le lendemain
Or, s’il est une chose amère, désolante
En rendant l’âme à Dieu c’est bien de constater
Qu’on a fait fausse route, qu’on s’est trompé d’idée
Mourrons pour des idées, d’accord, mais de mort lente
D’accord, mais de mort lente

Gli apostoli di turno che apprezzano il martirio
lo predicano spesso per novant’anni almeno.
Morire per delle idee sarà il caso di dirlo
è il loro scopo di vivere, non sanno farne a meno.
E sotto ogni bandiera li vediamo superare
il buon matusalemme nella longevità
per conto mio si dicono in tutta intimità
moriamo per delle idee, va bè, ma di morte lenta,
va bè, ma di morte lenta.

Les saint jean bouche d’or qui prêchent le martyre
Le plus souvent, d’ailleurs, s’attardent ici-bas
Mourir pour des idées, c’est le cas de le dire
C’est leur raison de vivre, ils ne s’en privent pas
Dans presque tous les camps on en voit qui supplantent
Bientôt Mathusalem dans la longévité
J’en conclus qu’ils doivent se dire, en aparté
“Mourrons pour des idées, d’accord, mais de mort lente
D’accord, mais de mort lente”

Des idées réclamant le fameux sacrifice
Les sectes de tout poil en offrent des séquelles
Et la question se pose aux victimes novices
Mourir pour des idées, c’est bien beau mais lesquelles ?
Et comme toutes sont entre elles ressemblantes
Quand il les voit venir, avec leur gros drapeau
Le sage, en hésitant, tourne autour du tombeau
Mourrons pour des idées, d’accord, mais de mort lente
D’accord, mais de mort lente

A chi va poi cercando verità meno fittizie
ogni tipo di setta offre moventi originali
e la scelta è imbarazzante per le vittime novizie
morire per delle idee è molto bello ma per quali.
E il vecchio che si porta già i fiori sulla tomba
vedendole venire dietro il grande stendardo
pensa “speriamo bene che arrivino in ritardo”
moriamo per delle idee, va bè, ma di morte lenta, va bè,
ma di morte lenta

E voi gli sputafuoco, e voi i nuovi santi
crepate pure per primi noi vi cediamo il passo
però per gentilezza lasciate vivere gli altri
la vita è grosso modo il loro unico lusso
tanto più che la carogna è già abbastanza attenta
non c’è nessun bisogno di reggerle la falce
basta con le garrote in nome della pace
moriamo per delle idee, va bè, ma di morte lenta,
ma di morte lenta

Encor s’il suffisait de quelques hécatombes
Pour qu’enfin tout changeât, qu’enfin tout s’arrangeât
Depuis tant de “grands soirs” que tant de têtes tombent
Au paradis sur terre on y serait déjà
Mais l’âge d’or sans cesse est remis aux calendes
Les dieux ont toujours soif, n’en ont jamais assez
Et c’est la mort, la mort toujours recommencée
Mourrons pour des idées, d’accord, mais de mort lente
D’accord, mais de mort lente

O vous, les boutefeux, ô vous les bons apôtres
Mourez donc les premiers, nous vous cédons le pas
Mais de grâce, morbleu! laissez vivre les autres!
La vie est à peu près leur seul luxe ici bas
Car, enfin, la Camarde est assez vigilante
Elle n’a pas besoin qu’on lui tienne la faux
Plus de danse macabre autour des échafauds!
Mourrons pour des idées, d’accord, mais de mort lente
D’accord, mais de mort lente

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26 Commenti

  1. effeffe questa poesia è incredibile. Quando sono partito vivere a parigi al momento della guerra de il mio paese, è ciò che ho pensato, con vergogna:
    sopravvivere non è già così male!
    soprattutto quando non si comprendono più le idee e le ragioni della questa calamita. 15 anni dopo credo che avevo ragione!

  2. Il vecchio Brassens, e certo Ferré e Cohen e Brel: se siano stati poeti non sta a me dirlo ed in fondo non importa proprio. Hanno saputo cantarci di un tempo minuto ed insieme epico, con parole fatte per restare, di un sogno personale e collettivo che il secolo scorso ha consegnato alla lotta all’entusiasmo ed alla sconfitta. Vati dello scontento della rivolta e dell’ironia, sempre con l’occhio aperto sul confuso andare degli uomini.
    Grazie di averlo ricordato.

  3. Vecchioni, che di canzoni d’autore ne capisce, dice che la stessa è una terza via fra musica e poesia e che ha pari dignità delle altre due forme artistiche di espressione. Penso sia così.
    Difficile non ricordare i versi di un cantautore ( brutta parola ma così ci intendiamo meglio ) senza ricordarne anche le musiche.
    Fischiettare il “Pescatore” è più facile che recitarlo a memoria.
    Eppure quella musica senza quelle parole sembra non avere senso o essere una semplice ballata. E quelle parole senza quella musica sembrano essere una poesia stile Gianni Rodari, sono un po’ più coraggioso.
    Insieme, parole e musica, fanno “qualcosa” che vince il tempo.
    Ed è difficile immaginare Brassens senza la sua chitarra o organetto ed è quai impossibile che uno come lui o come De Andrè, abbia mai pensato di essere “solo” un poeta.

  4. In De Andrè, in effetti, l’affinità tra poesia e musica si serviva di molti espedienti che appartengono alle tecniche e alla struttura della poesia, quali il verso, le rime, le assonanze, le diverse figure retoriche (metafora, iperbole, similitudine, ecc.).

  5. Bruno, non per fare l’antipatico, ma Vecchioni lo trovo un pessimo cantautore e Rodari un grande poeta.

  6. @gianni: perchè vecchioni un pessimo cantautore? non lo trovo all’altezza degli altri citati nei commenti, ma pessimo non sono d’accordo; magari discontinuo.

  7. caro dottore, vecchioni di decente ha scritto solo luci a san siro. per il resto, secondo me, farebbe bene a fumare più sigari e a scrivere molto meno, libri compresi. dicono che è un bravo insegnante. di questi tempi, una verà rarità.
    lo dico da conoscitore dell’animo umano: è ferrè il vero interprete dell’uomo contemporaneo. umiliato e offeso. sognatore il giorno dopo disincantato.

    il tempo sai…

  8. No, dai, Vecchioni è un grande. Bisogna conoscere tutto il suo lavoro per giudicarlo e non fermarsi a Luci a San Siro.
    E’ un grande autore di canzoni, forse fra i migliori che abbiamo in Italia : De Andrè, De Gregori, Guccini, Lolli e Vecchioni.
    Come scrittore Vecchioni è pero una gran ciofeca, confermo.

  9. carissimo dottore, vecchioni è anche l’autore di “donne con le gonne” e “il tuo culo e il tuo cuore”, ciofeche impressionanti. e “samarcanda”? una insulsa filastrocca, me lo lasci dire. no, no, gli altri autori che lei ha citato non avrebbero mai scritto simili scempiaggini.

  10. d’accordo col dottor biondillo, che prontamente saluto e ringrazio un po’ in ritardo per la sua “settimana del depresso”, che ho stampato in una decina di copie e dato in lettura ad alcuni miei pazienti.

  11. Vecchioni è anche l’autore di “donna felicità” e della “famiglia Barbapapà”, due delle sue canzoni meglio riuscite… :-)

  12. Euridice
    (Vecchioni)

    Morirò di paura a venire là in fondo,
    maledetto padrone del tempo che fugge,
    del buio e del freddo;
    ma lei aveva vent’anni e faceva l’amore,
    e nei campi di maggio, da quando è partita,
    non cresce più un fiore…

    E canterò, stasera canterò,
    tutte le mie canzoni canterò,
    con il cuore in gola canterò:
    e canterò la storia delle sue mani
    che erano passeri di mare,
    e gli occhi come incanti d’onde
    scivolanti ai bordi delle sere;
    e canterò le madri che
    accompagnano i figli
    verso i loro sogni,
    per non vederli più, la sera,
    sulle vele nere dei ritorni.

    E canterò, canterò finché avrò fiato,
    finché avrò voce di dolcezza e rabbia
    gli uomini, segni dimenticati,
    gli uomini, lacrime nella pioggia,
    aggrappati alla vita che se ne va
    con tutto il furore dell’ultimo bacio
    nell’ultimo giorno dell’ultimo amore;
    e canterò finché tu piangerai,
    e canterò finché tu perderai,
    e canterò finché tu scoppierai
    e me la ridarai indietro.

    Ma non avrò più la forza
    di portarla là fuori,
    perché lei adesso è morta
    e là fuori ci sono la luce e i colori;
    dopo aver vinto il cielo
    e battuto l’inferno,
    basterà che mi volti
    e la lascio alla notte,
    la lascio all’inverno…

    E mi volterò
    le carezze di ieri
    mi volterò
    non saranno mai più quelle
    mi volterò
    e nel mondo, su, là fuori
    mi volterò
    s’intravedono le stelle
    mi volterò perché l’ho visto il gelo
    che le ha preso la vita,
    e io, io adesso, nessun altro,
    dico che è finita;
    e ragazze sognanti m’aspettano
    a danzarmi il cuore,
    perché tutto quello
    che si piange non é amore;
    mi volterò perché tu sfiorirai,
    mi volterò perché tu sparirai,
    mi volterò perché già non ci sei
    e ti addormenterai per sempre.

  13. L’ultimo spettacolo
    (Vecchioni)

    Ascolta,
    ti ricordi quando venne
    la nave del fenicio a portar via
    me, con tutta la voglia di cantare
    gli uomini, il mondo, e farne poesia…
    Con l’occhio azzurro io ti salutavo
    con quello blu io già ti rimpiangevo
    e l’albero tremava e vidi terra,
    i greci, i fuochi e l’infinita guerra…

    Li vidi ad uno ad uno
    mentre aprivano la mano
    e mi mostravano la sorte
    come a dire: “Noi scegliamo,
    non c’è un dio che sia più forte”.
    E l’ombra nera che passò
    ridendo ripeteva: “no…”

    Ascolta,
    ero partito per cantare
    uomini grandi dietro grandi scudi
    e ho visto uomini piccoli ammazzarre
    piccoli, goffi, disperati e nudi…
    Laggiù conobbi pure un vecchio aedo
    che si accecò per rimaner nel sogno
    con l’occhio azzurro invece ho visto e vedo,
    con l’occhio blu mi volto e ti ricordo…

    Ma tu non mi parlavi
    e le mie idee come ramarri
    ritiravano la testa dentro il muro
    quando è tardi
    perché è freddo, perché è scuro
    e mille solitudini
    e i buchi per nascondersi…

    Ho visto fra le lampade un amore:
    e lui che fece stendere sul letto
    l’amico con due spade dentro il cuore,
    e gli baciò piangendo il viso e il petto…
    E son tornato per vederti andare
    e mentre parti e mi saluti in fretta
    fra tutte le parole che puoi dire
    mi chiedi: “Me la dai una sigaretta?”

    Io di Muratti, mi dispiace, non ne ho
    il marciapiede per Torino, sì lo so
    ma un conto è stare a farti un po’ di compagnia,
    altro aspettare che il treno vada via:
    perché t’aiuto io ad andare non lo sai,
    sì, questo a chi si lascia non succede mai,
    ma non ti ho mai considerata roba mia,
    io ho le mie favole, e tu una storia tua.

    Ma tu non mi parlavi
    e le mie idee come ramarri
    ritiravano la testa
    dentro il muro, quando è tardi
    perché è freddo, perché è scuro…
    E ancora solitudini
    e buchi per nascondersi…

    E non si è soli quando un altro ti ha lasciato,
    si è soli se qualcuno non è mai venuto
    però scendendo perdo i pezzi per le scale
    e chi ci passa su non sa di farmi male:
    ma non venite a dirmi
    adesso lascia stare
    o che la lotta deve continuare
    perché se questa storia fosse una canzone
    con una fine mia
    tu non andresti via.

  14. Le lettere d’amore (chevalier de pas)
    (Vecchioni)

    Fernando Pessoa chiuse gli occhiali
    e si addormentò
    e quelli che scrivevano per lui
    lo lasciarono solo
    finalmente solo…

    Così la pioggia obliqua di Lisbona
    lo abbandonò
    e finalmente la finì di fingere fogli
    di fare male ai fogli…

    E la finì di mascherarsi dietro tanti nomi,
    dimenticando Ophelia
    per cercare un senso che non c’è
    e alla fine chiederle:
    “scusa se ho lasciato le tue mani,
    ma io dovevo solo scrivere, scrivere
    e scrivere di me…”

    E le lettere d’amore,
    le lettere d’amore
    fanno solo ridere.
    Le lettere d’amore
    non sarebbero d’amore
    se non facessero ridere.
    Anch’io scrivevo un tempo lettere d’amore
    anch’io facevo ridere;
    le lettere d’amore, quando c’è l’amore,
    per forza fanno ridere.

    E costruì
    un delirante universo senza amore,
    dove tutte le cose
    hanno stanchezza di esistere
    e spalancato dolore.

    Ma gli sfuggì che il senso delle stelle
    non è quello di un uomo,
    e si rivide nella pena di quel brillare inutile,
    di quel brillare lontano…

    E capì tardi che dentro
    quel negozio di tabaccheria
    c’era più vita di quanta ce ne fosse
    in tutta la sua poesia;
    e che invece di continuare a tormentarsi
    con un mondo assurdo
    basterebbe toccare il corpo di una donna,
    rispondere a uno sguardo…

    E scrivere d’amore,
    e scrivere d’amore,
    anche se si fa ridere;
    anche quando la guardi,
    anche mentre la perdi
    quello che conta è scrivere.
    E non aver paura
    non aver mai paura
    di essere ridicoli;
    solo chi non ha scritto mai
    lettere d’amore
    fa veramente ridere.

    Le lettere d’amore,
    le lettere d’amore,
    di un amore invisibile;
    le lettere d’amore
    che avevo cominciato
    magari senza accorgermi;
    le lettere d’amore
    che avevo immaginato,
    ma mi facevan ridere
    magari fossi in tempo
    se avessi ancora il tempo
    per potertele scrivere…

  15. Ora se non dite che Vecchioni è un grande continuo così fino a domani mattina ( che è sabato e sono libero di continuare pure tutto il giorno ).

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francesco forlani
francesco forlani
Vivo e lavoro a Parigi. Fondatore delle riviste internazionali Paso Doble e Sud, collaboratore dell’Atelier du Roman . Attualmente direttore artistico della rivista italo-francese Focus-in. Spettacoli teatrali: Do you remember revolution, Patrioska, Cave canem, Zazà et tuti l’ati sturiellet, Miss Take. È redattore del blog letterario Nazione Indiana e gioca nella nazionale di calcio scrittori Osvaldo Soriano Football Club, Era l’anno dei mondiali e Racconti in bottiglia (Rizzoli/Corriere della Sera). Métromorphoses, Autoreverse, Blu di Prussia, Manifesto del Comunista Dandy, Le Chat Noir, Manhattan Experiment, 1997 Fuga da New York, edizioni La Camera Verde, Chiunque cerca chiunque, Il peso del Ciao, Parigi, senza passare dal via, Il manifesto del comunista dandy, Peli, Penultimi, Par-delà la forêt. , L'estate corsa   Traduttore dal francese, L'insegnamento dell'ignoranza di Jean-Claude Michéa, Immediatamente di Dominique De Roux
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