Terra! Furlen vs Braucci
Carissimo Maurizio, innanzitutto grazie per la tua disponibilità. Questo nostro incontro è per Nazione Indiana. Un’idea ce l’hai dei blog?
Devo rivelarti che il mio rapporto con la tecnologia è complesso, ne sono stato un grande appassionato fino a pochi anni fa ed anche un operatore (web designer, informatico, video montaggio) poi mi sono accorto del suo effetto da “modello toyota solipstistico” ed ho iniziato a provare un avversione quasi luddista. Tuttavia, padroneggiandola e non facendosene padroneggiare, la tecnologia (rivoluzione digitale, internet etc…) sono strumenti formidabili; una notte, mi sono svegliato in piena crisi di panico e avvicinandomi al Mac che era connesso mi sono accorto che la possibilità di interagire con persone distanti e desiderose di relazioni era uno strumento di difesa contro l’ala oscura della morte. Amo i forum e i blog, quando non sono cazzaroli e ognuno mette in comune le proprie conoscenze, altrimenti sono una perdita colossale di tempo e di senno.
Che lavoro fai?
Domanda difficile, quello che di buono ed utile c’è da fare, mi viene da rispondere. Ho fatto tanti mestieri, dal cameriere al traslocatore, dal magliaro all’addetto alle pulizie e all’operatore informatico con i detenuti di un carcere a custodia attenuata, poi ho imparato il montaggio video e ancora ci faccio ogni tanto dei lavoretti, documentari e quello che capita, per camparci ma anche per documentare. Partecipo a progetti sociali per i giovani, ma se devo poi dirti come esattamente guadagno non ho un binario fisso, tra montaggio, qualche sceneggiatura e altra attività, sopravvivo senza mettere niente da parte e con niente alle spalle. Ho 40 anni, sono un precario.
Da anni sei impegnato in un dialogo costante con il territorio. Qual’ e il sentimento che provi?
Uno schifo, si mastica polvere a volontà, disillusioni e sconfitte, ma già lo sappiamo. Faccio ciò che devo, mi incazzo molto di fronte alle risposte allo status quo ma la rabbia è a volte un propellente, a volte un veleno. Sono stato per 8 anni in un centro sociale, popolare e situazionista, nel centro di Napoli, poi mi sono quasi ucciso e sono passato a svolgere queste tecniche come free lance, ogni tanto collaboro con gruppi che mi sembrano svegli, ho fatto la mia scuola e ora cerco di scegliermi le situazioni, anche istituzionali se c’è di mezzo un dirigente o un direttore in gamba. Non ho fiducia nella politica, non mi aspetto niente dal potere, se ha soldi e sostegno me li prendo ma solo per esperienze di gruppo, per spostare risorse altrove, non per me insomma. Attraverso Lo Straniero (il mensile diretto da Fofi) partecipo ad una rete di attivisti socioculturali in Italia, ci scambiano esperienze e conoscenze, ci tiriamo in ballo se c’è bisogno di una mano in un ambito meno noto. Mi interesso di problematiche e “risorse” giovanili, lavoro nella periferia diffusa di Napoli, con un taglio appunto socioculturale, se una cosa si avvia trattengo il respiro finchè dura o lo fa bene, non mi piace il narcisismo dell’attivista, del tipo “noi siamo meglio perchè siamo buoni”, credo che uno debba sempre dimostrare di cosa e come è capace di fare, soprattutto non disastri. Attualmente faccio parte di un coordinamento di varie associazioni per trasformare un parco pubblico in zona di socialità attraverso progetti per giovani ed anziani, collaboro con il gruppo “Chi rom.. e chi no” che lavora a Scampia con ragazzi/e rom e napoletani, seguo il progetto teatrale della non-scuola “Arrevuoto” realizzato dal teatro stabile Mercadante e dal Teatro delle Albe. Stiamo cercando di realizzare un centro giovanile a Scampia che offra esperienze educative e permetta ai ragazzi di spostarsi in Italia ed Europa per formarsi nel lavoro e nella cultura. Napoli in questa fase è regredita nelle sue problematiche (quindi è avanzata nel modello di sviluppo senza progresso), la classe politica fa affari e corrompe la società civile, quest’ultima aspetta di essere corrotta e si lamenta, come si dice: tutt’e due “piangono e fottono”. Una grande massa viene esclusa da questo meccanismo e si porta caoticamente avanti nella modernità per strappare quello che soddisfa edonismo e benessere, intendo con questo che oggi la napoletanità, la tradizione, è rimasta solo alla borghesia, la massa Ë sempre più moderna, nel senso peggiore, ed ha perso quasi tutte le connotazioni che teatro, cinema, letteratura ci avevano dipinto di lei. In tal senso, occuparsi delle periferie può essere utile per attirare l’attenzione, ma la questione si sposta a tutta la città, a quella che decide e a quella che subisce le scelte o ribatte. Se si vuole proporre o intervenire, la prima questione Ë verso cosa trasformare, non certo verso l’integrazione, visto che il problema nasce anche dal centro, per ora sto cercando di capire quanto ci si possa incontrare a metà strada tra le parti, promuovendo gli aspetti comuni e il rispetto delle diversità. La camorra domina la città, ormai sempre più, i cittadini si trovano schiacciati tra questa e l’incoscienza dello Stato e ognuno cerca di sopravvivere come puÚ, spesso malamente. Per la teoria sono un pessimista, per la pratica no, cerco di fare quello che devo come persona “informata dei fatti”.
In che modo il tuo lavoro raggiunge il tuo immaginario di scrittore. Si può parlare di identificazione? O come vasi comunicanti la scrittura nutre il tuo fare e si nutre allo stesso tempo dei tuoi incontri con le persone ?
E’ una relazione complessa, certo l’esperienza ha un peso, qualunque essa sia, nella visione del mondo di uno scrittore. Non mi sento dominato dal realismo però, cerco di sfuggire alla sua tirannide e di stare nel mezzo tra la spinta inventiva e quella naturalistica, di ciò, quello che rimane è aver fatto un buon lavoro, di cose che contano, poi lo stile sta all’autore. A volte ci si azzecca di più con l’intuizione che con la raffigurazione icastica, di questo ne sono convinto specie da quando ho scoperto che molti scientisti sociali inventano il tratto mancante delle loro ricerche, non glielo rimprovero ma poi non mi venissero a parlare di dato oggettivo, quello serve ma non basta, c’è chi sa tutto ma non ha capito niente, come chi non sa niente e per questo si sbaglia. La mia scrittura è una continua ricerca, con “Il mare guasto” ho cercato di riscrivere la vita di un quartiere napoletano di inizio anni ’90, inventando una lingua che ne contenesse i personaggi e le storie, con “Una barca di uomini perfetti” sono partito dall’iperrealismo per arrivare al surreale, oggi sto scrivendo una cosa diversa e cercando uno stile adatto ad una piccola saga di personaggi che si perdono nel mondo. Anche le inchieste che faccio hanno sempre un connotato di realismo proiettato in un campo letterario, mi documento, giro, incontro, persone ma poi la mia verità la cerco all’interno della scrittura, lascio che sul foglio si depositino le conclusioni senza forzature, che i personaggi che ho intervistato mi continuino a parlare anche dopo, come nel cinema il montaggio diventa un ulteriore fase creativa, che riporta cose che al momento ci erano sfuggite o poco chiare. Wilde diceva che la vita è lo specchio dell’arte, molti non sono d’accordo, ma compresa bene questa frase è assai veritiera. L’immaginario dove nasce? Lo scrittore rincorre la sua origine e spesso arriva al punto di partenza, se ci riesce bene, se appassiona, tutti approvano, altrimenti lo accusano di menzogna, ma spesso bisogna mentire per dire la verità, la vera differenza sta in cosa ci anima, quanto disinteresse c’è al vantaggio personale. Un tramonto, un fenomeno naturale, è pura rappresentazione, un libro altrettanto… dietro l’alba c’è un meccanismo astrofisico, dietro un romanzo pure esiste la tecnica e il rigore, si tratta solo di fermare per un attimo lo scorrere frenetico della vita che è animata da qualcosa di misterioso.
Terra o territorio?
Credo che tu voglia intendere con questa dicotomia la relazione che una persona ha con uno spazio, se si identifica o meno con la sua essenza. Freddamente possiamo parlare di territori, di ambiti sociologici ad esempio, ma della dimora di un ciliegio parliamo di terra più facilmente. A volte il distacco ci serve per capire di più, altre non ci permette l’empatia necessaria a comprendere, uno dovrebbe avere la possibilità dei due diversi approcci e poi fare quello che meglio può. Umanamente c’è sempre una terra, intendo che per rimanere umani, per sentire che le relazioni sono la nostra vera ricchezza, non possiamo ridurre i fatti a fenomeni e sezionarli (pensiamo alla storia dei ciechi che toccando ognuno un pezzo di elefante si chiedono quale di essa sia l’elefante). Altre volte però saper smontare, confrontare e osservare ci serve a stimolare soluzioni e riflessioni (Fabrizio del Dongo, nel mezzo della battaglia di Waterloo, sa cosa gli accade ma non “cosa accade”).
Qualche tempo fa si parlava (in verità fu un titolo einaudiano) di “disertori”. Col cazzo mi sembra di poter dire da quello che fai e scrivi. Piuttosto una prima linea…
Era un titolo per il marketing del libro. Io sto dove mi trovo, giro, ma ti ripeto che non sopporto il narcisimo del militante, disertore mi piace rispetto ad un esercito, al conformismo (che cancro!), alla saggezza, non mi piace rispetto ai miei simili, alla ricerca, alla conoscenza.
Per la prima volta secondo me esiste una vera comunità letteraria (di società e sistemi non vale nemmeno la pena parlarne) dove ci sono amicizia, percorsi condivisi, battaglie comuni, e che non si caratterizza per un’estetica comune (avanguardie) o una parola d’ordine tipo politica (gruppi). Una poetessa di Capua mi diceva che ciò che accomuna tutti noi, è forse una profonda solitudine…
Questa è una bella novità per Napoli, importante e da ampliare. Al contrario delle precedenti generazioni di artisti, noi scrittori siamo più in contatto e anche se non è nella nostra tradizione (Napoli è spesso il “tutti contro tutti”), siamo più propensi alla collaborazione. La solitudine è fondamentale in questo mestiere, ma non l’essere abbandonati a se stessi, per quanto ciò possa essere conveniente nel generare monopoli estetici. Scambiarsi opinioni, informazioni, ma anche cenare tranquillamente insieme, ci arricchisce e ci fornisce occasioni per rivedere posizioni, idee e magari condividere delle piccole lotte in forma di guerriglia. Non voglio dire che abbiamo bisogno uno dell’altro per scrivere, l’indipendenza Ë fondamentale, ma chiudersi in torri d’avorio è oggi assai cinico. Se vuoi, in piccolo e spontaneamente, aderiamo a quella proposta del filosofo Pierre Bourdieu per creare relazioni tra intellettuali che spingano il campo della letteratura ad una presa di posizione comune e differenziata verso il potere.
Da qui il legame che hai con Peppino Montesano, Roberto Saviano, Giampaolo Graziano, insieme a moltissimi altri che non conosco. Mi piacerebbe che ne parlassi
Pino per me è una presenza rassicurante, sapere che lui da un angolo della provincia osserva quanto accade e ne scrive mi fa pensare allo scrittore come insegnante di cui parla Chinua Achebe, cioè ad un punto sensibile della comunità che agisce da sismografo da consultare per capire se la terra sta tremando di sotto. Roberto è grande e giovane, di lui non posso che ammirare la capacità di trarre conclusioni folgoranti sul mondo intorno, inoltre è un amico fraterno. Giampaolo mette in connessione e promuove in piccole iniziative, le migliori, il fermento che Napoli ha in questo momento, la risposta alle sue difficoltà, in un’attività essenziale. Ma poi ci sono anche Diego De Silva, Valeria Parrella, Antonio Pascale, Davide Morganti, siamo diversi, ognuno con il proprio stile ma legati da vicende che ci indignano e ci stimolano. Ma non posso non parlare anche di fotoreporter come Mario Spada e Stefano Cardone che con le loro ricerche ci guidano, almeno me e Saviano, negli ambiti più oscuri.
Se qualcuno mi chiedesse cosa c’è di buono oggi a Napoli, tra le varie cose direi questi scrittori e fotografi che non smettono di raccontare.
I commenti a questo post sono chiusi
E’ di ottimo auspicio leggere di questo impegno che si va sempre più consolidando da parte degli scrittori del Sud. Indubbiamente difficile, esso ha questa volta come punto di forza il fatto che viene esercitato sul posto. Nessuno fugge, nessuno arretra, ma combatte lì, dove c’è da produrre il cambiamento.
Bart
io stong con roberto.
FF, mi sintetizzi tutto il contenuto?
c’è chi denigra chi non ha un rapporto calvinista e finalizzato con il lavoro.
lo si identifica appunto quando ti chiede “che lavoro fai?” non come una domanda ma come un attacco, un monito, una recriminazione, loro, che al sistema si sono asserviti e da cui non si libereranno mai.
La qualità degli scrittori partenopei esordienti, emergenti, circostanti e galoppanti, è abbastanza buona. Però in questa nuova corrente si stanno inserendo anche personaggi dotati unicamente di pericolose velleità letterarie. Braccia sottratte all’agricoltura.
E dal punto di vista umano, anche i più bravi, sono desolatamente ipocriti, snob, gretti, fatte le ovvie e dovute eccezioni.
Riescono ad avere visibilità grazie a intrecci che li portano sulle pagine lettararie del Mattino di Treccagnoli ( amico degli amici ), partecipano a manifestazioni e convegni con una frequenza tale che nemmeno Padre Pio, che di ubiquità ne capiva qualcosa, sarebbe riuscito a mantenere. Al secondo libro già vedi la loro foto sul giornale con accanto la didascalia “lo scrittore Pinco Pallo a Ravello” ( manca la palla di pelle di pollo ).
Riescono a farsi intervistare per dire delle banalità allucinanti, presentano i loro lavori nelle librerie importanti in cui affluiscono numerosi ben tutti i condomini del loro parco. Quando parlano li vedi tutti concentrati, lo sguardo distante immerso in pensieri più grandi di noi, comuni mortali, e riescono con grande sforzo, attingendo allo zoccolo duro della loro particolare sinapsi neuronale, a pronunciare la solenne e storica frase “Io penso che…”. Tanto ci basta par applaudire a questo nuovo e ricco plotoncino di scrittori napoletani e meridionali, una nuova frontiera della letteratura e dell’impegno sociale di cui si sentiva un gran bisogno.
carissimo Bruno Esposito
il livore non è una virtù, mai.
maurizio non è uno scrittore esordiente e per quanto riguarda il tuo sentimento sfogo – che cosa lo anima al punto da non seguire le cose importanti suggerite da Maurizio? ecco una buona domanda – lo consudero come un peccato di gioventù. Ora però è ora di crescere.
effeffe
ps
ricordati che l’herpes fa male ai baci
Braucci ha scritto un libro “Il mare guasto” che non ho mai più dimenticato. Scrivi ancora scrivi ancora
Molto bella, Effeffe. Credo sia l’unica intervista in cui non avrei assolutamente alcuna obiezione da fare. Mi piace molto quello che dice Braucci, lo sento molto vicino – non solo geograficamente – è l’unico che è riuscito ad esprimere perfettamente quello che penso:
“Napoli in questa fase è regredita nelle sue problematiche (quindi è avanzata nel modello di sviluppo senza progresso), la classe politica fa affari e corropme la società civile, quest’ultima aspetta di essere corrotta e si lamenta, come si dice : tutt’e due piangono e fottono”.
Ma, soprattutto, ammiro la sua capacità di non fermarsi davanti alla desolazione che mentre indaga con occhio critico, combatte sul campo, direttamente coinvolto in prima persona.
Io, veramente ancora mi commuovo, quando vedo qualcuno che riesce ad andare così a fondo, senza illusioni, senza miti, senza palliativi e ancora, senza lasciarsi prendere dallo sconforto e ancora, nonostante tutto, ad andare…(ecco, Francè, è questa per me l’avanguardia!)
Il livore ( che ti confermo esserci ) sarà pure una brutta bestia ma non lo è di meno la frettolosità. Non hai notato che ho parlato di scrittori di buona qualità e ho premesso che ci sono ovvie e dovute eccezioni.
Non conosco Braucci ma mi riprometto di approfondire e ti ringrazio per l’opportunità che mi hai dato.
Di contro ti segnalo, visto che non mi nascondo mai dietro un dito, gli ultimi lavori di Lanzetta, Cacciapuoti e Cilento, tre autori molto presenti sulla stampa napoletana.
Poi mi dici che ne pensi.
Ciao.
ciao ragazzi, ma allora si azzuppa in questo blog, vedo che si dibatte….
Questa storia degli scrittori partenopei però
mi ricorda la storiella un po’ fascista del nero che va all’università
e che quando gli chiedono “che ramo sceglie?” lui risponde
“non potrei avere un banco come tutti gli altri?”
noi ce la cerchiamo e quindi ce la appioppano.
E’ in parte vero quello che dice Bruno Esposito
ma su quelli che, assorti, fingono la profondità
mi sa che riguarda anche gli “eccellenti” (bellissimo termine istituzionale)
cioè le grandi tirature che se la tirano.
Quando sento la definizione scrittore impegnato,
scusatemi, ma la mia mano corre subito alla pistola, come diceva
il nazista. Ma poiché pistole non ne ho, posso dire che semplicemente
corro via. Ho fatto due riferimenti a destra, sto invecchiando
e invecchiando la realtà mi lappa le papille,
nel barile d’acqua dei fatti a cui attingere fuori dalla porta
per riportarli su carta, qualcuno deve aver aggiunto della chetamina
che produce un sonno da cavalli e sogni da galline.
Alle cinque il gallo canta e, vedendo che sole il sorge, dice
“Non ho ancora capito come ci riesco”.
Voglio dire che uno poi è pure strumento del recupero
mentre si sente il centro del mondo…
la lotta tra le parti è il movente del campo letterario
lottiamo lealmente, perché tanto siamo lottati dallla vita
e vogliamoci meno male perché discendiamo tutti dalla scimmia.
Il mio riferimento a proposito del mestiere è quel racconto di Roberto Artl “Scrittore fallito” , specie quando scrive – La letteratura non esiste. L’ho uccisa per sempre!-
Queste parole le ho rubate a Chet, il mio cane da slitta
mentre attraversavamo la bufera
sapendo di non sapere
seguiva gli sprazzi davanti a se
raggiunta una certezza
mi ha morso
….. e poi uno una pistola può sempre comprarsela
secondo Ballarò, a Napoli costa di meno
Qui sotto qualcuno fischietta la colonna sonora de
Il camorrista e poi la mixa con Yellow Submarine ..
Hai ragione tu, Saviano!
“caro?”,”Nuccio,tesoro?-che c’è-“hai dimenticato di comprare le forchette!”-le forchette?-“si,le forchette.Ti avevo detto di comprare le forchette”-bè,non le ho comprate.e poi possiamo anche fare senza!-“cosa vorresti dire””possiamo anche fare senza””?-voglio dire che potremmo anche non avere forchette in casa!-“sei sempre il solito.Scendo io.Tu,vuoi che ti porti qualcosa?”-no,grazie Simona,ho tanta voglia di dormire un pò-
ultraquarantenne giovanissimo poco usato militeassolto militesente battaglione bersaglieri 6 cernaia pordenone caserma fiore 3 scaglione 82, solo 8 cucù fatti fare (cicci cucù ciccì cucù per me è finita per te c’è una vita), solo 2 volte sciolta, scambierebbe con effeffe figurine votive maradona, cruijff, gerd mueller, paolo avanzini, gerardo ciffo, gerolamo buttà, roberto g. rossi, enzo paolo turchi, ernesto calindri, mariangela melato, senta berger, claus dieter toedter, heinz-georg bollenhoff, wim calals, theo van der grogt, geometra alberton, duccio tessari, italo kuhne, nagel bis, harald juhnke, udo juergens, heino, mario simmel, mario adorf, adorf hitrer, puccio corona, kranz tedesco di germania, johnny rep, johnny belinda, bella belinda inamorata, johnny hallyday, johnny guitar, johnny rotten, johnny & santo, kuzmikova, kazaktivov, vov, pennelli cinghiale, sagomata circe, ennelunga, acquafresh, acqualung, aqua, resipiscens, vojello girls, re-dececconi, i’m football crazy 45 giri giorgio chinaglia, va pensiero, siro negri, ristorante el neger corsico milano, peristaltik (2 albi dal 907 al 909), la cabala suona di libero liberaces, hunbratil 20 mg (1 confezione) il desco a campana di gerardo carotenuto, 16 cd supergrass, 27 cd hools, 23 cd amambo gardenia, 2 cd rollers the canvas, astenersi perditempo.