Et dimitte nobis debita nostra
Tra quest’immagine e l’autore del post non esiste alcuna relazione di fatto. Nomen Omen.
Questo post deve il suo slancio ai recenti interventi di Sergio prima ed Helena poi.
Tra quest’immagine e il post non esiste alcuna relazione di fatto. Nomen Omen.
Primo Movimento
C’è un sito francese (www.croire.com) dov’ è possibile “en 12 étapes, comprendre et apprendre à dire la prière de Jésus. 12 jours de formation avec le P. Jacques Nieuviarts”. Il tariffario mi sembra, come si dice qui, correcte;
– formule 3 mois à 9 €
– formule 9€/trimestre
– formule à 36€ pour 1 an
Che idea quella di pagarsi una formazione per “dire bene” la preghiera del Padre Nostro!
Ma come sono capitato qui, si chiederà qualcuno, altri penseranno ad un’oscura manovra di Nazione Indiana per “colpire” con un anatema i detrattori dei libri che noi ed io amiamo. Nulla(niente) di tutto questo. In realtà, durante la mia preistoria filosofica, avevo compiuto, nel quadro del mio dottorato, una ricerca sulla diatriba “analitici e continentali”, utilizzando il paradigma “traduzione” per esplorare le due visioni del mondo. La mia domanda di partenza era semplice. Le difficoltà che un filosofo incontra nel “tradurre” in linguaggio la realtà (le cose, l’esperienza,le azioni) sono le stesse di un traduttore che debba “trasportare”, “translate”, “traduire” un testo da un sistema di segni ad un altro? E se è vero che la precisione dell’opera del tradurre è fondamentale com’è possibile che delle cattive traduzioini non abbiano impedito a delle opere di fare il loro corso? Le opere di Dostoievskj, Nietzsche, Kafka, Melville nonostante traduzioni-rifacimenti, trasfigurazioni, haanno formato la classe intellettuale occidentale almeno per un cinquantennio ovvero prima che “la traduttologia” si impadronisse del dossier dicendo : adesso basta.
E cosi’ per testi fondamentali, i cui originali andavano perduti (Aristotele, Platone…) e solo le copie (traduzioni) ne veicolavano il verbo. Testi fondamentali come la Bibbia, tanto per capirci.
Ecco allora che mi sono interessato al Padre Nostro, unica preghiera dettata dal Cristo agli apostoli (per un cristiano dettata da Dio) di cui esistono due versioni, quella di Luca e Matteo. La prima, che è quella dell’italica gente (CEI) recita più o meno cosi’:
Matteo 6,9-13
9 Voi dunque pregate così:
“Padre nostro che sei nei cieli, sia santificato il tuo nome;
10 venga il tuo regno; sia fatta la tua volontà anche in terra come è fatta in cielo.
11 Dacci oggi il nostro pane quotidiano;
12 rimettici i nostri debiti come anche noi li abbiamo rimessi ai nostri debitori;
13 e non ci esporre alla tentazione, ma liberaci dal maligno. [Perché a te appartengono il regno, la potenza e la gloria in eterno, amen.]”
E quella di Luca, di cui ho appreso l’esistenza grazie ad una fugace visita a Notre Dame, e che risulta essere la versione ufficiale per i francesi e gli spagnoli tra gli altri:
Luca 11,1-4
1 Un giorno Gesù si trovava in un luogo a pregare e quando ebbe finito uno dei discepoli gli disse: «Signore, insegnaci a pregare, come anche Giovanni ha insegnato ai suoi discepoli».
2 Ed egli disse loro: «Quando pregate, dite:
Padre, sia santificato il tuo nome,
venga il tuo regno;
3 dacci ogni giorno il nostro pane quotidiano,
4 e perdonaci i nostri peccati,
perché anche noi perdoniamo ad ogni nostro debitore,
e non ci indurre in tentazione».
Secondo Movimento (cherchez l’erreur)
Ci sono molte piccole differenze tra le due versioni (eppure Luca e Matteo registrano quanto accade, in live)ma una mi ha da sempre stregato ed è nel penultimo verso.
” e perdonaci i nostri peccati,
perché anche noi perdoniamo ad ogni nostro debitore” scrive Luca, mentre Matteo (amato da Pasolini) ci dice;
“rimettici i nostri debiti come anche noi li abbiamo rimessi ai nostri debitori”
Nella versione francese del Padre Nostro secondo Luca perfino la parola debitore scompare:
“pardonne-nous nos offenses,
comme nous aussi nous pardonnons à ceux qui nous ont offensés” mentre gli spagnoli recitano:
” Perdónanos nuestras deudas,
como también nosotros perdonamos a nuestros deudores.”
Tralascio le considerazioni che già furono fatte dal compagno Nietzsche sulla relazione esistente in tedesco tra Schuld e Schulden, Colpa e Debiti,(Helena correggimi se sbaglio) ma vale la pena ricordare che fu il primo a parlare di colpa in termini economici.
Perchè sia chiaro che “perdona le nostre offese” non è la stessa cosa che “rimetti i nostri debiti”. Se vado dal mio banquier (bancario in italiano) Guillaume e gli dico Pirla non mi aspetto in ritorno che mi risponda “monsieur je vais annuler votre dette”. mentre invece è più probabile che se a Guillaume gli dico “rimetti i miei debiti” lui mi risponderà “Pirla!”.
Terzo Movimento
Molte sono le ragioni che mi fanno amare questa preghiera. Tra tutte il fatto che sia stata per secoli il primo dizionario mondiale ad uso e consumo dei navigatori. I missionari infatti insegnavano il Pater Noster nella lingua parlata dalle tribù. E dal Pater Noster coloro che sbarcavano in isole del pacifico o in terre lontanissime sapevano come interagire con la vita della gente del posto. Una vita che si declinava semplicemente attraverso il pane, il giorno, il cielo, il padre (hélas)i debiti (le offese) e le tentazioni. Esiste un sito straordinario, http://www.christusrex.org, dove con un sistema simile a Wikipedia, dei monaci hanno raccolto migliaia di versioni del Pater Noster. Io mi sono divertito a cercare il “verso” incriminato nelle versioni dialettali italiane ed ho scoperto che nelle isole i debiti diventavano offese e gli offendenti, nemici come nella versione sicula:
E pirdunatinni li nostri piccati
Accussì comu nui li rimittèmu a li nostri nnimici
E nun nni lassati cascari n tantazioni,
ma libbiratinni sempri d ogni mali, e accussì sia.
In quella sarda l’ incipit è per forza simile a quello di Paint it Black degli Stones.
Babbu nostu ki ses in is Celus,
Santificau siat su nòmini tuu,
bengat a nosu su reinu tuu,
siat fatta sa voluntadi tua
comenti in su celu aici in sa terra.
Su pani nostu de dogna di donanosidd’ oi,
e perdonanosì is peccaus nostus,
comenti nosaturus perdonaus is depidoris nostus,
no nosi lessis arrui in sa tentatzione,
ma lìberanosì de tottu male.
Amen.
C’è l’esilarante versione napoletana:
‘O Pate Nuosto
Pate nuoste ca staje ncielo,
santificammo ‘o nomme tujo,
faje vení ‘o regno tujo
sempe c’ ‘a vuluntà toja,
accussí ncielo e nterra.
Fance avè ‘o ppane tutt’ ‘e juorne
lèvece ‘e rièbbete
comme nuje ‘e llevamme all’ate,
nun ce fa spantecà,
e llèvace ‘o male ‘a tuorno.
Amen.
Di cui adoro quel “comme nuje ‘e llevamme all’ate”. Il prossimo è l’ate, l’altro.
Quella bolognese nel verso che mi riguarda è bellissima:
“e dscanzèla i nûster dèbit
eme nuèter a i dscanzlän ai nûster debitûr
Dicevo che molte sono le ragioni per cui amo il Pater Noster. Una è quella di farmi pensare a mio padre e cosi’, anche solo pensandolo, ho come l’impressione di averlo ancora accanto a me.
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Sì, ma il koala?
Segnalo per completezza d’informazione l’esistenza di
“O padre nostro che ne’ cieli stai – Antologia di versioni con commento glottologico” a cura di Mario Negri con versioni di A.Zagatti (greco) – G.Rocca (Latino) – F. Santulli (visigoto-Wulfila) – G. Rocca (Armeno) – A. Filippin (Protobulgaro) – M. Cislaghi (Altre versioni germaniche: Heliand, Lindisfarne Notker – Lutero – James I)
Effeffe, stamattina mi hai fatto commuovere…mannaggiaatté
ps: io della versione napoletana adoro quel “nun ce fa spantecà” – intraducibile davvero.
Tonno Nostromo che sei nei mari…
Oh, Gesù,
‘l paternoster non lo so più,
però anche ti , o Gesù,
quand ka tlu disìe
chiel, to pare, a scutava pà,
l’è susì ka l’hai ‘mparà
MarioB.
Perché non è UN testo (nessun testo) che da sé (in sé e per sé) basta a dire. Cristo, è Verbo: incarnato. La vita (TUTTA la vita, e la vita di tutti) è il contesto da cui solo ha senso un singolo testo, anzi ogni minima parola.
Poi se vogliamo disquisire intellettualisticamente potremmo non finire mai.
Ogni giorno, da due mesi, almeno un pensiero è dedicato a mio padre. Oggi ci hai pensato tu per me. Grazie.
… pardonne-nous tes nonenses,
comme nous aussi nous pardonnons
à ceux que tu as nonensés…
(vangelo ipocrita
della Camargue)
In una versione in dialetto barlettano della Preghiera (non so se presente nel sito da te citato), i due versi su cui ti sei soffermato recitano:
iàlze a màne sop’e mmangànze,
ce sa facèsseme pòure nòu i stèsse acchessi.
perdona le nostre mancanze, (lett.: alza le mani davanti alle [nostre] mancanze)
affinché perdoniamo anche noi. (lett.: che magari facessimo pure noi lo stesso, così).
padre mostro che sei nei cieli
sia classificato il tuo nome
@ f.f. e g.b.
“e questo mistero del vasto
e del senza tempo
questo suono che talvolta
ai più fortunati sembrò fermarsi
nella gola per venire all’aria”
(Biagio Cepollaro)
Ho strappato all’agonia di una rosa appassita l’unico occhio superstite.
L’ho sepolto sul margine più in ombra di una fonte, con tutte le sue spine
rovesciate. Mio padre, intanto, si trascinava stanco l’ultimo respiro fino
alla sommità del suo silenzio d’albero. L’unica parola, il suo grido di fiume,
la promessa in forma di preghiera di rendere visibile agli uccelli assetati
del tramonto l’acqua che la sua lingua conservava dal più antico dei giorni.
Si addormentò reclinando lievemente la testa sulla mia mano, che volò in
frantumi. Stringeva nel pugno sabbia, tra gli occhi un solco troppo profondo
per le stagioni del sole. Nulla ormai può naufragare in cenere le messi fiorite
in quell’abisso. Anche la morte, stupita, si abbevera ancora al riflesso
notturno in cui zampilla linfa il suo respiro. Io devo una sillaba a ogni
viandante, uno sguardo a ogni lampada, la mia bocca di custode a una nuvola,
alla pioggia levigata che cresce nella febbre dei rami. Oggi, sulle labbra
di mio figlio, il mio alfabeto di figlio recita la passione delle api al fare
dell’alba, la misericordia delle terre inesplorate che non traverseremo insieme.
(fm)
Nada nostro che sei nel nada, nada sia il nome tuo il regno tuo nada sia la tua volontà nada in nada come in nada. Dacci questo nada il nostro nada quotidiano e nadaci il nostro nada come noi nadiamo i nostri nada e non nadarci in nada ma liberaci dal nada; pues nada. Ave niente pieno di niente, il niente sia con te.
E. Hemingway, Un posto pulito, illuminato bene
apertura: SETTEMBRE
Già l’òlea fragrante nei giardini
d’amarezza ci punge: il lago un poco
si ritira da noi, scopre una spiaggia
d’aride cose,
di remi infranti, di reti strappate.
E il vento che illumina le vigne
già volge ai giorni fermi queste plaghe
da una dubbiosa brulicante estate.
Nella morte già certa
cammineremo con più coraggio,
andremo a lento guado coi cani
nell’onda che rotola minuta.
Anche a me il mio banquier oggi ha detto pirla.
Ma a parte questo, che ancor mi duole, bello.
nun ce fa spantecà,
e llèvace ‘o male ‘a tuorno.
Ho recitato, Francesco, un Padre nostro, perché tu vada a leggere la nuova iniziativa di vibrisse (www.vibrissebollettino.it) lanciata ieri 10 settembre. Mi aspetto di ricevere qualcosa da te e da voi di NI, che siete lettori forti, e il cui modo di affrontare la lettura mi (ci) interessa e mi (ci) incuriosisce.
Bart
come avrebbe fatto, Luca, a registrare “quanto accade, in live” se non era presente?
mistero della fede.
Caro Apostolo (Giuda? :-)) di Luca si dice quanto riportato aqui
“Avendo potuto conoscere tutti gli Apostoli, molti degli altri protagonisti e testimoni oculari delle vicende della vita del Maestro e dei Suoi numerosi miracoli, egli aveva raccolto notizie di prima mano, confermate poi da San Paolo. Sembra che abbia persino conosciuto Maria Santissima e che Lei gli abbia raccontato, con dovizia di particolari, i fatti avvenuti nell’infanzia di Gesù, da lui poi narrati nei Vangeli ma, ovviamente, non se ne ha la conferma. Probabilmente, avrà attinto queste informazioni direttamente da Giovanni, colui che aveva accolto in casa sua la Vergine e che aveva dunque avuto il tempo di ascoltare dalla Madre molte inedite notizie sui primi anni dell’esistenza di Cristo e sugli avvenimenti successivi.”
Diciamo allora in leggera differita? In quasi LIVE? Pero’ la ringrazio caro Apostolo (ma non mi baci, per carità…) perché ricercando tra gli apostoli scopro che Matteo era un esattore delle tasse prima di seguire il Cristo. Quindi se parla di debiti lui, sa bene a cosa si riferisce…
effeffe
“era tutto un nulla e anche un uomo era nulla. sapeva che tutto era nada y pues nada y pues nada. nostro nada che sei nel nada nada sia il tuo nome, il tuo regno nada, tuo sia il nada nel nada come è nel nada. dacci oggi questo nada nostro quotidiano e nada noi il nostro nada come noi nada i nostri nada e non nada noi nel nada ma liberaci dal nada, pues nada. ave, nulla pieno di nulla. nulla sia con te.” – H. Hemingway
ho sempre amato questa versione e da poco ho scoperto quella di un poeta che mi soprende sempre, Jacques Prévert
Notre Père qui êtes aux cieux
Restez-y
Et nous nous resterons sur la terre
Qui est quelquefois si jolie
Avec ses mystères de New York
Et puis ses mystères de Paris
Qui valent bien celui de la Trinité
Avec son petit canal de l’0urcq
Sa grande muraille de Chine
Sa rivière de Morlaix
Ses bêtises de Cambrai
Avec son océan Pacifique
Et ses deux bassins aux Tuilleries
Avec ses bons enfants et ses mauvais sujets
Avec toutes les merveilles du monde
Qui sont là
Simplement sur la terre
Offertes à tout le monde
Éparpillées
Émerveillées elles-mêmes d’être de telles merveilles
Et qui n’osent se l’avouer
Comme une jolie fille nue qui n’ose se montrer
Avec les épouvantables malheurs du monde
Qui sont légion
Avec leurs 1égionnaires
Avec leurs tortionnaires
Avec les maîtres de ce monde
Les maîtres avec leurs prêtres leurs traitres et leurs
reîtres .
Avec les saisons
Avec les années
Avec les jolies filles et avec les vieux cons
Avec la paille de la misère pourrissant dans l’acier des
canons.
Bisogna aggiungere che da allora qualcosa é cambiato. Dopo il concilio vaticano secondo, credo, in francia si é smesso di dare del lei a Dio (Vous) per passare al tu. La domanda che mi faccio é molto semplice. Chi tra i due, uomo e Dio, ha rotto il ghiaccio con la formula del caso “le dispiace se ci diamo del tu?”
effeffe
Sicuramente una donna, Furlèn, c’è sempre una donna nei Vangeli (tranne in Matteo, il più giudaico e il più risentito contro le autorità religiose giudaiche, il più attento ad evitare a Gesù qualunque situazione di contaminazione e i cui eroi sono tutti maschi) che lascia tutti i discepoli a bocca aperta per la scandalosa intimità che solo una totale dedizione può consentire: in Luca, l’unica volta che Gesù si degna di “scrivere” qualcosa di suo pungo e rigorosamente sulla sabbia è davanti all’adultera lapidata; in Giovanni Gesù appare a Maria prima che a tutti gli altri; ma la scena che prediligo in assoluto è la cena di Betania di Marco, quando una donna con estrema naturalezza rompe un vasetto ed inizia ad ungere il corpo del Maestro davanti al viso esterrefatto dei presenti. Non ho alcun dubbio che a rompere il ghiaccio uomo e Dio sia stata una donna.
Ave Maria
Ave Maria, staje china ‘e grazzia,
‘O Signore sta cu ttico.
Tu sî na femmena ‘ncarmata
E ‘ncarmato è ‘o figlio tujo, Gesú.
Santa Maria, Mamma ‘e Ddio,
pria pe nnuje peccature,
mo’ e quanne aimma murí.
Amen.
effeffe
ps
dedica à tode fimine du firmamento
en curullario du pater noster
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effeffe