Dov’è l’emergenza
di Stefano Savella
“Qui non si tratta di smascherare l’imperizia o superficialità di questi pretendenti a un premio Pulitzer nostrano, ma di rilevare come le cronache siano situate naturalmente all’interno del frame “stranieri e immigrati delinquenti come nostri nemici”.
A. Dal Lago, Non-persone. L’esclusione dei migranti in una società globale, Feltrinelli, Milano 2005 (1999), p. 70.
D’estate, si sa, la sorveglianza viene meno un po’ ovunque, e con la minore attenzione del pubblico e dei supervisori (se ve ne sono), anche ai giornalisti capita di fare emergere, più o meno inconsapevolmente, i pregiudizi razzisti insiti nel loro linguaggio. E come ogni estate, come sempre, come il 19 agosto scorso, tutto ha inizio con l’“emergenza immigrazione”, con altri morti senza nome nel Canale di Sicilia.
Il GR1 delle ore 13 di sabato 19 agosto apriva con questo servizio dell’inviato da Lampedusa, Alfredo Ponti: “Il naufragio sarebbe avvenuto per l’euforia esplosa a bordo quando gli extracomunitari hanno visto arrivare la nave dei soccorsi. Si sono spostati sul fianco del barcone di dieci metri che ha cominciato così ad ondeggiare fino a rovesciarsi” (trascrivo fedelmente dal servizio, link)
Il GR1 delle 15 (link), più breve e senza servizi, apre con la stessa notizia, riportando in successione prima i numeri del naufragio (dieci le vittime accertate, settanta i superstiti), poi la polemica politica, “montata” dalle dichiarazioni di Giuliano Amato con la replica del forzista Martusciello, e solo in coda si dà notizia dell’ipotesi che il naufragio possa essere avvenuto successivamente a una manovra sbagliata della nave militare Minerva nei confronti della barca dei migranti (un “particolare” del tutto taciuto nell’edizione delle 13).
Sul Manifesto di domenica 20 agosto, il servizio di Alfredo Pecoraro si apre invece con queste parole: “Quando la nave si è avvicinata i migranti si sono spostati su una fiancata del barcone allungando le braccia verso i soccorritori che li guardavano dall’alto; ma pochi minuti dopo la carretta è stata urtata, ha cominciato ad ondeggiare violentemente mentre a bordo era il panico. E’ stato un attimo: la barca si è rovesciata, uomini, donne e bambini sono finiti in mare” (link).
Resta sconcertante rilevare in queste situazioni le peripezie linguistiche di alcuni giornalisti: un alto numero di persone (circa 120) in mare da cinque giorni, senza cibo né acqua da tre, può decidere verosimilmente di spostarsi inopinatamente tutto su un fianco della barca causandone così l’inevitabile rovesciamento, come è stato detto nel GR1 delle 13? Perché non considerare nemmeno l’eventualità di un contatto con la nave militare, seppure in una forma neutra come nell’articolo del Manifesto (“la carretta è stata urtata”, e non “la Minerva ha urtato”)?
Non sarebbe del resto il primo caso in cui le testimonianze dei migranti sopravvissuti ad un naufragio vengono confinate ai margini dei servizi filmati e degli articoli di stampa. Accade infatti spesso che la prima versione dell’evento, diffusa dalle fonti ufficiali della Guardia Costiera o della Capitaneria di Porto del luogo, venga appena smussata e riordinata dal giornalista che su quelle parole modellerà poi il suo pezzo, e che gli sviluppi dei giorni successivi (possibili quasi sempre grazie alle segnalazioni dei migranti sopravvissuti), anche quando dimostrano le responsabilità nel naufragio delle motovedette italiane, vengano sottaciuti o direttamente ignorati dalle fonti di informazione.
L’8 marzo 2002, nei pressi di Lampedusa, circa sessanta migranti perdono la vita durante la manovra di traino della loro barca da parte del motopesca privato “Elide”. Il giornalista del Corriere della Sera Felice Cavallaro scrive in un articolo a tutta pagina dell’avvenuto naufragio “nonostante dal motopesca e dalla Cassiopea [l’unità della Marina Militare accorsa sul posto] siano stati lanciati salvagenti, funi, travi” (link). Cinque giorni dopo, il 13 marzo 2002, la procura di Agrigento ipotizza il reato di omissione di soccorso da parte dell’unità della marina, come aveva già testimoniato il nostromo dell’“Elide”, per l’utilizzo soltanto di uno dei vascelli di salvataggio a disposizione a bordo della Cassiopea e per l’avaria improvvisa che colpisce l’elicottero della marina militare nei momenti del naufragio e che impedisce di salvare molte vite umane “utilizzando funi, imbracature, salvagenti e quant’altro”
(articolo di Andrea Fabozzi sul Manifesto del 13 marzo 2002, link); ma sulle prime pagine dei principali quotidiani non c’è già più traccia di questi importanti sviluppi dell’inchiesta (link).
Il dubbio che le informazioni diffuse dalle forze dell’ordine possano essere talvolta platealmente sbagliate è confermato da un altro episodio trattato in modo quantomeno discutibile negli ultimi giorni dai mezzi di comunicazione. Il GR1 delle ore 11 di domenica 20 agosto (link), a proposito della ragazza ventitreenne di Brescia trovata morta all’interno del campanile della chiesa in cui si era recata il venerdì precedente, dà notizia del “ritrovamento dei resti del corpo di una giovane donna”. Due ore dopo, nessuna fonte parlerà più dello smembramento del corpo, e addirittura lunedì emergerà che, ad un primo esame sul cadavere, la ragazza potrebbe essere morta per soffocamento da nastro adesivo, quindi senza un tale spargimento di sangue che potesse dare adito alla prima macabra versione.
L’unico sospettato dell’omicidio è un immigrato cingalese, coetaneo della vittima, che pare abbia giustificato la morte della ragazza, prima di fuggire, come un incidente: una versione che già nel GR delle 11, lo stesso che riporta la notizia dello smembramento del corpo della giovane, e quindi di una notizia assolutamente falsa e ingiustificabile, non trova il minimo spiraglio, tant’è che la giornalista in studio introduce la notizia come “l’omicidio di Brescia”.
Sottolineo che qui non è in discussione l’innocenza o la presunta colpevolezza del giovane straniero, ma semplicemente il metodo utilizzato da una fonte d’informazione (la più ascoltata a livello radiofonico in Italia) nel (non) discernere i particolari veri o possibili di una notizia. Il TG1 delle 13,30 di lunedì 21 agosto riprende la notizia, inserendola nei titoli di testa con la didascalia “Caccia al cingalese”: una soluzione che rispetto a tutte le altre possibili, più o meno sensazionaliste (caccia all’assassino di Elena, caccia al sagrestano, caccia a “Camillo”), sembrerebbe solamente dettata da un accanimento pregiudiziale contro lo straniero in quanto tale.
Ma non si tratta ancora dei casi più eclatanti di notizie a sfondo razzista di questi giorni. Sempre nel pomeriggio di domenica 20 agosto, RAI Televideo[1] pubblica questa ultim’ora delle 17,06: “Il corpo di un uomo, le circostanze della cui morte sono ancora da chiarire, è stato trovato in un appartamento a Brescia, in via Solferino, nei pressi della stazione ferroviaria. L’appartamento si trova sopra un ristorante di proprietà di immigrati cinesi. Delle indagini si sta occupando la Questura di Brescia. Si tratterebbe di un pittore e disegnatore di 70 anni”. Dopo alcune ore l’identità della persona uccisa si scoprirà essere quella di Aldo Bresciani, pittore 72enne di Brescia, e s’indagherà prevalentemente nella sua vita privata per risalire all’assassino.
Ora, la frase centrale di questa notizia di agenzia (“L’appartamento si trova sopra un ristorante di proprietà di immigrati cinesi”) chiarisce senza il minimo dubbio il modus operandi delle fonti di informazione, e presumibilmente delle stesse fonti di polizia (che, come è verosimile, devono aver dato per primi la notizia del ritrovamento del cadavere alle agenzie di stampa). Si tratta a mio avviso di un caso di informazione rivoltante e scriteriata, perché rende evidente la cultura del sospetto preventivo che grava sugli stranieri di ogni nazionalità, senza il minimo senso di oggettività e di decenza, oltre che, ovviamente, senza alcun lontano indizio di colpevolezza o del più insignificante ruolo avuto nella vicenda di cronaca descritta, in questo caso, dagli “immigrati cinesi”.
Va segnalato, ancora, come la dicitura “ristorante di proprietà di immigrati cinesi” appartenga ad un lessico giuridico-burocratico che ne avvalora l’ipotesi della provenienza da una fonte di polizia, e come si discosti opportunamente dalla formula “ristorante cinese”, più integrata nel linguaggio comune e più conforme ad un testo giornalistico che non avesse voluto deliberatamente creare sospetti gratuiti, ma che non per questo sarebbe risultata meno grave. Ed è allo stesso modo giornalisticamente insensato come il sospetto preventivo sugli immigrati cinesi venga anteposto addirittura alle cause stesse della morte dell’uomo, che, seppure senza i particolari autoptici, potevano essere rilevate con un esame di massima del corpo, come sempre avviene in queste circostanze, ma delle quali, nell’agenzia di Televideo, non si riporta notizia.
Per ultimo, ma di sicuro il più didascalico tra gli esempi finora riportati, riporto l’incipit di un altro servizio del tg1 delle 13,30 [2] di lunedì 21 agosto firmato da Sergio de Nicola, corrispondente dalla provincia di Foggia della sede RAI della Puglia: “Città deserte ad Agosto nel foggiano. Sono invece piene le campagne, di extracomunitari dediti alla raccolta di pomodori, uva ed olive. Tra i tanti residenti ormai da anni, ci sono anche gli stranieri irregolari, che hanno difficoltà a trovare lavoro, e trascorrono le giornate vagando per i centri abitati, talvolta bevendo un po’ troppo e lasciandosi andare a gesti inconsueti. Un rumeno di 52 anni, ieri, per esempio, ha tentato di sequestrare in un città del tavoliere una bimba di soli sei anni, che stava giocando ignara nel giardino della sua abitazione”.
Il percorso retorico del giornalista è limpidissimo: ad Agosto non ci sono italiani e quindi non c’è sorveglianza nelle città; gli extracomunitari “buoni” sono confinati nelle campagne, che però affollano, e sono “dediti” (non sfruttati, sottopagati, lasciati vivere in tuguri senza servizi igienici dagli agricoltori foggiani, come è invece noto a tutti, e alle stesse forze dell’ordine) al lavoro; ma ci sono poi anche gli stranieri “cattivi”: clandestini, vagabondi, nullafacenti, ubriaconi, nemici pubblici, praticamente tutti dei mostri. Il giornalista sceglie allora UNO di questi casi, che fa presumere essere un numero notevole (“per esempio”), per dare l’idea del pericolo sociale rappresentato dagli immigrati irregolari, e poiché non si spiegherebbe altrimenti l’accenno ai lavoratori stranieri nelle campagne in un contesto di cronaca del tutto diverso, dagli immigrati tout court.
Un abilissimo incipit scritto per cerchi concentrici, che di fatto pone la notizia con UN immigrato protagonista negativo in una prospettiva razzista, perché accomuna il singolo presunto delinquente immigrato (che in questura ha dato una versione molto diversa dei fatti contestati, non ritenuta però plausibile né dalle forze dell’ordine né di conseguenza dalle fonti d’informazione) a tutta la popolazione straniera residente nella zona della provincia di Foggia, in una notizia di cronaca peraltro così odiosa come un reato commesso ai danni un minore. L’evocazione dell’assenza degli italiani dalle città, d’altra parte, si presta fin troppo facilmente ad una lettura del tipo “quando noi non ci siamo, quelli lì fanno quello che vogliono”, ed è anch’essa del tutto superflua ai fini della comunicazione del fatto di cronaca in questione. Inoltre, la frase d’apertura “Città deserte ad Agosto nel foggiano” resta difficile da applicare al comune in cui si è svolta la vicenda, Torremaggiore, con poco più di 15.000 abitanti, che è verosimile non si sia “svuotato” come le grandi metropoli durante la settimana di Ferragosto.
[1] L’archivio web di Televideo si ferma agli ultimi cinque giorni.
[2] Le edizioni del tg1 sono accessibili sul web solo nelle 24 ore successive alla messa in onda.
Io ne darei una lettura diversa. Non vedrei sempre il dolo, vedrei anche, e su questo sarebbe forse opportuno interrogarsi, il giornalista come sensore di uno stato di disagio del paese di fronte all immmigrazione (oltre alla sciatteria e all ignoranza, ma allora la genericità dell informazione andrebbe rivista e attribuita a ogni singolo giornalista responsabile di quel che dice).
E se la mia lettura non è tanto peregrina bisognerebbe interrogarsi di più su questo, non limitarsi a stigmatizzarlo, ma anche capirlo e metterci riparo, senza disprezzo e senso di superiorità. In fondo la Lega e´nata anche per stupidità e cecità della sinistra che non ha saputo leggere il sentire dei suoi territori marginali e non operai.
Concordo con il comment.
Forse sarebbe opportuno iniziare una campagna di sensibilizzazione con raccolta di firme ecc. ecc. per sensibilizzare uffici stampa e giornalisti in materia: non credo al complotto, ma piuttosto, appunto, a una mancanza di sensibilità.
Certo che se partiamo da un assunto come «rilevare come le cronache siano situate naturalmente all’interno del frame “stranieri e immigrati delinquenti come nostri nemici”», la risposta naturale del giornalista cui forse viene chiesto di confezionare una notizia in 5 minuti sarà “E che, i delinquenti (stranieri o meno) adesso vanno additati come nostri amici?”
Già Sibelius, la Lega ha occupato quello spazio che i partiti tradizionali, quelli nati dall’antifascismo, avevano (negli ultimi anni) dimenticato di presidiare. Ha dato sfogo ai sentimenti profondi e, fino ad allora, non dichiarabili. Si è preoccupata di dar voce e infine istituzionalizzare il pregiudizio, l’egoismo, l’odio. Questa non è che uno degli effetti della generazione del sistema dei partiti negli anni ’80 e ’90. Se nell’ultimo quindicennio abbiamo assistito al degrado del linguaggio della comunicazione politica, l’emblematico post di Savella dimostra come quello del giornalismo abbia seguito gli stessi percorsi. E’ un problema generale di tutta la società, come dici tu in fondo, ma è soprattutto un’enorme responsabilità delle élites di questo Paese che da anni ormai non hanno più la forza, la capacità o l’autorevolezza di marginalizzare un certo fascismo strisciante, ma al contrario se ne nutrono e, in casi come questo, lo alimentano. Il PCI e la DC (ognuno secondo le proprie ideologie di riferimento) sapevano come canalizzare certi sentimenti antidemocratici, sapevano dare contenuti e segnali forti. Ma forse solo i partiti di massa (oramai solo un argomento per gli storici) sono in grado di agire così in profondità.
Ma mica è così solo per questo tipo di notizie: è da un bel po’ di tempo che la stampa italiana ha perso credibilità e non fa altro che autoalimentarsi invece di ‘alimentare’ le notizie.
In Messico ci sono state le elezioni; è un Paese importante. Quanto tempo ha dedicato la stampa italiana alla notizia?
Quante chiacchiere inutili ci siamo subiti nel frattempo?
Quante sono le informazioni importanti che sono filtrate o non pubblicate?
Personalmente sono scoraggiato e spero solo in un evento: la cancellazione dell’Ordine dei Giornalisti. Che le notizie le dia chi è in grado di darle e non chi si è accatastato un titolo con un esame che prevede ancora l’utilizzo della macchina da scrivere manuale per l’esame finale di scritto!
Buona giornata. Trespolo.
Sono una giornalista anch’io, anche se solo pubblicista. Vi leggo (NI intendo) da circa una settimana, da quando vi ho scoperto, e trovo interessantissimi, anche se a volte troppo eruditi, i commenti ai vari articoli (anch’essi assai godibili) che appaiono sul blog. Riguardo al pregiudizio razziale della categoria “carta stampata” nei confronti dei migranti, confermo. Un po’ i giornalisti hanno la puzza sotto il naso, un po’ è però vero anche che, specie chi fa il quotidiano “giro di nera” in Tribunale, questura, carabinieri, si imbatte in notizie di micro-criminalità (per dirla con Saviano, quando spiega invece la camora) i cui protagonisti sono, il più delle volte, migranti.
E quindi l’abitudine a sentire il già sentito produce il pregiudizio
@Stefano Savella
Bene. Non ci sono limiti alle ‘narrazioni’ giornalistiche.
Aggiungerei quello che ho appena sentito da Studio Aperto: quattro Rom cercano di ‘stuprare’ una ragazzina negli spogliatoi di una piscina meneghina (virgoletto il verbo perché il giornalista, nell’arco di un minuto e mezzo, passa dallo stupro, al tentato stupro, al palpeggiamento).
Ma grazie a Dio, o forse ad Allah, arriva un negrone alto due metri che lavora per la security piscinesca, il quale sventa l’inaudita violenza.
Pur solidarizzando con la piccina traumatizzata, e ringraziando l’eroe del giorno, purtroppo devo rilevare l’ennesimo giochetto di prestigio giornalistico, un effetto razzistico-propagandistico di rating AAA: fa sempre comodo avere un negrone buono, una security multicult, per mostrare che ci sono immigrati che stanno al posto loro, cioè dalla parte nostra, e che quindi salvano le italiche ragazzine dalle grinfie dei loro coetanei arrapati e vieppiù nomadizzati.
I Rom, in questa e altre narrazioni, sono senza speranza. Incalliti stupratori alla tenera età di dodici anni, rubagalline e truffatori da espellere a volontà, i Rom se ne fottono della multicultucazzivarietà (e fanno bene, aggiungo io. Almeno fino a quando non borseggiano o palpeggiano quel tanto che basta da spedirli al fresco e dargli modo di riflettere sul codice penale italiano. Parentesi senza ironia).
Ma l’impressione, ascoltando Studio Aperto, è che non potremo mai avere un Rom nella security piscinesca. Un negrone buono quello sì, e vale la pena aprire le frontiere ai negroidi dopo che abbiamo accolto pure i terroidi. Vanno bene tutti i sottosviluppati, pur di andare in culo ai Rom.
dopo gli sbarchi di Lampedusa propongo di analizzare anche come si stia facendo diventare Brescia una Chicago in mano a forze malavitose e sicuramente composte da immigrati. In città si passa tra una troupe televisiva e l’altra. La tensione sta crescendo ovunque, in tutti gli ambienti.
Ottimo pezzo, Savella; complimenti.
Si potrebbe provare con uno sbarco alla rovescia anche se il problema è trovare qualche italico volontario a montare su un gommone o tavolaccio attrezzato con telefono satelittare e dirigersi verso le coste nordafricane. Chissà come sarebbero accolti. Penso comunque che si potrebbe avere come risultato un buon reportage giornalistico, sempre se si riesca a salvare la pelle. Ma come trovare famigliole motivate a tale scopo, perchè è ovvio che il tentativo di raggiungere la meta dovrebbe essere equivalente a quanto avviene quotidianamente sulla rotta dei “sogni”, l’importante sarebbe non gestire l’intera avventura stile “isola dei famosi” ma sulla falsa riga di “avventure nel mondo” almeno.
Certo è facile parlare comodamente seduti sul divano di casa, impietosirsi od arrabbiarsi come reazione alle informazioni che sono più o meno manipolate (perché un conto è fare informazione ed un conto scodellare opinioni predigerite).
Chi si trova in prima linea – non mi riferisco ai ministri e sottosegretari – ma a coloro che vedono, toccano, ascoltano, assaggiano e sentono l’odore della paura, del sudore, della rabbia, dello sfinimento, dell’assurdità della morte e del sangue e di quant’altra puzza si possa levare dalla miseria della migrazione….. c’è qualcuno in questo blog che ha contatto diretto con questa realtà?
Come viene gestita l’informazione, a tutti i livelli, è il centro del discutere.
Gli uomini e le donne che decidono di versare tutti i propri risparmi e anche qualcosa d’altro per caricare le proprie speranze ed i propri affetti su di un mezzo di fortura ASSOLUTAMENTE PERICOLOSO ED INSICURO per tentare di arrivare nella terra del ben godi, prima di farlo sicuramente valutano il cosiddetto male minore, sanno cioè quello che stanno facendo? Il bagaglio di informazioni in loro possesso gli arriva dalla patinatura televisiva, dai luccichini delle trasmissioni tutti premi e cottillons?
Comunque evidentemente sbarcare da clandestino è considerato il non plus ultra dei modi per arrivare nel migliore dei mondi possibili.
Il parlare dell’estraneo, di chi non si conosce – ma poi chi è che si conosce mai bene – è inevitabilmente legato ad linguaggio pieno di stereotipi ma, non possiamo dimenticare che la cultura dell’orticello è parte del nostro modo di vivere e di pensare: ben vengano purché non stiano in casa mia o nelle immediate vicinanze.
Siamo un’unica moltitudine, è vero, ma formata da tanti gruppi diversi e l’importante è stare nella parte “giusta”, lo si impara sin da piccoli. Difficilmente si rimane immuni dall’ipocrisia.
Ricordo questo episodio di circa due anni fa. Il giornalista di Rai 1 commentava un raid aereo americano su un villaggio iraqeno e diceva testualmente “sono morti cinquenta sospetti terroristi”. E proseguiva con un altro argomento.
Mi alzai dalla poltrona e gli dissi “come sospetti ? perchè erano sospetti ? e se la metà di loro, la metà della metà, uno, uno soltanto fosse stato lì per caso, una vittima innocente di una guerra assurda ? che gli dici alla famiglia di quello ? ma si ammazza così la gente ? per un sospetto ?” Non posso riportare l’epiteto col quale chiusi il discorso con il televisore di casa.
Allora questo disagio dovrebbe venir fuori in città, in panetteria, tra la gente: non in riva al mare, raccontando l’arrivo e la tragedia, ad esempio. Ritengo che spesso si preferisca creare, dare voce e diffondere questo disagio. Sul capire e riparare, d’accordo ed è quello che si cerca di fare in NI con il progetto RQ e non solo.
In parte sta già succedendo così, se consideri che molto lavoro nelle redazioni è fatto da persone a) non assunte stabilmente b) non iscritte all’ordine. Ma allora, perché continuiamo a leggere notizie distorte o mal fatte?
Anzitutto benvenuto, edm. E aggiungo che per il pubblico sentire il già sentito tranquillizza e facilita l’accettazione.
Fabrizio Gatti si fece rinchiudere in un CPT e ne scrisse:
Io, clandestino a Lampedusa
http://www.meltingpot.org/articolo6003.html
CPT, l’informazione negata
http://www.meltingpot.org/articolo6375.html
e viaggiò pure attraverso il Sahara verso nord, con i migranti:
http://www.didaweb.net/mediatori/articolo.php?id_vol=81
http://www.corriere.it/Primo_Piano/Esteri/2003/12_Dicembre/23/gatti_reportage.shtml
Marco Rovelli dei CPT lager italiani scrive per esperienza diretta:
https://www.nazioneindiana.com/2006/07/19/losceno/
https://www.nazioneindiana.com/2006/07/06/i-lager-sono-tra-noi/
https://www.nazioneindiana.com/2006/06/15/lumano-cagnesco/
http://alderano.splinder.com/
Io quell’elettrodomestico non lo tengo più un casa da anni :-)
Mi sembrava che fino adesso il discorso fosse sulla retorica e le strategie ‘narrative’ dei giornalisti, non sulla ‘realtà’ dei fatti. Della retorica ha detto bene Savella e si potrebbe continuare a dire. La ‘realtà’ dei fatti è quella che è (la Lega che torna a essere forza di lotta e di governo).
Ma cosa intende MayFly quando vuole spedire la famigliola abbronzata delle spiagge di Cattolica ad arrostire in un campo profughi palestinese? Vuol dire tiè, ti è piaciuto ad avere il bidè? e allora adesso sconta la colpa di essere nato in Occidente. Mi sembra una paternale che faccio fatica a capire perché la famigliola dovrebbe sopportare.
E poi, se Gatti o Rovelli decidono di indagare i rispettivi inferni non è che diventano dei ‘buoni giornalisti’. E no, stanno usando ‘altre’ strategie (per fortuna nostra). Strategie più ‘realistiche’. Certe volte basta raccontare le cose come stanno per indignare il pubblico.
Con Rovelli abbiamo già affrontato l’argomento: su quello che il reporter vede e non vede, non nel senso che ti impediscono di farlo ma nel senso che sei tu che ti rifiuti di ‘vedere qialcosa’ (in genere sfuggono i dettagli), in base al tuo punto di vista narrativo, a quello che senti o provi in quel momento. Come dire, ‘socchiudi’ gli occhi inconsciamente, al momento giusto. Senza nulla togliere ai reportage sotto copertura. E all’egregio lavoro di Rovelli.
Ma il vero genio della comunicazione in diretta, secondo me, è il microfonato che dicevo stamattina. Uno spreco rinchiuderlo a Studio Aperto. Dovrebbe dirigere una collana della Nord. Costui, te lo puoi godere solo se accendi la tv. Ma in questo caso comprendo che qualcuno non ci tenga.
@jan
Dicendo “sensore del disagio” non intendo dire che si tratti di un “buon” disagio, nè di un buon sensore, non intendo giustificarlo, dico solo che c´è un uso acritico delle parole che si usano, un uso che si spalma pigramente su una percezione diffusa, un uso in qualche modo “non volontario”, un riflesso automatico, pigro.
E´questa percezione diffusa che diventa automatismo. Un modo non riflessivo delle parole, banale, automatico.
Usare le parole in questo modo è colpevole. Certo. Ma stigmatizzarlo non basta. Mi dispiace non essere stato chiaro. E certamente viene fuori anche in panetteria, nel parlare comune, e il giornalista, che nella maggior parte dei casi è persona comune, e frettolosa, si adegua, si plasma sulla linea più facile, sul “sentire comune” (se non mi sbaglio questa era una delle espressioni preferite del Bossi delle origini, una specie di sentimento perverso della democrazia) invece di fare quello che vorremmo da lui, e cioè vedergli usare criticamente non solo la”strategia narrativa”, come dice giustamente Roberto, ma la lingua.
Strategie narrative dei giornalisti, giusto, senza decontestualizzazione. Il mio lettore ideale dovrebbe capire il mio punto di vista che – momentaneamente – è molto vicino alle persone che lavorano a stretto contatto con i migranti in difficoltà. Utilizzo metaforico della famigliola da spedire nel viaggio alla rovescia per paradossalmente valorizzare ulteriormente le fatiche quotidiane di coloro che assistono ed accolgono da noi chi arriva allo sbaraglio. Ma, per favore, senza bidet lasciamoci i francesi.
Ho letto l’intervento che ha fatto Roberto stamattina e
lo trovo perfetto narrativamente e non solo.
Trovo triste vedere rinchiuso un appartenente alla cultura Rom dentro lo spazio angusto di una piscina, a meno che non si sia sufficientemente occidentalizzato.
Faccio un uso moderato della TV perché preferisco la parola scritta e/o radiofonica ma anch’io comprendo che qualcuno non ci tenga. Trovo che un surplus di immagini od anche bombardamento condizioni il funzionamento del cervello che senza che te ne rendi conto può essere condizionato a tal punto da farti recepire soltanto punti di vista parziali. Ma questa è una mia idea.
Ad onor del vero, devo dire che talvolta al TG Regionale della Sicilia, si parla dello sbarco di immigrati come di “un nuovo carico di disperazione e di dolore”, e si sentono davvero pochi attacchi di tipo leghista.
Ma l’Oscar mediatico va sempre al grande comunicatore Cuffaro che al discorso di fine anno alla Regione (sì, qui si usa come fosse il presidente della repubblica, non so in altre regioni) si presenta seduto alla scrivania con la statuetta della Madonna al fianco e parla degli “amici e fratelli africani che dobbiamo accogliere con amore nelle nostre terre perché credono in noi”. Insomma, qualcosa del genere.
Ma lui, che ricorda assai Odisseo e il suo rapporto tutto personale con Atena che lo fiancheggiava sempre… è già nel mito.
DiGiamo così…
@roberto
toh, stavo leggendo il rosso e il nero di stendhal, quando finalmente e in ritardo prendo in mano gomorra di saviano. che ora (finalmente) è un po’ più in ombra e libero da molesti sponsor (il troppo storpia). e penso che sia davvero un buon lavoro.
ora, oltre che leggerlo, tutto sta all’uso che se ne fa. leggevo qui di proposte grottesche e forse solo chiacchiericcie (da simpatici girotondini): tipo il declamarne i capitoli, le tappe del suo viaggio testuale, in piazza (plebiscito).
mentre a proposito del post, mi sembra che un buon uso e non abuso di questo lavoro possa essere quello di ‘sottoporre’ anche gomorra di saviano alla stessa pratica (ecologica e politica) di decostruzione delle sue ‘strategie narrative’, come dice il dott. santoro. Lo smontaggio-rimontaggio dei suoi “dispacci”-resoconti. magari con saviano stesso, per impadronirsi e condividerne il METODO di lavoro, la mathesis della sua scrittura e della sua ricerca (giornalistica). come in un ‘laboratorio’.
l’impasto fra reportage e narrazione, realtà e ‘trasfigurazione’ o re-invenzione letteraria, ibrido di cui tanto si è parlato, mi sembra subito, di primo acchito, volutamente sbilanciato con esiti fecondi sul versante della scrittura giornalistica. insomma, per semplificare, la sua è proprio l’anima migliore del giornalismo d’inchiesta.
corpo e mente del giornalista sono sulla scena, che poi sarà sequenza narrativa allestita e rielaborata dallo scrittore-saviano. ma c’è la strada, ci sono i rumori del porto, o le immagini-calamita in un funerale di uno di quei topini napoletani così simile ai suoi sodali baresi, morto ammazzato.
come era ed è per i migliori giornalisti che hanno letto, fatto ricerche, sono seri e ‘puri’ – hanno magari anche umanità e sensibilità, si fanno penetrare dalla realtà senza paure o strategie di allontanamento – alla narrazione e al resoconto si unisce il commento, l’interpretazione. parlerei proprio di ‘racconto commentato’. ma il tono dominante per me rimane quello del migliore giornalismo (con esiti, potenzialmente, politici).
ogni sequenza che saviano ricostruisce e per ogni fatto da cui parte c’è un volto conosciuto, un luogo calpestato, una puzza sopportata, eccetera. saviano non è andato solo su internet per raccogliere dati o a scartabellare tra gli ‘archivi’, ma è andato tra la gente, ha viaggiato lì fuori. questo è.
non vuol dire che lui è ‘buon’ giornalista e altri nisba – ma è un metodo, se si vuole uno ‘stile’ di giornalismo ben preciso, e da maneggiare senz’altro con cura (senza eroismi alla robert capa).
ora, nella prima parte del post di savella, magari inconsapevolmente, per rettificare o contro-bilanciare le distorsioni dei media ‘istituzionali’ si fa ricorso per due volte alle versioni dei fatti che sono apparse su articoli del ‘manifesto’. è una stretegia narrativa, quella del post, che implicitamente, mi pare, indica i pezzi del quotidiano comunista come notizie più attendibili o comunque per ‘contro-narrazioni’ affidabili.
il punto non è dubitare di tutto. il dubbio metodico è, o dovrebbe essere proprio l’antidoto all’indifferenza o al relativismo etico-conoscitivo, allo scetticismo radicale e assoluto che fa per sonfinare spesso e nel migliore dei casi con le farneticazioni cospirative – che pure, in quanto ‘narrazioni’ , andrebbero lette, conosciute, decostruite criticamente, come dice e fa il dott. santoro.
il punto è che sul manifesto spesso ho letto le più generose e clamorose mistificazioni sui fatti e le persone. spero di poter condividere questo rilievo con qualcuno.
come reagiamo, noi, di sinstra e indignati, tolleranti e impegnati, ecologisti e animalisti, terzomondisti e democratici, incazzati o disillusi, alle distorsioni ‘militanti’ del ‘nostro’ giornale comunista?
ma certo: al massimo, credo, con un sorriso d’intesa. ammicchiamo al giornalista militante, sappiamo che bisogna spingere la reatà, spesso, oltre il verosimile, per indignare e tentare di smuovere le coscienze.
e ci siamo ‘abituati’ a quello ‘stile’, come in un club di fedelissimi, come morfina per le nostre incazzature.
forse è un’utopia, quella vexata quaestio sui realismi e le loro illusioni di catturare e riportare sulla pagina ‘tutta’ la realtà. per sfiorarne il possesso consapevole, saviano indica una strada percorribile e potenzialmente performativa (nel senso degli effetti sul lettore). sta a chi legge cercare di condividere quei ‘pezzi’ di realtà, con un uso metodico del dubbio e della ‘rilettura’ (o della ‘riscrittura’) critica, ma a tutto campo. anche a ‘sinistra’. o no?
Purtroppo mancano o sono rare oramai le fonti paradossali che a volte servono per aprire un barlume, un varco nelle teste infinocchiate dal parolame accozzato da troppi giornalisti o pubblicisti che si adeguano,
non fanno il minimo sforzo linguistico oltre le lamiere contorte e l’albanese sospetto o i rapinatori che parlavano con accento slavo,
si uniscono in facile, comodissimo connubio l’ignoranza, il luogo comune e la mala fede, ovvero:
tanto i lettori son tutti stronzi e va bene così….
anzi la “gente” vuole così…
Mi piacerebbe legger qualche volta notizie così concepite:
“La cinese derubata abitava sopra un ristorante piemontese”
“I delinquenti arrestati tra loro parlavano in bresciano”
“500.000 albanesi lavorano in nero perché altrimenti li sbattono via”
MarioB.
vabbe’, santifichiamoli pure…
insomma non basta che facciamo del sud italia un centro d’accoglienza, insomma stiamo invitando chiunque non abbia un passaporto, in più chiedi pure di farsi passare da stronzi…mi sembra che si qualunquizzi un po’ troppo qua.
@ruben
un ragionamento ineccepibile, soprattutto nel suo svolgimento.
Adoro i commenti non più lunghi di quattro righe e mezzo; gettati via a razzo nel mezzo del discorso come se fossero perle di saggezza e non uno strazio, che era meglio restare in silenzio; meditati un secondo alle meno zero o forse meno con la scusa che la scrittura breve su internet va sempre bene; fare prima conviene; scritti tanto per dire vedete lorsignori? ci sono anch’io e adesso son dolori. Nell’ottantaseipercento dei casi campione, i suddetti commenti finiscono sempre: “si qualunquizza un po’ troppo qua”. Il nostro blogger rubizzoso non è l’unico a divertisi così. Qui.
Un’altra cosa, forse fuori luogo, ma non troppo:
I giornali, i quotidiani trattano tutti abbastanza ampiamente ma con imprecisioni notevoli, come sempre, dei 3000 soldati italiani che sono in partenza per il Libano.
Però della missione itln. in Iraq non si parla più.
Io, ora no so quanti soldati italiani sono ancora in Iraq, quando davvero quella maledetta missione verrà ritirata, quanto è costata e costa ai cittadini quella missione.
Ancora non so come verrà finanziata quest’altra costosissima, se con contributi ONU ( che mi pare abbia debiti altissimi) se sia tutta a carico del Tesoro itln. cioè dei cittadini.
Nonostante io sia favorevole, quasi giocoforza, a questa missione libanese, so che costerà moltissimo anche perché le forniture militari sono da sempre una grandissima truffa, ove i costi vengono quadruplicati dal sistema tangenti.
MarioB.
@ r.r.
“il punto è che sul manifesto spesso ho letto le più generose e clamorose mistificazioni sui fatti e le persone. spero di poter condividere questo rilievo con qualcuno.”
lo condividi con me, quando succede il manifesto non fa un buon servizio a nessuno.
@agli anti-televisionari
Non vi perdete questa: “Il problema è che i genitori si nascondono dietro la televisione. Dovrebbero spegnerla, quella maledetta scatola, e parlare di più con i loro figli”. By Rosario ‘Fiore’ Fiorello.
@mario b
“Nonostante io sia favorevole, quasi giocoforza, a questa missione libanese”. Quasi giocoforza.
@ Mario:
veramente non si parla da tanto tempo neanche dell’Afghanistan.
Fanno così: una guerra nuova per obliterare quella precedente (in corso e mai dismessa). Così la gente pensa che siamo sempre impegnati solo in una, un peso psicologicamente sopportabile.
COMUNICATO 002
@mario b
@missy
Compagni pacifisti, non disperate! Il reverendissimo sceicco Hassan Nasrallah (il Profeta lo protegga) comprende il vostro disappunto! Abbiate fede nel Partito Transnazionale di Dio!
Proprio ieri i Nostri Martiri si sono fatti esplodere a Kabul: 17 infedeli morti e 43 feriti in Afghanistan! che si aggiungono agli invasori inglesi che abbiamo falcidiato la settimana scorsa! Fratelli italiani, presto torneranno i Talebani!
Non temete per l’Irak: la resistenza è illuminata dal Profeta! Ieri, quando l’esercito irakeno, istruito dalle gendarmerie occidentali, ha provato a disarmare le milizie del Santissimo Cugino Moqtada Al Sadr (Dio lo abbia in gloria), altri 70 infedeli colpevoli di essere civili innocenti sono stati sbrindellati dalle nostre autobombe! Stamattina i morti gioiscono, seppelliti alla destra di Allah!
Sia lode al Compagno Moqtada, esempio di rovinosa fierezza per tutta la fratellanza sciita! Ubbidite al Sacro Verbo della Guida dell’Islam, il presidente iraniano Ahmadinejad! Che Dio ispiri la sua mano quando appiccica il francobollo sulla lettara alla signora merkeliana, quella brutta compara dei porci giudii di Germania! Riparliamo dell’Olocauto! Non è stato così brutto come sembra! Discutiamo con Kofi Annan su come ributtare in mare i nostri nemici, e forse riapriremo le trattative sul nucleare!
Compagni pacifisti, aspettiamo i Vostri Soldati Blu! Abbiamo ascoltato con orgoglio le nobili parole del Compagno Ministro della Difesa Italiano Arturo Parisi, “la Missione in Libano è senza dubbio la più delicata e impegnativa dalla fine della Seconda Guerra mondiale!”. Abbiamo ascoltato con piacere le parole del Compagno Presidente del Consiglio Romano Prodi che ha definito la Sorella Siria un modello di stabilità per l’intera regione!
Non temete per i 2496 compagni militari italiani che stanno per sbarcare in Tiro! Non a tiro di katyuscia, che avete capito? Li aspettiamo a Tiro città! Non abbiate paura come fa il Generale Angioni! Se non scasserete la minchia vi lasceremo buoni buoni sulle vostre torrette di osservazione, mentre noi riprenderemo a costruire bunker sotto il naso dell’Unifil!
Compagna Missy (che il velo ricopra il tuo puerpero viso), grazie per le parole di incoraggiamento! Non siamo stati noi che abbiamo scatenato l’inferno al confine con i cani israeliani! Ma abbiamo vinto la guerra! Ti rendi contro? Abbiamo vinto, abbiamo vinto la guerra! Anche se quei porci hanno distrutto l’80% del Libano Meridionale e adesso la disoccupazione è alle stelle, che fa? Che fa? Tanto l’Hezbollah la trionferà!
Compagni, non siamo noi che tiriamo le Cluster Bomb! Sia lode a Mark Innaro, l’embedded della UMMA larouchista! Lui sì che dice sempre la verità! Lui sì che racconta le cose che ha visto! Compagni di Rai3, siete mejo di Al-Manar!
apparirà il comunicato 002???
Esatto, missy, sono d’accordo;
ma perché tanti giornalisti si/ci affogano in questo marasma confuso, nell’imprecisone, nel linguaggio vieto, nella complicità coi poteri, nel nascondere fatti importanti?
E’ soltanto per opportunismo & ipocrisia?
Io credo anche per durezzza di capa, ignoranza, grossolanità:
Le varie cose unite fanno uno bel cocktail.
Uno va in Spagna si compra El Pais e trova pagine e pagine di politica internazionale,
qui compri Corsera, Stampa, Repubblica e trovi minuzzoli, briciole, cacatielle e tante belle indiscrezioni delte gossip, che stuzzicano le tartàcule…..
MarioB.
COMUNICATO 002
@mario b
@missy
Compagni, non disperate! Il reverendissimo sceicco Hassan Nasrallah (il Profeta lo protegga) comprende il vostro disappunto! Abbiate fede nel Partito Transnazionale di Dio!
Proprio ieri i Nostri Martiri si sono fatti esplodere a Kabul: 17 infedeli morti e 43 feriti in Afghanistan! che si aggiungono agli invasori inglesi che abbiamo falcidiato la settimana scorsa! Fratelli italiani, presto torneranno i Talebani! Avete visto la ragazza cecena che si era fatta scopare da un porco russo cristino? Le abbiamo rasato i capelli e le ciglia e le abbiamo cosparso il capo del verde dell’Islam e l’abbiamo spedita in piazza a implorare pietà!
Non temete per l’Irak: la resistenza è illuminata dal Profeta! Ieri, quando l’esercito irakeno, istruito dalle gendarmerie occidentali, ha provato a disarmare le milizie del Santissimo Cugino Moqtada Al Sadr (Dio lo abbia in gloria), altri 70 infedeli colpevoli di essere civili innocenti sono stati sbrindellati dalle nostre autobombe! Stamattina i morti gioiscono, seppelliti alla destra di Allah!
Sia lode al Compagno Moqtada, esempio di rovinosa fierezza per tutta la fratellanza sciita! Ubbidite al Sacro Verbo della Guida dell’Islam, il presidente iraniano Ahmadinejad! Che Dio ispiri la sua mano quando appiccica il francobollo sulla lettara alla signora merkeliana, quella brutta compara dei porci giudii di Germania! Discutiamo con Kofi Annan su come ributtare in mare i nostri nemici, e forse riapriremo le trattative sul nucleare!
Compagni pacifisti, aspettiamo i Vostri Soldati Blu! Abbiamo ascoltato con orgoglio le nobili parole del Compagno Ministro della Difesa Italiano Arturo Parisi, “la Missione in Libano è senza dubbio la più delicata e impegnativa dalla fine della Seconda Guerra mondiale!”. Abbiamo ascoltato con piacere le parole del Compagno Presidente del Consiglio Romano Prodi che ha definito la Sorella Siria un modello di stabilità per l’intera regione!
Non temete per i 2496 compagni militari italiani che stanno per sbarcare in Tiro! Non a tiro di katyuscia, che avete capito? Li aspettiamo a Tiro città! Non abbiate paura come fa il Generale Angioni! Se non scasserete la minchia vi lasceremo buoni buoni sulle vostre torrette di osservazione, mentre noi riprenderemo a costruire bunker sotto il naso dell’Unifil!
Compagna Missy (che il velo ricopra il tuo puerpero viso), grazie per le parole di incoraggiamento! Non siamo stati noi che abbiamo scatenato l’inferno al confine con i cani israeliani! Ma abbiamo vinto la guerra! Ti rendi contro? Abbiamo vinto, abbiamo vinto la guerra! Anche se quei porci hanno distrutto l’80% del Libano Meridionale e adesso la disoccupazione è alle stelle, che fa? Che fa? Tanto l’Hezbollah la trionferà!
Compagni, non siamo noi che tiriamo le Cluster Bomb! Sia lode a Mark Innaro, l’embedded della UMMA larouchista! Lui sì che dice sempre la verità! Lui sì che racconta le cose che ha visto! Compagni di Rai3, siete mejo di Al-Manar!
@ roberto
Il caso di Studio Aperto sarebbe da studiare in una prospettiva di lungo termine, e in ogni caso il “dolo” nel metodo di narrazione delle notizie non penso si possa in alcun modo escludere. Non credo di essere il solo ad avere quest’impressione, e cioè che la redazione getti una rete su tutti i notiziari locali del giorno prima, e da questi ne tiri su soltanto o quasi notizie (quasi sempre reati fisici contro la persona) con aggressori stranieri. Per rendersene conto basta ascoltare quotidianamente i notiziari locali della propria zona, ormai diffusori quasi esclusivamente delle attività delle forze dell’ordine del luogo (dalla segnalazione del consumatore di hascish alle molestie in famiglia, dallo scambio di consegne tra un maresciallo e l’altro della guarda di finanza alla retata periodica di stranieri nelle stazioni ferroviarie). Nei reati (dunque non considerando ovviamente tra questi la presenza di uno straniero senza permesso di soggiorno in una stazione) la presenza degli stranieri è minima, rispetto ai reati commessi da italiani. Eppure a vedere Studio Aperto, ogni giorno, da quindici anni, si ha una visione completamente diversa dei fatti.
Riguardo le parole che giustamente spendi per i rom, aggiungo solo che sempre più spesso capita di ascoltare giornalisti che li definiscono rumeni, bulgari, o slavi. Questo non so come chiamarlo se non annientamento di un popolo e di una cultura secolari.
@ missy
“Ad onor del vero, devo dire che talvolta al TG Regionale della Sicilia, si parla dello sbarco di immigrati come di “un nuovo carico di disperazione e di dolore”
Hai mai sentito parlare del viaggio di una nave da crociera con un “CARICO di turisti”? Hai mai sentito parlare nella cronaca di uno sbarco di migranti come di “persone”?
@ r.r.
Nel primo caso ho utilizzato la fonte del Manifesto perché è l’unica che ho reperito che non trascurasse (non dico esagerasse, amplificasse) la possibilità del contatto tra la Minerva e la nave di migranti. Avrei potuto citare anche altri quotidiani, ma la stessa Liberazione, in prima pagina, il 20 agosto, scriveva: “i 120 a bordo si sono spostati tutti sullo stesso lato dell’imbarcazione facendola capovolgere”.(http://www.liberazione.it/giornale/060820/LB12D6A4.asp)
Nel secondo caso (l’articolo di Fabozzi del marzo 2002), trattandosi di un avvenimento di più di quattro anni fa, non ho potuto recuperare altre fonti d’archivio.
@ stefano,
sinceramente non ho riportato le parole in maniera fedele e me ne scuso: mi interessava dire che ho trovato i toni usati in alcuni TG siciliani molto più umani e partecipativi di quanto ascoltato altrove. E trovo inoltre che “un carico di dolore e disperazione” non sia affatto dispregiativo.
Per il resto, sono assolutamente d’accordo con il contenuto del tuo post, al quale aggiungerei l’orrore dello special-TG1 di ieri sera, condotto dalla militarissima Magioni, e intitolato a chiare lettere enormi bianche fisse sul monitor centrale: IN MISSIONE PER LA PACE.
Questo è dare un titolo aprioristicamente convinto, arbitrario ed invasivo ad un evento che potrebbe esser interpretato, in un clima di libero discernimento, in maniera del tutto diversa dal pensiero della Maggioni.
Trovo molto istruttive queste analisi a livello retorico-linguistico su come i mass-media “creino” per noi un’immagine complessiva, emotiva, delle realtà che non possiamo sperimentare direttamente. Però non dovremmo illuderci che questi siano problemi puramente linguistico-ideologici. Il piano della coscienza si appoggia infatti, fino a diventare “inafferrabile”, nelle disposizioni corporee, che sono plasmate da esperienze non virtuali e ben più difficili da “smuovere” in quanto, a loro modo, (dis-)adattate, corrispondenti o stridenti, con delle realtà “oggettive”, e come tali non suscettibili di semplici ribaltamenti simbolici. Insomma non c’è da contare troppo sui reali effetti delle “prese di coscienza”, che solitamente si limitano a “suggellare”, a fornire cioè una guarnizione estetica e simbolica a disposizioni già in un più profondo accordo con le rappresentazioni stesse. Per essere più chiaro: non mi è difficile immaginare come una persona lungamente esposta nel corpo all’attrito delle differenze culturali, e agli altri problemi legati all’immigrazione, che avverta cioè direttamente sulla pelle (e non attraverso “fabule” più o meno efficaci) la crescente “brutalità” che deborda ormai in moltissime situazioni, possa considerare certe aperture totali, certi moralismi intransigenti, come irrealistici, ingenui (seppure talvolta estremamente eruditi) e in un certo modo irresponsabili o comunque legati ad una sensibilità da privilegiati. C’è da credere che la caduta del privilegio possa portarsi dietro anche queste sensibilità (a parte qualche vero santo, che c’è sempre). Personalmente, non riesco ad evitare una forte disarmonia di piani cognitivi. Mi stupisce, mi preoccupa, che la questione dell’immigrazione venga sempre posta su di un piano puramente “morale”, del tutto sganciato da una problematica che non è più soltanto economica ma drammaticamente ecologica. La politica dell’accoglimento illimitato, per quanto frenato con vari artifizi più o meno ipocriti, alla quale ci costringe tanto la coerenza con i nostri “principi” consci quanto la nostra sensibilità (ancora prevalentemente) da privilegiati, implica però, per l’Italia, una prospettiva di “sviluppo” pesante, unidirezionale (altrimenti è “fame subito!” senza se e senza ma) totalmente antiecologico (ancora case! ancora strade! ancora centri commerciali ecc.) in un ambiente già saturo e terribilmente dipendente dalla “buona salute” del sistema globale. Una prospettiva di sviluppo “obbligato” che viene al tempo stesso ideologicamente negata! Non riesco quindi a conciliare il riconoscimento razionale, morale ed estetico che devo tributare ai vari Alderano, Inglese ecc. quando prendono la parola, con l’oscuro senso di allarme, di sgomento per ciò che vedo e le prospettive desumibili da questo stato di cose. Semplicemente: mi pare che siamo avviati a condividere la sorte del terzo mondo – e magari questo è anche giusto “in linea di principio” – magari finirà per smuovere finalmente le cose nelle direzioni necessarie. Però non condivido certa facile retorica dell’Occidente “opulento” che “se volesse …”. Ma se non siamo capaci di “risanare” nemmeno un piccolo sud Italia – vedi le matasse disperanti descritte da Saviano, se le pensioni tremano al semplice rallentare di qualche “locomotiva” economica, come possiamo sperare di assorbire indefinitamente quell’esplosione demografica che cominciamo ormai a vedere direttamente con i nostri occhi? Ora, mi guardo bene dal desumere da tutto questo qualche “posizione” condannata inevitabilmente a venire percepita – in un consesso di angeli (o spettri) che paiono nutrirsi di luce divina – come cripto-fascista. Mi faccio scudo della consolante percezione della mia ignoranza, mi attengo alla “regola aurea” (che sulla “breve distanza” mi pare ancora il meglio), ricordo a me stesso che di qualche morte dobbiamo pur morire, e mi limito a chiedere, senza intento polemico, se qualcuno è a conoscenza di luoghi nella rete in cui queste faccende vengano affrontate in un’ottica, diciamo così, più integrata.
@wovoka
Già.
Sono daccordo con wowoka: la questione dell’immigrazione non può essere considerata come un fattore sganciato da quello ecologico.
Considerando inoltre che è sempre un insieme di fattori a causare un evento e mai un unico fattore, l’ottica integrata è la giusta prospettiva.
Pur tuttativa nulla potrà cambiare senza un’inversione di tendenza dell’esponenziale incremento demografico, attualmente incontrollato ed incontrollabile, nelle aree del cosiddetto terzo mondo.
e che dire della superchicca di francesco merlo:)
stupratore in libertà, giudice sotto accusa
http://rassegna.camera.it/chiosco_new/pagweb/immagineFrame.asp?comeFrom=search¤tArticle=BRRB0
Bellissimo e documentatissimo il tuo post.
Complimenti!
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