Idolatrie letterarie
di Sergio Garufi
Sul rapporto fra autori e lettori J. M. Coetzee ha riflettuto a lungo, soprattutto nel libro intitolato Elizabeth Costello. La protagonista è un’anziana e celebre scrittrice australiana, una sorta di alter ego del narratore sudafricano, che gira il mondo per tenere conferenze e ricevere premi; e due delle sei lezioni in cui è diviso il testo trattano appunto la questione della relazione ancìpite che s’instaura fra uno scrittore famoso e il suo pubblico.
Nella prima di queste dissertazioni, riguardante la questione del realismo in letteratura, Elizabeth Costello esprime la diffidenza che nutre verso le folte schiere dei suoi estimatori. Questi vengono da lei chiamati, con una delle frequenti metafore zoomorfe cui Coetzee ci ha abituato, “pesci rossi”, perché all’apparenza sono piccoli e innocui, ma in realtà risultano invadenti e voraci, in quanto desiderosi di spartirsi le spoglie della “balena morente”. Nella quinta lezione la prospettiva s’inverte, rivelando che spesso i ruoli sono interscambiabili, ed Elizabeth Costello ci mostra il punto di vista capovolto di lei lettrice, quando non aveva ancora scritto nulla e sognava di essere la moglie dell’illustre poeta Robert Duncan. “Non le sarebbe dispiaciuto farci un figlio, diventare una di quelle donne mortali del mito ingravidate da un dio di passaggio”.
Già un secolo fa Gustave Le Bon segnalò, nella Psicologia delle folle, la natura religiosa del rapporto fra idolo e ammiratore, e oggi più che mai lo star system è diventato il vero pantheon della mitologia contemporanea. Certo, l’idolatria morbosa si manifesta in modo più marcato in altre espressioni artistiche, tipo la musica o il cinema, che vantano maggior popolarità rispetto alla letteratura; e casi limite, come quello del fan Mark D. Chapman che assassinò John Lennon nel 1980, è improbabile che si verifichino fra gli appassionati dei libri, che restano ancora figli di un dio minore. Tuttavia i meccanismi psicologici, come la proiezione sul divo delle proprie aspirazioni frustrate, il fanatismo isterico e la spirale amore-odio-aggressività, alimentata dall’esasperazione della sua assenza fisica da un lato e dall’ossessiva presenza mediatica dall’altro, sono i medesimi anche in letteratura.
Misery, il romanzo di Stephen King da cui fu tratto il film con James Caan e Kathy Bates, è una formidabile parabola sul rapporto fra autore e lettore, analizzato proprio nelle sue ossimoriche componenti di amore e odio. In maniera meno truculenta di King ma con anticipo notevole sui tempi, pure Joseph L. Mankiewicz aveva illustrato lo stesso tema nel film Eva contro Eva. L’ambiente trattato era questa volta il teatro, e Bette Davis, l’interprete principale della pellicola, si mostrava consapevole del fatto che per gli appassionati del genere il teatro era un tempio e i grandi attori le loro divinità. Ma le capziose strategie adulatorie di un’anonima ammiratrice facevano ugualmente breccia nella sua iniziale sospettosità, finendo per palesare il reale intento dell’ambiziosa arrampicatrice, ossia quello di scalzarla dal piedistallo. La chiusa speculare, inoltre, suggeriva come del medesimo tranello possa essere vittima anche chi ne era stato a sua volta artefice.
Quando era una semplice lettrice, Elizabeth Costello voleva essere molto attraente “perché agognava il contatto col dio” Robert Duncan, aspirava a “colmare il vuoto che separa i due diversi ordini dell’essere”. La devozione tradisce un desiderio, seppur frustrato, di possessione fisica. Sempre nel libro di Coetzee, si cita a questo proposito il film Frances (ispirato alla biografia dell’attrice Frances Farmer), in cui Jessica Lange interpreta la parte di una diva di Hollywood che, ancora giovane e bella, per un esaurimento nervoso viene internata in manicomio e lobotomizzata. Gli infermieri, cioè proprio coloro che dovevano prendersi cura di lei, approfittando dello stato vegetativo la violentano a turno, e uno di questi afferma trionfante “voglio proprio scoparmi una star del cinema!”; esplicitando così l’orrido rovescio dell’idolatria: il risentimento omicida.
In questo senso, oltre alla finzione esistono pure aneddoti storici significativi, come quello su Santa Elisabetta d’Ungheria. Divenuta presto vedova del re Ludovico IV, Elisabetta donò ogni suo avere ed entrò nell’ordine francescano, da allora in poi vivendo in assoluta povertà e prestando assistenza ai bisognosi e agli infermi. Agonizzante ma già in odore di santità, alla sua morte, avvenuta nel 1231, la cattedrale di Marburgo fu invasa da una folla di devoti esaltati che lottarono fra loro come furie e la spolparono per accaparrarsi una sua reliquia.
Tornando alla letteratura e alle piccole divinità che popolano il provinciale olimpo italiano, un certo interesse ha destato un recente e pruriginoso articolo di Camillo Langone apparso su Il Giornale. Intitolato “La maledizione del lettore maniaco”, il pezzo raccoglieva diverse confidenze sul tema mostrando il dietro le quinte dei rapporti fra scrittori e fan. Si va dalla lettrice di Giuseppe Montesano che, durante una presentazione del libro, prese il microfono e lo accusò di aver recluso in manicomio un personaggio che lei pretendeva di incarnare; all’ammiratrice di Alberto Bevilacqua, che lo assilla da dieci anni inviandogli lunghe lettere con cadenza settimanale senza mai ricevere risposta; fino al caso clinico del tale che contattò Tullio Avoledo presentandosi come l’Anticristo, e imputando al narratore friulano di aver saccheggiato la sua biografia personale per redigere L’elenco telefonico di Atlantide. Langone cita inoltre esempi di incontri sessuali a cui un giovane scrittore di grande notorietà non si sottrasse, con il prevedibile strascico di minacce e insulti pubblici da parte dell’ammiratrice inferocita per essere stata prontamente liquidata dopo la consumazione. Dal che si ricava che i reading, gli incontri ai festival letterari e le presentazioni di libri sono la consumazione di una vendetta, o un rito espiativo. La presenza fisica dell’autore risulta indecente, provocatoria, perniciosa; una kenosi inaccettabile. L’unica relazione possibile fra scrittore e lettore resta quella platonica.
Il mito di riferimento di queste vicende sembra dunque quello di Diana e Atteone, in cui viene ribadita l’impossibilità di “colmare il vuoto che separa i due diversi ordini dell’essere”. Nella versione narrata da Ovidio nelle Metamorfosi (e illustrata dal Parmigianino negli splendidi affreschi di Fontanellato), il figlio di Aristeo, durante una battuta di caccia in compagnia dei suoi cani, scorse la dea mentre faceva il bagno nuda a una fonte. Diana allora lo punì trasformandolo in cervo e facendolo sbranare dai suoi stessi cani. La voracità dello sguardo di Atteone, che non rispetta l’intimità dell’altro, trova qui una risposta simmetrica nella voracità dei cani. In pratica, Atteone è divorato dal suo stesso desiderio.
Ma se scrivere (nel senso di pubblicare e diventare personaggi pubblici) significa darsi in pasto, bisogna pur ammettere che sovente quell’improvvido contatto è incoraggiato dagli stessi autori; forse desiderosi di incontrare il loro lettore ideale (cioè colui che intenda al volo ogni impercettibile ammiccamento del testo), o forse solo bisognosi di conferme sul proprio valore. Non si spiegherebbe altrimenti la decisione di molti scrittori (come Andrea G. Pinketts, Emanuele Trevi e Matteo B. Bianchi) di inserire nei loro libri i propri numeri di cellulare o indirizzi e-mail. Insomma, viene il sospetto che l’ignara e pudica Diana in realtà provochi scientemente. Scelta più che legittima, s’intende, e per certi versi perfino encomiabile, basta che poi non vada a lamentarsi da Langone.
(pubblicato su Stilos l’1 agosto 2006)
Peccando di estrema sintetizzazione, tutte le relazioni umane sono un dare/avere, siamo anche le persone che amiamo e quelle che ci amano. Ma nel rapporto tra artista e “fan” questa modalità, soprattutto quando l’artista disattende l’aspettativa del “fan”, trascende spesso nel ricatto o nel rifiuto. Il vero “padrone” (nessun rapporto d’amore è mai paritario) è il fan, non l’artista. Nella canzone “Cantautore” Edoardo Bennato dice: “ma non è giusto che tu hai tutto e noi invece no”, facendosi voce di una schiera di fan che passa dall’adorazione alla ribellione nei confronti dell'”idolo”, cioè lui stesso. E facendone genialmente una sua canzone, trasforma quella contestazione in una consapevolezza, e ribadisce forse il suo ruolo “padronale”. Esemplare in questo senso la parabola artistica di Andy Kaufman, comico incompreso dai suoi stessi fan, che mal comprendevano il suo alter ego cattivo e per nulla comico Tony Clifton, che faceva commenti sulle “bagasce” sedute in mezzo al pubblico, non facendole per nulla ridere, o rifiutandosi di diventare la parodia di se stesso, perdendo così successo adorazione e ingaggi. Il tuo riferimento alla storia di Santa Elisabetta di Turingia è quindi azzeccatissimo. Perché in un certo senso sono i “fan” che danno vita all’artista, oggi più che mai, oggi che viviamo in una società tanto visiva quanto voyeuristica. Che chiede anche allo scrittore, solitamente recluso in una torre non eburnea, e che fa arte con la materia del sé, di farsi feticcio accanto al libro. Performer di se stesso più che della sua opera.
Una piccola curiosità-“aggiunta”. Il titolo originale di “Eva contro Eva”, purtroppo noto quasi soltanto per essere il primo film in cui compare Marylin Monroe, è “Best performance”. Titolo ancora più emblematico, considerato che racconta della presenza sempre crescente nella vita dell’artista di una fan che si finge tale soltanto per rubarle segreti, scena, e, nelle intenzioni, anche il marito, in pratica la vita (d’artista).
Prendimi l’anima: eros come motore primordiale
Arte imitativa alla Cocteau, intrisa d’appunti di viaggio in Africa e in Oriente, frammenti della pop art con reminescenze dei primi passi di poesia, coltivata in italiano e fiammingo. Schizzo psicologico alla Van Dyck, corredato d’appunti come quello su Sofonisba Anguissola.
G.B., milanese poliedrica da pochi anni è passata dalla grafica al disegno su acquerello e oggi all’acrilico dai colori mediterranei mescolati all’oro della pietra filosofale.
Antropologa di strada, lontana dall’ accademia è dotata di un irripetibile talento di far vedere il mondo attraverso i suoi occhi.
Dalla Cina al Medio Oriente vengono ricomposti i ritratti di donna.
La senegalese rivela in wolof, la lingua madre. la coscienza atavica con uno sguardo penetrante interiore. Il ritratto di James Dean è un taglio di grigi e di oro che cristallizza l’ultimo atto del divo.
Nudi di donna governano l’universo cartesiano.
“Ho colto i frutti di madre e a lei offro i miei” è un canto di raccoglimento struggente pavesiano.
I temi marini degli acquerelli a strati d’organza, richiamano i viaggi salgariani del mar dei Sargassi dove le sete imbevute di salsedine proiettano ombre taglienti a delineare la sabbia della terraferma.
L’artista ha raccolto nei suoi lunghi viaggi intorno al mondo, oggetti totemici, aggregati in un nuovo ordine delle cose da esporre come stilemi aerei.
@ Senatò
Me scusi Senatò, mica ho capito!
@ Garrufi
Gran ber pezzo, bbravo!
@ Nazzione
Bbuone vacanze a tutti!
Salutoni,
Mario Brega, affezzionato lettore di Nazzione
Caro Filippo Senatore,
io ce la metto tutta, ma, per quanto mi sforzi e faccia appello ad ogni più riposta briciola di sapere (che già non è molto) o di intuizione (che già scema di suo), devo confessarti che non riesco a trovare il sia pur minimo legame tra i tuoi commenti e il tema dei post che chiosi. Perdonami, ma ci rinuncio.
@ Mario Brega
Vedo che abbiamo lo stesso problema. Meno male. Cominciavo a preoccuparmi di brutto.
“agognava il contatto col dio”, aspirava a “colmare il vuoto che separa i due diversi ordini dell’essere”.
Si tratta della “malattia ontologica” descritta da Girard … no?
Quello che noi chiamiamo Dio, religioso, sacro, non è altro che l’atavico tabù che nemmeno Freud ha compreso nella sua paranoica ossessione di essere il padre di qualsiasi forma di inedito(totem e tabù)volgarmente detto inconscio.C’è piu’ verità sull’ animo umano in Sofocle e Shakespeare che in Freud.
L’atavico tabù è LA NOSTRA VIOLENZA, endogena, filogenetica e ontogenetica, che allontaniamo con riti, sacrifici, totem, dei e il religioso.
Finalmente sappiamo che i preti, gli stregoni, i medici, i maghi e i paracelsi di ogni epoca, sono solo un nostro costrutto “finto” e filtro.
Le Liturgie non sono monopolio del religioso ma difesa preventiva del sacro da noi stessi.
ps:
rispondevo a Wov con riferimenti al testo “La violenza e il sacro”di Girard.
… però è anche vero che un autore potrebbe anche decidere di non avere neppure un volto, un corpo da dare in pasto. Senza per questo pregiudicare il suo successo. Accade oggi, con Pynchon, è successo – ma non si sa bene come e perché – con Shakespeare: forse il più clamoroso caso di nascondimento totale dell’autore dietro l’opera. Per quanto fanatici possiamo essere di alcuni (molti) autori, ci resta solo e soltanto l’opera.
“Dell’autore non si dovrebbe conoscere che l’opera, anzi: non si dovrebbe sopravvivere all’opera” diceva sempre D’Arrigo.
Mi sono sempre chiesto com’è possibile che proprio in un’epoca che permette tecnologicamente di arrivare ovunque e a chiunque con la propria opera, anche con la propria personalità, senza contatto fisico – potendo così puntare esclusivamente sul valore assoluto della parola – siano ancora così pochi gli autori attratti dall’idea di nascondersi dietro la propria opera. Di far parlare soltanto lei. Quando era molto più difficile, per mancanze di opportunità, erano più frequenti i casi di autori che facevano a meno degli incontri con i lettori e i fan, nonostante non potessero fare affidamento su altri mezzi di comunicazione come quelli odierni; oggi, invece, siamo al parossismo. Citando (e parafrasando) Dino Risi, che disse che i film di Moretti gli piacevano molto, ma aveva sempre voglia di dirgli quando appariva sullo schermo “Eh scansate! Famme vedè ‘r film!”, ogni tanto bisognerebbe dire a certi autori: “Eh fatte da parte! Famme godè il libro in santa pace!” ;)
Beh, vai un po’ giù di accetta, cara Magda. Più che Girard (del quale ometti sacrificio e mimetismo) la tua sintesi mi richiama il Lorenz del “sogennante Böse” :)
ho omesso i passaggi, per esigenza di sintetesi tra violenza, sacrificio, mimetismo, vittima sacrificale, unanimità, rito, mito….anzi rito umano contrapposto al mito tragico.
In realtà Girard è l’occasione per riflettere sui passaggi non sempre chiari riguardo l’evoluzione dei metodi di prevenzione e cura della violenza, non dico aggressività che ha l’accezione etologica di Lorenz, modi cosiedetti primitivi ma che soprendono per l’acutezza e la furbizia con cui tentano di avvicinare il misconoscimento del fenomeno violento, per nulla affrontato direttamente dai sistemi giuridici istituzionalizzati, che avrebbero appunto la pretesa di gestire il monopolio della vendetta e della punizione.
Di fatto sussitono ancora oggi metodi arcaici e poco ortodossi di gestire il violento e il suo conseguente ripercuotersi….Non so se è più efficace nel contenere un sistema giuridico o un sistema primitivo, come quello mafioso per esempio, o tribale.
Mi scuso con Garufi per la parentesi sul tema liturgia-violenza e la digressione a lato.
wowo se vuoi continuare senza andare in ot :platinoro@libero.it
Il nuovo gioco dell’estate indiana: commenta fuori contesto anche tu!
Ecco tutti i consigli di una truccatrice professionista per una manicure express fatta in casa. Smalto rosso, turchese, corallo… Adotta i colori tendenza dell’estate per delle unghie da star!
Delle belle unghie sono innanzitutto delle unghie ben curate. Inutile mettere uno smalto bellissimo su unghie non preparate. Per approfittare di tutte le qualità dello smalto, del suo colore e della sua tenuta, bisogna assolutamente seguire alcune fasi preliminari. Lima regolarmente le unghie e soprattutto non usare mai il taglia unghie che tende a rigare l’unghia e a sfaldarla. Prima di mettere lo smalto applica un prodotto emolliente anti-cuticole. Massaggia l’unghia per far penetrare bene il prodotto. Così le pellicine diventano morbide e si tolgono più facilmente. Il gesto di Ysaté, truccatrice presso Gemey: spalmare il prodotto su tutta l’unghia e attendere alcuni minuti. O usare un ” trucco della nonna”: immergi le unghie per almeno tre minuti nell’acqua calda a cui avrai aggiunto qualche goccia di limone o d’olio d’oliva. Con un bastoncino d’arancio (è un legno molto tenero che perciò non provoca abrasioni) spingi indietro le cuticole. Per proteggere l’unghia, puoi anche avvolgere il bastoncino in un po’ di cotone. Procedi delicatamente, le cuticole scompaiono lasciando l’unghia più pulita e dai contorni ben definiti. Togli i residui con un po’ di cotone: l’unghia è già luminosa. Con una pinzetta, togli solo le parti di pelle rimaste attaccate all’unghia. Massaggia e idrata mani e unghie con una crema nutriente. Astuzia da protagonista: leviga delicatamente l’unghia, un gesto essenziale per far splendere le unghie striate o opache. Per finire, pulisci l’interno dell’unghia con il bastoncino d’arancio.
(Fonte: http://www.alfemminile.com/beaute/vernis/vernis0.asp)
Finalmente un consiglio utile, ci voleva. Delle unghie ben curate aiutano sulla taetiera: meno refusi e più idee.
tastiera… ecco un esempio di unghie non curate.
Maga Clara, anche tu tra di nòi?
cara Non è bello ciò…, ma che bello ciò, invece, finalmente un post appuntito, sapido, pronto all’uso, altro che le menate di tutti quegli intellettuali che se la tirano e se la sniffano a tutto andare, senza mai un pensiero ai problemi pratici, manuali, di noi donne. non potresti per caso aprire qui una rubrichina, magari a cadenza settimanale, di consigli e suggerimenti spendibili così, su due piedi, tra le pareti domestiche? ecco, io, ad esempio, oltre alle unghie sempre svirgolate, ho questo problema che mi assilla che ho sempre freddo, anche in piena estate, tu cosa mi consiglieresti, cara?
a lamagaclara
guardi lamagaclara che delle unghie ben curate aiutano non solo sulla tastiera ma anche sulla tettiera, glielo garantisco. ha mai provato a tirare su la balconata con le unghie pendule? e poi, mi dica, io ho sfogliato tutti i programmi delle radio e televisioni private ma non ho trovato la sua trasmissione, ma che lei non ce l’ha un programma dei numeri e di quelli che curano anche i reumatismi? mi risponda lamagaclara, mi piacerebbe tanto parlarle al telefono dal video con lei in persona. grazie.
Cara Amalia De Lana, mi ha appena videochiamato su 3 Ferdinando Pessoa. Dice che vorrebbe utilizzare il Suo bellissimo nome e cognome per denominare un altro dei suoi altri ego, sta cercando un nome simpatico per questa nuova trasmissione intellettuale dall’aldilà che dovrebbe cominciare su Raisat Cultura e Spettacolo da ottobre. Pensa che potrebbe cederglielo o è un marchio registrato? “Amalia De Lana, brilhante!”, mi ha detto…
@ Amalia De Lana
Ho sofferto del tuo stesso problema per anni, la mia vita era diventata un buio disastro. Ho trovato aiuto, conforto e calore umano presso l’A.F.A., Associazione Freddolosi Anonimi. Mi ci ha indirizzato il Dottor Gerardo Carotenuto, mai nella mia vita smetterò di ringraziarlo. Ti aspettiamo.
A.F.A. – Via Sole 1 – Firenze – Italy
cara Marcella Del Campo, ma è proprio lei in persona, sa l’ho vista in televisione molte volte con tutti quei balletti ma che bravi che siete tutti. io sono quasi onorata della sua richiesta ma per queste faccende chiedo sempre a una mia amica greca, che lei ha fatto il corso a dispense prima di iniziare anche lei la professione, sa è per evitare le fregature che a noi donne non ci piace troppo rimanere senza niente in mano. questa mia amica che ha anche essa un videocitofono, così si vede quando la chiamo al telefono, mi ha detto che va bene che vi cederei il nome, ma mi dovete dare in cambio almeno una caparra che poi ve ne restituisco solo la metà. è, mica si fanno e si danno le cose per niente. comunque se vuole le do l’indirizzo della mia amica che e molto famosa anche in italia, io vedo tutte le sue puntate perché lei parla anche l’italiano, si chiama aspetti che glielo scrivo con gli accenti giusti che ho scritto sul foglio con l’aiuto di mio marito quando glielo fatta vedere la prima volta, ecco si chiama Mikàte Ladògratis. mi raccomando non sbagli gli accenti la prego e prenda pure in prestito il nome. grazie Marcella che bel nome che hai cara.
u madonnamia che serata, sai dopo che gli e lo dico a mio marito quello non ci crede che ce anche il dottor enzo, quel sarto così famoso delle sfilate di moda che io le vedo sempre tutte, dopo glie la faccio vedere la lettera che mi a mandato sul conputer il signo enzo che dio lo benedica signor enzo. verrò all’afa verrò sicuramente che con la sua giacchetta lo so che ci sto di un comodo, altro che quello striminzito di mio marito Sperandio, che per la verità cià solo di bello questo che cià il nome. enzo scusi l’ardore ma lei partecipa qualche volta alle trasmissioni di Mikàte Ladògratis, non è vero che sono belle è vero? grazie Enzo Carotenuto che bel nome che hai caro.
adesso sappiamo che sono le scuse a scatenare l’offesa e non viceversa e a giustificare il seguito di ciò per cui ci si è scusati.mi venisse un colpo se mi farò ancora degli scrupoli. :-)
u madonnassunta signora Madga, ma chi la offesa, scusi allora appartiene anche lei alla camera dei deputati come il senatore. è che io quando o visto l’annuncio di Non è bello ciò mi sono sentita di voler partecipare perché mi dava tanti buoni consigli e pensieri sulle unghie malate, ma non se la prenderà mentre fa i sacrifici col signor vodka che è così bravo sa. perchè la colpa certamente e mia sicuramente, ma sa volevo partecipare al quiz del dottore Elia Paroloni qui sopra quello delle banane magari vinco qualcosa pure io, ma o visto che parlano tutti così difficile e scrivono anche allora sono venuta qui. mi scusi sa Madga cara ma che bel nome che a cara.
poi mi volevo pure scusare con tutti quegli errori di sbattitura che scrivo, ma Sperandio dopo che mi a corretto il primo poster che vi ho invitato per partecipare adesso si rifiuta sa, e mi dice cosa ci fa una deficente cogli intellettuali. vi bacio a tutti assai assai e vi aspetto se mettete una trasmissione di quiz più facili da fare come quello di Non e bello ciò o lamagaclara, ma che bei nomi che avete care.
Vorrei fare i miei complimentoni più vivissimi al piccolo genio che (ha) porta(to qui) il nome Amalia De Lana. Da quando l’ho letto, non faccio altro che ridere.
Mag, secondo me ogni tanto ridere fa tanto bene! Spero che Sergio Garufi perdonerà gli stupids OT, ma sono tutti geniali a mio modesto e stupidissimo avviso! :0)
quante belle signore a commentare: sarà contento il Garufi :-) … concordo
con Gemma, Amalia De Lana è geniale.
ps
bel testo sulla cannibalizzazione dell’artista, il desiderio di possedere l’autore e non l’opera. E se invece di una vendetta o di un rito espiativo fosse semplicente la voglia di accedere alla gloria attraverso il contatto con l’idolo. Dalle groupies del rock il passo è breve. Presto avremo un calco in gesso dei genitali degli scrittori?
Va bene, se sono estemporaneamente ferragostiani…
benvengano i gli OT gavettoniani
u gesuggiuseppe che emozzione la signorina Gemma Gaetano la famosa attrice di film della televisione che parla propio per me, u madonnassanta e chi lo avrebbe mai creso, ma è vero gesummio che forse o mi state facendo uno scherzo. adesso chiamo subito Sperandio e glie la faccio vedere a quel sacrista fallito, la scritta che ce scritto proprio Gemma. e lei e lei, santuddio, come sono felice che ci vuol parlare a me in persona, e che io ho citofonato sempre alla rai per avere l’autocrafo, che bello che he lei, quando ce lo dico alla mia amica Mikàte quella esce pazza di invitia e dice che sicuramente non e vero. che bello signorina Gemma, come la voglio bene tanto bene assai, che ho visto anche tutti le sue puntate e lei e sempre così bella come era nell’ultimo film. madonna come o pianto come o pianto e che bella trasmissione, solo che quell’attore che lavorava per lei, quello come si chiama il figlio di pietro angelo che fa la trasmissione dei rettili, quello propio che faceva la parte dei scavi di pompei, quello non ciazzecca con la sua bellezza e bravura signorina Gemma. che paura quando alla fine e scoppiata la lava, come sono felice di vedere che si e salvata, che quello angelo con la barba non lo capito perchè sullo scritto della pellicola poi lo chiamano angela se è un maschio, che si vede che cia la barba. grazie Gemma cara, veramente la voglio veramente tanto bene assai, che e stata tanto carina che a parlato propio a me. grazie di cuoro Gemma che bel nome che ah cara.
Mhm, sospetto che sia lo stesso genio che animava il personaggio di “Ramona” (badante di Luzi) su blog di Atelier :-)
caro signor Vodka che anche lei e sempre così carino perchè ora dice queste cose, che chi sa cosa la gente pensasse di me che sono stata a badare sul blog di questo signor lategliera che ne anche sò chi e. che stavolta che anche se lei e carino e veramente fuori bottiglia, che l’unico che bado nella mia vita e questo rottame di mio marito cui presente che si chiama in persona Sperandio Rosica, che da quando a letto, che io avrei badato a questo di quello e a quello di questo mi ha spaccato sulla testa tutti i elleppì e i cuarantacinque giri che avevo che a fatto il mio cantante preferito mario tessuto. mi scuso sa ma questo da lei non mela spettavo, è pensare che ero così felice che mi aveva parlato di me la signorina Gemma. u madonna che delusione, secondo me signor Vodka lei non e lei o che mi sbaglio ma forse il suo nome e la nicchia di quella invitiosa di Mikàte Ladògratis che ci a rimasto che la Gemma a scritto propio a me. credo che me né ando, che forse cia ragione quel disgrazziato di Sperandio che voi glintellettuali siete tutti così. sono veramente dipressa signor Vodka che però ma che bel nome che cia.
Sig,ra Amalia, sono una sua fan. Non vada via che ha una bella nicchia… ero così depressa oggi e lei, meglio dellamagaclara, mi ha messo di buonumore, grazie. Le posso offrire un cordiale?
grazie della cordialità signorina Gabbiella, ma che bel nome che cia anche lei meglio della lamagaclara, che speriamo che non legge sè no mi fa come un incantesimo che mi incanta. se lei mi vorrebbe scrivere il suo indirizzo di telefono io verrebbi ma più avanti, che voglio vedere se mi si apre cualche prospettiva coi sali marittimi che voglio portare Sperandio ai fanghi di Fuggi, magari li succede il miracolo quello la quando gli ela faccio vedere, che siamo arrivati alle termiche. grazie lostesso non mancherà signorina Gabbiella ma che bel nome che ciavete anche lei.
Gabriella, come suggeriva l’autrice di un libricino che lessi molti anni fa, “champagne e camomilla” curano ogni depressione. :0) Posso dunque unirmi anch’io alla sbronzetta fra donne? Tra l’altro non ho mai bevuto il cordiale, non so nemmeno cos’è, magari faccio una ghaff, come direbbe Amalia. A proposito Amalia, venga, non sia timida, si faccia un bel goccetto, non si faccia buttar giù da questi omacci(oni)! :0) E ci continui a raccontare, la sua prosa va giù che è un piacere!
ps: Gabriella, con l’idea del calco fallico dello scrittore mi hai fatto ridere moltissimo… E poi mi hai ricordato l’opera del Sommo Genio Duchamp, il “Female Fig Leaf”, ironico calco di sesso femminile.
Ehm, c’è posto per me?
E PER ME, AMICHE? TRA TUTTI QUESTI OMACCIONI, CALCHI FALLICI, CORDIALI! WOW!
io come ape bevo sempre il rabarbaro zucca con il selz.
non è chic, ma non impegna.
@ Gemma
Quando mia nonna offriva un cordiale intendeva un liquore, tipo amaro o anche rosolio. Grazie del consiglio… :-)
Non me la sono inventata la storia del calco, ci fu una groupie famosa negli anni 70 per aver avuto questa idea. C’è il tipo che gira a Milano per i reading e le presentazioni a fotografare gli scrittori: tutti, senza eccezione alcuna, arriveremo anche al calco, abbi fede.
@ Amalia
attenta che lamagaclara è permalosa e le fa l’incantesimo che il marito s’ammoscia a fiuggi, è una mia amica, se vuole posso farle avere lo sconto sul corso di taumaturgia, di più non posso fare. Le darei volentieri il mio nr di telefono, ma non vorrei avere la linea infestata dai trolli, sa com’è! Lei si faccia viva quando torna che troviamo il modo per berci un bicchierino insieme.
@ Magda
Negli anni 80 era chic bere il rabarbaro allo Zucca in Duomo…eh!
@ Luxuria
per te c’è posto ma Platinette no, quella è di destra e vota berlusconi. Noi veterofemministe siamo ancora un po’ ancorate al passato…
Gabriella, l’ho conosciuto il signore di cui parli. Non andando quasi mai alle presentazioni non sapevo della sua esistenza, ma un giorno ero in Cairoli con un mio conoscente che lo ha riconosciuto, e l’ha fermato. Dopo il dialogo a cui ho assistito la mia idea era che non fosse molto in forma… A quel punto meglio collezionare calchi! Forse…
Cmq “Champagne e camomilla” è un gradevolissimo libricino di argomento tutto femminile (er marito se ne va con un’altra più giovane e bella, lei grazie a dosaggi calibrati di champagne e camomilla si riprende). Ora sto leggendo “Twilight”, molto gradevole (storia d’amore tra un’adolescente e un vampiro). Pensavo che è strano che la narrativa “per donne” sia cosiddetta rosa, quella “per gli uomini” (commissari, delitti) gialla (o nera). Chissà l’origine di questa denominazione cromatica…
Da piccola invece mia madre mi faceva bere il Ferrochina Bisleri (“per l’anemia”…). E lo zabaione con tanto di Marsala (“il Marsala tira su”…)…
(Sergio Garufi a quanto pare non c’è, possiamo continuare a fare chiacchiere! :0))
i calchi genitali non sono candidabili alle prossime erezioni.
“ma un giorno ero in Cairoli”: strana formulazione.
che significa “essere in Cairoli”?
mi viene da precisare, in merito a un commento qui sopra, che dino risi non parla romanesco, quindi non dice “scànzate”, ma “scànsati”: l’idea che tutti quelli che fanno cinema siano romani (e dunque romaneschi) è senz’altro celtica.
@ Tashtego
A Milano, ahimé, dicono così: “Sono in Duomo”, “Ci vediamo in Cairoli”, intendendo “Sono a Piazza Duomo”, “Ci vediamo a Largo Cairoli”… Un effetto del lungo e forzato stanziamento in un posto è quello di cedere alle espressioni locali, una volta capite. Vivo a Milano, proveniente da Roma, da sette anni…
Il tuo discorso apre però una bella riflessione sul punto di vista, di cui si è occupato già Mozzi in un altro post di questi giorni. Se tutti quelli che fanno cinema sarebbero romani (questa è un’idea molto nordica e di solito esposta con almeno una punta di disprezzo), da Roma la visuale permette di vedere che tutti quelli che fanno televisione sarebbero milanesi. Forse sono vere tutt’e due le cose. Le generalizzazioni lo sono sempre, tanto quanto non lo sono. Ma è certo che se i milanesi devono sopportare la nostra romanità, e l’idea stereotipata che hanno della nostra romanità, anche noi romani dobbiamo sopportare quella che a noi appare una tipica milanesità. Anche di espressioni dialettali che, per di più, sono anche errate: il famigerato “piuttosto che”, usato come disgiuntivo, a mio avviso è l’emblema della “dittatura barbara” (quella di cui parla Baricco nei “Barbari” che sta pubblicando a puntate su Repubblica), espressione che da Milano, medium la televisione, ha conquistato la lingua di tutti (io a quell’automatismo riesco ancora a ribellarmi però). Come avvenne, prima, con “un attimino”… (cfr. http://www.accademiadellacrusca.it/faq/faq_risp.php?id=3930&ctg_id=93)
Non vorrei comunque aprire una voragine linguistico-dialettal-campanilistica, tra l’altro sto partendo.
Buon Ferragosto, a Tash e a tutti. :)
mi dispiace per Tashtego: nonostante Risi sia in effetti milanese e non romano, disse proprio così. Immagino per identificazione proiettiva con (ipotesi 1) Nanni Moretti (ipotesi 2) i giornalisti, romani, che l’ascoltavano.
A volte, vittime del pregiudizio sono quelli “contro ogni pregiudzio” ;)
@marco
sono pieno di pre-giudizi, io.
quindi mi ritiro.
resta il fatto, da te ammesso, che risi est milanese.
tempo fa l’ho visto in tivù in un lunga intervista ed effettivamente parlava con marcato accento settentrionale.
nel mondo dei media c’è una dittatura linguistica a prevalenza romanesca, con innesti milanesi.
il comicarolo boldi/de sica, per dire, è di solito imperniato sulla dielttica elementare romanesco-meneghina, con contorno di dialetti meridionali a scelta.
buongiorno ragazze, come siete care che tutti mi scrivete che io mi voglio fare gli auguri di buon ferracosto a tutte e anche al signor Vodka che non vorrei che lui se la presa ma a me piace che quando scrive i suoi racconti e novelle e bellissimo pure se non capisco tutti cuei nomi strani che lui e sicuramente di milano. o andata a fuggi in questi giorni, che lamagaclara mi aveva detto che Sperandio poteva sollevarsi coi fanghi di accua minerale che non e stato così, che quando il dottore ci a detto di dormire nuti e senza vestiti adosso che poi l’unica cosa che mi e rimasta in mano e la bronghite, altro che si alza che non si alza propio niente. ma tanto ormai non minporta propio niente che la mia amica Mikàte mi a detto che mi porta lei in un posto che lei lo conosce bene che apena entri volano tutti i cappelli, che cara la mia amica che mi sente la mia mancanza di cui soffro. poi vedo tanti nuove amiche che mi vogliono bene come la signorina Lussuosa che io o visto le foto del suo matrimonio sopra famglia cristiana insieme al vescovo suo marito Pecoraio Ascanio che cia i verdi, che se io saprei la scheda li votassi pure al quiz della camera e del senato ma quelli non mettono mai le foto che io potessi riconoscer li. ma anche Pecoraio che bel ragazzo e che bel nome come Lussuosa che sta così bene col taglierino. e poi che cara la signorina Gabbiella che non l’avrei riconosciuta ma mia figlia Salvatrice dice che fa la televisione a riporto, che io non l’avevo conosciuta subito perchè la puntata non la guardo sempre quando ci mettono tutti quelli morti e le bombe mioddio. pero a me mi piace che io ci piacio alla dottoressa Gabbiella e anche alla signora Madga che parla dei carichi genitori come e cara e anche le erezioni che solo seddio vorrebbe ma cua non si vede nemmeno l’ombra. scusatevi, ma anche il signor Casceco e uno scrittore, con cuel nome così straniero ma che bravo che e? madonnassunta proprio oggi ma siete tutti qui le mie migliore amiche, come sono contenta di starci convoi che anche se mio marito non vuole propio saperlo io sono contenta che avete tutti dei nomi assai bellissimi e mi fate venire, i briviti sulla schiera come vi voglio bene assai ciao a tutte. ossignore che poi dimenticavo la signorina Gemma che e cuella che mi a detto le cose assai più belle, ma non vi offendete glialtre che vi voglio tanto bene assai, anche a Cretinetta gli vorrei bene assai che cia sempe tanti uomini così mascili dietro come il marito di Costanzosciò e la sua moglie di Filippo. mi saluto e vi aucuro ancora buone cose per tutto cuello che voi voleste.