L’uomo è rimedio dell’uomo

l’approccio alla responsabilità sociale nella medicina tradizionale in Senegal e Mali.

ame tapili di Iside Baldini

I dispositivi di cura tradizionali costituiscono la principale risorsa per garantire la salute delle popolazioni dei paesi emergenti. L’OMS stima che l’85% delle persone in caso di necessità fa ricorso alla Medicina Tradizionale per la sua migliore accessibilità geografica, culturale, economica e ambientale. Ma la modernità e gli interessi delle lobby farmaceutiche minacciano la sopravvivenza di questa fondamentale risorsa. Fondamentale non solo per l’Africa.

“Non arriviamo al mondo completamente formati. Impariamo come pensare, come camminare, come parlare, come comportarci, come diventare esseri umani, attraverso altri essere umani. Abbiamo bisogno di altri esseri umani per essere a nostra volta umani3. Siamo fatti per la condivisione, siamo fatti per la famiglia e l’amicizia, per esistere in una “tenera rete di interdipendenze”(Desmond Tutu in Battle 1997, pg.65). Nelle parole di Desmon Tutu, commissario del South African Truth and Reconciliation Commission (TRC) organismo istituito nel ’95 con la finalità di accompagnare il Sudafrica verso la riappacificazione post regime apartheid, si incontrano i principi capisaldi del funzionamento sociale africano, all’interno del quale il dispositivo della Medicina Tradizionale ha un ruolo fondamentale.

Il termine «medicina tradizionale africana» in quanto artefatto coloniale, costituisce un unico contenitore in cui convenzionalmente sono state riunite persone, piante, riti, miti, teorie e tecniche, implicati nei processi di cura. Questo assembramento contribuisce a intorbidare le acque e a rendere, se possibile, più sfuggente il suo contenuto.
Le pratiche dei guaritori non solo hanno a che fare con la cura delle malattie, ma spesso anche con la prevenzione di eventi dannosi sia per la salute che per il tessuto sociale. Il guaritore può essere chiamato ad agire quando una persona è sofferente, ma egli è allo stesso tempo un indovino, un guardiano di altari, un leader di comunità. Può essere consultato per ottenere la guarigione da certe malattie, ma anche per avere fortuna in caso di disputa, fertilità, ricchezza, pioggia per i campi della famiglia e dei villaggi.
Quindi, là dove noi vediamo e diciamo “medicina tradizionale” c’è un insieme composito di pratiche, di procedure di ricerca e influenzamento, di saperi e rimandi a elementi cosmologici che vanno al di là del saper-fare tecnico del medico, così come lo immaginiamo.
 
L’approccio della medicina tradizionale ha a che fare con un continuo lavoro sul posizionamento e riposizionamento degli esseri animati e, per noi occidentali, inanimati, in un equilibrio dinamico transitorio e in continua negoziazione tra il dentro e il fuori, il sopra e il sotto.
Che cos’è una persona nella prospettiva della medicina tradizionale? Sicuramente non è solo un individuo. E’ una creatura della Creazione, che intrattiene relazioni in equilibrio dinamico con le altre creature (visibili e invisibili).
“L’uomo è il rimedio dell’uomo”, si usa dire in Africa, e i guaritori assumono fino in fondo questo assioma. Essi non si risparmiano e in una giornata, un guaritore, può arrivare a curare anche cinquanta persone. Non manda mai a casa nessuno senza prima avergli dato una risposta, senza aver compiuto un gesto di cura. Il vero guaritore è conosciuto all’interno della sua comunità e ha una reputazione da mantenere. Più è in grado di curare, più è “forte”, e più le persone vengono a consultarlo non solo dai dintorni o da altre regioni del Paese, ma spesso anche dai Paesi confinanti.

Nel sistema Tradizionale il bene e il male hanno una funzione. Ma quello che è bene per qualcuno potrebbe essere il male di qualcun altro e viceversa. Non c’è una morale assoluta se non il fatto che “è Dio che decide alla fine, per ognuno, quali sono le prove che deve attraversare durante le 99 vite che gli spettano prima di poter tornare definitivamente dal Paradiso da cui proviene” (Da discorso di Famara Basse, guaritore proveniente dall’etnia Séréré – Senegal). La vita e la morte sono separate da una membrana osmotica che continua a essere attraversata. Così come la vita sulla terra e quella del “mondo intermediario” (degli esseri  invisibili ai più, ma non ai guaritori, e assolutamente in interazione con il mondo degli umani),  sono separate da una barriera permeabile che ne regola le interazioni.

Ma ogni guaritore, segue un codice di condotta etica che gli impedisce di nuocere agli altri, almeno intenzionalmente. “Ciò che pensi sia buono per te bisogna che tu lo offra agli altri; ciò che pensi sia troppo pesante per te da sopportare devi evitare di scaricarlo sugli altri”.
“E’ fondamentale ed è meglio avere delle buone relazioni con la famiglia, gli amici e i forestieri piuttosto che avere dei milioni” che si traduce in “meglio essere oggetto della stima degli altri che essere milionari”.

Il dispositivo di cura della medicina tradizionale è fatto anche di parole che esprimono le cose e le fanno esistere nella coscienza, piuttosto che renderle razionali attraverso la ragione. La coscienza  in Africa è la consapevolezza basata sul sapere nel profondo del proprio intimo dell’ineluttabilità degli avvenimenti. Per noi culturalmente discendenti da Cartesio invece, la realtà non può che essere oggettiva. Dove per oggettivo si intende soprattutto matematicamente misurabile e statisticamente significativo. Il sistema tradizionale è fatto inoltre di sistemi di traduzione che sono le piante, i dispositivi rituali e le invocazioni che si usano che permettono di dire quale tipo di “realtà” si è presentata. Una volta avviata la loro iniziazione, è spesso attraverso i sogni che i guaritori imparano la loro arte. In sogno ricevono la visita di esseri che insegnano loro come gestire la relazione con i luoghi e con tutti coloro che li abitano, che siano uomini, piante, animali o gli esseri del mondo intermediario. Imparano i gesti della cura. Per i guaritori quindi nei sogni vi è un apprendimento importante. Inoltre essi “vanno nella savana e interrogano gli alberi che solo la dimora, il supporto, degli esseri del mondo intermediario. Attraverso gli alberi chiedono a Dio di esaudire le loro preghiere. Tutto ciò che è sacro è interdetto alla maggior parte delle persone, a coloro che non solo iniziati o che non sono nella posizione di poter aver a che fare con ciò”.
Il guaritore fa esistere gli esseri della creazione grazie al fatto che può far emergere il loro nome preciso, un po’ come l’inchiostro simpatico quando si scalda. E più ha esperienza, più conosce, e più sarà preciso nel nominare gli esseri e nel farli esistere dando a loro la giusta collocazione. Il guaritore partecipa al rischio. Si mette dalla parte del suo malato e si sporca le mani. E’ sempre responsabile del corso della terapia ed esso compie un’operazione di posizionamento incisivo della persona sofferente (di mali fisici, psichici, sociali, spirituali) in un sistema di relazioni fatto di altre persone e entità.
Il dispositivo di cura della medicina tradizionale quindi consente di rimettere al centro delle politiche sanitarie le pratiche mediche autoctone e l’idea di un servizio sanitario più vicino ai bisogni, alla cultura e alle prospettive delle popolazioni. Le pratiche tradizionali si fondano su un’identità culturale comune: Il fatto che guaritore e paziente condividano la stessa idea sulle cause, il significato e la cura di una malattia è un requisito essenziale per un trattamento efficace. Al di là del servizio di cura offerto dai guaritori, una delle funzioni che essi assolvono è la salvaguardia dello stato di salute dei membri della comunità attraverso il loro lavoro di costruzione dell’identità. Occuparsi di salvaguardare il senso di appartenenza delle persone a un gruppo e a un luogo, è ormai appurato essere un importante fattore di protezione e di preservazione dello stato di salute di una comunità. Salute quindi non come mera assenza della malattia, ma come stato di benessere complessivo, individuale e sociale (cfr. OMS, Carta per la Salute, Ottawa 1986). Inoltre, il dispositivo tradizionale è molto attento alla preservazione dell’ecosistema naturale, da cui si approvvigiona per la produzione di fitofarmaci. Infatti, a supporto del dispositivo terapeutico tradizionale vi sono vari prodotti naturali, tra cui quelli vegetali sono tra i più cospicui e tra i più a rischio di sparizione in ambienti come quello saheliano dove l’avanzamento della desertificazione impoverisce la biodiversità.

Da anni, infine, il sistema medico convenzionale, dibatte intorno al problema della credibilità del dispositivo di cura tradizionale. La  difficoltà da parte del primo di esercitare un controllo sul secondo, alimenta pregiudizi, che spesso trovano conferma nell’operato dei cosiddetti ciarlatani, principale spauracchio della classe medica ufficiale.
Ma la differenza tra l’accesso all’informazione scientifica, apparentemente facile e illimitato per chiunque, e quella che si raccoglie empiricamente o attraverso lo scambio di pareri, discussioni e collaborazioni con persone che vivono e operano lontano dai meccanismi e sistemi moderni di produzione di sapere e conoscenza, come le università e i congressi scientifici internazionali, sta proprio nel poter instaurare, con i detentori di questa diversa conoscenza, un rapporto qualitativo gratuito e ai margini dello scambio commerciale.

Le relazioni che si sono instaurate tra esponenti della cultura cartesiana e detentori del sapere tradizionale, attraverso le iniziative di cooperazione allo sviluppo delle ONG, di certa buona cooperazione bilaterale e ricerca scientifica sul campo, rappresentano una nicchia privilegiata creatasi in anni di presenza e di attraversamento di «prove» che costruiscono la reciproca credibilità. Sono il fondamento su cui si basano le azioni e lo scambio di conoscenze. Così, in un progetto di cooperazione sanitaria, si può collaborare con persone che parlano di cerchi magnetici, di energie, di esseri invisibili, cercando di capire e dando loro credito grazie ai rapporti umani sottostanti. E ci vogliono anni di fatiche, di conoscenze dell’animo, di sedimentazione, di amore nel senso forte della parola, di amicizia profonda, per creare questi rapporti. Del resto se la cooperazione allo sviluppo ha un senso, forse è proprio quello di creare relazioni tra differenti comunità in cui vengono generate strutture di credibilità e di senso.
Per questo il programma “Valorizzazione della Medicina Tradizionale in Senegal e in Mali” è basato sulla memoria, individuale e collettiva, sinonimo, in Africa, di pensiero. E un buon pensiero ha migliori possibilità di guidare buone pratiche, benefiche alla vita. 

Il progetto in breve
ACRA (Associazione di Cooperazione Rurale in Africa e America Latina), CISV (Comunità Impegno Solidarietà e Volontariato), GRT (Gruppo per le Relazioni Transculturali), ORISS (Organizzazione Interdisciplinare Sviluppo e Salute) e TERRA NUOVA, dopo aver costituito a partire dal 1997 una piattaforma di confronto e scambio culturale sulle medicine tradizionali e aver lavorato sul campo con delle realtà operanti in questo settore, hanno deciso di concentrare i loro sforzi nell’elaborazione di un progetto in Mali e Senegal che favorisca l’integrazione dei due sistemi di cura: medicina tradizionale e convenzionale.
In particolare, gli obiettivi del progetto sono:
– capitalizzare e diffondere il bagaglio di conoscenze sulle terapie e cure della medicina tradizionale;
– migliorare l’accessibilità e l’organizzazione dei servizi offerti dalla medicina tradizionale;
– sostenere il riconoscimento formale e l’implementazione di dispositivi di verifica da parte delle istituzioni sanitarie nazionali delle pratiche di cura tradizionali;
– favorire il dialogo e scambio tra i terapeuti tradizionali e di confronto tra esperti ed esperienze delle due medicine convenzionale e tradizionale. Il progetto si realizza in Senegal nelle regioni di Louga, Fatick e Ziguinchor e in Mali nelle zone di Kolokani (Bamako), Bandiagara e Youvarou (Mopti).

Beneficiari indiretti la popolazione delle zone del Mali e del Senegal interessate (60.000 persone) e circa 2.000 guaritori tradizionali.
– Partner locali
In Mali
Il Dipartimento di Medicina Tradizionale (DMT)
Il Centro Regionale di Medicina Tradizionale della V regione (CRMT)
La Federazione delle Associazioni dei Terapeuti Tradizionali di Bandiagara (FATTB)
L’Associazione dei Terapeuti Tradizionali del Bélédougou (ATTB) – Kolokani
I Guaritori di Youvarou
In Senegal
L’Association pour le Développement de L’Arondissement de Fimela Yungar (ADAF – Yungar) del Senegal
Il Comitato di Guaritori Wod Wodanel di Fimela
l’Associazione Kalounaye per lo Sviluppo Economico e Sociale (KDES)
L’associazione di Guaritori di Bignonia ATRAP/B
L’Associazione di Guaritori AMPHOT di Louga
– Durata
3 anni da marzo 2006 a febbraio 2009
– Partner e co- finanziatore  internazionale
Ministero Affari Esteri Italiano

[articolo pubblicato in una diversa versione su Mondo Economico, maggio 2006.]

Iside Baldini è una psicoterapeuta ed etnopsichiatra che ha passato gli ultimi 20 anni a cavallo fra Italia, Sud America ed Africa. La sua vita è troppo lunga per potervela raccontare in poche righe. Vi dico solo che è morta e rinata almeno due volte (ed io ne sono testimone!)

Nella foto: Ame Tapili, un membro della federazione delle associazioni di terapeuti tradizionali di Bandiagara (FATTB) in Mali. E’ un reduce della seconda guerra mondiale che è venuto a liberare Roma dal nazifascismo arrivando poi fino a Berlino.

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5 Commenti

  1. Cara Iside, leggerti è come vederti rinascere l’ennesima volta.
    Un abbraccio

    Carlo

    PS Naturalmente confermo la testimonianza di Gianni Biondillo. E aggiungo che Iside scrive cose bellissime. Specie sul Sud America.

  2. Carlo, sto cercando di convincere Iside (che ora ci legge dall’Africa) a mandarci un po’ di cose sue.

  3. @Iside Baldini

    “siamo fatti per la condivisione”

    L’uomo è soltanto uno dei rimedi di se stesso
    La scienza, per esempio, è un altro rimedio. Il kombinat medico-farmaceutico sta mutando l’essenza della natura umana. E se i nuovi guaritori fossero proprio i Frankenstein rinchiusi nei laboratori genetici? L’ineluttabilità dell’Oggettivo?

    Baldini solleva molti interrogativi
    Domande che investono una questione che stiamo affrontando spesso, quella della Tradizione e della Identità. Ma prima di tutto vorrei dire che la scrittura dell’autrice è “tenera”, intensa quanto indiziaria, ha l’odore acre della ricerca sul campo, della soddisfazione che provi quando raggiungi un risultato. Tapili, reduce della Seconda Guerra mondiale, sulle ceneri di Berlino distrutta.

    Dobbiamo rispettare la medicina tradizionale
    L’autrice avverte che l’argomento è “torbido”, “sfuggente”, e in effetti, dopo aver letto il pezzo, ero partito pieno di “pregiudizi”. I guaritori mi sembravano un sindacato di stregoni e le erbe magiche la nemesi della vaccinazione. Avevo intenzioni polemiche, ma volevo prima capire.

    Raccontare le storie, non la Storia, della Medicina
    Così ho telefonato a Miky, che sta alla Cattolica, per avere un punto di vista più aperto e obiettivo. Come dire, la parola alla medicina ufficiale. Credevo che mi dicesse bravo, hai ragione, agli scienziati non piacciono gli stregoni, e invece Miky mi ha ricordato che la medicina non è una scienza esatta, e che la Storia della medicina occidentale è solo un pezzo della Storia della medicina tout-court, alternativa o tradizionale che sia. Dopo la telefonata, ho riletto il pezzo con occhi diversi. E finalmente l’ho capito. Esistono più medicine, è chiaro.

    Ma tutte le medicine sono la stessa cosa?
    Restano dei dubbi. Il primo riguarda ‘l’attacco’ del saggio, l’affermazione per cui “la modernità e gli interessi delle lobby farmaceutiche minacciano la sopravvivenza di questa fondamentale risorsa (la medicina tradizionale, nda)”. Nessuno mette in discussione che le lobby stanno strangolando le nazioni africane, ma perché l’autrice ha allargato il campo delle colpe alla modernità? Non sarà un po’ occidentalista? Io sapevo che storia della medicina moderna, tutto sommato, è stata un è sinonimo di progresso. Che ne direste di una multinazionale del farmaco made in Sud Africa? Non vorrei sembrare capzioso, ma è una possibilità.

    La Tradizione può essere anacronistica?
    L’altro aspetto che non mi torna è la funzione del guaritore come “indovino, guardiano di altari, leader di comunità”. Quindi come personaggio di potere all’interno della struttura tribale. Quale genere di autorità, frutto di quale antica credenza, legittima queste pratiche di “prevenzione degli eventi dannosi”? Per “avere fortuna” è davvero sufficiente l’osservazione degli astri? Il contrario dell’occidentalismo, dunque, è una sorta di esotismo di ritorno. L’idea di una medicina postcoloniale, arcadica, spirituale e in fondo sentimentale.

    Eppure c’è il misterioso Sam…
    Ma devo stare ai fatti, e i fatti stanno dalla parte di Baldini. Sam è un amico senegalese che ho conosciuto circa dieci anni fa. Una volta mi ha raccontato che prima di partire per l’Italia, a Dakar, decise di fare visita al marabù. I marabù sono i depositari dei culti tradizionali locali. Bene, il marabù augura buona fortuna a Sam e gli dona un amuleto, dicendo portalo sempre al collo, perché se c’è pericolo diventerai invisibile (nientemeno). Ecco, devo ammettere che una prova tangibile dei poteri dell’amuleto l’ho avuta. Ci eravamo imboscati, io, Sam e un altro paio di amiche, senza fare niente di male. Arrivano i Caramba per un controllo e Sam mi dice che non ha il permesso di soggiorno in regola. “Fuori dalla macchina, documenti, chi siete e chi non siete”, ma poi i caramba se ne vanno. E Sam? Come se non ci fosse.

    I guaritori combattono l’Aids?
    Insomma, la storia di Sam mi ha (quasi) convinto. Ma per stare più tranquillo vorrei fare alla Baldini un’ultima domanda: cosa ne pensano i guaritori africani del preservativo? Quando vanno in giro, lo distribuiscono nelle capanne dei villaggi più sperduti? Perché, sai com’è, pare che in giro ci siano strani guaritori, cristiani, che dicono che il preservativo non funziona, che il guanto è un grande bluff, e che non risolverà mai il problema dell’Aids.

    La domanda di riserva è una barzelletta
    Se fossi un vecchio paziente senegalese, afflitto dal mal di denti, preferirei che nella mia capanna entrasse prima il dentista o il marabù? Un’invocazione degli dei o il trapano punitore? Ieri ho (ri-ri)perso la capsula del molare inferiore destro. Sono riuscito a rimetterla a posto da solo. L’ennesimo rimedio di me stesso.

  4. Il pezzo è molto interessante anche solo per il tono del discorso.
    Sarebbe bello sapere che ne pensa un fisico del Cicapa al riguardo.
    Certo che la cooperazione con la medicina tradizionale non dev’essere cmq tutta rose e fiori anche per il medico occidentale più aperto.
    All’Università di Mlano il prof di zoologia Ettore Tibaldi, collaboratore tanti anni fa di Licia Colò nell’Arca di Noè, organzizza da tempo tesi in Burkina Faso di sviluppo del territorio e dell’agricoltura cercando di conciliare tecniche occidentali e cultura locale. Questo pezzo me l’ha ricordato.
    Lorenz

  5. Mi par di capire che uno degli aspetti interessanti della MTA è l’accesso alla cultura, la dignità della persona possibile grazie all’identità culturale, la negoziazione del ruolo medico-paziente. Definirci persone, in reti di altre persone, per poterci guarire. Anche io ho pensato al CICAP, ma mi pare chiaro che qui non si parla di taumaturgia, ma di società.

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GIANNI BIONDILLO (Milano, 1966), camminatore, scrittore e architetto pubblica per Guanda dal 2004. Come autore e saggista s’è occupato di narrativa di genere, psicogeografia, architettura, viaggi, eros, fiabe. Ha vinto il Premio Scerbanenco (2011), il Premio Bergamo (2018) e il Premio Bagutta (2024). Scrive per il cinema, il teatro e la televisione. È tradotto in varie lingue europee.
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