1° non singolo (sette poeti italiani)

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di Alfonso Amendola e Mariano Bàino

Esce in primavera il sesto volume dei Megamicri, la collana di poesia contemporanea pubblicata da Oèdipus Edizioni: “1° non singolo (sette poeti italiani)”. Una “non-antologia”, “un’antologia di meno” che presenta lavori di Alessandra Carnaroli, Giovanna Marmo, Giorgio Mobili, Angelo Petrella, Laura Pugno, Angelo Rossi e Antonello Tolve (introdotti da Aldo Nove, Tommaso Ottonieri, Clelia Martignoni, Mariano Bàino, Cecilia Bello Minciacchi, Giancarlo Alfano e Massimiliano Manganelli). Ringrazio i due curatori, autori della prefazione pubblicata di seguito, per il permesso di riproduzione.
P.S.

“Poets, go home!” si leggeva su di una lavagnetta chissà come capitata negli spazi di “Milanopoesia”, in un’edizione dei primi anni Novanta, o degli ultimi degli Ottanta. Forse non significava nulla quella scritta, ma a me (ad alcuni di noi) fece pensare a una società che della poesia non sa proprio che farsene, come trasformarla in merce; e te lo dice, nel momento stesso in cui è in atto un tentativo di piazzarla sul mercato, la poesia…
“Poeti, andate via!”.

Le rovine si accumulano senza tregua ai piedi dell’angelo della storia… Rovine che salgono al cielo, mentre l’angelo nuovo è spinto irresistibilmente nel futuro dalla tempesta del progresso… Benjamin. Tutti sappiamo. Ma in quelle rovine, fino a ieri, c’era ancora vita… Molte cose si muovevano, lì dentro…

L’oggidiana regressione culturale ha forse i caratteri dell’irreversibilità. La poesia sembra morta. Come l’arte. “Abitiamo in una sorta di Disneyland culturale”, dice Finkielkraut. Per lui, “ci troviamo a vivere il primo periodo della storia europea in cui il “non-pensiero” è stato elevato al medesimo status del pensiero”.

Una non-antologia… Dopo cinque singole autorialità la collana dei megamicri raccoglie una rosa di nomi, di cui quasi nessuno esordiente “puro”.
Alessandra Carnaroli, Giovanna Marmo, Giorgio Mobili, Angelo Petrella, Laura Pugno, Angelo Rossi, Antonello Tolve.
Percorsi poetici differenti, accomunati, crediamo, da una stessa vocazione alla sperimentalità, e da una anagrafica che seppure non li distanzia eccessivamente non li rende tuttavia un unicum generazionale. Una non-antologia, dicevamo; o un’antologia di meno, dove, fra differenze decisamente leggibili, vengono rappresentate alcune soglie della poesia contemporanea.

Ringraziamo gli amici prefatori. Anche loro non hanno consigliato ai nostri autori l’autotutela di una exit strategy dal genere poesia e dalla sua “intrinseca” decadenza. Già, perché anche i nostri autori non possono non essere intrappolati nel cul-de-sac di una postmodernità ristucchevole, ammattita e cinica. Ma hanno compiuto il passo falso dell’esistenza (e della resistenza?) poetica. E nessuno di loro sembra di quelli che possono tornare indietro.
Ascoltiamone la reattività. Fra le rovine.

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43 Commenti

  1. Allora, giusto per gusto (filologico)

    la frase su quella lavagnetta l’avevo scritta io e da allora è la mia ‘insegna’.
    Mariano farebbe bene a ricordarlo, perché lo ricorda bene.

    Uffa!

    Lello

  2. PS: e non significava affatto quello che dice lui, anzi il contrario, era l’invito ai poeti ‘poetesi e poetanti’ della parola innamorata a levare il disturbo.
    Tutt’altro, dunque.
    Ri-Uffa!

    lv

  3. scusate Amendola e Bàino, ma è Angelo Petrell-A- o Angelo Petrell-I-
    … il secondo l’ho sentito nominare più spesso. fatemi sapere. grazie.

  4. Allora dopo il (giusto) riequilibrio filologico di Lv che ringrazio: l’Angelo in questione è PetrellA e ringrazio E.K. per l’info sull’articolo-racconto della Pugno.

  5. Vorrei segnalare in questo mondo di bufale un articolo uscito su ‘Il Giornale’ di Leonardo colombati (un megarticolo) che definisce Michelangelo Zizzi (ma chi minchia è costui? Un essere da risse letterarie mi hanno detto) il più grande poeta attuale.
    Un vero dramma. Cercate di trovarlo anche se è tardi. L’ho appena letto.
    Sono basito.

  6. Grazie alla Giardiniera, ho letto Zizzi su NI. Non volevo intervenire. Ma è orrendo. La prima poesia parla di morte e di ossi, la seconda di sangue e di mestruo. e in nota si dice che Tizzi fa il medico! (io non andrei a curarmi da lui). Ho letto diverse poesie su quei temi, anche belle, una bellissima, ma queste sono proprio brutte anche nello stile. Secondo me non ha futuro. Un’ultima cosa. Il primo commento sotto le poesie era questo
    Alfonso Berardinelli Says:
    November 11th, 2004 at 11:01
    In effetti si esagera. Ma mi sembra in relazione alla complessione sintagmatica, alla forza di correlazione dell’immagine (vedi Rifaterre), e non al senso eterodosso, eteromorfo, eteroflesso del postmoderno, non in relazione al principio di casualità, di incastro casuale dell’immaginario, di ecolalia tipica della maggior parte dei poeti contemporanei. Difficile tenere questo ritmo serrato. Mi sembra che Zizzi ci riesca benissimo.
    quindi non capisco più; e tutta la vostra polemica con Berardinelli?

  7. ahahahhaha :-))
    Dai, non avrai pensato che fosse il vero B.!?! Quello era un periodo di veri troll, tra i commentatori…

  8. Scusatemi ma colombati di poesia ne capisce quanto michael jordan, dunque non fa testo. Non voglio essere offensivo, è la verità, mai sentito parlarne, benigni ne capisce un po’ di più. Zizzi secondo me non è male, ma ovviamente ha ancora tanto da fare e definirlo il meglio è semplicemente una delle tante cazzate che ci tocca sentire.

    ciao

  9. quelle rovine però trascinano il poeta lontano da casa…mentre la gente lo rimanda a casa…e il poeta fa e rifa il tragitto noncurante della betise…perché con la poesia non si fanno soldi…e solo senza impiccio economico si può essere veramente liberi di non partecipare all’imbecillità…e se il poeta cerca di tornare a casa per nutrirsi…le rovine lo portano di nuovo lontano…lui apre le mani, scimmiotta le ali dell’angelo nuovo…vuole che la tempesta lo porti lontano…ma s’impigliano molte cose e persone in quelle dita…e tutt’intorno risuona in voci il 1° non singolo…e il poeta un pò ne ride…levo il calice al 6° Megamicro

  10. Credo sia impossibile dire che uno scrittore, un poeta o chicchessia possa essere definito il più grande( che poi di cosa – d’itali, del mondo, dell’universo?) insomma – colombari non ha scritto che Zizzi è il più grande poeta attuale, avrà capito lei così, caro sciocchezza … e comunque colombari è uno SCRITTORE, caro sciocchezza..

    Io da lettore attento di Zizzi, ovvero, – intendo – io che non ho letto una sola poesia, o la sola sezione di un poemetto pubblicato su internet, ma io che ho LETTO veramente l’autore mi permetto di scrivere qui la mia: Zizzi è uno scrittore ed un poeta molto interessante e per certo poco conosciuto, e che può anche non piacere, ma è inappuntabile che abbia delle qualità, un’originalità forte nella sua idea di “canto”, una voce personalissima e riuscita. Gli anonimi posso scrivere che uno faccia schifo o meno o meglio che sia un genio, ma trovo ridicolo che l’opinione di un tizio che nemmeno si firma sia presa sul serio da qualcuno o che alimenti un dibattito.
    Chiudo.

    Faccio pubblicità poco occulta: leggete – DEL SANGUE OCCIDENTALE(di Zizzi, LIETOCOLLE LIBRI 2005) è l’ultima pubblicazione del suddetto poeta – poi gli anonimi mi diranno.

  11. …il poeta, certo, per dirla con montale, non esiste. non ostiniamoci a chiedere il volto dei poeti. il loro essere all’interno di un circuito e bla, bla, bla… fortunatamente la poesia è come una lettera che ha innumerevoli (o nessun) destinatari… ma poi ri/torna a trapungere, inevitabilmente, lo sguardo del mittente. alfonso e mariano hanno costruito un tessuto fitto di trame, una linea assai gradevole, una finestra che si apre alle cose, per parlare, testimoniare, ridi(e?)re.

  12. AP si distingue da me e mi critica solo perché lui o lei dice che Zizzi è bello e io invece brutto. dice che ha delle qualità proprio come io ho detto che ha dei difetti. punto. In più dice solo che lo ha letto tutto: come a scuola, che c’era sempre quello che portava una pagina in più? chi legge di più capisce perciò di più? i correttori di bozze allora dovrebbero capire più di tutti. Ma qui c’è di peggio. Ho visto sotto Zizzi un commento del famoso Berardinelli, poi la Giardiniera ha scritto che non è di Berardinelli. Io però ho guardato sotto un’altra colonna e ho visto un pistolotto a mio nome. Devo ringraziare qualcuno? cos’è la regola? mettete che tutti devono firmarsi, e facciamola finita. Adesso ho schiacciato su antonello e mi è venuto fuori un sito porno. qui sopra Inglese, che ha introdotto i poeti francesi, ha detto che spiegherà meglio Zizzi, ma se intanto uno si firma al posto suo Inglese? E’ un teatro?

  13. superficialotta (che poi chi dice di esserlo si nasconde dietro un giochetto, poiché, fondamentalmente, non lo è mai…) noi siamo (se davvero fossimo) teatro… ci nascondiamo mostrandoci, ci mostriamo laciando lingue d’ombra tra le parole o la voce, ci smarriamo tra frammenti di io e io e io… il “proprio” nome, dirlo, ri-dirlo, sconvolgerlo, piano-piano, è cosa risibile: convieni? io, per me, convengo con la tua “risatina(?)” inerente i correttori…

  14. cara io non uso termini come bello o brutto. ed io sono io. se poi tu “ne capisci di più” bene, allora devi essere veramente un genio, me ne compiaccio: spero presto di leggere le tue straordinarie dissertazioni sulla poesia contemporanea.

    e comunque firmati se vuoi essere credibile superficialotta (col tuo vero nome intendo). penso proprio che il teatro lo stia facendo tu.

  15. mi piace “l’aria” che aveva colto Vocativo (seguo il tuo blog) e ringrazio Antonello e Guibert per i saluti (che so progettuali e pieni d’entusiasmo) e quindi usciamo dalle polemiche (?) e pensiamo ad altro…

  16. Grazie, viandanza; mi sono letta l’articolo e mi ha pure fatto fare due risate (è molto divertente)

  17. La Giardiniera…mix ortofrutticolo, mi chiedevo: come fai a scrivere di letteratura e a dar giudizi se poi non sai nemmeno scrivere?
    Sabrina

  18. Sabrina: scrivo diversamente, a seconda del luogo che accoglie i miei scritti. Nello spazio-commenti di un blog (così come – che so – in un romanzo, così come in una discussione informale) si può assumere un registro vicino al parlato: in un saggio critico, ad esempio, no. Scusa se ti ripeto cose banali che certamente sai già, non volevo essere didattica.
    :-)

  19. Io non credo che l’articolo su Zizzi faccia ridere. Perchè dovrebbe? Vorrei leggere finalmente una critica fondata sulla poesia di Michelangelo. Lui non è un poeta uniformizzato o uniformizzante. Non credo sia nel ‘ già sentito ‘, non è imitabile, è colto, arroccato radicalmente su un sostrato umano e poetico profondo.

  20. Sabrina: non intendevo affatto ridicolo, quando ho scritto “mi sono fatta quattro risate”! È divertente, l’articolo, nel senso che è scritto anche per far ridere (la scena di lui che sale sul palco, eccetera). Se leggi l’articolo te ne accorgi. Mi scuso se si era capito altrimenti. Anch’io vorrei leggere qualcosa su Zizzi.

  21. No, non era ridicola la paginata su Zizzi pubblicata dall’organo ufficiale di Forza Italia. Il tragico è proprio questo…

  22. penso ai sorrisi sorseggiati con cura. alle parole: lunghe distese d’aria in cui muoversi per ritrovare lo sfinimento necessario che preannuncia luminose oscurità. penso, ancora alla libertà, una merce in vero rara, ma fatta, fondamentalmente, di PARTECIPAZIONE.

  23. nell’home page di http://www.lietocolle.it ho visto Zizzi e m’è piaciuto. soprattutto quando dice che la notte

    come l’ago, l’infezione che dai cieli crolla
    l’iniezione di aculeo d’oppio
    che lo scorpione morfinico infila.

    dopo un po’ però sono tornato più lucido sull’argomento, e dev’esserci un errore, penso del giornalista. siccome cioè la morfina è un derivato dell’oppio, il derivante non può derivare dal derivato, e dunque la versione giusta dev’essere

    come l’ago, l’infezione che dai cieli crolla
    l’iniezione di aculeo morfinico
    che lo scorpione d’oppio infila.

    o no?

    M. Negro

  24. Ho letto l’articolo sul Giornale. Trovo desolante il titolo, pieno di ovvietà il testo, addirittura deprimente la scena in cui un poeta (Zizzi) sale sul palco e prende a ceffoni un suo collega che l’ha criticato. Non ho ancora letto Zizzi. Nè lo farò, dovesse non piacermi e dovessi dirlo, va a finire che prendo ceffoni anch’io ed io sono alieno a certi atteggiamenti dannunziani.

    Per quanto riguarda (di questi tempi, poi) scrivere sul Giornale (che non è la stessa cosa che pubblicare da Einaudi o Mondadori) vale il proverbio – dimmi con chi vai e ti dirò chi sei….

    lv.

  25. Zizzi go home! si potrebbe dire…la parola innammorata…o, con Paris, l’io che brucia ha introdotto una poetica che è forse un equivoco…che forse andrebbe almeno contestualizzata ai settanta/ottanta…quella del degrado del corpo…la poesia come registrazione del degrado psicofisiologico…la poesia della malattia…ma la malattia per la poesia funziona solo come cassa di risonanza…finisce per essere marketing pubblicitario…e introduce la poetica dell’annichilimento…della distruzione del poeta come arma per fare poesia…la parola innammorata dice “poets go home and kill yourself”!…ma perché il poeta dovrebbe essere disposto a distruggersi?

  26. Ho letto l’ultimo libro di Zizzi e l’ho trovato eccellente. Come ho trovato in passato eccellenti lavori di altri. Penso che l’errore sia aver detto ‘il migliore’. Si sarebbe dovuto dire ‘tra i migliori’. Come dire se è più bravo Borges o Marquez. Come dire se è più bella Falchi o Bellucci. Impossibile.
    In Italia ci sono almeno una decina di autori in poesia di livell eccezionale e Zizzi è tra di essi. Non dimenticherei però (fatte le dovute differenze di genere) Mario Benedetti, Fabio Pusterla, Paolo Febbraro, Andrea Inglese, Mil Deangelis, Flavio Santi, Andrea Zanzotto ovviamente e qualche altro (ma davvero due o tre) che nella fretta del messaggio sto tralasciando.

  27. @ F.Amato

    Francesco, senza nessuna polemica, solo una considerazione.
    Credo che le classifiche, a qualunque titolo, facciano male alla poesia e ai poeti, visto poi che, in alcuni, una critica fa scattare il meccanismo perverso di prendere a sberle l’interlocutore (sarà un effetto delle cure omeopatiche?). Al tuo elenco (che potrei anche condividere) se ne possono sostituire altri cento, la sostanza muterebbe ben poco e l’inutilità dell’operazione non ne uscirebbe scalfita. Il problema è un altro, molto più complesso, ed è relazionabile alla visibilità dell’opera e del poeta, alla sua capacità di farsi leggere e recensire, ai canali, più o meno “naturali”, attraverso i quali queste operazioni passano. Come si fa, ad esempio, a definire “grandi poeti” (come sempre più spesso capita, con sommo sprezzo del ridicolo) ragazzi che hanno pubblicato appena una decina di testi su un blog o su una antologia? Conosco scrittori e poeti “colti, arroccati su un sostrato umano profondo”, destinati all’oblìo, e non ai “fasti” di un’alcolica recensione, solo perché non hanno tre o quattromila euro per pagarsi una pubblicazione: oppure perché si rifiutano, per motivi etici, di sottostare alle regole non scritte della fiera delle vanità (non solo letterarie). Il novanta per cento dei poeti recensiti e antologizzati pubblica a pagamento: questo dovrebbe essere un segnale preciso di una situazione di degrado alla quale tutti contribuiamo, anche solo esaltando miseri scribacchini destinati a ballare una sola estate.

  28. ottima considerazione fm – ma per pubblicare “non-a-pagamento” bisogna che il GRANDE nome o il critico AMICHEVOLE metta la BUONA parola con il curatore della GROSSA COLLANA della casa editrice nazionale e così via. perché solo a quei livelli non ti vengono chiesti i DANARI.

    ci può essere anche “un genio” preso sotto esame – ma se non c’è dietro “un signore compiacente” libri questo ipotetico genio ne pubblica veramente pochi, anche perché solamente i “non poeti”(fatte rare eccezioni) accettano di pagare migliaia di euro per L’OGGETTO LIBRO in questione e per la possibilità di essere letti. le case editrici che ti chiedono i soldi non sono quasi mai in grado di dare visibilità all’opera che hanno pubblicato, semplicemente lucrano su una sostanza “incommercibile”.

    quindi – constatazione plausibile – i grandi poeti oltre ad essere “grandi” sono anche FORTUNATI(diciamo così) – e per essere fortunati bisogna ANCHE vivere e trovarsi a contato con le persone giuste e i luoghi giusti(città ed ambienti), altrimenti il GRANDE POETA È GRANDE, MA NESSUNO LO LEGGERA’ MAI.

    presumo che ci siano dei geni in ascolto – che posso dirvi di più – mi dispiace veramente per voi cari, ma c’è sempre speranza. in bocca al lupo a tutti!

  29. Angelo, leggo il tuo intervento e condivido sostanzialmente quello che dici: è una fotografia non ritoccata della realtà in questo settore. Ma qui sorge il vero problema, a mio modo di vedere, cioè quello di predisporsi a creare spazi altri, di visibilità e di fruizione, ma spazi veri, critici, di confronto serio, che contribuisca ad elevare la qualità delle produzioni, e non di passiva accettazione di tutto quanto viene propinato. Uno spazio del genere potrebbe (il condizionale è d’obbligo) essere la rete, le tante riviste (molte orripilanti e a conduzione familiar-mafiosa; altre, per fortuna ma poche, veramente di ottimo livello) che qui sono sorte: a condizione di saper mettere da parte l’insulto gratuito e fine a se stesso, ma anche la difesa amicale ad oltranza e contro la logica; di esorcizzare lo spettro delle etichette, delle scuole, delle linee, delle congreghe, delle antologie (una vera e propria deriva nazionale): saranno i lettori a “selezionare” gli autori che meritano e a metterli in condizione di dare il meglio di sé. E’ possibile almeno tentare? Nel mio piccolo lo faccio, ed è questa predisposizione alla ricerca e alla scoperta dell’altro (indipendentemente dalle mie convinzioni personali sulla poesia o su ciò che essa è o dovrebbe essere) che mi ha permesso di conoscere, ed apprezzare, autori di cui ignoravo l’esistenza e ai quali dedico, leggendoli, una parte del mio tempo e della mia vita. Invece, a quale spettacolo in genere assistiamo? Semplice (con le debite eccezioni): se uno muove un rilievo critico ai testi, subito viene assalito dal becerume imperante che vi legge un attacco ad personam, finendo, in tal modo, per riproporre le logiche oscene dell’editoria e della critica alta e paludata, quella che fa e disfa, che crea i suoi miti e li alleva, senza sapere che alcuni hanno la durata e la consistenza del niente. Sarei più contento, come autore, di sapere che cento persone leggono e apprezzano in rete i miei testi, piuttosto che vedermi recensito da uno che, senza entrare nel merito (critico) dei miei testi, parla diffusamente delle mie attitudini sportive; sarei più contento di crescere, grazie a una critica seria e motivata, piuttosto che vedermi circondato dal coro plaudente della mia cerchia di amici. Saper ascoltare (e leggere) potrebbe essere già un inizio: continuando nell’andazzo in cui siamo immersi, non si va da nessuna parte.

    p.s.

    Non credo all’esistenza dei geni, Angelo, palesi o in ombra che siano: credo solo, molto umilmente, che esistano buoni o cattivi scrittori e poeti: e quando mi capita di imbattermi in uno di loro (i buoni, intendo), ho piacere a dirlo, a farglielo sapere (come è successo, per fortuna frequentemente, sulle pagine di NI): anche solo per ringraziarli del piacere che la lettura dei loro testi mi ha procurato.

    Ciao, e in bocca al lupo anche a te.
    fm

  30. Molto poco umilmente, aggiungo, esistono i buoni, i cattivi e i geni. Non riconoscere questo è ottusa invidia.

  31. “Invidia” nei confronti dei “geni”, Mara? Se ne incontrassi uno, oggi, gli dedicherei lo stesso amore e la stessa riconoscenza che nutro nei confronti di Dante e Dostoevskij, di Mozart, Bach o Coltrane, tanto per fare qualche nome a caso. Tu ne conosci, e riconosci, nel panorama attuale? Beata te, è te che invidio per le tue conoscenze, non certo il genio in questione. Se poi alludi a qualcuno che ha appena pubblicato un libro (se è la stessa persona a cui penso io, un gran bel libro, di notevole spessore e di grande tenuta poetica, sicuramente), e in base a ciò lo ritieni un genio, be’, cosa dirti: come per Alice, c’è sempre un modo per ritornare sulla terra dopo aver vagato nel paese delle meraviglie. :-)

  32. Lascia le tue tracce e non ti curar di loro………..qualcuno leggerà……………Tra le righe

    Scrivo tra le righe, in quello spazio bianco dopo la virgola, pausa in cui perdersi e sognare.
    Un punto mi aspetta all’ orizzonte, nera evidenza della fine.
    Solo tu sai trasformare in tante virgole, questo inchiostro da consumare.

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