Poesia reale

di Stéphane Bouquet

traduzione di Andrea Raos

(Ieri sera è sopraggiunta una poesia. Una cena come tante, parliamo di cose rispetto a me non centrali: il tribunale penale internazionale, l’autonomia del diritto o se la giustizia non sia che illusione, uno specchietto per le allodole nelle mani dei potenti, chi giudicherà Saddam e perché gli americani non l’abbiano ucciso. Riconosco volentieri che questi problemi possano essere essenziali per dei vivi di oggi, dicembre 2003. Ascoltavo sì e no. Qualcosa accadeva, in cui mi diluivo piano. È forse questa la definizione della poesia, poesia reale: quella che è una concordanza e un’armonia nel mondo, quella che mi perde. In quel momento diventavo il soggetto della poesia, per un lungo istante non esistevo più tranne che nell’acqua tranquilla che fluiva intorno ai convitati. Friabili scogliere del mio volto è il verso che cominciò il suo travaglio, ma la vera poesia, l’altra, e invadente, si svolgeva al di là, in silenzio. Ho smesso quasi subito di volermene staccare tramite parole.)

1

2)

Juli(st)e(pha)n(e) Th(bouqu)é(t)ry
(St)euge(pha)n(e)io R(bouqu)enzi(t)
(Sté)ph(ane)il St(bouq)u(et)mf
A(stéph)aron(e) Fre(bo)undsch(q)u(et)h

***

Le poème réel

(Hier soir, un poème est survenu. Simple dîner, nous parlons de choses quant à moi non centrales : le tribunal pénal international, l’autonomie du droit ou si la justice est illusoire, un leurre entre les mains des puissants, qui jugera Saddam et pourquoi les Américains ne l’ont-ils pas tué. Je reconnais volontiers que ces questions peuvent être essentielles pour des vivants d’aujourd’hui, décembre 2003. J’écoutais et je n’écoutais pas. Quelque chose arrivait dans quoi je me diluais lentement. Telle est peut-être la définition du poème, du poème réel : celui qui est une concordance et une harmonie dans le monde, celui qui occasionne ma perte. À ce moment-là je devenais le sujet du poème, je cessais tout un temps d’exister que dans l’eau tranquille qui circulait autour des convives. Falaises friables de mon visage est le vers qui commença son labeur mais le vrai poème, l’autre et envahissant, il se déroulait au-delà, en silence. J’ai cessé très vite de vouloir le quitter par des mots.)

3

4)

Juli(st)e(pha)n(e) Th(bouqu)é(t)ry
(St)euge(pha)n(e)io R(bouqu)enzi(t)
(Sté)ph(ane)il St(bouq)u(et)mf
A(stéph)aron(e) Fre(bo)undsch(q)u(et)h

***
Stéphane Bouquet è nato nel 1967. Vive e lavora a Parigi.
Ha pubblicato Dans l’année de cet âge (108 poèmes pour & les proses afférentes) [Nell’anno di questa età (108 poesie per & relative prose)] (2000), Un monde existe [Un mondo esiste] (2002) e Le mot frère [Il termine fratello] (2005), tutti editi da Champ Vallon.

Questa poesia chiude Le mot frère.

[immagine: Stéphane Bouquet in La traversée di Sébastien Lifshitz, 2001]

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NOTE
  1. Ometto forse l’essenziale: che ancora una volta dovevo l’esperienza di poesia reale ed immersa nelle cose alla lista dei loro volti e dei loro corpi, ed alle strisce di pelle che percepivo a tratti attraverso i vestiti. La saliva da questo provocata. Da molto tempo so che passerò la mia vita a strisciare, a desiderare di strisciare peraltro e più ancora, che i sentieri dei toraci sono quasi la sola esperienza a regalarmi un mondo. Non so perché io sia in cammino instancabile verso la radura di loro, né cosa speri di ricevere là dove non arriverò, là dove, man mano che la mia morte si diffonde, sempre meno arrivo. Eppure spero.
  2. (Erano quattro, e mi rendo conto all’improvviso che scriverne qui i nomi non vuole tanto rendere loro omaggio quanto possederli, possederli nell’unica misura dei miei mezzi: Julien Théry, Eugenio Renzi, Phil Stumpf, Aaron Freundschuh. Così devo credere (tutto sommato) che le parole abbiano un corpo, pensiero ingenuo di cui mai mi sarei creduto provvisto. Così i nomi devono avere, per me, l’efficacia palpitante di un sesso, ed è importante che li posi sotto le dita, che li pronunci dentro la bocca. Come altri incidono su un albero io + lei/lui, così io scrivo un nome ed è io + lui. Giunti insieme nella radura in cui si svolge l’inizio di un unico essere, poesia reale, tomba nostra comune:
  3. J’omets peut-être l’essentiel : qu’encore une fois je devais l’expérience du poème réel et plongé dans les choses, à la liste de leur visage et leur corps et les zébrures de peau que j’apercevais parfois entre les vêtements. Cette salive du coup provoquée. Je sais depuis longtemps que je vais passer ma vie à grimper, à désirer grimper d’ailleurs et plutôt, les sentiers des torses, c’est à peu près la seule expérience qui me donne un monde. Je ne sais pas pourquoi je suis en marche inlassable vers la clairière d’eux et ce que j’espère de là-bas où je n’arriverai pas, où j’arrive de moins en moins à mesure que ma mort se répand. Mais j’espère.
  4. (Ils étaient quatre et si je veux écrire leur nom ici je réalise soudain que c’est moins en hommage que pour les posséder, les posséder dans la seule mesure de mes moyens : Julien Théry, Eugenio Renzi, Phil Stumpf, Aaron Freundschuh. Ainsi je dois croire (finalement) que les mots ont un corps, pensée naïve dont je me serais imaginé dépourvu. Ainsi les noms doivent avoir, pour moi, l’efficace palpitante d’un sexe, et il est important de les poser sous les doigts, de les prononcer dans la bouche. Comme d’autres écrivent sur un arbre, moi + elle / lui, j’écris un nom et c’est moi + lui. Arrivés ensemble dans la clairière, où a lieu le début d’un seul être, le poème réel, notre tombe commune :

3 Commenti

  1. Merci, Andrea, d’avoir traduit ce magnifique texte avec son quatrain final, et m’avoir donné ainsi l’occasion de relire le livre de Stéphane Bouquet.
    Merry Xmas and happy new Y
    Eric

  2. curioso di ritrovarsi in una pagina italiana, tradotto direttamente dalla bocca rossa dell’amico poeta stephane.
    una sola nota dolente, la traduzione non propriamente impeccabile.
    fa nulla, anche il traduttore ha diritto alle sue licenze.

    eugenio

  3. Bonjour Eric, quelle surprise!
    Bonne année à toi aussi, à bientôt,

    Renzi (se è davvero lei), di quali licenze parla? Davvero mi interessa; per una volta che mi sembrava di non aver inventato poi troppo…

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