Però tornare
di Emilio Villa (1914-2003)
Però tornare a casa soltanto per pietà,
andare e ritornare per civile sollecitudine,
quasi per sola cortesia, e riudire in strada
la giovinezza, o nella mente, che esclama
«dammi una libertà, dammi anche tu
la pace, dammi la pace che non posso»
e dunque ricordi, a ricordare con l’usato
strepito della polvere sui frasconi, odore di barzuola
sulla pelle del taxì, e ricordare
il palpito vano di strade orbe di bambini perché piove,
e il fiato speciale di ciascuna donna, quando
torna su in gola, e sempre il palpito
degli anni difficili, e l’opera segreta
nei baleni del polso, ed i veleni nella brezza
dei colori in città
e dunque molto ricordare in questo modo
come tu sei solo, il grande confidente, e una semenza,
una parvenza alitante a titolo d’insensata tenerezza
sui girasoli di celluloide o in mezzo a civiche
sollecitudini, tra un pensiero e l’altro,
uno che cammina per la strada solo, e sente
la giovinezza che gli esclama : «dammi la libertà»
e questa sorte chiusa nel gran lume della sorte,
e «per te, per il tuo corpo, ormai non c’è già più sviluppo»
e rispondere : «libertà, spendimi, spreca,
sprecami tutto, libertà, che forse
i nostri defunti di lassù lavorano
guadagnano risparmiano per noi,
i nostri defunti di lassù»
e credo di ricordare
così le nostre navigazioni nel corso della polvere,
e il lenzuolo che sbatte sopra gli altipiani…
Quaggiù presto finisce, e il vivere
comune naviga a galla, così usato,
e che una vita sopra la bilancia
delle due mani pesa appena appena,
quasi niente, come una mancia onesta
e misurata, e a me mi pare
a volte quella polvere sui fari poco accesi
negli scali o nei pubblici posteggi
alla nebbia dei piazzali, quale inane
e fiera libertà!
Tra vivi e morti siamo ancora
in molti, qui, e siamo il docile
pane per tutte le moderne fantasie del millesimo,
almeno quelle tante che mirano alla caligine
blu delle nostre quotidiane navigazioni;
e tale gente
ospite di riguardi e d’irruenze, tale gente,
a furia di pensieri di pane di saliva,
chiudendo e spalancando porte e porte
sull’orlo delle ringhiere popolari;
tale gente chiedeva ai calendari le domeniche
e i rossori, domeniche e scalogne, tale gente
chiedeva alle sue tempie
quell’ozio che consuma piano,
e le sue varie conseguenze; e tale gente,
così viva, e c’è chi dice : «la conocchia
la conocchia con un fil di lana, e con la frusta
usino i governi al giorno d’oggi, e labili
e labili promesse in vario elenco e tono assurdo
e labili promesse ben nutrite sopra l’orlo
delle ringhiere ruggini, come rapaci
come rapaci cavallette…»
ma un posto sottovoce anche per me in questa magra
generazione degli uomini naturali, o dove possa
carezzare la testa dei pedoni milanesi
in una volta sola, prima che colmi
la sua ringhiera e affolli, un posto qualunque,
un posto a occhio guercio, un posto in croce
e tra le donne : forse conosco poco
quello che giova, il prezzo, la roba, e nutro
con me solo questo braccio e questa bocca
spensieratamente; a titolo d’insensata
tenerezza. Ebbene, anche se non mi tocca,
ebbene, guardami per ora nella polvere
tenera dei capelli : la primavera è lunga
meno di uno sguardo adorabile, e farò pasqua
con una musica americana, farò i miei fatti,
farò : celebrando magari gli uccelli intristiti
che non possono tornare, nemmeno per cortesia,
nemmeno per fedeltà tornare verso il nord, e qualche
povera legislazione che ritarda
da tanto tempo, che trafela.
[tratto da Oramai (1947), in Giacinto Spagnoletti (a cura di), Omaggio a Emilio Villa, Roma, Fondazione Piazzolla, 1998, fuori commercio]
Onore a Emilio Villa
la lettura di Villa – e se ne parlava proprio ieri – ha senpre qualcosa di profondamente emozionante, di cosi’ profondamente vicino alle voci che ti porti dentro
grazie raos
effeffe
Finalmente! “Sono incantate finestre, sul fondale
Del mio cielo dischiuse
Le parole:
Disumanate e mie.
Quando sono stanco di morire
In questa buia stanza
Prode mi dischiarano
Remote e lisce.
Chè in bocca de l’eternità
S’è accesa la parola del mio tempo.
E lieto sul fondo degli anni,
Come nella melma del naviglio
Acqua m’adagio; e passo”.
Perchè amo Villadrome? Per la sua iper-sperimentazione. Ha creato un tipo di scrittura che è al di fuori (o al di là ) dei canoni comunemente accettati. Non ho dimestichezza con le lingue (l’italiano di questo desparecido o “clandestino”, per dirla col suo recente biografo è componente minoritaria nella sua opera) e varrebbe la pena riprendere a studiare il francese seriamente solo per gustare appieno la “Letania per Carmelo Bene” o “Hisse toi re d’amour da mou rire” o “”Traitèe de pèdèrasthie cèleste”. Poesia incomunicativa? Ogni volta che affronto i suoi testi (noi “neapolitani” abbiamo un culto per Villa dagli anni settanta) mi sento inadeguato, spiazzato per la sua grandiosità eccentrica, per il suo destreggiarsi tra lingue “morte” e non mi basterebbe una vita per approfondire ogni riga di questo Maestro senza allievi. Lode a chi ha posto questi versi degli anni trenta in questo spazio, e a Nanni Cagnone che iniziò a pubblicare nelle edizioni Coliseum un primo volume delle “Opere poetiche” senza che ne seguissero altri. Mi attrae perchèogni volta che si voleva imprigionarlo, incasellarlo in una definizione, ogni volta che il potere (culturale) voleva appropriarsene o anche quando la “popolarità” era alle porte scappava. Contro il mercato , ma contro anche l’accademia. Non ebbe rapporti molto “affettuosi” con Sanguneti, e da qui, da questo non-rapporto è probabile che sia originata l’indifferenza di critici e poeti. Qualcuno l’ha definito, più o meno, un auto-radiato dal consesso (io direi, scusatemi, con-cesso) burocratico dei “pornografi -tenitori della museocrazia”. L’ho scoperto e amato anche perchè una sola volta questo paese si è accorto di lui, nel 1986, quando gli assegnò un contributo per la sopravvivenza (la “Bacchelli, 24 milioni annui) assieme ad un’altra fuorilegge, fuoricasta, visionaria, e perdutamente amata, Anna Maria Ortese.
Scusa, Di Costanzo, potresti dirmi da dove trai la definizione “pornografi-tenitori della museocrazia”? Da Villa medesimo? Scusa, ma mi interessa particolarmente.
Grazie.
Saluti.
Antonio P.
Mi prendi alla sprovvista. Non mi crederai. L’ho citato a mente. E ogni qualvolta (spesso) mi capita di leggere Villa ripenso alla definizione. Dovrei sfogliare “Attributi…” (Feltrinelli, 1970). Quasi certamente si trova lì. Non appena riesco a farmelo restituire sarò più preciso. La prima volta che l’ ho sentita, questa frase è uscita dalla bocca di Patrizia Vicinelli, a Bologna. Patrizia mi ha parlatato per prima di Villa, e fu lei ha donarmi “Attributi…” e altri “introvabili” testi, alcuni con dedica. “… la vita è un valzer; un temporale. A volte, un lampo…” Oppure: “… io guardo da lontano il mio paese ancora nè fatto nè disfatto, offeso nel suo avvenire, e io penso il suo oltraggio, e la disperazione…”. Come dimenticare. A proposito: non si potrebbe riproporre il lavoro di Patrizia Vicinelli, e ora che ci penso di Giovanna Sandri? “… un piccolo incorruttibile colpo di vento…” (da “Le mura di t;éb, é”) spazzerà prima o poi (meglio prima) dieci milioni di facitori di versi (e tante foreste verranno salvate….).
Secondo me una delle più belle poesie sul ritorno e i ritorni è, appunto, I ritorni di Pasquale Panella. A proposito che fine ha fatto Panella? E’ una mia impressione o nel giro non lo si fila tanto?
(a volte vedo il suo nome nei titoli di coda di una rubrica del tg2, possibile?)
I RITORNI
E da quel punto in poi
sentimmo sotto di noi
svolgersi il sentimento,
largo e intento
ad una tutta sua meditazione,
non curante
che sopra la sua pelle si ballasse.
Le foglie coi barattoli, le casse
con i tronchi senza cuore.
E lo scandaglio calava dalle prore,
poi ritornava su
chiedendosi “Perché, perché il ritorno?”.
È sempre per prova che
sulle labbra torna
la parola “amore”,
per prove d’esercizio
perché si sa che poi non si sa mai
che potrebbe tornare utile.
Tornare, per raccontare
il furore e il gelo
delle notti aurore.
Bianca e assai provata,
scampata per un pelo per poter ritornare,
come dalle crociate, a un futile
sopravvissuto a tutto,
che ritorna più utile che vivo,
quindi innamorato ancora.
E torna, torna, lei gli ha detto torna
ed era una bambina, finalmente,
e gli diceva torna.
Abbiamo un solo limite:
l’amore che ci divide.
Come la ragione,
perché con la ragione
si sopravvive a tutto,
si distrugge il distrutto,
ricostruendo a intarsi la copia fedele
dell’innamorarsi,
e un tassello alla fine
o è dell’uno o è dell’altro.
E i sogni si allontanano
come i cavalli scossi,
caduti i sognatori;
bocconi tra le fragole, ma
più dolci e più rossi,
ridotti a dolenti spifferi.
E docili incompetenti
nella lotta incerta
tra il ridire e il fare
l’amore colloquiale.
E lei continua a dirsi:
“Si sopravvive a tutto per innamorarsi”.
Amarsi è questo: escludere
d’essere i soli al mondo,
i soli ad esser soli amando,
sterminandola l’invincibile armata.
eutanasia per nazione indiana!
ma cosa c’entra tutto ciò con il passato?
nulla?
e allora voltate pagine, suvvia!
Anch’io l’ascolto spesso e a volte mi risuona dentro, anche se non ricordo le parole. Grazie allora per averle postate. L’universo che Panella apre coi suoi testi, è popolato di esperienze, memorie, e trovo geniale anche il corpo musicale che Lucio battisti ha prestato a quelle visioni.
“è facile a dirsi e infatti te lo dico”
effeffe
Dunque Emilio Villa – del quale so poco e ho letto ancora meno – nel 1947 scriveva in questo modo straordinario.
Voglio saperne di più.
Non mi ci vuole molto a scoprire che:
– Emilio Villa non ha un solo libro in libreria;
– Emilio Villa non è presente in nessuna antologia del ‘900;
– Emilio Villa colleziona giudizi entusiastici, ma – al di fuori di una ristretta cerchia di addetti ai lavori (o quasi) – è un perfetto sconosciuto.
Bilancio esemplare?
credo che biagio cepollaro stia curando una riedizione in e book come già fatto con la immensa Niccolai. Io Villa l’ho scoperto e letto a Parigi nella straordinaria libreria di Fortunato, la tour de babel. Eh già, buoni librai…
Biagio Cepollaro con gli e-book sta facendo cose davvero meritorie, se pubblicherà Villa ne farà una eccellente.
Mi chiedo tuttavia perché – per un poeta così immediatamente e indiscutibilmente “grande” – non si possa avere un libro “normale”, in una libreria “normale”, in una città forse non tanto “normale”, ma che certamente non è una metropoli.
Perchè una libreria per quanto abitata da un libraio intelligente è ridotta oramai, dai rappresentanti editoriali e dai distributori a somma di centimetri quadri. Avere una disponibilità permanente di Villa, su una domanda pressocchè nulla dei lettori è un atto d’amore del libraio verso Villa. Ad ogni rentrèe letteraria, settembre ottobre, vengono proposti nella sola Francia tra i seicento e ottocento romanzi ( parliamo di opere pubblicizzate, sostenute, inviate e mostrate da editori importanti) Il calcolo è rapido. Del resto di tanto in tanto, magari per cause di forza maggiore, anche noi tra un trasloco e l’altro rinunciamo a dei libri, per “non disponibilità” di spazio. Ristampare tutto Villa, quello sì, magari farne un meridiano, o metterlo tutto su rete. Normale no? O postare testi uno alla volta, come ha fatto il Raos, e magari imparali a memoria, come gli eroi di Truffaut: Fahrenheit 451
ohps sorry
impararli non imparali che fa imperativo e anche un pò offensivo
effeffe
“Dunque Emilio Villa – del quale so poco e ho letto ancora meno – nel 1947 scriveva in questo modo straordinario.”
dimentichi, cara emma, che in quegli stessi anni o poco dopo villa traduceva omero e la bibbia, diventava il più grande poeta milanese del ‘900 (altro che franco loi), frantumava tutte le lingue e tutte le poesie nel suo personale vortice, scopriva e teorizzava burri e vari altri, e me ne mancano un po’…
un bilancio esemplare, hai ragione.
andando a memoria, in catalogo ci dovrebbero ancora essere “zodiaco” (roma, empiria), e senz’altro la traduzione del “cantico dei cantici” (napoli, bibliopolis) e la biografia scritta da tagliaferri (forse per deriveapprodi ma non sono sicuro), perché sono usciti da (relativamente) poco.
Introvabili riviste, plaquettes stampate avventurosamente in poche decine i copie, cataloghi di mostre d’arte e libri d’artista. Tutta la produzione di Villadrome è disseminata (e dispersa) altrove. Una sola volta ha avuto un grande editore, Feltrinelli, nel 1970. In occasione della pubblicazione di “Attribui dell’arte odierna 1947-1967, scrisse: “Poco è rimasto di quella nostra foresta ultra naturam , lucus transiliens, foresta combattente; di quella nostra giovinezza animata, poco; poche le conseguenze del nostro patronato assoluto; rare le punte di quelle altre misure; peggio per gli altri; perchè questo poco è solo e tutto quel che è accaduto, qui, di vita generosa, di spalancata Alleanza: dove filologia storia critica burocrazia quando vi metteranno le mani, paralitiche, troveranno soltanto il nostro provocatorio, illimite, Niente”. AAAAAHHHHH! Povere professoresse!!!!
@effeffe
Ristampare Villa: questo intendevo. Se non tutto almeno in parte, comunque in misura tale da farlo conoscere ad un “normale” lettore di poesia.
Che poi il “normale” lettore di poesia fatichi sempre più a trovare libri di poesia in libreria è cosa nota. Ma sapere che un libro esiste e poterlo ordinare è già un traguardo.
Sì, la rete in effetti può molto, specie in casi come questo.
Ecco alcune poesie di Villa (sempre da “Oramai”):
http://www.vicoacitillo.it/poeti/villa/bio.htm
Andrea, il mio “bilancio esemplare” intendeva essere in una certa misura ironico. Non “dimentico” ciò che mi ricordi, semplicemente prima di fare le mie brave ricerche (in rete, sì) non lo sapevo.
Dopo aver cercato i libri di Villa su IBS, dopo aver letto articoli e poesie, dopo aver trovato giudizi critici entusiasti, mi sono chiesta perché un poeta di questa levatura è trattato a questo modo, perché c’è un solo suo libro in circolazione (del 2000, di una casa editrice minore, di quelle non presenti in una libreria “normale”), perché anche nelle ultime antologie di poeti del ‘900 (es. la riedizione di Cucchi e Giovanardi) di lui non si fa menzione e sono invece presenti poeti assai poco significativi o del tutto insignificanti.
Di Costanzo, Villa non è passato per Ischia?
Nemmeno un piccolo soggiorno, nemmeno un fine settimana + fango termale tutto compreso?
Ti sei informato bene?
Proprio NIENTE?
Di Costanzo, forse ho ecceduto.
Ma davvero questa tua aria saputa, questa tua costante puzza sotto il naso non aiuta.
Se la smettessi di atteggiarti a questo modo la tua erudizione mi sarebbe perfino gradevole, magari utile.
Se l’impressione è quella, cara Emma, ti sbagli. Io che odio professoressi e professoresse. Ma se tutti i miei miti non avevano superato la quarta elementare. Ora vi è anche uno spiritoso che si è inserito (da Procida). Insulti: siete voi che insultate (Marzullo, immagino Benedetto) oppure sulla povera Giulia Niccolai, definita “immensa”, a causa delle sue caratteristiche fisiche, almeno ai tempi di “Tam tam”, a Mulino di Bazzano… Certo Adriano non scherzava, come panza, ma perchè rimarcare la “chiattezza” di Giulia, definendola “immensa”. Un pò di rispetto e compassione. Non parliamo poi di Paolo Panelli, autore dei testi di quel tizio con i riccioli e foulard… o Claudio Villa… andiamo. Achille Maramotti (Valdonega), Michele Lombardelli Castelvetro Piacentino) hanno pubblicato testi di Villa. Le parole gelate (1994, Roma) un omaggio per i suoi ottant’anni. Anche Beppe Morra (Napoli) e Skira “Opere e documenti”, catalogo di una mostra al Museo Pecci di Prato. Le lettere, un saggio su Burri, “Pittura dell’ultimo giorno” e “Trous” (con Emilio Castellani) per la Colophon di Egidio Fiorin (Belluno). Poi, Gianni Grana, un folle (detto con affetto) ha dedicato un piccolo saggio, 652 pagine, pagato 64mila lire! (da Marzorati) con qualche lapsus e imprecisioni lievi. Nessuna ricerca su “Infernet”. Sono cosucce acquistate nel corso degli anni. Non parlo di autori che non conosco, tipo Insania o Virginia Magistrelli De Corato Rubiconi, Baricco o Mastrocola. Li lascio ai professoressi e alle professoresse. Io da Marzullo. Un’offesa così grande!!! Io professore? Vi denuncio per calunnia.
Aakjaer – Aanrud – Aarestrup – Abate di Tivoli – Abati – Abati – Abba – Abbracciavacca – Abe – Abelardo – Abeli – Abercrombie – Abhinavagupta – About – Abovjan – Abrabanel – Abraham a Santa Clara – Abrahams – Abreu – Abu al-Ala al-Maarri – Abu al-Farag Ali al Isfahani – Abubacer – Abu Nuwas & Comp.
chiedono umilmente alla Signoria Vostra che uno dei modelli “Giorgio Di Costanzo -Ischia” sfuggito di mano alla produzione sia riconsegnato al legittimo proprietario, in caso di mancata resa verranno vi scriveranno i nostri legali.
Sei talmente confuso e ignorante che non scrivi nemmeno correttamente il Santo Nome del Buddha. Ho capito chi sei. Ti sei tradito riportando parole oscene (che mai userei), tranne professoresso e professoressa, in un dialetto familiare, dei dintorni di Mercogliano, Santuario di Montevergine, Ospedale Moscati. Ora siamo alla farsa. Se vogliamo discutere civilmente di Emilio Villa….
c’è chi si cambia il nome per dispetto
e le parole per far più figura
chi si fa homo ed è fimina, rispetto
chiede – anzi lo ordina- e rigetto
a me mi sono piaciute digressioni
di tanto in tanto son come l’acqua santa
per porre fine a tanto di lezioni
a patto che chi comincia poi la pianta
non mi toccate la Niccolai, sennò vi sfido a biliardo, o a fioretto, ke l’est mejo
Non so se ho contribuito in qualche modo a scatenare questo bombardamento.
Approfitto in ogni caso di questa incertissima tregua (ha appena scritto “non aggiungo altro”, ma ahimè son promesse da marinaio) per scusarmi con Giorgio Di Costanzo.
E sia! Abbasso le professoresse e i professoressi!
(Ma averlo saputo prima, dell’esistenza dei professoressi – giuro – me ne sarei rimasta zitta).
cara emma, sulle antologie che ignorano villa, hanno giocato varî fattori, credo :
sulle più antiche, una certa mis-conoscenza del suo lavoro, il suo essere legato, a livello di immagine, al gruppo 63 (e poco importa che non fosse vero).
sulle più recenti, non vorrei essere cattivo, ma mi sembra influire una pura e semplice scarsità di comprensione. insomma, uno come rondoni (faccio solo per dire), cosa vuoi che ne capisca di una scrittura del genere?
un percorso esemplare, dicevi tu; infatti, è cosi’ che si impara ad essere tre galassie più in là degli altri.
scusa emma, di che “bombardamento” parli? non capisco…
di costanzo, dimenticavo :
la vicinelli interessa molto anche a me. se lei ha testi che le sembrano pubblicabili (in termini di formato ed impaginazione) su NI, avrebbe la cortesia di spedirmeli a ndriacambria@hotmail.com ?
grazie,
@Raos
Io della Vicinelli ho “à,a.A,” disco compreso, tutto molto ingiallito e che miracolosamente è sopravvissuto ai traslochi, se non ce l’hai posso mandartene una fotocopia.
Anzi, te ne mando un piccolo assaggio:
LO STACCO
ah! questi frati con le fidanzate
che si lisciano la barba sul mio mento
ho voluto provare anche gli alberghi dell’umbria
quanto sale alle campagna
rosse come una spugna l’ho seccata
al mio sole mi vedo ora il monumento
che per l’attenzione dell’altro
esiste
IL RITORNO
nel caso unico difficile che ciascuno
ha dimenticato se sono state le
possibilità come scopo della scelta
( dio-mio-io la coscienza del bene
questa terribile onestà da cristo
im modo a non volere sarcinas di
rompere ogni moneta coi tuoi denti )
LA SPIEGAZIONE
per le spinte a livello intenzionale
per le ottime cattedre sine qua non
per the relations of life
e per i budgets
vedremo quello che può venire da
una dicotomia violenta e vitale
si vitale intanto fagocitiamoci
per esem pio ab ini tio fago cit io
tutto ciò ciò che resta della mia angina follicolare
( per la musica) con una
arrendevolezza strana mista a vanità
superiore alla media sono felice di vederti
così giovane –ho detto al convegno.
Hai detto che no;
Ma il libro naturalmente è molto visivo, e poi c’è la sua voce, che però non so se a distanza di quasi quarant’anni si sente ancora.
>Andrea Raos: mesi fa ho trovato sul web un file (nemmeno tanto pesante) con una performance della Vicinelli: è un filmato. Se ti interessa te lo mando.
grazie, gentilissimi/e tutti/e, attendo fiducioso.
Caro Andrea, sappiamo che “Il pensiero dominante” (Rondoni-Loi) è un’antologia quasi assurda.
Villa non c’è, è vero. Ma d’altra parte lì Zanzotto ha un solo testo (in dialetto), Montale viene liquidato con 13 versi, Sanguineti è tenuto fuori dalla porta. Lo spazio maggiore è riservato agli autori di “ClanDestino”…
No. Mi riferivo anche a cose più degne (più vecchie, hai ragione).
L’antologia di Mengaldo, quella di Sanguineti.
Forse Mengaldo parla di Villa? Ne parla forse per liquidarlo?
Ne parla allora Sanguineti?
No. Silenzio e basta.
Se “l’opera poetica di Pasolini è stata massacrata dalla critica nostrana, sia da quella del Grande Stile sia da quella della Neoavanguardia…” (D’Elia), cosa si deve dire in questo caso?
Una “chicca” buona – ma che conferma il criterio “parrocchia” + caso + un tot di localismo emiliano-romagnolo (Rondoni è di Forlì e vive a Bologna, la Vicinelli era di Bologna) – è la presenza, ne “Il pensiero dominante”, di ben cinque pagine sulla Vicinelli.
Provvedo a ricopiare (il testo è “Il Cavaliere di Graal”).
@Raos se vuoi le fotocopie mandami un indirizzo alla mail di temperanza, che è valida, io non ho la possibilità di mandartelo come file, devo per forza mandartele per posta, e prima fotocopiare.
emma, tu citi tre antologie (sanguineti, mengaldo, rondoni-loi) molto diverse fra loro. per quel che vale, ti dico come le vedo io.
1) sanguineti è il classico esempio di piazza pulita creata intorno al proprio nome : nell’area cosiddetta sperimentale, i due autori in qualche modo accostabili a lui, suscettibili di fargli ombra, erano villa e cacciatore. e difatti spariti entrambi, come non esistessero.
è solo un esempio di un meccanismo molto comune (l’avevo già detto in un mio scrittucolo qui su NI, scusa l’autocit.) : si è accoltellati prima dal proprio campo, solo in seguito da quello avverso;
2) di mengaldo non so cosa dire : la sua antologia ha moltissimi meriti. non stento a credere che villa sia fuori dal suo gusto, che mengaldo semplicemente non ce la faccia (e quindi non mettere un poeta al quale “non si arriva” è un atteggiamento onesto e coerente; non parlo di “comprensione” – mengaldo non è stupido – ma di adesione intellettuale;
3) rondoni-loi penso che non capiscano nulla, punto e basta. quanto alla presenza della vicinelli, i motivi possono essere quelli che dici tu, oppure possono aver voluto mettere uno “sperimentale”, uno qualunque, in modo da non poter essere accusati di parzialità. è un trucco vecchio, ma c’è sempre qualcuno che ci casca. il vantaggio è anche che cosi’ si riporta sempre il discorso alle categorie “sperimentale” e “tradizionale”, dando cosi’ visibilità e merito a coloro che supinamente le accettano.
morale : mah…
(grazie per i testi della vicinelli che mi hai mandato, non li ho ancora letti ma lo faro’ presto).
Per Rondoni/Loi: hai ragione! Il manuale Cencelli! Me l’ero scordato :-).
Per Mengaldo e Sanguineti: li ho pensati dopo avere letto la frase di D’Elia su Pasolini. Magari con Villa non sono rappresentativi (però Sanguineti sì).
Vero: Mengaldo resta il migliore.
Effettivamente Villa, come ha scritto (in forma apparentemente ironica Balestrini nel suo L’editore, “È ilpiù grande poeta del sec. XX, altro che Montale” (sto scrivendo un pezzo su Villa e mi manca la pagina di questa citazione di Balestrini).
Condivido pienamente. Villa è stato anche in Brasile e io l’ho conosciuto grazie a Aldo Tagliaferri (che, tra l’altro, ha pubblicato una sua biografia nel 2005). Ho molte sue pubblicazioni (da attributi alle Sibille passando per varie altre). Lo sto comparando a un grande poeta brasiliano contemporaneo : Haroldo de Campos, che ha fatto le sue incursioni nella letteratura italiana. Sicuramente Lello Voce ha molto, molto (tutto?) il materiale su Villa. Volendo, posso darvene gli estremi.
Cordialmente
Andrea Lombardi (Rio de Janeiro)