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Continuiamo – parte 5

di Andrea Inglese

5. Che faremo ora?

I progetti e le proposte di noi indiani superstiti sono davvero tanti e diversi. Non mi metto qui ad elencarli, per il semplice fatto che sono di giorno in giorno in via di definizione. E soprattutto perché lascio la parola ad ognuno di noi, per integrare quanto io ho detto senz’altro in modo incompleto e parziale. E poi per proporre le iniziative che bollono nel nuovo crogiolo.

Anticipo solo due intenti. Uno in perfetta continuità con la vecchia NI. Continuare cioè ad essere – uso qui l’espressione di Franz Krauspenhaar – “editori autonomi per altri, per nuovi talenti non ancora espressi perché magari lontani dalle “conoscenze”, da certe logiche, da certi aumma aumma”. E io aggiungerei: per talenti tanto nuovi, quanto vecchi: ma meno conosciuti del dovuto.

L’altro intento, ribadito ultimamente da Giorgio Vasta, ma già da tempo nell’agenda di altri indiani, rendere il blog davvero vasocomunicante con l’esterno: ossia dotarlo finalmente di una serie di link che non lo renda più inspiegabilmente monadico.

(fine)

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64 Commenti

  1. Certo che l’inspiegabilmente monadico mi stuzzica vieppiù a frequentare questo lido impervio,
    pare una contraddictio in terminis,
    o sito assurdo situato a Shangrilà,
    orca,
    o no?
    MarioB.

  2. Me lo immaginavo Andrea che saresti stato tu a manifestare il nuovo corso di Nazione Indiana. Lo fai usando le parole degli altri indiani, è una bella idea.
    Però per essere veramente soddisfatto mi piacerebbe sentire che anche Dario Voltolini vi segue. Se mi dici che il Volto è dei vostri sono proprio contento.
    ciao

  3. Troppe parole e un po’ troppo vaghe, che alle parole vaghe capita spesso di essere troppe.
    Strano che nessuno abbia qui accennato ad un aspetto della questione che agli occhi di un frequentatore esterno e recente, come me, sembrano evidenti.
    Questo blog radunava (raduna?) un gruppo di scrittori, e di scriventi, “giovani” e di non molto potere nella società letteraria (chissà se si può ancora chiamare così).
    Lo stare assieme, al di là di qualche enfasi verbale dei fondatori, garantiva una certa visibilità e un tacito patto di mutua assistenza nelle svolte delicate di carriere in ascesa o in attesa di ascendere.
    Credo che tutto ciò sia molto logico e naturale – sono sincero – e che non ci sia nulla di riprovevole.
    Esisteva (esiste?) uno star system interno al blog, ordinato gerarchicamente e fatto di nomi qui considerati “grossi” che garantivano, per così dire, una sorta di copertura intellettuale ed costituivano garanzia di qualità culturale e qualitativa verso l’esterno.
    Oggi – a seguito di una vicenda molto confusa e in gran parte incomprensibile (sempre agli occhi di un esterno, ecc.) nel corso della quale si aveva la sensazione che pochissimi membri del blog scrivessero davvero quello che pensavano – alcuni di questi garanti-star se ne sono andati, lasciando interdette le seconde e le terze file, che al momento attuale non sanno davvero cosa fare.
    Secondo la lettura che mi sono permesso di fare, sono cadute alcune tra le più importanti ragioni che tenevano assieme un gruppo di scrittori così eterogeneo.
    Sarebbe dunque ora di dirsi se ne esistano altre di altrettanto forti, ed eventualmente di quale natura siano: di politica culturale oppure letteraria, o tutt’e due?
    Ma credo che non ne esistano.
    So che questo commento mi attirerà palese et indignato disprezzo.

  4. Io la penso diversamente.
    A me piace. Mi piace molto il proseguire di NI così. La sensazione è di un’energia fluida nelle tue parole e che raccolgono e cambiano colore a questo periodo per voi, che scrivete su NI, di ferite e per noi, che vi seguiamo, di confusione e di domande.
    Visto che questo è un commento sarò sintetica e schematica.
    Tre i punti che mi piacciono in particolare e poi un duplice invito:
    1. NI come vasocomunicante è l’immagine di una connessione naturale, un dare/ricevere continuo, che rompe l’idea dell’intellettuale che si mette su un piedistallo, per dar vita ad una figura che si mette in dialogo a ricevere e creare nel mondo, rompendo l’idea di creatività e isolamento
    2. in questo momento di cambiamento il mettere in luce la responsabilità e la consapevolezza di chi vi scrive che si gioca in prima persona al di là di rassicuranti appartenenze e chiusure in gruppi ristretti di confronto
    3. il desiderio sotteso all’idea di NI di connettere l’individuale, con il sociale, insieme al gesto politico di mettersi democraticamente in uno spazio libero e aperto, quale è un blog.
    Il duplice invito è il seguente:
    a chi scrive su NI – va l’invito a dare radici a questo essere nuovo e innovativo, che rompe schemi, ma propone anche un modo di tessere relazioni interessante. E’ vero, che come dici, non si sa quanto durerà, ma intanto facciamolo vivere bene.
    a chi legge NI – va l’invito a buttarsi, ad intervenire attivamente con commenti, sensazioni, che siano libere e positive, al di là delle modalità espressive, della semplicità del pensiero e della scrittura. E se qualcuno giudica male le capacità espressive di chi commenta, forse non ha capito il senso di star qui.

  5. Caro Andrea, colgo anch’io l’occasione per invitare Dario a rimanere, visto che è stato uno di quelli ha saputo colorare di sé NI durante questi anni, trattando temi importanti che altri non trattavano, stupendoci con l’eccesso delle Scimmie, ecc. ecc. Io spero che questo sia un silenzio di riflessione, ma ancora partecipe.

    Mi dispiace quanto scrive tashtego. Ma riconosco il rischio di aver detto troppo (è una mia specifica debolezza). Ma l’ho fatto cercando di chiarire quanto era confuso, per quanto poteva essere possibile. La tua analisi di NI la trovo riduttiva e imprecisa: una vetrina funzionale a carriere non ancora “emergenti”. Voltolini, Moresco e Scarpa, per dire i primi tre nomi che mi vengono in menti, non avevano certo bisogno di emergere.

    Lo sbandamento di quelli che rimangono, non è una mancanza di intenti, né confusione di idee. E’ innanzitutto dispiacere per ci’ che si è perso, per le persone che si sono perse, in questo specifico progetto.

    Certo, come anch’io ho evidenziato, l’identiotà “fluida” presenta rischi e limiti. Ma credo che su questo ci possa essere una crescente consapevolezza. Quanto a capire meglio cosa faremo, abbi un minimo di pazienza. Lo vedrai giorno per giorno, d’ora in poi.

    Grazie Maria Luisa, spero che sia come tu dici. Spero che sapremo accogliere e inverare il tuo invito. E che lo sapranno anche i compagni di strada, lettori, amici, ecc.

  6. caro tashtego,

    tranquillo innanzitutto, sei capitato bene : noi di NI non disprezziamo mai di mercoledi’ – l’abbiamo promesso alla mamma.
    dopodiché passo a parlare solo per me : il “tacito patto di mutua assistenza nelle carriere in ascesa” doveva essere davvero molto tacito, perché io non ho mai notato nulla. ma su questo mi darai certo dell’ingenuo – e non è grave, il punto più importante è un altro.

    che in NI ci fossero – e ci siano tuttora, peraltro, benché in misura minore – alcuni membri più noti di altri, era ed è ovvio. ma sinceramente mi deprimi quando parli dei membri più famosi come di “una sorta di copertura intellettuale [che] costituiva[…] garanzia di qualità culturale e qualitativa verso l’esterno”. anche lasciando stare cosa penso io della fama, che mi sembra un criterio di giudizio delirante, questo ruolo di garanzia poteva forse funzionare all’inizio, ma davvero non sono serviti a nulla questi due anni di lavoro? dopo due anni, ancora non riesci a leggere qualcosa – e giudicare in positivo o in negativo, poco importa – senza chiederti chi c’è dietro, chi avalla, chi protegge? lo trovo di un conformismo intellettuale sconfortante – e dimostra che di NI, delle INTENZIONI di NI – pre- o post-rottura -, non hai capito davvero nulla.

    il pezzo di inglese è lasciato volutamente nel vago quanto alle iniziative concrete perché ciascun membro le porti avanti come e quando lo riterrà opportuno, da solo o con altri – come si è sempre fatto. le idee, credimi, non mancano. buone o cattive, non starà a noi giudicare. per garantirne la qualità – vedi che si pensa anche ai lettori come te – io pensavo di contattare sade (la cantante viva, non lo scrittore morto). ma se hai altre preferenze, fai un segno.
    grazie, ciao,

  7. NI ha un solo modo per sopravvivere alle defezioni illustri ed è prendere il meglio della rete e fuori rete, inglobando gente davvero cazzuta. Dovete diventare il Real Madrid senza i tre Zidanes che vi hanno mollato, con campagna acquisti di giovani e forti. Meno marketing e più capacità di rischio. Il carisma va riacquistato.

  8. Raga’ come dice il grande Salemme na chiavata e chiù e na discussion e meno! No apparte i scherzi, credo che dobbiamo stare uniti e non perdere il nostro backgraund comune.

  9. ciascuno a diritto a non guardarsi troppo allo specchio, raos.
    senza l’enfasi un po’ sbrodolata che contraddistingue alcuni di voi quando sono in vena di auto-celebrazione, posso dire che se seguo nazione è perché ci trovo spesso cose di qualità, e vi riconosco elementi di affinità e altre caratteristiche non proprio frequenti, in rete e altrove.
    non intendevo dare di nazione un quadro negativo, ma solo leggerne un aspetto che tutt’ora mi sembra evidente, sul quale non intendo ritornare, per il semplice motivo che è del tutto inutile.
    nazione non è stato il primo, e non sarà certo l’ultimo, fenomeno di aggregazione di intellettuali allo scopo, non sempre dichiarato con chiarezza, di collaborare per affermare e tenere delle posizioni.
    padrone tu di prenderla male, come dimostra il tuo tentativo di fare dell’ironia: la falsa coscienza non risparmia nessuno.

  10. Su vmo.splinder.com Ennio Veruziis ha laconicamente rivendicato la “beffa dei sardi”. Ha scritto: “Io sono i sardi”. Fine del mistero, allora. Congratulazioni, Ennio, mi hai fatto scompisciare dalle risate. Ma davvero Scarpa e la Benedetti…?

  11. non sono venute meno le ragioni del conflitto, per questo ha senso la continuazione di NI
    comunque la si pensi, in qualunque modo la si voglia intendere, è la volontà di non pacificazione coll’esistente che ha creato entusiasmo per l’avventura di questo blog collettivo. in questo senso, ciò che è avvenuto negli ultimi due mesi era davvero auspicabile
    è la realtà contingente a costringerci alla necessità di qualcosa di simile a quello che è (stato) NI – in una società perfetta NI non avrebbe senso, qui e ora è essenziale invece alzare il tiro, estendere il conflitto nelle teste dei pensanti e farle deflagrare – perciò operazioni come questa che continua sono il sale della terra che calpestiamo – e i difetti, come nelle migliori tradizioni dell’artigianato, non fanno che testimoniare il pregio dei manufatti e della materia prima

  12. Caro Tashtego,
    l’ironia, credimi, non si rivolgeva solo a te ma anche – soprattutto, anzi – a me stesso. Esprimeva la mia amarezza nel constatare come – dopo tutti questi anni di NI – anche lettori intelligenti, quale tu manifestamente sei, persistano a non cogliere la quintessenza di questo blog collettivo. Non ti sto dando dello stupido perché non hai capito; al contrario, mi chiedo dove noi (io) abbiamo sbagliato, perché non siamo riusciti a spiegarci.

    Certo, NI è anche un luogo in cui vengono postati articoli o varie umanità, come in qualunque altra rivista, telematica e non. Se trovi interessanti questi materiali, te ne sono grato.

    Ma è anche il luogo in cui un gruppo di scrittori e artisti sperimenta – in collaborazione con i lettori – l’uscita da sé, dai limiti stretti della propria individualità, per sperimentare la creazione di un soggetto collettivo e plurale (cioè non di necessità unanime), pensante ed agente dentro e fuori la rete (insisto sul “fuori” : questo blog è solo un aspetto di ciò che facciamo o progettiamo di fare).
    Non ti sembra sminuente ridurre tutto ciò ad una pura affermazione di autorità, una semplice cordata di scrittori rampanti? (senza contare che ad esempio io, in quanto poeta, avrei comunque ben poco da “rampare”. E quanto all’autorità…). Dico sminuente anche per te lettore : la possibilità enorme che è insita in questo luogo è quella di sottrarsi, giustappunto, ai meccanismi di potere, di affermazione di autorità o di sapienza presunte, per ficcarsi nel dialogo, edificare un’identità alternativa agli schemi imposti, in eguaglianza di parola (a parità di pertinenza, è ovvio).
    Se non l’hai già fatto, ti invito a leggere quanto dice – a proposito della poesia, ma il discorso è facilmente allargabile – Giuliano Mesa nella prefazione a “Ákusma” postata qui sopra.
    È una questione molto più politica che strettamente culturale : è possibile parlare – e ascoltare! – fuori da presunzioni asimmetriche? prescindendo dall'”alto” e dal “basso”? (finendo magari, un giorno, per “deliberare in comune”, come avrebbe detto Fortini).
    NI ci ha provato in questi anni, e penso di poter dire che intende continuare su questa strada, riconoscendo tutti i proprî debiti (è stato fatto), ma anche senza soggezioni (appunto) nei confronti delle “autorità” che si sono allontanate.
    È chiaro che qui si vanno a toccare conformismi quasi genetici, difficilissimi da estirpare. Spero che vorrai unirti al nostro sforzo, o almeno accompagnarlo, criticandolo – come è tuo pieno diritto – per ciò che è, e non per la cortina fumogena (“gruppo di letterati” o simili) che lo avvolge.
    Cordialmente,

    p.s. grazie kristian!

  13. i due intenti finali che citi, andrea, mi sembrano entrambi molto apprezzabili, anche sapendo che riguardo al primo non siete soli (altri stanno usando la rete allo stesso modo) e che il secondo è conseguenza diretta del primo (si è in rete e occorre muoversi nella rete, senza troppi preconcetti, semmai post-concetti, cioè pro-dotti della relazione).

    (se mi permetti, riguardo al primo punto, un suggerimento e un’opinione personale: considerate che siete sul web e non su carta: pubblicare talenti non conosciuti può anche voler dire farli misurare con le opportunità e i limiti del mezzo. Un’atteggiamento “proliferante” verso la scrittura – penso a certe tecniche usate ad esempio sul sito di eggers – permetterebbe forse di bypassare quel molto di affettato, trombonistico, retorico in senso giovanilistico o aulico o inutilmente ideologico che affligge molta letteratura italica, a mio modestissimo e sindacabilissimo parere)

    se posso permettermi poi un piccolo appunto scherzoso, dettato più da stima nei confronti degli “indiani” che conosco che non da qualsivoglia spirito di sfottò, se non affettuoso: mi rendo conto che le lacerazioni dentro un gruppo spesso lasciano segni ed è necessario lavare le ferite, però, ecco, perché la cultura in italia è così piena di impalcature che per aprire un semplice blog collettivo come ne esistono molti, anche letterari e fatti da persone più o meno sconosciute, occorre una relazione programmatica e un preambolo demitiano in 12 cartelle? :)

  14. Di una cosa sopratutto mi son compiaciuto frequentanto N.I.:
    la disomogeneità, la diversità, l’eterogeneo.

    In effetti in questi cento anni passati abbiamo vissuto fenomeni, movimenti artistici forniti di manifesti e proclami che tentavano soltanto di unire persone in una affinità del fare, di stile e di critica al consolidato, stantio o vecchio che sia.

    Questo di N.I. per me è ed è stato uno dei primi tentativi nel mondo letterario/artistico italiano non di unire in un movimento stilistico ma in una sorta di congregazione o società tesa a scoprire e pubblicare prodotti intellettuali comunque alti, al di là della tendenza, non giovanilistica, attenta a fermenti sociali o politici nuovi, curiosi e inusitati.
    Questo è quello che io ho visto e sentito e mi è stato di stimolo nel conoscere e lavorare; spero che questo difficile tentativo prosegua al di là della crisi, dolorosa ma prevedibilissima quando si lavora tra persone non molto affiatate, che si incontrano poco e di tendenza e tensione mentale diverse.
    auguri
    Mario Bianco

  15. Non concordo con le determinate argomentazioni che ha esposto Tashtego, però credo che tocchino dei punti meritevoli di attenzione.
    Il ruolo delle persone più note – ‘meno bisognose di pubblicità’, anche se è questa un’argomentazione che trovo fuorviante, vedrò di spiegar(mi) il perchè – all’interno di NI, e il vuoto che creano, non è, credo, sufficientemente considerato nel suo preciso merito in rapporto a ciò che poteva significare nella creazione di questo blog.
    Tiziano Scarpa, Antonio Moresco etc, non costituiscono – nell’essenza del progetto, aldilà del superficiale ‘pubblicismo’ del catturare l’attenzione di un singolo, che penso sia graziaddio non perseguita ma accettata -, la facciata del progetto ma l’opportunità, diametralmente opposta, di far implodere il concetto stesso della facciata che in certa misura rappresentano (e non vogliono giustamente rappresentare) in un dinamico ‘concentrato di flussi’ che non comunica con l’esterno – la statica probabilità del suo valore propositivo confezionato -, se non per quel minimo inevitabile pubblicismo che ho detto prescindere da ogni intenzionalità e dunque solo accettabile.
    Insomma, un ‘interno’ che è pubblico, senza il passaggio, inevitabilmente stucchevolmente autoconfezionante, della ‘pubblicazione’.
    Questo credo sia il tentativo.
    Ma per creare questo – e direi con buon successo -, è stato fondamentale il loro ruolo!, perchè se si vuole attentare alla stupidità del ruolo, della rappresentanza suggestiva, dell’intellettuale vittima dei suoi stessi pensieri-zavorre come inoffensivo ‘pacchetto regalo’ consolatorio per l’ignoranza, insomma burattino e burattinaio, occorre che chi – suo malgrado – rischia di rappresentare questo, un prodotto, s’impegni nel suo proprio autodisfacimento in quanto tale.
    Non si può insomma attentare a un simbolo che non c’è, forte e chiaro.
    E, o non ho capito un h, o è questo il tentativo di NI, così com’è il tentativo di qualunque operazione culturale che oggi non si pretenda morta e inutile.
    E’ proprio questo che consente ad autori senza ruolo, ma solo perchè sono sconosciuti o quasi, cioè senza ‘essersi meritati’ la loro emarginazione, di potersi esprimere – all’interno di questo progetto, che, però, ho definito tout court un interno – in una prospettiva di più ampio respiro.

    L’opera degli autori più noti e meno bisognosi di ‘guadagnarsi la fama’, consente proprio a quegli autori che invece devono ancora guadagnarsela, di uscire un poco da questo giochino che comprende il farsi pubblicità etc, liberando il valore delle loro espressioni dalla gabbia delle loro confezioni.

    Se invece NI fosse stata fondata da persone che non rappresentano nulla, sarebbe stato un – troppo – facile pronunciamento contro la rappresentazione stessa. Un’intensità assai inferiore.
    Questa mi sembra a grandi linee l’inequivocabile ricetta di quella disomogeneità e diversità di cui ha scritto Mario Bianco.

    Ora però queste persone sono uscite da questa esperienza.
    Bè, innanzi tutto sarebbe importante discutere le motivazioni.
    Anzi, secondo me NI non deve chiedersi PRECEDENTEMENTE (soltanto nelle riunioni etc) se può avere ancora un’identità, e se sì continuare, se no non continuare, dovrebbe essere NI stessa questa interrogazione…fino a quando? Non ha importanza, forse ritroverà un’identità, forse no…ma non è mai stata la sua identità a contare e non deve contare nemmeno ora, la cosa importante è quella domanda perchè non può esistere in quanto progetto finchè quella domanda non si è esaurita – e non si è esaurita secondo me -, e NI ora deve solo essere quella domanda.

    Mi sembra si sia discusso troppo poco dei motivi della rottura, e troppo delle prospettive (inesistenti senza questa discussione). Insomma, chi vuole continuare, significa – o forse ho perso dei passaggi? – che è in disaccordo con chi se n’è andato, e questo dissenso dovrebbe trattare.
    Dovrebbe spiegare le sue ragioni Contro quelle di chi non riconosce più ad NI il suo valore originale. Non c’è nessuna bagarre in questo.

    Cmq, l’argomento è abbastanza vasto e per quanto non vorrei essere lacunoso, e ci sarebbero altre considerazioni da fare, inserire commenti lunghi in questa finestrella rischia sempre di farmi perdere il filo, riprenderò poi in ragione di eventuali commenti.

  16. Vorrei solo aggiungere che l’identità di NI in questo momento E’ l’interrogarsi sul suo senso. Il fatto che ci siano persone con tante idee è positivo, ma secondo me al momento la cosa più utile è che questo mezzo rifletta su se stesso, per non tradire i suoi presupposti, senza incanalare idee su un binario morto. Senza avere fretta di fare ‘un real madrid’ o un all star che sarebbe la cosa più banale al mondo, si può prendere le persone più interessanti che ci siano, ma il tirarle in mezzo in una situazione tale e quale significa precisamente svuotarle del loro interesse, tanto più è grande, tanto più è patetico. Queste son considerazioni di metodo, intendiamoci, non reclamo per NI una successione di eterni ieratici discorsi sulla ‘crisi’ etc (però una trattazione più mirata su quel che ho detto sì)…ammetto che non sono ancora precise proposte fattuali, ma considerazioni sull’implicito del suo prodursi.

  17. Secondo me, caro Lippolis, l’idea di far saltare la “facciata” o la “confezione” (essenza del marketing culturale) rappresenta qualcosa di troppo ardito, che N.I. non si era mai realmente posto come obiettivo. Per rendersene conto bisogna studiarne un poco la nascita e soprattutto lo scontro “fondante” con i Zibaldoni. Si capirà allora anche perché, nei periodi successivi, critiche anche relativamente “costruttive” abbiano incontrato una iper-sensibilizzazione, un senso di nausea, che le ha fatte rigettare con una certa violenza, violenza che si è poi internamente moltiplicata, nonostante faticose e continue riappacificazioni intessute di malinteso, fino alla dissoluzione finale. 
    N.I. rappresentava obiettivamente qualcosa di molto positivo, con autori anche relativamente affermati che si “spendevano” e si rendevano relativamente disponibili. Ma questa disponibilità era limitata e si sposava a parecchie ingenuità di fondo, secondo me derivanti da quell’atteggiamento “autoriale” irriflesso – specie da parte di coloro che ormai (secondo loro stessi) non avrebbero più “bisogno di pubblicità” – che dà per scontata l’esistenza e la legittimità di un rapporto gerarchico “1 a molti” (che in N.I. diventa “pochi a molti”) entro il quale “i molti” dovrebbero esser già grati di potersi leggere “gratis” articoli interessanti, e di spiare un po’, da dietro le quinte, i dialoghi e gli “scherzi” del team, e di poter persino indirizzare loro qualche simpatico “sms”. Insomma dei presupposti e delle aspettative dal triste sapore di fan-club, che nessuno aveva ovviamente decretato ma che emergevano ugualmente nell’interazione effettiva, facendo prima o poi pensare all’esistenza di “caste” (idea che ho visto essere emersa in maniera indipendente in periodi diversi).
    Ora bisognerebbe rendersi conto che di articoli interessanti su Internet ce ne sono più di quanto una persona possa mai proporsi anche solo di scorrere. Articoli assolutamente gratis e spesso sottoposti a standard qualitativi assai più rigorosi di quelli vigenti su N.I. 
    Ma allora perché venire su N.I.? La parolina magica di Internet è ovviamente “interattività”: cognitivamente, è assai più allettante un articolo imperfetto, magari velleitario, ma che offra dietro a sé una mente viva ed in grado di rispondere alle tue obiezioni e considerazioni, che non un articolo pienamente “legittimato” ma al quale non può venire opposta alcuna considerazione critica (per le “fondamenta” della cultura ci sono, come sempre i libri, mai così facilmente selezionabili e raggiungibili come oggi.). D’altra parte, il numero di persone in grado di scrivere articoli e commenti, e soprattutto di produrre verbose e compiaciute descrizioni delle proprie proprie preferenze letterarie, artistiche e culturali è cresciuto vertiginosamente. Vi è tanta di quella offerta che qualsiasi critica spassionata a ciò che uno scrive dovrebbe essere considerata preziosa dall’autore, e la freccia del bisogno pressoché invertirsi. Ma in realtà gran parte di questa produzione serve più per “testimoniare” indirettamente dei meta-messaggi, che non per comunicare qualcosa a qualcuno, come se fosse una specie di “look”: uno compone il faticoso pistolotto, l’amico si congratula senza quasi darsi la pena di leggerlo, l’invidioso si attacca alla prima frase che si presti allo schizzo di un poco del suo acido e nel giro di qualche tornata la questione si esaurisce.
    Bisogna però a questo punto sottolineare come, in tutto questo, aldilà della plausibilità “scientifica” di certe teorizzazioni-manifesto, le “colpe” degli “indiani” appaiano in realtà assai lievi, e forse inesistenti, se messe in rapporto alla formidabile difficoltà dell’assicurare una “piattaforma” di scambio ragionevolmente equa ed aperta a tutti, e tuttavia in grado di gestire l’esplosione combinatoria del rumore implicita in tale apertura. Occorrerebbe soprattutto che si instaurasse qualche dinamica di emersione e di filtro, in grado di “ricapitolare” le esperienze più pregnanti che avvengono nel tempo in una sorta di sintesi, una narrativa, o almeno un indice, che ne renda possibile la trasformazione e consolidamento in saperi veri e propri – testati a 360 gradi e privi delle scorie della nascita (ed io non credo affatto che la soluzione proposta dagli Zibaldoni rappresenti una risposta efficace al problema.)
    Nella mia esperienza, dinamiche del genere le ho viste funzionare soltanto di rado e per periodi abbastanza brevi, in virtù di un impegno assiduo (e terribilmente logorante) da parte di qualche personalità di spicco, capace di ispirare modalità di emulazione positiva (banalmente: “se tutti scrivono bene, tutti scrivono cose intelligenti, se tutti dimostrano un certo stile, un certo fair-play, una certa continenza, non sarò certo io a farmi notare in senso negativo”) che sfocia in qualche sorta di miracolosa auto-regolazione.
    Sarà interessante vedere cosa N.I. 2.0 riuscirà a fare, attraverso un atteggiamento che sembra oggi più gentile verso l’esterno, meno enfatico e guerresco. E sarà interessante anche vedere con quale “postura” i fuoriusciti ritorneranno, prima o poi, ad affacciarsi su Internet.

  18. Ricondurre l’idea di far saltare la logica del prodotto del mercato culturale a un ‘obiettivo’ devia quanto ho detto Inevitabilmente verso un’operazione ‘troppo ardita’, è qualcosa che semplicemente non ci si può porre come obiettivo nemmeno interno a una singola esperienza di questo tipo. E’ tutt’altro che un cavillo inserirla, invece, nel contesto dell’azione creativa costitutiva del progetto, che inevitabilmente si produce come tensione verso un’incisione all’interno delle realtà culturali che, semplicemente – non può essere altrimenti -, si nutra dell’energia sovvertitrice di quell’ideale, e non che si proponga di realizzarlo – non tanto perchè è utopia impossibile, quanto perchè è la stessa utopia in qualità di obiettivo che condannerebbe il progetto alla ‘confezione’, qualunque obiettivo è obiettivo di una confezione, tutto l’opposto dell’idea di ‘spazio aperto’, l’impossibilità di quell’obiettivo sta qui -.
    E’ una direzione interna, dunque, ad altre dinamiche inevitabili e imprevedibili – tant’è che si è arrivati alla rottura e ai problemi interni che tu indichi, alcuni dei quali riconosco -.
    E cmq, non so come tu possa considerare NI una buona esperienza senza riconoscere questo. ‘Rendersi disponibili’ non significa nulla fuori da una rinuncia attiva d’un proprio status, se non proprio nell’ottica del fun club che tu denunci.
    Simulare un’assenza di gerarchie – cioè mera deresponsabilizzazione in merito al proprio esser un punto di riferimento inequivocabile – è precisamente un firmar autografi che di certo non ‘valorizza’ alcuno dei meno noti.
    Per quanto concerne le caste non ho mai conosciuto un gruppo in cui non si creassero o in cui qualcuno non ne denunciasse l’esistenza, dipende da qual’è la proporzione e le caratteristiche del fenomeno.

    Ritieni che il numero delle persone in grado di scrivere articoli etc sia cresciuto in proporzione alla crescita dell’offerta (di cui non so nulla per la mia non assidua frequentazione di siti di questo tipo). Naturalmente sottintendi ‘di qualità rispettabile’, altrimenti non avrebbe senso dire che l’autore dovrebbe rispettare ‘di più’ i commenti. Cmq non credo che questo sia vero, scrivessi su NI o un altro blog rispetterei i commenti esattamente quanto prima – poco, fino a prova contraria…insomma in assoluto spirito di pregiudizio, eviterei guarda la presa per il culo della magnificazione del pubblico alla ‘anche tu sei protagonista, dì la tua’ -. Ma cmq, battute (mica tanto) a parte, bisogna sempre sospettare che ci sia qualcuno in grado di comprendere qualcosa, ‘l’offerta’ non esiste se non in termini di disomogeneo materiale umano depositato davanti a un monitor.

    Tutto ciò che dici attorno al ‘look’ mi sembra anche questo quanto di più inevitabile. D’altra parte, anche il blog stesso, a me, fa schifo.
    Inserirsi in questo quadratino ritagliato sventolando un io e prestandosi a sicuri criteri di fruizione imbecille…però lo sto facendo quindi accetto di essere quel ‘coglione’ che riconduco a queste dinamiche, perchè ritengo evidentemente questo mezzo non solo un amplificatore in rete mondiale della coglionaggine insita in ognuno di noi, ecco.
    I metamessaggi…bè, è sicuro che quando uno scrive si riferisce a una pluralità di comunità, che coincide esattamente con la pluralità di comunità che ha stimolato in lui la scrittura. Quindi non sono ‘messaggi’. Che poi l’atto dello scrivere sia depredato da una superficiale autoreferenzialità, che dire, accade sicuramente, sono d’accordo, ma non estenderei questa concordia alla lapide di gruppo che ne fai. Nel senso che è un’opinione volatile, non le fornisci alcun appiglio, a me non sembra sia una generalizzazione accettabile, dico solo questo.

    Ritengo, su questo punto, che sia irrinunciabile per un’esperienza qual’è NI, evitare il catalogo, la presentazione di una narrazione costituita, il montaggio, insomma, in ‘saperi’. Dovrebbe essere la sua propria narrazione, e non narrarsi. E’ cosa ben diversa, che comporta la forza vitale, interna, di un suo divenire, o la sua mancanza. Si capisce molto più facilmente se ha senso continuare o se si sta perdendo tempo, tra l’altro.
    Non v’è dubbio che questo comporta anche dispersione, occorre saggiarne l’entità. Questo progetto non può funzionare se inserito in una autoconservante struttura formulata per limitarne la dispersività – e per scongiurarne il fallimento -, funziona solo se riesce ad autostrutturarsi attorno a linee interne d’incontro che ne sono la linfa. Non certo un generalesco influenzarsi vicendevole da scolari che danno il buon esempio. Questo è miserrimo. Non è meglio che vada tutto a rotoli? Perchè non dovrebbe andare a rotoli?
    A quanto dici, da qualche parte, mi sembra che avrebbe dovuto andare a rotoli prima, da qualche altra, no. Ti sto dicendo la mia impressione, non c’è una stilla di polemica.
    Per quanto mi riguarda ho un buon giudizio sull’essenza (ch’è ciò che va considerato) di questa cosa.
    Insomma, a mio avviso, un merito innegabile di NI è che è fallita (a prescindere dal ‘dopo’ che però appunto somiglia a una rifondazione).
    La sua linea d’incontro non era più tale, e ciò rischiava di farla diventare una galassia di frammenti non solo senza centro ma pure col ‘defunto in casa’ d’una coordinazione d’intenti ormai assente, il che avrebbe gettato su tutto quanto un’impressione di posticcio, di aggiunto, indesiderabile.

    NI ora non è più gentile, è solo più debole. Penso che investire su questa debolezza chiamandola gentilezza non porti a nulla.

  19. leggendo quanto avete scritto, molte cose e assai dense, mi verebbe da dire che state facendo un lavoro di definizione di NI, sia nel futuro che nel passato, che va al di là delle possibilità stesse di alcuni di noi; (ma sono sogni e analisi d’identità, e non fanno certo male…); più interessante è il discorso più generale sul blog, sullo scrivere in rete, e sul rapporto tra chi scrive e chi legge, o commenta, ecc.

    a lippolis, quanto ho scritto sopra è comunque un tentativo di spiegare questa rottura; e credo che i motivi da parte dei fuoriusciti siano chiari: li hanno espressi già loro; i motivi di quelli che restano, credo che potranno esprimersi solo nel loro fare; e qui non c’entra essere deboli o forti, in tanti o in pochi; la risposta non può essere teorica: chi resta può solo dire: credo che il progetto iniziale non si sia corrotto, forse muterà per certi aspetti, ma ha ancora senso stare assieme qui, fare questo blog. Io spero che sia cosi. Magari, invece, prima della fine dell’estate ci saluteremo e l’avventura sarà davvero finita.

    In ogni caso non è intenzione di nessuno, ora, anticipare un’identità che non c’è né però perdersi in dottrinarie risposte sul perché e il per come noi si abbia ragione a voler continuare. Io ho ancora fiducia in questo progetto e nelle persone che vi sono coinvolte, nonostante le differenze che si sono manifestate. Non vivo la sua continuazione, in opposizione con quanto fatto da Antonio o da Tiziano, anche se questo è paradossale. Le risposte degli altri indiani, il loro rinnovato esserci o il loro abbandonare, dirà se questa fiducia era infondata. (Mi dispiace di ripetermi, ma così stanno le cose ora…)

    Certo, le vostre riflessioni credo che entreranno oggi con più peso in gioco, che in tempi di funzionamento normale. E sono quindi benvenute.

  20. Può darsi che tu abbia ragione, su diversi punti. Non avverto però consonanza sentimentale con frasi come questa: “Non certo un generalesco influenzarsi vicendevole da scolari che danno il buon esempio. Questo è miserrimo.”
    Vi ritrovo la consueta esagerazione del disprezzo verso delle masse con le quali non si entrerà mai “in contatto” ma che tuttavia ossessionano il povero semidio, che stranamente, con tutta la sua incomparabile “ricchezza interiore”, non resiste alla loro indifferenza (o forse alla conseguente relativa “povertà materiale”).
    Ora, è facile disprezzare lo “scolastico” in nome del genio, del caos, di dioniso ecc. Ma “scolastico” significa anche accessibilità universale, che è la direzione verso cui punta il “genio” autentico, cioè l’esatto contrario dell’inflazionato “trickster”, aggressivo imbonitore di sé come “prodotto” da piazzare sul mercato. E significa esplicitazione delle regole del gioco, e conseguente equità di accesso, e tante altre belle cose (assieme ad altre molto meno belle, che si avrà cura di riconoscere ed accantonare.)

  21. Wovoka, se è vero che i miei interventi non simpatizzano col ‘prodotto’ – mi pare evidente – e se non sono confuso nelle mie idee, non intendo certo evangelizzarti del prodotto superomistico più ambiguamente inteso…
    Non vorrei soffermarmi sul discorso del genio anche perchè vorrei rispondere brevemente a Andrea Inglese, però vorrei spiegarti quella mia frase che non ti piace.
    Volevo semplicemente riferirmi a quanto hai detto sull’utilità di personalità di spicco utili a produrre un effetto a catena in termini di accortezza nella scrittura che però non esce, in quanto tale, dall’emulazione.
    Parlando di scolari, non mi riferivo a una generale ‘scolastica’, parlavo proprio degli scolari, i bambini, per dire che finchè non si esce completamente dall’emulazione, dal rifare, dall’autoistruirsi-indottrinarsi con davanti un modello, finchè insomma si tiene fuori l’individualità dal proprio fare, si resta in un meccanismo che è utile per tante cose (lo reclamo anch’io in certi casi di disperato dilettantismo in certi lavori cruciali), ma non per un’azione culturale.
    Va bene per stilare un compito, ma nel momento in cui un’azione culturale diviene questo, l’unica azione culturale che può compiere è darsi per spacciata. In NI e da altre parti dovrebbero esserci individui – almeno un buon numero, direi la maggior parte – che fanno il loro percorso, e lo fanno insieme perchè, candidamente, hanno, nel loro più o meno individuale – non individualistico – agire, dei punti in comune.
    Se hanno bisogno di qualcuno che – bacchetta alla mano – osserva quel che scrivono, che si mette alla lavagna e fa vedere come si fa, così poi loro lo imitano con rivalità tra di loro per chi ha ‘carpito meglio il messaggio’…non mi sembra di dire niente di straordinario affermando che tutto ciò è appunto misero.
    Senza ‘disprezzare la massa’, sarebbe un bestiame.

  22. Inglese, quanto ho detto sulla debolezza era esclusivamente riferibile a Wovoka, lui ha parlato di ‘gentilezza’ perchè ne ha ravvisato, precedentemente, la mancanza. Io dico che, se i commenti acquistano una maggiore rilevanza, in questo caso, è perchè NI è meno solida di prima e beneficia maggiormente di questo contributo, il che non risolve il problema ‘di metodo’ che lui ha posto. (o lei, non lo so)
    Non intendevo andare oltre.
    Cmq per il resto, Moresco, per esempio, ha fatto delle denunce chiare.
    Non m’è parsa da spiegare tanto la rottura quanto i principi della continuazione, cosa che senz’altro avrete discusso tra voi, come hai scritto nel tuo pezzo, ma chiaramente ignoro gli argomenti.
    Tu dici che magari il progetto cambierà un po’, ma per che motivo, per la rottura o per ciò che denuncia chi è uscito? Sostieni anche che chi continua crede che il progetto non si sia corrotto, dunque è in disaccordo su ciò che Moresco ha detto, o cmq ne trae diverse conclusioni.
    Insomma, non voglio dir troppe parole, il concetto su quanto hai detto fondamentalmente è uno: se i temi toccati nella rottura, restano del tutto inosservati (in NI), visto che cmq sono stati toccati, adombrano il vostro fare con un sentore d’irrisolto che, forse, ne minaccia la freschezza.
    Per trattare questi temi non serve credo una dichiarazione dottrinale che si ponga in disaccordo netto con gli altri, ma un semplice rintracciare ‘tra le pieghe della ferita’ l’origine della forza che muove questa vostra scommessa. Se non avete intenzione di fingere che vi sia un’identità, e però non avete intenzione di analizzare questa non identità (anche con uno due post in cui esprimete quel che pensate, sentite, in merito a questo però), volete continuare in assenza d’identità? Senza identità – fosse anche, come ho proposto e non era davvero un parlare per metafore, un’identità dell’interrogazione, identità dei lavori in corso… – come può darsi progetto ‘in cui credere’?

    Cmq sia, considerazioni.
    Se non è questa la vostra opinione, non vi tiro dietro ulteriori domande.
    Ciao

  23. Tale Kristian scrive: “non sono venute meno le ragioni del conflitto, per questo ha senso la continuazione di NI
    comunque la si pensi, in qualunque modo la si voglia intendere, è la volontà di non pacificazione coll’esistente”

    Embé? A parte il modo pedestre di esprimere un concetto banale, a parte l’ambiguità (“la volontà di non pacificazione coll’esistente?” Prego? Spieghiamo le affermazioni filosofiche oppure facciamo sfoggio di retorica da salotto? Spiegati, per favore, perché ti sei espresso malissimo), non si è capito un punto: voi, da “non pacificati”, siete su un sito per esprimervi “verso l’esterno”, non verso l’interno. Non c’è differenza di spessore tra il parlare dei dolori intellettuali di un manipolo di scrittori e una dissenteria di gruppo: solo che, quando la dissenteria di gruppo non è contagiosa, chiunque trova ovvio come non sia necessario farci una tavola rotonda. Perciò, o i vostri contrasti sono lo specchio di una “esecranda società” da cui prendere le distanze, oppure vi state grattando le ascelle in pubblico (spero di non essere soggetto a censura per l’ironia). Propendo per la seconda. B.Georg ha, in maniera semplice e lineare, ragione: ed esprime quella ragione in maniera quasi concisa (tratto che, riconoscerebbe egli stesso, non gli appartiene per carattere).
    Ivan

  24. mettiamola così: la produzione complessiva del discorso, così come viene impostata dalla società a cui apparteniamo e che forma l’epoca che stiamo vivendo, tende a marginalizzare il conflitto quando non può reprimerlo. quella parte del discorso che viene prodotta in rete è tuttora difficilmente censurabile dall’istituzione, in quanto la struttura della rete non coincide colla struttura generale della società, per cui non si sono ancora determinate le opportune procedure di controllo e delimitazione del discorso che qui viene creato.
    la volontà di confliggere collo sviluppo della realtà determinato dall’istituzione, ovvero la necessità della lotta per l’affermazione di una visione dell’esistente più ampia dello spettro attualmente consentito, è dovere inderogabile di ogni onesto pensatore.
    io quando trovo sul mio cammino conoscitivo un’attitudine così, finisce che mi entusiasmo. i miei sogni trovano nuovo propellente e corrono veloci, trainandosi appresso la voglia di non trovare la pace fino a quando le aspirazioni sociali a cui faccio riferimento non avranno giustizia.

    a onor della cinesica, io in pubblico è più facile che mi gratti il culo.

  25. “la volontà di confliggere collo sviluppo della realtà determinato dall’istituzione, ovvero la necessità della lotta per l’affermazione di una visione dell’esistente più ampia dello spettro attualmente consentito, è dovere inderogabile di ogni onesto pensatore.”
    Scusa, Kristian, non è che ci stai prendendo in giro ? Qui si cerca di mettere in piedi un blog letterario, mica la Comune di Parigi ! A me, per esempio, piacerebbe una NI 2.0 senza voli pindarici ma con una sincera passione per la letteratura di qualità. Credimi, mi basterebbe e ne sarei contento.

  26. Senti, Kristian, mettiamola così (per favore, se hai un blog mi passi il link così ti rispondo su roquentin.net?):

    “la produzione complessiva del discorso, così come viene impostata dalla società a cui apparteniamo”

    Non significa, testualmente NIENTE. Non esiste una produzione di discorso impostata da una società una volta per tutte. “Produzione di discorso” è una polirematica così ambigua da meritare qualche spiegazione pure per un deficiente come me. Se ti stai riferendo a qualche testo filosofico (non certo ad Habermas, spero), fammi presente quale, almeno rischio di capire.

    “ovvero la necessità della lotta per l’affermazione di una visione dell’esistente più ampia dello spettro attualmente consentito”

    ??? Mi porti un esempio di visione ristretta dell’esistente (l’esistente?? Ma come parli? E cos’è, l’ente di Heidegger, mia nonna, oppure il mondo, tanto per dire) provocata dalla produzione complessiva del discorso?

    “i miei sogni trovano nuovo propellente e corrono veloci, trainandosi appresso la voglia di non trovare la pace fino a quando le aspirazioni sociali a cui faccio riferimento non avranno giustizia.”

    Forse è bene iniziare a dichiarare i sogni; magari io, Ferrazzi, e un ottimo esegeta delle fonti Kristiane capirà qualcosa: quali sono?

    Un appunto, e mi rendo conto di essere arrogante, ma è necessario (e per quanto concerne la tua misera filosofia da Bignami, è anche mio dovere professionale): pensa, prima di scrivere, altrimenti non imparerai mai a scrivere e dimenticherai persino come si pensa.
    Ciao,
    Ivan

  27. Mah … considerata l’estrema sintesi e generalità, il discorso di Kristian mi sembra abbastanza sensato, anche se vi rinvengo una dose di ironia che mi induce a non prenderlo troppo sul serio (può sembrare una parodia). Trascinare il discorso nel campo della filosofia specialistica (e occidentale e “continentale”) mi sembra invece una pretesa arbitraria ed un poco terroristica, che sembra alludere ad una pretesa di distribuire patenti di intellettualità. Io suppongo che sia lecito pensare anche prescindendo tanto da Heidegger quanto da Habermas, e dunque, p.es., per “esistente” intenderei “mondo”, semplicemente. Il succo del discorso di Kristian mi sembra essere che il potere tende a fornirci delle rappresentazioni interessate e parziali, delle quali è bene non fidarsi e alle quali è bene cercare di non limitarsi. Sarà banale ma è anche vero :-)

  28. Mah … considerata l’estrema sintesi e generalità, il discorso di Kristian mi sembra abbastanza sensato, anche se vi rinvengo una dose di ironia che mi induce a non prenderlo troppo sul serio (può sembrare una parodia). Trascinare il discorso nel campo della filosofia specialistica (e occidentale e “continentale”) mi sembra invece una pretesa arbitraria ed un poco terroristica, che sembra alludere ad una pretesa di distribuire patenti di intellettualità. Io suppongo che sia lecito pensare anche prescindendo tanto da Heidegger quanto da Habermas, e dunque, p.es., per “esistente” intenderei “mondo”, semplicemente. Il succo del discorso di Kristian mi sembra essere che il potere tende a fornirci delle rappresentazioni interessate e parziali, delle quali è bene non fidarsi e alle quali è bene cercare di non limitarsi. Sarà banale ma è anche vero :-)

  29. ivan, rischiavi di capire pure se avessi messo qualche parola-chiave in uno qualsiasi dei motori di ricerca a disposizione degli utenti della rete
    michel foucault, d’annata pure, il 1971

    a riccardo dico che sono serissimo quando ammetto che la lettura di bellissimi pezzi letterari mi ha cambiato la vita – se succede nel 2005 in web invece che nel 1990 sul treno, per me è la stessa cosa

  30. “ivan, rischiavi di capire pure se avessi messo qualche parola-chiave in uno qualsiasi dei motori di ricerca a disposizione degli utenti della rete
    michel foucault, d’annata pure, il 1971”

    Io non sono sicuro che tu abbia letto Foucalt: le mie sicurezze, al massimo, riguardano il tuo grado di incomprensione, e la tua capacità (indiscutibile) di utilizzare la lingua italiana come un’accetta sui propri piedi. Sia come sia, quando si fa riferimento a contesti filosofici altrui, questi contesti vanno citati senza ambiguità, altrimenti “si straparla” e basta, adottando, il più delle volte, un gergo colpevolmente oscuro per mascherare la propria confusione di idee. La tua confusione, invece, è mirabile.
    A proposito: non credo sia il caso di informarsi su Foucault con i motori di ricerca, e siccome mi pare che proprio tu non capisca…te lo scrivo chiaramente: ne so giusto un po’ più di te (un po’, eh, magari prova a indovinare come mai) di filosofia, e hai scritto un cumulo di insensatezze che non sei riuscito a spiegare. Le spiegazioni, quando hai iniziato senza i riferimenti, non devono contenere improvvisamente i riferimenti, a mo’ di ancora di salvataggio: devi rispondere alle domande, o accettare passivamente la figura di colui che ciarla invano. Tutto qui.
    Discorso chiuso, a questo punto, per quello che mi riguarda. Se dovessi continuare, continueresti da solo: non si può perdere troppo tempo a discutere con chi, della discussione, ama l’odore e l’apparenza. Ritengo solo che tu stessi provando ad esibire una riprovevole coda di pavone, trascurando il fatto che i pavoni non pensino, e che, malauguratamente, a volte si possano perdere tutte le penne per strada, nel breve spazio di dieci righe. Ma non attenderò le prove! Perciò auguri, e continua così: in pubblico, in privato, dove ti pare. Fai cabaret senza lo straccio di un’idea, ma a qualcuno non dispiacerai. Perciò tranquillo: la tua strada è luminosa, il tuo passo è saldo, e la tua testa è totalmente impermeabile.
    Buona fortuna,
    Ivan

  31. Certo, se evitaste le modalità correnti del web, vale a dire il darsi addosso appena si può, buttando via una quantità di energia e facendoci anche figura di gente non proprio di classe eccelsa, bè, non sarebbe male, Ivan.

  32. Qui si dovrebbe parlare di altrecose, del futuro di N.I.,
    se possibile,
    e invece guardà lì sempre le solite polemicuzze da asilo:
    io ci ho la mela più grossa della tua,
    orca
    Mario Bianco

  33. Tashtego: la figura di cui parli è una elaborazione della tua mente. Io non sto a perdere tempo, sto appunto contestando la prassi di una discussione che si manifesta, più che come tentativo di chiarimento, come tentativo di far confusione. Ammesso che si debba discutere del futuro di N.I. in pubblico (e perché mai?), non credo proprio sia il caso trasformare il dibattito in un vuoto balletto di dialettiche sciancate, e certamente esibizioniste. Le idee, servono le idee, non i surrogati delle idee o le frasi fatte, raccattate per strada.

    Mario Bianco: lascia perdere, temo ti sia sfuggito il “nocciolo della questione”

  34. Beh, Ivan, i post di Andrea Inglese rappresentavano chiaramente la volontà di innescare una discussione pubblica sul futuro di N.I., chiaramente consultiva, per raccogliere idee e non per deliberare alcunché (quello lo faranno a porte chiuse, e nessuno lo contesta). Uno getta la rete e vede ciò che recupera, magari poi non gli serve a nulla, ma questo fa parte del gioco. Fa parte del gioco anche chiedere chiarimenti su di un intervento altrui e giudicarli poi insufficienti (peraltro io apprezzo molto chi si presta ad approfondimento “frase per frase”). Non dovrebbe far parte del gioco la volontà di “chiudere la bocca” altrui. Sinceramente sembrerebbe che tu nutrissi del rancore nei confronti di Kristian, e comunque le tue mi sembrano sentenze un po’ esagerate, almeno in una fase interlocutoria come questa.

  35. Sono scettico circa il futuro di NI e la penso come il “lettore” di sopra: le uscite vanno compensate con innesti nuovi e diversi. Meno elaborazioni, più fantasia e reale sensibilità! “Acquistate” Angelo Rendo, ad esempio, o Stefano Guglielmin.

  36. ivan è incredibile!
    Dice:Le idee, servono le idee!

    Se se se …. come se le idee si trovassero al mercato e pure a prezzi scontati :-))))))))

    Le idee sono le vere rarità SEMPRE e soprattutto lo sono in una societa come la nostra dove sembrano essere diventate dei panda in via di estinzione:-)
    Le idee a volte vengono a volte no.
    Si produce ance senza idee nell’attesa che si accendano :-)))))
    Uno può essere intelligente quanto vuoi, colto quanto vuoi, originale quanto vuoi, ma … le idee non sempre ci sono.
    E poi nessuno produce idee da solo, sono sempre prodotti collettivi.
    naturalmente c’è sempre chi poi le sa usare al meglio di altri, chi le sa afferrare, riconoscere, scegliere, ma la loro produzione è sempre collettiva quindi fanno benisimo quelli di NI indiana ad aver aperto e provocato la discussione.
    Però devo dire che in questi giorni ho capito una cosa.
    Ho capito perchè nella veccia nazione indiana il settore commenti fosse separato dalla “rivista” vera e propria.
    Tutto quello che accade in rete è bene che sia sempre aperto al commento e alla discussione, però è anche vero che un eccesso di polemiche e commenti può stressare e sminuire il lavoro di raccolta e offerta di materiale efarlo apparire stupido anche quand è intelligente.
    E quelli che decisero di dividere i due luoghi sono stati, a mio giudizio, molto intelligenti perchè permettevano a quelli di fuori (ai così detti utenti) di avere un approccio intelligente quando sfogliavano il materiale senza doversi sempre imbattere nella polemica, spesso del tutto inutile quando non volutamente distruttiva e personalstica.
    E permetteva anche di gidicare senza doversi confrontare direttamente con i permali, le suscettibiltà, e i macro-narcisismi degli autori ;-).
    Tutte queste cose fanno parte dello spirito della rete (che è intelligente e stupida contemporaneamente), e lo sappiamo tutti, ma dividere le due cose (senza dover cosìcensurare nè la stupidità, nè l’intelligenza) credo fosse stata una vera Idea :-))))))))
    A proposito qualcuno sa di chi fosse stata l’idea?
    Atra cosa che voglio dire è che io al contrario di qualcuno altro penso che al momento gli indiani non dovrebbero assolutamente pensare alla campagna acquisti ma anzi cercare di essere pochi e di dare una linea (pluralista ma chiara) al blog e solo in seguito pensare ad “arruolare” nuovi “soci”.
    georgia
    P.S
    Complimenti ad helena per la sua citazione da Beuys (usata poi da andrea inglese).
    Beh helena mi sembra veramente sempre più una vera indiana in gamba ;-)

  37. vi chiedo scusa :-))))
    ho fatto una caterva di errori, ma … credo (spero) sia colpa della tastiera nuova.
    Cristo!!! vedo che spesso ho saltato dei tasti
    scusatemi :-(

  38. Wowoka:
    “Sinceramente sembrerebbe che tu nutrissi del rancore nei confronti di Kristian”

    Sembrerebbe a chi? Non so neppure chi sia (vedi che non sono un vecchio commentatore di NI). Sarebbe il caso che le obiezioni venissero prese per quello che sono, indipendentemente dal tono, che spesso è fretta unita a necessità di chiarezza. A me sembra che ci sia gente che parli a vanvera e pià delle ipotesi (inutili) sul perché lo facciano, serve un po’ di ironia, e forse di sfottò. E’ pure fatto del tutto naturale, in percentuale minima, in ogni luogo in cui si discuta, che ci sia chi discute per fare accademia, riuscendo a fare, bene che vada, cabaret di infimo livello.

    Georgia:
    le idee si trovano sempre.

    “E poi nessuno produce idee da solo, sono sempre prodotti collettivi.”
    Sì? Grazie per il chiarimento, ti giuro che non lo sapevo! SEMPRE prodotti collettivi? Adesso mi aggiorno…

    P.S: Sulle intenzioni di Andrea Inglese non stavo discutendo, stavo discutendo su come le intenzioni fossero state recepite. Potete dire quello che vi pare, ma se a me sembra che ci siano palesi involuzioni verso il “gioco di società” io sosterrò questo: con delicatezza, sfottò, metafore, parole chiare, parole meno chiare….quelle che ho.
    Saluti,
    Ivan

  39. georgia ha scritto:

    perchè nella vecchia nazione indiana il settore commenti fosse separato dalla “rivista” vera e propria. […]
    A proposito qualcuno sa di chi fosse stata l’idea?

    Non credo che sia stata una scelta consapevole, informata. L’inserimento dei commenti solo nell’archivio mensile ha reso difficile la lettura, faticosa la discussione, quasi impossibili i link dall’esterno. Tecnicamente ha poi provocato il collasso dell’applicazione web usata precedentemente.

    Massimo Mantellini non a caso scriveva lo scorso aprile, molto prima del rifacimento del sito:

    L’unica cosa che mi sento di dire e’ che se Nazione Indiana fosse davvero un blog e non un sito web confusionario che sembra uscito da una allucinazione di Kandinsky, forse seguire simili discussioni sarebbe piu’ semplice.

  40. a jan:
    Già ma forse a mantellini interessava solo la discussione, mentre a me ha sempre interessato (molto, ma molto di pù) il materiale offerto da Nazione indiana.
    Le discussioni le trovi ovunque, in ogni blog anche in quelli più scadenti, anzi ormai l’offerta nel web è veramente in ecCESSO e sinceramente non è che poi interessi granchè. Quelle da cazzeggio servono a passare un po’ il tempo e ne trovi ovunque anche nelle chat (io spesso mi ci diverto un sacco), poi ci sono quelli che discutono solo per pavoneggiarsi o per sponsorizzarsi e quel tipo di discussione è noiosissima e interessa solo ai diretti interessati , alla loro zia e nonna e a qualche sporadico amico ;-)
    Infatti la discussione in NI non era superiore a quella di altri blog, il materiale che forniva NI invece era una cosa notevole e forse unica nel web italiano.
    Basta riguardarsi l’archivio per vedere che ho ragione.
    Certo c’è anche “Zibaldoni ed altre meraviglie” ma forse quello è un blog eccessivamente serio e raffinato e con una sua idea particolare del fine della letteratura (cosa che io condivido, ma solo in parte)
    Nazione indiana invece si sporcava le mani anche con l’attualità e la politica, con passione e convinzione e a me era proprio questo che piaceva molto.
    Le discussioni sono sì piacevoli, a volte, ma … quando vengono lasciate a se stesse, sono una vera orgia di narcisismo come in Lipperatura dove a volte sono veramente pietose.
    La discussione serve certo, come servono le copertine ecc dei libri, ma non devono superare (o addirittura sostituire) e neppure oscurare l’offerta iniziale altrimenti … altrimenti a te può piacere ma a ad altri come me no :-)
    Nulla di male il web offre di tutto, se non in italiano lo offre in altre lingue.
    Nella rete c’è posto per tutti, basta che qualcuno non si senta in dovere di omologare tutto al ribasso, come sembra accadere quasi sempre.
    E questo succede non a caso ma perchè c’è sempre qualcuno che sa bene che l’intelligenza è cosa ormai rara e soprattutto PERICOLOSA E dove c’è è meglio farla fuori e spianare il tutto :-)))))).
    E l’intelligenza al momento sembra essere sopravvissuta solo in rete ma …forse per poco.

    X ivan
    ok ma scusa … se lo sapevi già, cosa caz** stavi ad urlare “le idee, le idee”? … :-)))))))))
    Per cazzeggiare, per sfottere, per fare il presenzialista?
    Beh allora ti arrivano risposte di uguale livello ;-)

  41. Georgia, non ci siamo intesi: non ritengo affatto che le idee siano SEMPRE un parto collettivo (sono disposto a sostenerlo con un certo numero di argomenti, ma non qui, adesso andrei davvero OT). Semplicemente, non è vero…

  42. Non è detto che una rivista debba parlare all’esterno, può essere un dialogo fra i suoi componenti, senza per questo risultare privata. I dialoghi, cioè, sono fra testi e nei testi, e a quelli si mira, non all’interattività o alla continua *spiegazione*. Ci sono delle radicalità non risolubili nella serena e democratica discorsività collettiva, così come non lo è l’Agonismo. Se la prima NI è saltata perché ha confuso Agonismo con Antagonismo, la seconda potrebbe ripartire da un progetto comune positivo e propositivo.

  43. una rivista che parla solo all’interno?????
    ma che razza di rivista sarebbe?
    se è necessario parlarsi tra collaboratori beh … allora ci si costruisce un canale fra collaboratori con la passw e stop ;-)
    Non ha senso che la discussione sia pubblica e aperta a tutti e poi finalizzata solo al parlarsi di un gruppo :-))))
    ma che cazzata di sistema sarebbe? sarebbe un sistema quasi mafioso: pubblico ma con cenni d’intendimendo solo fra adepti?
    ah ah ah ah ah … cose da non crederci. …..
    Ma dove sono finita a discutere?
    scusatemi devo proprio aver sbagliato campanello ;-)

  44. caro giusCo mi rendo conto solo ora che forse volevi dire tutt’altra cosa da quella che avevo capito io.
    Capita in rete.
    Però forse non è che sei stato molto chiaro :-)

  45. ivan sei proprio terribile!
    allora mi costringi a parafrasarmi. dunque:
    nel mio primo intervento ho semplicemente espresso a quelli di NI il mio ringraziamento per il loro sbattersi gratuitamente, al fine di offrire un valido prodotto a chi accede a questo indirizzo, nella piena convinzione che ciò che espresse moresco agli esordi di questa storia elettronica è sempre valido, anzi lo è maggiormente dopo le sue dimissioni da padre.
    nel mio secondo intervento ho semplicemente voluto dar ‘sfoggio di retorica da salotto’ (a parte l’inutile ipotesi interpretativa di wowoka che invece mi ha tanato in 25 parole). per colpa tua l’ho fatto. guarda che a dire le cose poi c’è il rischio che qualcuno le metta in pratica.
    volevi un esempio di visione ristretta dell’esistente? la tua quando mi dici che non credi ‘sia il caso di informarsi su foucault con i motori di ricerca’. per almeno due motivi: per la fiducia del tutto inadeguata nei confronti del mezzo elettronico che pure utilizzi a piene mani e perché gli aiuti vanno cercati ovunque. altrimenti, come la mettiamo collo spirito di adattamento della specie?
    dai ivan, prendi i miei post per quel che sono, ‘indipendentemente dal tono’.

    questa tirata la dedico a mario che ha fatto cadere il nocciolo.

  46. per ivan
    non so bene cosa tu intenda per parto collettivo:-)
    Se intendi un gruppetto di amici al bar o dal giornalaio che si scambia opinioni e …paf nasce l’idea … beh allora hai ragione le idee non sono parto collettivo (ehi ma tu usi il termine “parto” sull’onda della discussione sull’eterologa?).
    Le idee nuove nascono (anche se, nella nostra società, sono sempre più rare) da scambi reciproci tra individui, gruppi, nazioni, culture ecc.
    Se tu invece pensi che le idee basta cercarle per trovarle … beh sì si può sempre copiare, clonare, taroccare … ma non credo che tu stia parlando di questo, vero?.
    Le idee quelle vere arrivano quando non te lo aspetti, non le programmi a priori, ma le analizzi solo una volta realizzate.
    Però spesso si possono fare cose ottime anche senza innovare, si può fare informazione, distribuzione di cultura, dilettare, far conoscere, rendere le persone più libere e in grado di capire senza dire solo cazzate.
    Insomma sempre meglio fare cose ottime e non nuove, che far passare per idee e innovazioni patacche colossali ;-)
    georgia

  47. @Georgia: voglio insegnarti come riottenere i vantaggi del saggio confinamento dello spazio commenti che era stato adottato dalla vecchia N.I. – prendi nota:
    NON CLICCARE MAI SUGLI IPERLINK del tipo “x Comments”.

    @Ivan: ok.

    @Kristian: “tanato”?

    @Giusco: credo che senza l’incentivo della partecipazione diretta anche quei 4 gatti (di esterni) che frequentavano davvero nazione indiana si sarebbero ben presto dileguati: se quelli poi non interessano la soluzione c’è già e si chiama Intranet.

  48. Wovoka ma ci sei o ci fai? :-))))))))))))))))))
    Se voglio continuare a leggere devo cliccare necessariamente su “Read the rest of this entry” (se non lo voglio fare su comments) e insieme all’articolo (o altra postatura) si aprono sempre tutti i commenti.
    Non te ne eri accorto?
    Ad ogni modo non è certo un problema ;-) anzi quando ci si piglia l’abitudine si finisce per leggersi poi tutti i commenti stupidi o meno stupidi (questa è la vera tragedia) e si finisce per diventare come tutti i naviganti che spesso sostano solo per perdersi in capziose diatribe e non leggono neppure più gli interventi;-).
    Diventa un gioco e quindi come tale lo si prende, e giocare è divertente ma … alla fine quanti di noi si rendono conto che è solo un gioco?
    E quanti invece finiscono per prendersi sul serio e credersi … quello che non sono, ma che vorrebbero essere?
    I commenti a volte (troppo spesso) fanno scadere la qualità dell’intervento, ma la cosa sinceramente non mi disturba poi granchè, però … tu gli articoli ogni tanto aprili anche per leggerli ;-)
    geo

  49. “Ingaggiare” Angelo Rendo? Ma sogno o son desta? Qualcuno vuole sostituire Scarpa e Moresco con Rendo? Cos’è, una battuta o dici sul serio?
    Aquesto punto propongo a tutti di cercare sui motori di ricerca il sedicente poeta di cui sopra. Tanti auguri.

  50. cara perplessa l’ho fatto, ho trovato l’indirizzo del suo sito, nei link ci siete quasi tutti (nazione indiana, i miserabli, vibrisse manca, ed è un onore per loro, il blog di evangelisti e degli zibaldoni) ma soprattutto c’è Il domenicale :-((((((( dove c’è uno speciale sul 25 aprile che è un vero programma :-(
    La segnalazione del domenicale per me è diventata fondamentale per non accedere più ad un blog

  51. @wovoka: tanare (meglio ancora, toppare) a nascondino – dopo la conta e la formula di prammatica ‘chi è fuori è fuori, chi è dentro è dentro’

  52. scusate, mi sono perso per strada (o sono andato in letargo, a scelta). Però, almeno, ho capito un po’ di cose, leggendo gli arretrati.

    Solo una nota per Kristian: io utilizzo pure l’automobile per spostarmi di 50 km, ma dovendo spostarmi di 3000 la mia fiducia nell’affidabilità del mezzo tende a decadere, per così dire. Internet non si può né santificare né demonizzare come fonte di informazione (o meglio: si può, così come è possibile compiere ogni genere di idiozia). Semplicemente, non credo che sia ancora venuto il tempo in cui ci si possa adeguatamente informare riguardo la “filosofia” e i testi di filosofia su internet (anche perché, per lo più, non ci sono!): con l’unica eccezione della bioetica, probabilmente.
    Ciò non toglie, infine, che sia possibile condurre, su internet o a piazza della mia vecchia carcassa, ogni tipo di discorso filosofico.

  53. Io continuo a pensare che la cosa più terribile siano le sue poesie, georgia. Anche se con il link al “Domenicale” la gara è durissima.

  54. Per risolvere la questione ci vuole mio cugino. Se viene mio cugino tutto si sistemerà.

  55. @ivan: il problema della strada da fare è una cosa, quello dei mezzi da impiegare per percorrerla non è la stessa cosa. come a piedi arrivo alla stazione e piglio il treno che mi porta all’aeroporto per imbarcarmi, così magari parto dal sito amatoriale per arrivare all’opera pubblicata.
    sulla necessità di riversare le opere in rete per colmare una lacuna che non deve diventare cronica sono totalmente concorde.

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Andrea Inglese (1967) originario di Milano, vive nei pressi di Parigi. È uno scrittore e traduttore. È stato docente di filosofia e storia al liceo e ha insegnato per alcuni anni letteratura e lingua italiana all’Università di Paris III. Ora insegna in scuole d’architettura a Parigi e Versailles. Poesia Prove d’inconsistenza, in VI Quaderno italiano, Marcos y Marcos, 1998. Inventari, Zona 2001; finalista Premio Delfini 2001. La distrazione, Luca Sossella, 2008; premio Montano 2009. Lettere alla Reinserzione Culturale del Disoccupato, Italic Pequod, 2013. La grande anitra, Oèdipus, 2013. Un’autoantologia Poesie e prose 1998-2016, collana Autoriale, Dot.Com Press, 2017. Il rumore è il messaggio, Diaforia, 2023. Prose Prati, in Prosa in prosa, volume collettivo, Le Lettere, 2009; Tic edizioni, 2020. Quando Kubrick inventò la fantascienza. 4 capricci su 2001, Camera Verde, 2011. Commiato da Andromeda, Valigie Rosse, 2011 (Premio Ciampi, 2011). I miei pezzi, in Ex.it Materiali fuori contesto, volume collettivo, La Colornese – Tielleci, 2013. Ollivud, Prufrock spa, 2018. Stralunati, Italo Svevo, 2022. Romanzi Parigi è un desiderio, Ponte Alle Grazie, 2016; finalista Premio Napoli 2017, Premio Bridge 2017. La vita adulta, Ponte Alle Grazie, 2021. Saggistica L’eroe segreto. Il personaggio nella modernità dalla confessione al solipsismo, Dipartimento di Linguistica e Letterature comparate, Università di Cassino, 2003. La confusione è ancella della menzogna, edizione digitale, Quintadicopertina, 2012. La civiltà idiota. Saggi militanti, Valigie Rosse, 2018. Con Paolo Giovannetti ha curato il volume collettivo Teoria & poesia, Biblion, 2018. Traduzioni Jean-Jacques Viton, Il commento definitivo. Poesie 1984-2008, Metauro, 2009. È stato redattore delle riviste “Manocometa”, “Allegoria”, del sito GAMMM, della rivista e del sito “Alfabeta2”. È uno dei membri fondatori del blog Nazione Indiana e il curatore del progetto Descrizione del mondo (www.descrizionedelmondo.it), per un’installazione collettiva di testi, suoni & immagini.
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