Marginalità & Non Rinuncia
di Giuseppe Caliceti
Carla Benedetti scrive: “Credere che la letteratura debba stare serenamente nella zona di marginalità che le è concessa dalla stessa macchina di potere che mette al centro le Fallaci, i Dan Brown e i Faletti, vuol dire aver introiettato le forze della restaurazione”. E dice che tutto questo in Italia “è cominciato con la neoavanguardia”.
Vabbè, sulla seconda sua affermazione non sono d’accordo. Si può essere in diasaccordo, no? Sulla seconda, invece: io non ho mai detto che “deve stare” da nessuna parte, ma che, semplicemente, secondo me, la Letteratura, deve fregarsene di più, se riesce, dei libri della Fallaci e di quelli del Papa, di quelli di Dan Brown e di Vespa, di Faletti e di Pinco Pallino. Perchè questo, mi pare, è l’insegnamento che arriva anche da grandi Letterati del passato, che magari avevano anche loro, nella loro epoca, al centro del loro mondo editoriale o sociale, gente che scriveva libri e vendeva più di loro. Insomma, il mio invito era a essere più “sereni” di fronte soprattutto alle classifiche delle vendite dei libri. E denunciavo anche una mia personale stanchezza a parlare quasi sempre, anche se in negativo, di libri che magari non si amano, invece di parlare magari di più di libri che si amano. Ciò non significa che uno scrittore si debba disinteressare del mercato editoriale e dei meccanismi di vendita. Mi pare solo che in questo periodo il rischio sia di concentrare più l’attenzione su questo, piuttosto che sulla Scrittura e sugli Esempi Letterari Forti del passato e, aggiungo, anche di oggi. Esempi forti anche dal punto di vista esistenziale, mi verrebbe da dire.
Giuro poi che non avrei mai pensato di passare per un chierico della Restaurazione o un complice di un Genocidio Culturale. A ogni modo, sperando di non offendere involontariamente nessuno, riprovo a chiarire e a chiarirmi le idee. Provando a spiegare, senza dizionario sottomano, perché per me “accettare” e pure “serenamente” una condizione della Letteratura e dello Scrittore come “marginali” – e il mio non è un verdetto epocale ma solo una sensazione – non sia un atto di “rinuncia” come scrive Carla Benedetti. Anzi, sia proprio il contrario.
C’è una frase strausata che pressappoco dovrebbe suonare così: “Agire locale, pensare globale”. Provo a spiegarmi con quella. Speriamo bene.
Io agisco, io scrivo, nel mio piccolo, nel mio “locale”, – che qui utilizzo come sinonimo di “marginale”, di “periferia”, di “presunta consapevolezza dei miei limiti spazio-temporali” e anche “intellettuali”. Ma ciò non significa assolutamente, – se nonostante questa mia sensazione io continuo a scrivere, a “agire”, volete che scriva “combattere”? – che il mio “pensiero” non possa essere anche “globale”. E perciò non rinunci affatto al mio “sogno” e a tutta la mia “libertà”. E li coltivi. E li difenda a denti stretti. Serenamente, ma anche con tenacia e vigore. E vi garantisco che avere anche un piccolo lavoro di cui campare, che magari non coincide con i compensi che si hanno scrivendo per esempio un libro in cui si crede meno di un altro, a volte mi aiuta molto a tener vivo quel “sogno” e quella “libertà” più di tanti discorsi. Le biografie di molti scrittori che tutti amiamo spesso stanno lì a ricordarcelo.
Ultimissimo appunto: nella mia lettera iniziale a Antonio Moresco, la mia attenzione era legata soprattutto “al tono” di quello che aveva scritto, di cui comunque condividevo non tutto, ma buona parte del contenuto. E se mi ero permesso di intervenire, approfittando dell’ospitalità di Nazione Indiana, pur non essendo un indiano, era solo perché mi pareva si volesse aprire un dibattito e pensavo di poter anche io dare – serenamente – il mio contributo. Ringrazio le tante persone che mi hanno espresso solidarietà per quella che anche io ho vissuto un po’, per via “dei toni”, se non come una “aggressione”, non solo come un appassionato scambio di opinioni. Compresi quelli che mi hanno chiesto di rimanere anonimi. Penso però che un leggero abbassamento dei toni potrebbe giovare alla discussione. Non credo che basti “alzare i toni” per essere più al centro e meno marginali, almeno tra noi. Bastasse questo!
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caliceti, se vieni a napoli fatti vivo, ti invito a mangiare una pizza con vista sul golfo
Caro Giuseppe, ti chiedo scusa se per caso dalle mie parole ti ho fatto passare come un Chierico della Restaurazione.
Conosco la tua attività e il tuo impegno appassionato, in rete, sui giornali, a scuola, come organizzatore culturale, e tacciarti di questo sarebbe proprio un paradosso assurdo.
Conosco bene anche Carla, e so quanto lei si appassioni per il peso delle parole, per non lasciar passare alcune espressioni che suonano magari un po’ infelici o oggettivamente insostenibili nelle implicazioni “ideologiche”, o nelle conseguenze pratiche.
Per aver osato prendere sul serio e aver pesato e vagliato le parole pubbliche dei poteri culturali (quelli che non si limitano a mettere in home page qualche scritto, come accade in questo ormai famigerato luogo di potere che è notoriamente diventato Nazione Indiana) ma che gestiscono teatri, cultura, denaro pubblico, Carla è ancora oggi con una causa giudiziaria in corso.
Devo dire che anch’io non ho condiviso alcune tue espressioni, nel modo in cui le hai dette la prima volta, e ti ringrazio della pazienza e della tranquillità con cui ti sei spiegato. Un salutone
non c’è che dire, la politica editoriale di scarpa in questi ultimi giorni di NI è stata impeccabile. la produzione del discorso ne ha beneficiato alquanto. la conflittualità si era un po’ impaludata nel turpiloquio (devo però ammettere che certi scazzi li trovo spassosi e altri ancora esilaranti)
complimenti a tiziano. sulla volpe una cosa: secondo me gli è andata di lusso, al nostro parente mammifero, incontrare un favolista. a meno che tu consideri i malintesi una forma di tassidermia.
caliceti è un corpo poco virtuale che non si arrende. e questo potrebbe anche bastare. chiunque abbia conosciuto lui e il suo lavoro davvero, ha ricevuto entusiasmo e forza che nulla ha a che fare con la paralisi di cui si è parlato. questo è già stato detto, poiché è vero, ma volevo dirlo anch’io.
… La volpe era incantata dalla compresenza di gloria e disfatta in quel grappolo ancora attaccato al tralcio. Passò di lì Tiziano Scarpa e scrisse una favola per raccontare al mondo quanto quell’animale fosse splendido. Carla Benedetti la lesse e si identificò immediatamente nella volpe. Anche Caliceti pensava che sì, forse, la Benedetti dopo una bella restauratina… Antonio Moresco, invece, vide negli acini d’uva rilucenti al sole una chiara metafora delle proprie opere:-/
Appurato che il problema – la restaurazione – esiste ed è il solo punto su cui siamo tutti d’accordo, perchè non spostare la questione su un’altra dimensione. Ovvero:
Che fare?
Ho notato che qualucuno (andrea carraro, per esempio) non si è limitato a fare una diagnosi della situazione, ma si è spinto oltre, proponendo una soluzione.
Dobbiamo stoicamente accettare l’attuale stagione culturale di restaurazione o rivoltarci contro di essa con i soli mezzi di cui disponiamo, ovvero la forza della nostra insofferenza, del nostro insopprimibile bisogno di sentirci liberi dalle contingenze storiche attuali, per muoverci in una prospettiva di letteratura che sfonda le coordinate sociali, economiche e politiche all’interno delle quali è meschinamente ghettizzata?
Personalmente, io non sto dalla parte degli stoici.
Sono per rispondere alla restaurazione con una insubordinazione barbara e radicale.
Una insubordinazione barbara.
Per dirla con le parole del vocabolario, come connotazione “data dai Greci e dai Romani a chi non apparteneva alla loro stirpe e civiltà.”
Dato che la letteratura cosiddetta di consumo è considerata la sola degna di nota per il Grande Pubblico e per la Grande Editoria, se un marziano potesse gettare uno sguardo globale sulla situazione della letteratura italiana, cosa vedrebbe? Molto probabilmente questo: un folto gruppo di Scrittori&Editori che determinano la visione della letteratura italiana a livello nazionale e uno altrettanto folto ma decisamente sommerso e pressappoco invisibile che fa della letteratura una urgenza e una forza inconciliabile con i requisiti e i dettami imposti dal primo gruppo.
Quindi cosa resta da fare a chi viene considerato “altro” rispetto alla letteratura cosiddetta di consumo?
Io dico che la cosa migliore è affermare la propria barbarità rispetto al panorama letterario italiano.
Con baldanza e spavalderia.
Affermarla continuando a scrivere opere che non guardano in faccia la politica editoriale vigente secondo la quale Successo = Qualità: opere che non sono né mimesi sociale né narcisismi fini a se stessi e che non sono necessariamente legate a un particolare domanda del mercato editoriale ma una singola urgenza dello scrittore, per una scrittura che sia padrona di sé stessa e slegata da logiche commerciali e tantomeno di quadretto d’epoca buono solo per chi della letteratura si accontenta della divisione in scompartimenti di genere.
Una insubordinazione radicale.
Poiché se davvero ci ripugna l’attuale panorama letterario italiano, non ci resta che compiere delle scelte.
Sconfinando nel paradosso, ne propongo alcune: infoltire l’attività e la presenza all’interno di quegli spazi contaminati e barbari dai quali raggiungere il pubblico e coinvolgerlo (per esempio: il Teatro I, certa radio, la Fiera del libro di Torino e il Festival di letteratura di Mantova, ecc. sono sicuramente spazi espressivi di grande forza); tentare la strada dell’invasione di spazi commerciali come il cinema o la televisione, allo scopo di provocare sconquasso all’interno (credete che Ammaniti avrebbe mai raggiunto il Grande Pubblico senza la trasposizione cinematografica di “Io non ho paura” operata da Salvatores? Io dico di no, per quanto ammiri Ammaniti e il suo romanzo); scrivere in un’altra lingua (rivolgendosi quindi ad altri Lettori e Critici).
Al momento non mi viene in mente altro.
Infine, un azzardo.
Non credo che la Letteratura potrà mai raggiungere la letteratura cosiddetta di consumo.
Sarebbe come aspettare che un varietà televisivo venga superato in termini di ascolto da un concerto di musica classica o da un documentario sugli Etruschi! Non esiste letteratura alta e letteratura bassa, letteratura di consumo e letteratura di elite: esiste solo la Letteratura e la non-letteratura! Stop. Ad ogni modo.
Non credete che esistano serie possibilità per potersi infiltrare e scombussolare l’attuale ordine politico e culturale italiano, provocando qualche scossa, qualche sovvertimento ai piani alti della cultura? Dopotutto, i grandi cambiamenti sono sempre cominciati a questo modo.
Che grande cosa sarebbe trovare ai primissimi posti tra i libri più letti della settimana un titolo di Moresco, Scarpa, Mari, Montesano, Voltolini…
Ma capiterà mai? Chissà!
Pietro Vizpara
>Che grande cosa sarebbe trovare ai primissimi posti tra i libri più letti della settimana un titolo di Moresco, Scarpa, Mari, Montesano, Voltolini
I have a dream!!!
Questo sì che è volare alto.
Sinceramente, non so a chi dar ragione. Nel merito – ma prima di tutto nella Stimmung – mi sento con Moresco toto corde. Così come a suo tempo mi sono sentito d’accordo con l’intervento della Benedetti che scatenò tutto l’ormai mitico dibattito. Credo che oggi la letteratura, come ogni visionario, sia necessariamente ai margini. Che questa marginalità non vada accettata. Ma anche che si dovrebbe far leva proprio su questa marginalità (o ‘minorità’, nel senso notato in qualche commento). L’apologo di Scarpa sulla volpe e l’uva è magistrale.
Però direi alla Benedetti che, in questo caso, trovo il suo tono viziato da un certo moralismo. Il fatto che tu sia stata attaccata in passato, chetu abbia subito le vicissitudini che ben conosciamo – non mi pare che giustifichi il tono con cui ti sei è rivolta a Caliceti. Non sono d’accordo con lui, ma pure è una persona che fa, che agisce, che produce. Non merita, credo, di essere indicato come nemico.
Perdonami se adesso mi riferisco qui al mio particolare, ma lo faccio perché penso che le cose siano più complesse delle semplificazioni che a volte – tutti quanti – tendiamo a fare. Ché il mondo non è in bianco e nero. Tu parli di urgenza, di marginalità rispetto a un circuito letterario soffocante. Lo penso anch’io. La mia attività artistica principale, al momento, è musicale. E anche lì le cose stanno così. Siamo sicuri di fare davvero tutto ogni volta per cambiare le cose? Io non lo so. Tu lo sai? Ad esempio, io ti ho mandato due mail chiedendoti se potevo sottoporti il mio romanzo. Te lo chiedevo per la stima che nutro nei tuoi confronti, per quello che scrivi. Evidentemente non lo facevo per avere uno sbocco editoriale, ma per avere un parere di una persona che stimo. Non ho mai ricevuto risposta. Sono condannato a restare marginale anche per i marginali, evidentemente… Scrivo questo, cara Carla, non perché tu mi debba qualcosa – anzi, io ti ho invaso la casella postale. Lo scrivo invece perché ognuno di noi potrebbe fare delle cose che invece non fa, e fa cose che non dovrebbe fare – me compreso. E non mi pare giusto che un Caliceti diventi il capro espiatorio di un serrate le fila. Le fila dovrebbero essere già serrate. Con immutata stima.
Anche le file.
“Che grande cosa sarebbe trovare ai primissimi posti tra i libri più letti della settimana un titolo di Moresco, Scarpa, Mari, Montesano, Voltolini…”
Bene, ecco il leccaculo number one!
Allora, della lista di Vizmara (ma che è, un salame?):
scarpa – è bravo ma vuole (ancora!) scandalizzare col sesso. Raggiungerà la sufficienza quando la finirà di parlare di sesso, forse. – voto 5
moresco – ha scritto qualche buon racconto. Poi, grazie a benedetti e company, si è montato la testa e ha scritto solo cacate illeggibili e presuntuose – voto 4
mari – scrive difficile per non far vedere che non ha una minchia da raccontare. – voto 3
montesano – un po’ palloso e bravo – voto 5
voltolini – bravo ma non sa raccontare – voto 5
CAro Vismara, salamino mio, sarebbe una iattura se costoro stessero primi in classifica!
di queste mosche escrementizie, ne ho le palle piene! Ma chi è questo mosca, maurizio mosca? Vista la complessità dei concetti, direi di sì!