J’accuse e altre poesie di Aharon Shabtai
di Davide Mano
Uscite fuori, guardate:
Gli schiavi si stanno sollevando,
Una mano coraggiosa sta seppellendo
Nella sabbia l’oppressore
“In tempi oscuri, quando uno stato costringe il suo popolo alla sottomissione, arriva il momento in cui il poeta non può accettare il silenzio. I coraggiosi poemi di Shabtai perforano la cupa oscurità di Israele come un raggio laser. Shabtai scrive in ebraico , ma parla in nome di tutti gli oppressi.” – Tariq Ali
Quando la poesia si scaglia contro il popolo, lo fa per scuoterlo a reagire, a ribellarsi alla brutalità cui è sottomesso, a mantenere fede ai valori morali in cui crede e che lo Stato disattende. Quando c’è bisogno di denunciare gli abusi del potere, la poesia sente l’obbligo di captare, registrare, fotografare, riportare, senza omettere nulla. In tempi bui il poeta parlerà dei tempi bui, usando occhio vigile, critico, impietoso, puntando il dito sui veri nemici della politica, sul degrado morale che inquina l’operato dell’uomo.
Le poesie di Aharon Shabtai riportate in questo saggio di traduzione sono tutte di recente composizione: rappresentano solo alcuni dei temi affrontati negli ultimi anni da uno degli scrittori israeliani più impegnati e attenti alle vicende politiche del suo Paese.
Aharon Shabtai è nato nel 1939 ed è considerato uno dei poeti contemporanei più importanti in Israele. Un’ampia selezione dei suoi poemi, Love&Selected Poems, è stata pubblicata in lingua inglese nel 1997 da Sheep Meadow Press. Nel 2003, per le edizioni New Directions, è uscita la traduzione inglese del volume intitolato J’Accuse, vincitore del premio del PEN American Center. Richiamandosi alla famosa lettera in cui Emile Zola denunciava l’antisemitismo del governo francese durante l’affare Dreyfus, in J’Accuse Shabtai accusa il suo Paese di crimini contro l’umanità, rifiutando di abbandonare la sua fede nei valori morali della società Israeliana e di tacere di fronte agli atti di barbarie.