L’origine del mondo
di Valentina Maran
“Se la guardi da qui può sembrare vagamente un sesso maschile. Vedi?”
Mi tiene la testa tra le gambe.
“…queste che si sono divise in due, una volta potevano contenere i testicoli…”
Mi pizzica piano i bordi delle grandi labbra.
“…e questo era il pene…”
Mi sfiora il pistillo con un polpastrello, delicatamente.
No.
Sono troppo rigogliosa, troppo ricca di capillari ricettivi per essere l’atrofia di un cazzo.
Annuisco solo perché spero che vada avanti a parlare a un centimetro da lì.
Mi piace che sussurri parole come se quello fosse un mio orecchio suppletivo.
“Sei morbida”
Già, è la cosa di cui si accorgono tutti.
Alla quale si affezionano.
“Posso?”
“Mh-mh”
Mi allarga piano le pieghe e ci guarda dentro come fanno i bambini con le tane dei grilli.
Uguale.
Dimmelo tu cosa si vede.
Io al massimo posso dirti cosa si sente.
Finirò con l’essere gelosa per colpa di questi maschi che si affezionano così tanto a Lei.
Mi scrivono messaggi dedicati a Lei.
Mi dicono quanto manca loro il Suo sapore.
Quanto amano sentirLa bagnare.
VederLa schiudere.
E io?
Io non vi manco?
Ci confondono, Me e Lei.
Ma mi vedi da lì, Ale?
Mi vedi?
Eh?
Fa scivolare uno spillo di saliva e umetta con le dita i bordi.
Le sue papille mischiano i dettagli della sua ultima Marlboro insieme alla Vigorsol.
Spalma il sapore di menta piperita al mio albume leggermente salato.
Poi continua a fissarLa.
E ad aspettare il grillo.
Ma lo sai che quando ti infili qui io sento tutto?
Pressione, ritmo, frequenza.
Sento come respiri, sento le gambe che diventano fredde perché tutta la tua circolazione sanguigna è concentrata dentro di me.
Sono come una grossa sanguisuga.
E lo sai che per un po’ sei costretto a stare così, dentro, perché la maggior parte del tuo flusso sanguigno è preso a scaldare me.
Sei una lucertola e io sono il muro in pieno sole.
Fuori da me potresti gelare.
Guardati.
Il tuo corpo è tutto preso a protendersi e a farsi pubblicità di come sei.
Io sono un orecchio che ascolta.
Una bocca che assapora.
Sento anche quando ti fai lontano, quando la tua testa è tutta lì, è concentrata su quello che stai provando, e se parlo è probabile che non mi senti.
Sento anche quando pensi a qualcos’altro, magari perché resti impigliato in un pensiero che non ci riguarda, e le sensazioni che mi dai sbiadiscono un attimo.
Lei è una spia e mi dice tutto di te.
Sento il tuo cuore che palpita, ma non perché mi stai sdraiato addosso: lo sento sulla punta più estrema di te.
Sento i tuoi battiti direttamente nella pancia.
Io, se per caso muori, me ne accorgo prima che lo faccia tu.
Lei è una bella cassa di risonanza.
Che oltre a spiegarti chi hai dentro, ti fa anche essere felice d’averlo incontrato.
E tu?
Quanto ne capisci di me?
Quante sensazioni analizza il tuo termometro?
Quando ti va bene, un maschio ha una ventina di centimetri di comprensione.
Mi senti per tutta la lunghezza, tutto con la stessa intensità?
O cambia qualcosa?
Tutta la mia gioia ti arriva fino alla base del bacino?
O ti distrae quello che senti in cima?
Va bene che non è un tratto chilometrico, ma non è che ti perdi qualcosa di me strada facendo?
“E’ davvero bella”
Lo sono anch’io Ale?
Ti piace Lei quanto ti piaccio io?
Te ne accorgi che ci sono io attaccata lì?
Ha ancora gli occhi incollati al mio centro.
Gli metto una mano dietro la nuca e gli spingo al faccia verso di Lei.
“Cosa fai?”
“Faccio il maschio”
Faccio come mi avete insegnato voi quando avete voglia di sentirvi una bocca addosso.
Cede ogni resistenza.
Ci infila il viso come se fosse una maschera d’ossigeno.
Comincia a parlarLe fitto.
Li ascolto mentre Ale comincia a fare con la lingua quella cosa che gli viene da dio.
________
Immagine, “L’origine del mondo” di Gustave Coubert
I commenti a questo post sono chiusi
“Tutta la mia gioia ti arriva fino alla base del bacino ?”
Purtroppo, Vale, succede solo raramente. Così come la nostra gioia non riusciamo mai a parteciparvela se non in minima parte. Le gioie di maschio e femmina restano in gran parte separate e c’è anche chi per tutta la vita non riesce a condividere neanche un attimo di gioia. Triste, vero ?
Nooo, Tiziano Scarpa sotto pseudonimo come in quell’antologia Einaudi Stile Libero nooo. Perché le sue pornofantasie non le tiene per sé?
Allora, vediamo di piantarla una volta per tutte:
Valentina Maran NON E’ lo pseudonimo di Tiziano Scarpa.
VAlentina Maran è il mio nome e cognome.
Sono una donna. Esisto. Lavoro. Vivo.
Ho scritto io “Daria”, il racconto nell’antologia Einaudi.
Ho scritto io questo pezzo.
Se fa una breve ricerca in internet non faticherà a trovare anche i premi che ho vinto in pubblicità come copywriter.
Detto questo, che il mio racconto le piaccio o no, poco importa.
La invito comunque a smetterla con questo noioso pettegolezzo sul fatto che la mia identità nasconda quella di Scarpa.
Tiziano non ha bisogno di nascondersi sotto falso nome.
Io neanche.
Cordiali saluti.
Valentina Maran
Posso testimoniare anch’io che la mia amica Valentina Maran è facilmente distinguibile da Tiziano Scarpa, per tutta una serie di caratteristiche…
Fra l’altro Tiziano se lo sogna, di scrivere un racconto come questo. Non perché Tiz non sia lo straordinario scrittore che conosciamo, ma perché nessun maschio scrive così.
I racconti di Valentina (li conosco bene, avendone pubblicati due sull’antologia Onda lunga) sono i più “femminili” che mi sia mai capitato di leggere. Questa voce sottile, questo serpente di parole tutto spaziato dagli a capo, sembra nascere da un deserto e racconta un punto di vista sul sesso paurosamente femminile. Non perché racconta il sesso vista da una donna, semplicemente, ma perché mette in gioco tutta una rastrelliera di sensazioni ed emozioni che ogni volta mi fanno sentire – in quanto uomo – lontano e diverso. Mi fanno sentire solo, perfino respinto – e questo li differenzia enormemente dalle narrative erotiche e pornografiche, che cercano inclusività e non esclusivita.
E’ quello che mi ha sempre affascinato nei racconti di Valentina Maran, al di là della grande eleganza di scrittura e del gusto per il dettaglio preciso, quasi chirurgico.
Gentile Teresa,
parlo in qualità di tetimone oculare. Certifico che Valentina Maran esiste. E’ qui con me in questo momento nell’ufficio. Tiziano Scarpa invece non lo conosco, ma certifico che non si trova qui in questo momento. Mi sento di certificare anche che i racconti di Valentina sono di Valentina di nessun altro.
Che poi dentro (e non dietro) Valentina Maran possa nascondersi anche un maschio (ma non Tiziano Scarpa) con tanto di pallette quadrate, mi sentirei di certificare anche questo.
Saluti.
Ma quale antologia di Stile Libero, soprattutto? Tiziano ha pubblicato in una sola raccolta, Anticorpi, Einaudi, certo, ma non Stile libero(che è quasi un editore a sé, ormai).
E poi Milena Fiotti era tanto brava… :-)
L’ho già sentita questa storia.
Anche un paio delle autrici presenti nell’antologia “Ragazze che dovresti conoscere” erano convinte che Valentina Maran fossi io, una me l’ha detto in faccia.
Che dire? Valentina Maran esiste, fa la copywriter e scrive da parecchio tempo: come suggerisce lei stessa, una breve ricerca in internet dà conto non solo della sua attività di copywriter, ma anche della sua partecipazione a concorsi letterari (il Premio Chiara Giovani, per esempio, che è affiancato anche da laboratori di scrittura ai quali Valentina M. ha partecipato di persona: chiedete all’organizzatrice Bambi Lazzati ).
Chiedete anche a Matteo B. Bianchi, che ha pubblicato alcuni suoi racconti sulla rivista ‘tina e credo che la conosca anch’egli di persona.
Chiedete a Camila, la conduttrice di MTV e agli autori della trasmissione che hanno scelto il racconto di Valentina M. considerandolo il più erotico di quell’antologia e l’hanno invitata a parlarne in studio.
Insomma, mi sembra avvilente e offensivo per una bravissima nuova autrice negarle quel che le spetta. Questa storia poteva essere forse divertente all’inizio, ma adesso è bollita stracotta e ha annoiato.
Molto suggestivo il commento di Raul, lo condivido parecchio.
Già Valentina esiste, eccome se esiste. A me i suoi racconti affascinano non poco, ha una capacità fuori dal comune di dare voce a emozioni e sentimenti del femminile.
Vi devo dare io, invece, una triste verità.
Sono l’unico al mondo a non avere a disposizione 20 centimetri di comprensione oppure qui un sacco di gente (uomini e donne) millanta?
;-)
la frase del racconto dice “quando ti va bene, un maschio ha venti centimetri di comprensione”. quando ti va bene.
Venti centimetri al giornooooo, venti all’andataaa, venti al ritornoooo…
Valentina, ma l’accento cadeva sui venti centimetri o sulla comprensione? Cioè, quando ti va bene un maschio ha 20 cm, o quando ti va bene ha comprensione?
Pardon, Dubbiosa: ma che CAZZO di domanda è, la tua?
Sono totalmente d’accordo con Raul Montanari: il racconto della Maran è affascinante, e fa sentire il lettore maschile solo, estraneo e respinto. Ma questo è tutt’altro che un difetto, anzi! Rende emozionante la lettura in una maniera a cui il consumatore di pornografia, o anche di decorosa letteratura erotica, non è abituato. Non con il brivido al fondo banale dell’immedesimazione ma grazie alla vertigine dell’alterità. Valentina, a me pare, scrive da un altro mondo, e ha il pregio di non voler fingere, ipocritamente, che l’altra metà del cielo, come si diceva una volta, sia la stessa metà del cielo. Per fortuna, poi, quella lingua con cui Ale spande le sue uniformanti osservazioni all’inizio, diventa, alla fine, lo strumento di una comunicazione soddisfacente, seppur non verbale.
Terminator Jr., l’ho domandato a Valentina, non a te
E’vero. Ma la tua domanda è quella che è lo stesso, a mio “grosso” parere.
Pezzo fenomenale, chiunque l’abbia scritto. E se davvero l’ha scritto un maschio, è un gran maschio.
Uffa!
Allora bisogna per forza parafrasare l’urlo di Ciccio Ingrassia in Amarcord:
“E’ una dooooooonnaaaa! E’ una doooooooonnaaaaaaa!”
Straordinario che nei commenti al post di Andrea Inglese “Dalla fede si può guarire” si disquisisca sulla dimostrabilità o meno dell’esistenza di dio, quando sembra così difficile dimostrare perfino l’esistenza di Valentina Maran!
Io la conosco e le ho pubblicato due racconti nella famosa antologia che Elio Paoloni dovrebbe ricordare; Tiziano ha portato la sua testimonianza; Ferrazzi idem; Gabriella Fuschini pure; Vincenzo Garzillo anche… macché!
E’ bastato l’intervento paranoico e velenoso di una maldicente qualsiasi, e la tiritera sul “sarà un maschio” continua.
Cominci questa Teresa a dimostrarci chi è lei, se è maschio o femmina o asino o caprone, e poi ne riparliamo. Discutiamo se esiste Teresa, non se il racconto l’ha scritto Valentina Maran, che ci mette nome, cognome, faccia e talento in quello che scrive, santa madonna.
Che paura questa Teresa C. che va nei blog a insultare scrittori.
Chi è? come fa a sapere questa cosa di Valentina?
strano… io ero in quell’antologia. Qualcuno ci aveva detto che Valentina non eisteva ed era un uomo. L’abbiamo cercata su internet e l’abbiamo trovata. Fine del mistero. Esiste ed è bravissima. L’unica che è riuscita a fare un racconto erotico.
Quindi cara ipotetica Teresa, smettila. Perché chissà perché so benissimo chi sei.
Anzi un consiglio: leggiti bene le cose di Valentina, visto che ambisci a scrivere anche tu cose simili, ma sei ben lontana.
Comincia ad essere diretta. A dire le cose firmandole. A prenderti le responsabilità dei tuoi continui chiacchiericci. Potrebbe essere un buon inizio.
Cara Teresa, forse sei l’unica persona in grado di aiutarmi a mettere fine a questo ridicolo pettegolezzo.
Visto che conosci questo “qualcuno” che va in giro a dire che sono un uomo, saresti tanto gentile da dirmi nome e cognome, per favore?
Così lo chiamo e vedo di chiarire tutto in piena serenità.
Se vuoi puoi anche scrivermi in privato, non c’è bisogno che posti il nome pubblicamente.
Per comodità ti lascio la mia mail:
valentina.maran@eurorscg.it.
Grazie mille in anticipo.
Valentina
Brava Teresa (Ciabatti!)! Hai fatto benissimo a intervenire, anche perché l’altra Teresa, come avrai notato, ha messo come indirizzo mail “teresac”, e per poco non ci ero cascato anch’io, a immaginare che tu fossi impazzita per chissà quale sostanza allucinogena assunta e fossi la responsabile di questa idiozia.
Poveri noi.
La finite di discutere sull’autore???? Chiunque sia… MI DAREBBE IL NUMERO DI ALE?!?!?!!?!?!?
Accidenti, ormai nessuno commenterà questo post! Argh!
Veramente avevamo finito appunto da tre giorni di discutere sull’autRICE del racconto.
Comunque, MA!, rispetto a tanti commenti stupidi e cattivi che vengono lasciati, questo è (volutamente) stupido, ma non cattivo: mi ha fatto morire dal ridere in questa mattinata milanese, con un sole fuori che non vi dico…
Risolta spero definitivamente la questione maranontologica (del resto, se qualcuno veramente sospettava una coincidenza Scarpa-Maran, o non ha mai letto Scarpa o deve ipotizzare una sua totale schizofrenia, dato che lo Scarpa che conosco io semplicemente non avrebbe mai POTUTO scrivere “L’origine del mondo”) vorrei mettere in evidenza l’aspetto che (da maschio) mi ha più colpito di questo racconto scritto con una cura e una perizia deliziose.
Il mio argomento è che la protagonista ha un rapporto di estrema cooperazione con la sua fica, ecco quel che (di nuovo, da maschio) mi colpisce maggiormente.
Breve digressione introduttiva (scusate, non lo faccio per darmi un tono, mi serve solo per chiarire alcuni concetti per la mia argomentazione che forse non sono di circolazione comune). La teoria sociale prevede quattro tipi di relazione, in base al vantaggio ottenuto dai singoli:
cooperazione: io e te lavoriamo assieme per un fine comune (se vinco io, vinci anche tu, il cosidetto gioco di squadra);
reciprocità: divido con te quel che ho vinto, sapendo (sperando) che al momento buono mi ricambierai il favore (vinciamo ancora tutti e due, ma in momenti diversi);
competizione: se io vinco, allora tu perdi, e viceversa (gioco a somma zero, come il poker);
ripicca: io perdo, ma faccio perdere anche te (il marito che si taglia i testicoli per punire la moglie fedifraga). Fine della digressione terminologica.
Ecco, mi pare che la protagonista riesca a cooperare perfettamente con la sua fica, riservando eventualmente la competizione (o la reciprocità futura, vista la natura dell’atto descritto) ad Ale. Io non vivo la mia sessualità in questo modo, con questa confidenza amicale e sento di organizzare la mia sessualità attorno a pratiche di competizione,reciprocità o ripicca con il mio cazzo. O vince lui, o vinco io: se vince lui allora attraverso il godimento (questo è Lacan, scusate ancora la precisazione da professorino) ma se vinco io transito nel piacere (nell’amore?). Mi chiedo semplicemente due cose:
a) può essere che l’atteggiamento della protagonista sia comune o “tipico” per le donne?
b) può essere che il mio rapporto competitivo con il mio cazzo non sia idiosincratico ma condiviso da altri membri (hoops!) dell’etnia maschile?
Del resto, il “nobile cazzo” di Scarpa mi pare un indizio di questa concezione competitiva tra soggetto maschile e suo strumento di lavoro.
Un’ulteriore considerazione, che mi viene ora: nel racconto il cazzo inteso come fallo non è presente, se non in forma fantasmatica, come indicazione di quel che “succede quando”, ma la protagonista in effetti non ci ha nulla a che fare: lo pensa, lo commenta, lo compara, ma non ci fa i conti matericamente. Ora, non è anche questa una spia della specificità femminile dell’autrice, che riesce a scrivere eroticamente (terribilmente eroticamente) senza aver bisogno del fallo eretto? Ale se ne sta lì, suppongo a pancia sotto (invisibilità del fallo) e probabilmente barzotto (parlo per esperienza diretta, può darsi che questo sia un mio limite ma vi prego, parliamone…) eppure tutto il racconto trasuda sensualità. Provando ancora a generalizzare, può essere che le femmine riescano a pensare, vivere e raccontare il dominio dei sensi senza avere la “necessità” (cioè: senza dover porre l’imprescindibilità) del fallo? E può essere che tante fantasie sessuali maschili che ruotano attorno alle lipstick lesbians (queste donne-donne che godono da donne tra loro) siano il segno di un desiderio (ovviamente destinato a essere perennemente frustrato, visto il nesso tra idraulica e piacere che ci condanna come maschi) di prendere parte alla festa del sesso senza fallo?
Chiudo con un invito all’autrice (di cui, vergognosamente, non ho letto altro, ma mi rifarò, essì se mi rifarò): potrebbe raccontarci quanto prima (o dire agli ignoranti come me dove eventualmente l’ha già fatto) la versione simmetrica dell’origine del mondo? Come potrebbe, la stessa protagonista, agire pensare e sentire ricambiando il favore a Ale?
Ho sempre adorato questo quadro ma adesso ha appena acquistato un sapore diverso :)
Brava!
ciao Valentina,
ma sei la stessa Valentina che anni fa correva al campo a Varese?
bye
Zanzarina
Ciao Valentina. Ho appena finito di leggere il tuo libro ‘L’uomo che mi lava’. La tua personalità mi ha incuriosito. Nelle tue storie(siano esse reali o immaginarie),non fai altro che darti e allo stesso tempo negarti al lettore. Utilizzi sagace ‘beffardia’ nei confronti di un ragazzo che ti ha letto e che ti fa domande a tuo dire banali in ‘Allora tu scrivi?’, mentre pochi capitoli dopo tenti il coraggiosissimo rapporto sessuale sotto dettatura(a proposito, da te mi aspettavo molto di più),concedendoti virtualmente anche a quei ‘banali’ esseri umani che ti circondano in ogni dove.
Sei disarmante.
Anche ora che, in qualche maniera, cerco di colpirti, mi ritrovo a ruotare sui miei talloni alla ricerca del bersaglio.
Attenzione.. Questa non vuole essere una critica negativa.
In effetti è proprio in quel velato mistero che si cela nelle cose che non dici che riesci ad imprimere forza e suggestione. E’ infatti, a mio parere, molto più importante quello che non si scrive in un racconto.
Saper stornare.
Quel piglio guerriero col quale danzi in tutte le tue avventure va immancabilmente ad impattare con quella figura servitrice che adotti nei rapporti sessuali. Ti fai punire perchè ti senti sbagliata.. non conforme.. inadatta in questa società subdola e conservatrice.
O almeno, questo, è ciò che io ho percepito.